The Escapist

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Lo so, non aggiornavo da un sacco di tempo. Per questo vi chiedo scusa, perché mi è dispiaciuto tantissimo trascurare questa storia proprio ora che siamo quasi alla fine. Questo è stato un periodo un po' strano ed ho davvero fatto fatica a far uscire questo capitolo... Spero comunque che possiate apprezzarlo! Buona lettura.

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Giovedì 19 aprile 2018, fra le 16:30 e le 17:30 del pomeriggio


Vorrebbe aver avuto più tempo per crollare, non quei due soli e miseri minuti che si è concesso; avrebbe voluto piangere sulla spalla di Petra, singhiozzare sulla stoffa costosa del bel tailleur la sua disperazione, farsi abbracciare. Invece tutto quello che gli resta – quel misero pugno di niente che gli hanno regalato Paura, madre delle labbra serrate e tremanti – altro non è che il ricordo di pochi minuti prima. Quasi si rivede attraverso la grossa finestra del locale, quella che affacciava proprio sul tavolino su cui aveva stretto le mani di Petra e che profumava dell'odore fine e inebriante del vetro al sole; sono passati pochi minuti da quando hanno abbandonato il locale, eppure a Levi sembrano anni luce, un tempo appartenente alla realtà differente in cui l'ambra colata degli occhi dell'amica era in grado di calmarlo; forse, gli pare quasi un'allucinazione.

Eppure non ha tempo di lottare con sé stesso e decidere se quell'ora passata in compagnia di Petra sia stata reale o meno, non può concedersi altri sguardi nostalgici che si piantano nel legno scuro come chiodi impertinenti, non può continuare a trasalire semplicemente perché una coppietta sta prendendo posto sulle sedie che probabilmente sono ancora calde. Mai aveva immaginato che il tempo, concetto astratto per eccellenza, potesse acquisire un peso, una voce; è freddo e pesante come una grossa pinza di metallo sulla sua gola, cigola infastidito e inquietante di mille emozioni. Gli parla con la voce baritonale di Erwin, gli ripete che ogni secondo è prezioso, gli tuona contro cattiverie, lo tartassa col pensiero che non ce la farà mai a non farsi scoprire, gli sibila contro velenoso e serpentino che l'egoismo va sempre ripagato e porta in grembo conseguenze da temere. Gli scolla i piedi da terra e lo fa correre.

E allora Levi corre veloce, macina metri su metri di marciapiedi in mattoncini rossi senza mai alzare lo sguardo da terra, si destreggia per le vie quasi in pilota automatico; spera solo di aver memorizzato bene la strada per il piccolo negozio di elettronica, che il tempo trascorso in bagno con la cartina aperta su Google Maps prima di scagliare il telefono a terra non si riveli inutile.

Incontra la prima traversa e gira a destra; è abbastanza sicuro che sia quella la strada giusta, ricorda che dopo aver svoltato deve proseguire per almeno qualche minuto sul marciapiede. Dieci minuti, gli aveva promesso internet quando aveva calcolato il percorso a piedi partendo dallo Starbucks in cui si era dato appuntamento con l'amica; Levi corre a perdifiato contro il tempo, sfida le lancette dell'orologio da polso che corrono, che vanno avanti e che schiamazzano come sirene in allarme ad ogni secondo e alimentano la sua insofferenza cibandola con la paura. Cosa succederebbe se Erwin lo scoprisse, se sapesse cos'ha fatto e quanto sa essere più volte traditore e su una miriade di livelli differenti? Che rumore agghiacciante faranno gli schiaffi?

La stradina che gli si para davanti quando ormai il suo respiro ha assunto la forma inconsistente di rantoli condensati per l'aria fresca che gli punge il viso gli pare troppo piccola e stretta per essere quella giusta, eppure la imbocca lo stesso con l'ansia che si ciba avida dei suoi battiti e lo fa annaspare. Non ha tempo per ripensamenti quando le sue stesse emozioni gli corrono dietro cercando di braccarlo e portarlo alla gogna con torce e forconi; si concede a malapena il tempo per sperare, l'insofferenza che ormai s'è fatta uragano e gli imperversa sull'anima.

Corre troppo veloce e troppo disperatamente, e forse è per quello che quasi malauguratamente supera il negozio d'elettronica. È piccolo, uno dei pochi shop rimasti in circolazione che non appartiene ai grandi marchi di tecnologia che sono ormai colossi internazionali; l'insegna e piccola e quasi anonima, l'interno filtrato dai vetri sembra avere la grandezza di un minimarket. Levi ci ha messo sei minuti ad arrivare, ed è per quello che si concede di recuperare il ritmo naturale del suo respiro davanti alla vetrina, ben attento alle targhette in plastica gialla che gli mostrano i prezzi degli smartphone esposti. Nonostante abbia dei soldi da parte e non gli dispiacerebbe comprare un telefono con prestazioni discrete, non vuole che Erwin si arrabbi per i soldi che toglierà dalla carta di credito. Si ripete che ultimamente il telefono non lo usa più se non per le videochiamate col marito, non ha bisogno di un processore di ultima generazione o di un'ottima fotocamera per scattare qualche bella foto come quando lui e Mikasa uscivano spesso. Il modello più economico andrà bene, si dice; ringrazia che quella stradina sia praticamente deserta, perché è sicuro che avrebbe ricevuto più di qualche sguardo curioso per lo starsene fermo davanti alla vetrina di un ginocchio annaspando chino in avanti e coi palmi aperti poggiati sulle ginocchia. Spera che anche il proprietario o chiunque vi sia all'interno non si sia accorto di come il suo respiro affannoso diventi condensa sul vetro.

Pitch Black - Ereri/RirenWhere stories live. Discover now