Capitolo 1 - IL PROCESSO

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Le porte del Consiglio erano tutte di legno e cigolanti e dovevano essere cambiate.

C'era tanto silenzio che si sarebbe sentito anche il più piccolo sussurro lontano decine di metri, quindi ogni volta che veniva aperta una porta sembrava tremare tutta la terra. Forse sarebbe stato molto più facile non ripensare al giuramento della mattina, se qualcosa avesse occupato lo spazio vuoto del corridoio di pietra. Le era sembrato tutto così forzato, non perché si fosse detto qualcosa di diverso dal solito, ma piuttosto per quello che aveva dentro di sé. Aveva rivestito le cose del suo umore, qualcosa che le era sempre stato proibito fare. Non c'era spazio per un parere personale, e lei non ne aveva mai lasciato.

Stringendosi i sandali ai piedi con ancora la tunica da festa addosso, si ripeteva che quello che era successo era stato un errore, un sogno terribile dal quale doveva svegliarsi e dal quale non poteva lasciarsi influenzare. Si sorprese con quanta facilità riusciva a nascondere i suoi pensieri dietro una faccia impassibile.

Faccia-di-bronzo a volte era scappato a Teodora, che al contrario di lei era sempre così espressiva. Forse quel giorno era tutto quello che le serviva per uscirsene da quella situazione.

Si ricordò della promessa che le aveva fatto e si morse la lingua: sembrava una cosa così sciocca e inutile, parole al vento che stavano prendendo pian piano le forme di un motivo in più per mettersi in pericolo.

Una porta si aprì cigolando e comparve alla fine del corridoio Demetra, la bionda tutta riccioli alta quasi due metri. Da come si era sempre comportata aveva messo ben in chiaro che Delia non le andasse molto a genio, seppur fosse alleata di sua sorella.

C'era anche lei ieri, al funerale, vestita con la tunica degli antenati. Non le aveva detto nemmeno una parola, anzi, sembrava quasi infastidita per una cerimonia così solenne che non aveva niente a che fare con le solite feste per i vecchi Governanti, quando indossavano tuniche colorate e nastrini neri attorno alle braccia e mangiavano budino di noci allo scoccare della mezzanotte.

Il giorno prima invece era stato tutto caldo e sudore, e la collina sembrava arrabbiata con loro per aver scavato una buca, per cui li aveva lasciati solo con il canto delle cicale che ronzava nelle orecchie.

Per fortuna, non tutti si erano mostrati indifferenti. Persino la vecchia balia di Teodora si era avvicinata a lei alla fine della preghiera, con gli occhi neri pieni di lacrime. L'aveva presa per un braccio, era sembrata sul punto di dirle qualcosa, ma poi si era riempita di angoscia ed era rimasta zitta. L'aveva vista andarsene con l'impressione che stesse trattenendo qualcosa. Forse era meglio così, a volte le parole non erano in grado di esprimere quello che si pensava.

Venne riportata alla realtà dai passi di Demetra che echeggiavano per il corridoio. I suoi ricci biondi, non più ordinati in un'elegante acconciatura, dondolavano in una camminata piuttosto simile alla marcia dei Guerrieri.

La porta a battenti del Tribunale si spalancò con uno stridulo, rivelando i due Produttori del processo precedente: una donna con capelli crespi, il volto consumato di chi sembrava stanco di piangere, e un uomo dalla pelle abbronzata, il volto squadrato e una folta barba nera. Sembrava quasi senza sguardo perché aveva due sopracciglia nere simili a due bruchi pelosi che gli coprivano gli occhi. Per lo più, era zoppo, Delia se ne accorse da come si trascinava aggrappato alla moglie. La donna teneva nella mano gracile il mantello, raccolto sopra il pancione.

Capì immediatamente il motivo della loro visita: dovevano averle vietato di tenere il bambino, visto la rigida selezione dello Stato e l'evidente disabilità del marito, e quei due poveretti dovevano aver insistito una seconda volta solo per tornarsene a casa con le pive nel sacco. Li vide barcollare in uno spettacolo pietoso fino alla porta d'uscita, attratta da loro come da una calamita.

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