Capitolo 35- Hai paura?

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Ashley
Non posso crederci, come gli è venuto in mente di venire fino a qui a quest'ora? È quasi mezzanotte, è impazzito?
Apro la finestra e lo guardo male «Ethan che ci fai qui?» gli chiedo provando a non alzare troppo la voce.
«Puoi scendere un attimo? Per favore» è nervoso e stanco, gli si legge in faccia.
Dovrei scendere e aspettare che mi dia una spiegazione? Perché è per questo che è qui, no? Sono anche in pigiama! Però sinceramente non ho voglia di cambiarmi, sono stanca...
Alla fine decido di scendere e cambio solamente le scarpe all'ingresso. Zia si sarà già addormentata quindi non la avviso ed esco di casa solo dopo aver preso le chiavi per non rimanere chiusa fuori.
Fa un po' freschetto, si inizia a sentire che siamo ai primi di ottobre, forse avrei dovuto prendere un cappotto. Guardo Ethan che mi aspetta poggiato alla sua auto con un paio di jeans, sneakers e un giubbotto grigio.
Mi stringo nelle braccia per cercare un po' di calore e mi avvio verso di lui «Che c'è?» dico freddamente, e non perché sto congelando.
Lui mi squadra da capo a piedi e ridacchia, probabilmente per il mio pigiama, e questo provoca uno sbuffo da parte mia.
Lui guarda le mie braccia e subito chiede «Non hai freddo?»
Con lo stesso tono di prima gli rispondo «Sto bene» e lo vedo alzare gli occhi al cielo.
Inizia ad aprirsi il giubbotto ma io lo fermo subito «Non voglio il tuo giubbino Ethan, dimmi velocemente cosa sei venuto a fare qui così posso tornare dentro» dico.
Lui sbuffa rumorosamente «Stai tremando, smettila di fare la presuntuosa e mettitelo» dice per poi allungarmelo e io per farlo tacere lo indosso.
Non lo sopporto quando vuole darmi ordini.
È così caldo e ha il suo profumo... Chiudo la zip fino al collo così da poterlo odorare senza farmi notare.
«Sono venuto qui per scusarmi» dice poi.
«Potevi farlo anche tramite messaggio» guardo un punto vuoto dietro di lui.
«Ashley cazzo! Sto provando a scusarmi e non è facile quindi non fare così» sbatte la mano sulla portiera della macchina facendomi sussultare.
Ora è tornato Ethan l'aggressivo, odio questa parte di lui.
«Ok, parla» sussurro guardando i miei piedi. Non voglio farlo arrabbiare, so che non mi alzerebbe mai un dito addosso però quando si innervosisce caccia fuori una parte di sé che non mi piace per niente.
«Non ho fatto niente con quella ragazza, non facevo altro che pensare a te. Non so perché inizialmente l'ho fatta venire con me ma ti giuro che l'ho mandata via quasi subito» dice prendendomi per le spalle ma io mi scosto come se mi avesse bruciata. Non mi importa se l'ha scopata o meno, può fare quello che vuole ma è il gesto che mi ha sorpresa e mi ha fatto aprire gli occhi.
Quindi gli rispondo con un semplice «Ok» senza riuscire ancora ad alzare lo sguardo sul suo viso.
«Ashley non so come farmi perdonare, almeno guardami però!» dice sbuffando e io mi costringo ad alzare lo sguardo sul suo viso e quello che vedo è il volto di una persona che mi sembra di non conoscere più. In fondo sto esagerando, lo conosco da solo un mese e mi parla poco di lui e inoltre è più che ovvio che mi nasconde tante cose. Quindi perché dovrei fidarmi?
«Ti fidi ancora di me?» chiede speranzoso guardandomi intensamente.
Forse un tempo avrei risposto 'si' senza pensarci due volte ma oggi, dopo quello che è successo, non ci riesco. Lo guardo senza rispondere fin quando anche il suo sguardo è diventato troppo pesante da reggere e guardo altrove.
Ethan fa un passo indietro come se fosse stato spinto e quando riporto lo sguardo su di lui vedo i suoi occhi, i suoi bellissimi occhi verdi, spegnersi.
«Però ti sei fatta tranquillamente due passi con un perfetto sconosciuto!» ricomincia e ora il suo sguardo è diverso, è quello che ha rivolto ad Arthur: è ghiacciato e furioso tanto da provocarmi un brivido lungo la spina dorsale.
«Beh Jack almeno, rispetto a te, mi è stato vicino per non lasciarmi sola nel cuore del Bronx!» inizio ad urlare anche io perché ora sono davvero stanca. Deve sentirsi in colpa per quello che ha fatto.
«Ti avevo detto di venirmi a chiamare se volevi andartene quindi ora non prendertela con me!» continua lui puntandomi un dito contro.
«Oh certo! Dovevo venire da te che ti stavi scopando quella puttana» lo guardo freddamente e delusa e lui lo capisce e capisce anche che ho ragione, ha sbagliato lui.
«Ti sentirai con Jack?» dice dopo qualche secondo di silenzio.
