CAPITOLO 43

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Quella notte non riuscii a chiudere occhio, consumata dal rimorso, così mi isolai sulla prua, fissando il cielo stellato.

Avevo intrapreso quel viaggio per salvare il mio regno, e con esso, il mio popolo.

Ma finora non avevo fatto altro che distruggerlo: i miei errori erano iniziati con l'accettare Rubyo al mio fianco, condizionando la sua intera vita, poi avevo vissuto a Kohl, nascondendomi, e ancora avevo ignorato le condizioni in cui versavano le città e i suoi abitanti, ed ero finita con lo sfruttare il mio stesso popolo, per poi cosa? Lasciarlo morire.

E Ferd ne era un esempio.

«Ancora a rimuginare sui tuoi peccati?» Gideon mi raggiunse alle spalle.

«Potrei fare altrimenti?» Risposi con un'ironia amara, senza mai distogliere lo sguardo dalle stelle.

«Potresti liberarti una volta per tutte di tutti i pesi che ti porti dietro.» Propose lui, sedendosi al mio fianco.

«Mi staresti dicendo di aprirti con te?» Chiesi scettica.

«Sarebbe bello, ma no. Sai bene anche tu che qualsiasi cosa tu mi possa dire, non la capirei tanto bene quanto farebbe il principino.»

Finalmente lo guardai, sorprendendomi di quel suo improvviso atteggiamento maturo e comprensivo.

«Però c'è una cosa che con me puoi fare, e con lui no.» Disse Gideon, guardandomi.

La luce della luna fece sembrare i suoi capelli avvolti da un'aura e la sua pelle più luminosa, mentre gli occhi risplendevano delle sfaccettature dei laghi ghiacciati.

«Piangere.» La voce di Gideon risuonò tre le onde. «Non vuoi mai mostrare le tue debolezze con lui, il marchio ne è un esempio.» Disse indicando la gamba con un cenno del mento. «Ma con me puoi farlo.»

«Non ne ho bisogno.»

Quella frase era la mia difesa, il mio muro, per tenere lontano il dolore, ma questa volta non funzionò. Una folata di vento mi abbassò il cappuccio, rivelando i miei occhi lucidi e scompigliandomi i capelli.

«Non dovresti mentire a te stessa.»

Con un gesto delicato Gideon mi spostò una ciocca dal volto, incastrandola dietro l'orecchio. Quelle parole mi fecero sussultare, ma per una qualche ragione Gideon sembrò più stupito di me.

«Hai annullato l'ordine?» Chiese perplesso.

Solo in quel momento realizzai che fosse riuscito a toccarmi, nonostante il mio divieto, e scossi la testa.

«Allora vedi? In fondo, nel tuo cuore, vuoi che io ti tocchi

Quelle parole risultarono più sensuali del dovuto alle mie orecchie, mentre la distanza tra noi si accorciava pericolosamente. Lentamente, vidi il suo collo allungarsi verso di me e gli occhi scrutarmi l'anima per un breve istante prima di chiudersi, quando una ciocca candida gli ricadde sulle ciglia.

Il mio cuore prese ad accelerare e il respiro mi si bloccò nei polmoni, mentre uno strano nodo mi stringeva lo stomaco. Sentii il suo respiro sulle labbra e strizzai gli occhi, ma in quel momento un mugugno mi riportò sull'attenti.

«E quindi ho perso?»

Gideon si stava massaggiando le labbra con il dorso della mano.

Mi aggrottai, non capendo le sue parole.

«Lyra, ti piace Rubyo?»

Lo sguardo di Gideon era serio e cupo, fisso nei miei occhi.

«Si. Ma anche tu.»

«Non è quello che intendo. Tu lo ami

Mi accigliai, ma non risposi.

«E tu invece? Mi ami

Gideon sgranò gli occhi per un attimo, poi tornò calmo.

«Hai proprio preso da lui, cambiare argomento con un'altra domanda. Eppure devi avere un motivo per farlo... » Disse, guardandomi allusivamente.

«Anche tu, per chiedermelo in continuazione.» Lo istigai, guadagnandomi una sua risata strozzata.

«E quindi ho perso?» Ripeté.

«Non so perché lo consideri come un gioco, ma in ogni caso io non ne conosco le regole, quindi mi è impossibile giocare.» Dissi con fermezza.

«Ti sbagli Lyra, questo non è un gioco, ma una guerra. E io non ho mai perso.»

Con quelle parole, Gideon fece per andarsene, ma io lo bloccai.

«Volevi che mi aprissi con te? E va bene.» Lo raggiunsi, pochi passi più in là. «Ho paura.» Deglutii, guardando il legno scuro. «Ultimamente sono sempre più confusa e insicura. Ho paura di fare le scelte sbagliate, paura di ferire qualcuno, paura di perdere qualcuno... ancora. Non voglio legarmi a nessuno. Non voglio soffrire.»

«Lyra, perché vuoi farti riconoscere come Principessa?»

«Per proteggere le persone a cui tengo.»

Una mano mi accarezzò lo zigomo. «Quello è il ruolo di un padre, un fratello, un amante, un soldato... tu non sei nulla di tutto ciò, Lyra.»

«Allora cosa dovrei fare?»

Gideon scosse la testa. «Cosa vuoi fare?»

«Io-»

Un dolore lancinante mi bloccò le parole in gola.

«Che ti pren-»

Con un tonfo caddi a terra, stringendo le mani sulla coscia. Il mio corpo iniziò a muoversi con spasmi irregolari, mentre il respiro risultava affannato e la visuale sfocata. Gideon prese il mio pugnale dal fodero e strappò i pantaloni all'altezza della coscia.

«Il marchio.» Disse lui, cercando di tenermi ferma la gamba. «È infetto.»

In quello stesso istante la voce di Rubyo apparse al mio fianco.

«Lyra! Che st-»

Lo aveva visto, Rubyo avevo visto il marchio.

«È stata avvelenata. Dobbiamo estrarre il veleno.» Disse Gideon.

«Come?! Non è un morso di serpente! Si sarà già diffuso in tutto il corpo per ora.» Rubyo si abbassò al mio fianco, tenendo fermo il resto del mio corpo.

«Un modo c'è, ma farà male.»

Gideon mi guardò negli occhi, chiedendo il mio consenso, ma in quel momento una scossa lo allontanò: avevo paura.

«Va-i.» La ignorai.

Un attimo dopo sentii, con un dolore lancinante, i denti e la lingua di Gideon premermi sul marchio. Poi non distinsi più nulla. 

Royal Thief Where stories live. Discover now