Perché ora vuole parlare di questo? Non deve interessargli cosa faccio e con chi parlo.
«Credo che la cosa non ti riguardi» incrocio le braccia al petto e lo guardo senza fargli capire come mi sento perché se lo capisse non so cosa potrebbe succedere.
«Sei riuscita a risponderti alla domanda?» dice poi.
Perché mi ha fatto una domanda? Mi sembra di no, anche perché altrimenti gli avrei risposto! Ma allora di cosa parla? È impazzito, ufficiale.
«Scusami, quale domanda?» gli chiedo quindi confusa.
Lui si avvicina pericolosamente a me tanto che i nostri nasi quasi si sfiorano «Perché ti ho baciata?» sussurra guardandomi negli occhi.
Ah, questa domanda...
Cosa devo rispondergli? Non ci ho riflettuto abbastanza e se prima avevo un'ipotesi ora questa è troppo irreale e stupida. Forse farò meglio a dire quello che gli ho detto già e farla finita qui senza mettermi in ridicolo.
Guardo i suoi occhi e a quanto pare sono tornati dolci e bellissimi, questo ragazzo mi farà impazzire letteralmente.
«Perché eri in uno stato di breakdown mentale per tua madre» dico per poi allontanarmi da lui, non ne potevo più di stargli così vicino, non perché lo schifo ma perché nonostante tutto una stupida parte di me è ancora cotta di lui.
Lui scuote la testa e allunga una mano verso il mio viso. Che vuole fare? Non vorrà di certo... no, non lo farebbe mai.
Troppo tardi, non appena le sue dita toccano la mia guancia mi scosto violentemente. Non volevo farlo perché so cosa sta pensando lui ora ma è stato un atto del tutto spontaneo.
Porto lo sguardo su di lui e lo vedo con la mano ancora bloccata in aria e lo sguardo fermo e perso nel vuoto. Mi spiace così tanto! Non voglio perderlo così.
«Hai paura di me?» chiede con voce bassa e spaventata.
Lui ha paura? E io? Io ho paura? Non credo di aver paura di lui però sicuramente ora lo vedo con occhi diversi rispetto a prima.
Mi sento prendere per le spalle con forza e mi trovo di nuovo a pochi centimetri da lui «Hai paura di me?» ripete più ad alta voce provocandomi un ennesimo brivido lungo la schiena e mi guarda fisso negli occhi.
«Ora mi stai spaventando, Ethan» sussurro col cuore che batte fortissimo, sembra che voglia uscire dal petto.
Vedo gli occhi di Ethan cambiare nuovamente ma questa volta in peggio, sono spenti.
I suoi bellissimi occhi accesi hanno perso quella luce particolare che lo rendevano speciale. Si è chiuso in se stesso.
Si allontana da me velocemente e senza guardarmi in faccia entra nella sua auto e sfreccia via.
Cosa diavolo ho fatto? Perché l'ho detto? No no, non voglio perderlo, non posso.
Cazzo non so nemmeno io cosa voglio! Fino a poco fa non volevo nemmeno vederlo e ora ho paura di averlo perso.
Mi porto le mani tra i capelli e velocemente rientro in casa per non prendere freddo anche se stranamente stavo abbastanza calda. Abbasso lo sguardo sui miei vestiti e noto di avere ancora il suo giubbotto addosso. Lo tolgo e lo porto al naso per sentirne l'odore e mi sembra di averlo ancora qui, amo il suo profumo.
Bene questo mi fa capire che posso usare questo giubbotto come scusa per rivederlo e chiarire, perfetto.
Salgo in camera e non mi rendo conto di una lacrima scesa sulla mia guancia fin quando questa non cade sulla mia mano. Fantastico! Sto piangendo per una persona che fino a poco fa stavo odiando! Forse farò meglio a mettermi a letto, domani ho scuola e devo riposarmi e dimenticare questa giornata per un po'.
Poso con cura il giubbotto di Eth sulla sedia della mia scrivania e mi metto sotto le calde e morbide coperte del mio letto addormentandomi quasi subito.

Ethan
È ufficiale, l'ho persa.
Cazzo sono proprio un idiota! Chissà cosa penserà di me! Però non capisco perché ha paura di me se l'unica cosa che ho fatto è stato portarmi in camera Anne. Vorrei tornare indietro e parlarle, trovare un modo per chiarire e tornare come prima ma non posso. Che poi perché me ne sono andato in quel modo? Sono davvero un idiota! Ho bisogno di bere.
Premo sull'acceleratore e quando arrivo al Bronx vado nel bar più fornito che conosco e mi siedo al bancone.
Non ha niente di speciale questo posto, è malconcio come il resto dei bar qui ed è tutto in legno scuro: i tavolini rotondi, il bancone lungo che prende tutta la parete a destra e i muri. Le luci sono basse e c'è silenzio. Questo bar rispecchia perfettamente il quartiere, e in più è pieno di alcolici quindi è perfetto.
«Dammi un doppio Whisky» dico al barman che avrà poco meno della mia età e sta pulendo i boccali di birra.
Alla mia richiesta subito posa il bicchiere e lo strofinaccio e ne prende uno normale per poi riempirlo di ghiaccio, me lo poggia davanti e lo riempie a metà.
Senza pensarci due volte lo butto tutto giù d'un sorso e sento quel piacevole bruciore lungo la mia gola. «Fammene un altro» dico.
Merda sono come mio padre, quando inizio a bere non riesco proprio a fermarmi. Mi faccio schifo.
Il ragazzo mi riempie nuovamente il bicchiere e nel frattempo lo analizzo cercando di non pensare a lei: ha i capelli lunghi fino alla fronte lisci e scuri, gli occhi scurissimi e di corporatura è un tipo davvero magrolino per essere di queste parti però allo stesso tempo sembra un tipo sicuro di se e fin troppo tranquillo. Deve essere uno di quei ragazzi considerati delle ragazzine, si vede che è un tipo fin troppo gentile.
Porto il bicchiere alle labbra ma questa volta decido di berlo più lentamente per non doverne chiedere un terzo. Era da un po' che non bevevo così, da quando la conosco ora che ci penso... merda devo smetterla di pensare a lei!
«Problemi d'amore?» mi chiede il ragazzo che è tornato ad asciugare i bicchieri. Guardo la sua polo azzurra e vedo una targhetta con scritto Phil. Si è per forza quel tipo di ragazzo.
Decido di non rispondergli e guardo il mio bicchiere facendolo ruotare su se stesso, i cubetti di ghiaccio si sono rimpiccioliti e hanno più spazio per scontrarsi tra di loro e provocare un tintinnio piacevole.
«Sai anche io ho una ragazza, lei però non è una sgualdrina come quelle di queste zone e mi ama molto. Non abbiamo mai litigato e-» lo fermo immediatamente. Perché diavolo mi rivolge la parola?!
«Senti Phil» marco il suo nome «Non sono venuto qui per parlare della tua ragazza, sinceramente non me ne frega assolutamente niente. Voglio bere e pensare ai miei problemi» sbotto per poi buttare giù l'ultimo sorso rimasto nel bicchiere «Dammene un altro» dico poi.
Lui non sembra offeso dalle mie parole, anzi sembra che se lo aspettasse. Non posso dargli torto, sicuramente gliene avranno dette di peggio.
Mi riempie il bicchiere e torna a parlare, mi sono già rotto le palle.
«Sai fa bene parlarne con qualcuno. Non sarai uno di quei ragazzoni che si credono troppo duri per soffrire per amore?» ridacchia guadagnandosi da me un'occhiataccia e decido di non rispondergli nemmeno. È un tipo strano questo qui. Di solito i ragazzi come lui stanno alla larga da quelli come me per paura.
Faccio un ennesimo sorso al mio Whisky e ora quasi non brucia più.
Vedendo che non rispondo il ragazzo continua a parlare «Si vede che tu non sei come loro sai?» prende uno sgabello e si siede di fronte a me. Chi gli ha detto che può farmi compagnia? Penso che non tornerò più in questo bar.
«Mi stai dando del debole?» dico finendo anche questo bicchiere, devo fermarmi altrimenti finisce male.
«Affatto! Secondo me sei il più forte perché rispetto a quella gente tu hai dei sentimenti e provi affetto per delle persone, anche se sono poche dai a loro tutto l'amore che hai o mi sbaglio?» dice guardandomi furbamente.
Mi da fastidio il fatto che abbia già capito in parte come sono fatto e mi da fastidio che voglia intromettersi nei miei problemi però ho bisogno di distrarmi, io non sono come mio padre, non posso fare come lui. «Sei davvero così interessato a sapere i problemi della mia vita?» dico sbuffando e lui annuisce con fin troppo entusiasmo. «Bene, però mi offri una birra» dico.
Devo pur bere qualcosa e la birra è sicuramente molto meglio del Whisky.
«Affare fatto» sorride e si alza per prenderne una dall'enorme frigo un po' malandato dietro di lui , la apre e poi la versa in uno di quei boccali che stava pulendo prima.
«Bene, ora puoi parlare» dice poggiandomi la birra davanti
«Cosa vuoi sapere?» chiedo iniziando a bere.
«Tutto! Dall'inizio! Intanto dimmi come si chiama» eccitato si risiede davanti a me.
«Ashley» dire il suo nome ora mi fa male.
«E di dov'è? È del Bronx?» chiede ancora.
Sorrido «No no, è Italiana, è qui per studiare alla Juilliard» dico guardando le bollicine che salgono in superficie.
«Wow quindi è proprio una di quelle serie» dice sorpreso e io posso solo annuire.
«Beh? Raccontami tutto: come vi siete conosciuti, che rapporto avete, che è successo. Tutto» prende velocemente una Sprite e inizia a berla. Incredibile!
«Ma non devi lavorare?» gli chiedo.
Phil fa spallucce «Non c'è nessuno. Dai non cambiare argomento!»
Sbuffo, non ho proprio voglia di raccontare i fatti miei, soprattutto se si tratta di lei, ma forse ha ragione mi farebbe bene parlarne con qualcuno.

E poi sei arrivato tu...Where stories live. Discover now