CAPITOLO 36

2.7K 155 16
                                    

«Lyra! Lyra! »

«Si calmi, sua sorell-»

«Lasciatemi! »

Aggrottai le sopracciglia, aprendo lentamente gli occhi. Un improvviso dolore alla testa mi impedii di rialzarmi.

Sanguino. Fantastico. Pensai, non appena notai il mio palmo sporco di sangue.

«Lyra! »Era la voce di Rubyo. «Lasciatemi ho detto! » Continuava.

«Lyra! »Questa volta era Gideon.

Mi girai verso l'uscita, ma con orrore notai lo strato di neve e rocce che ne avevano ostruito il passaggio.

«Sto bene! »Urlai, in un vano tentativo di rassicurarli.

Ma non era vero. La testa mi stava sanguinando e i vestiti bagnati dalla neve presto sarebbero diventati troppo da sopportare.

«Lyra! »

Rubyo iniziò ad attaccare a colpi di spada quelle rocce, ma invano, producendo solo un suono metallico.

«È impossibile! »Esclamò Ferd.

«Non riuscirete mai a tirarla fuori così! »Aggiunse un altro.

«Allora dovremmo lasciarla morire? »La voce di Gideon fu agghiacciante e zittì tutti i presenti.

Anche se non potevo vederlo, immaginai le sue pupille stringersi, mettendo in risalto il blu oltremare dell'iride.

«L'entrata è ancora aperta, proseguirò da lì! »Tentai nuovamente di rassicurarli.

«No! Lyra non muoverti! Ti faremo uscire! »

Rubyo non si era fermato un attimo, e il rumore dell'acciaio continuava a rimbalzare sulla roccia.

«Ci incontreremo al porto. »

Non c'era motivo di continuare ad aspettare, invano, ne tanto meno sperare. Sapevo perfettamente che quei massi erano impossibili da spostare. E anche Rubyo. Ma lo conoscevo fin troppo bene per non sapere che in quel momento senso di colpa e impotenza lo accecavano, ad un punto tale da annebbiargli la ragione.

«No! Lyra! »

A quelle parole i colpi iniziarono a diventare più rapidi e una morsa mi strinse il cuore.

«Ti prego. Adesso basta! »La mia voce era implorante.

«Spostatevi tutti. »Improvvisamente Gideon fu nuovamente udibile. La voce carica di una serietà rara e cupa. «Lyra, allontanati. »

«No! O sarà stato tutto inutile! »Lo fermai. Avevo capito alla perfezione il piano di Gideon, ma trasformarsi avrebbe rivelato la nostra vera identità, rendendo tutti i nostri sforzi fino a quel momento vani. Appoggiai una mano alla parete rocciosa, chiudendo gli occhi e illudendomi di toccarli. «Ci incontreremo al porto. »Ripetei e poi, prima che potessi sentire nuovamente le loro voci, mi avviai verso l'ingresso della grotta.

Quando uscii, un forte vento iniziò a spingermi verso valle, obbligandomi ad avanzare nuovamente rasente alla parete rocciosa. Continuai così finché non incappai nel primo ostacolo: il carro.

Era rimasto lì da prima, e non c'era modo di superarlo se non scavalcandolo. Il vento però, stava spingendo le ruote sempre di più verso il precipizio.

Dovevo muovermi.

Mi avvicinai e, cauta, salii al posto del cocchiere, usandolo come scalino per raggiungere il tetto. In quel momento, una folata mi obbligò ad immobilizzarmi.

Il cuore divenne un martello, mentre il sangue continuava a colarmi sul collo, imbrattandomi il mantello.

Ripresi a muovermi solo dopo che il vento fu diminuito. Con un lento movimento, tentai di scivolare sul retro del carro, ma, con un verso gutturale, notai come il lembo del mantello fosse rimasto impigliato nella spaccatura del tettuccio. Fu allora che, con orrore, mi accorsi di come la ruota stesse scivolando sempre di più, tirandomi con sé.

Uno scatto. E una ruota fu completamente fuori.

Un altro. Presto sarei caduta anche io.

Cercai di sciogliermi il nodo che mi assicurava il mantello, ma le dita congelate avevano perso la sensibilità necessaria.

Ogni muscolo del mio corpo, ora, era teso.

Valutando l'unica alternativa possibile, estrassi il pugnale dal fodero e lo portai al collo, ma non abbastanza in fretta.

Il carro si sbilanciò, tirandomi con sé.

Due ruote erano già fuori il sentiero e la terza le avrebbe seguite tra non molto. Si trattava di una questione di secondi.

In quei pochi istanti, finii a penzoloni nel pendio, retta solo dalla forza delle mie braccia, mentre la stretta del mantello attorno alla gola continuava a soffocarmi.

Allora erano poche le cose che riuscivo a distinguere: il respiro affannoso, il cuore rapido, il sangue copioso, il carro in pendenza, il mantello che lo tirava verso il precipizio e l'altitudine mortale.

Lasciai andare una mano, cercando di bilanciare quella mancanza con entrambe le gambe, ma finii inevitabilmente con il tagliarmi una coscia nella roccia affilata. Soffocai un grido di dolore e, sforzandomi mi ignorarlo, usai la mano libera per tagliare il mantello, liberandomi finalmente dalla sua costrinzione.

Ma fu proprio in quell'istante che il carro cedette definitivamente, trascinando dietro di sé il mio mantello.

Con un ultimo sforzo, infilai il pugnale nella roccia e mi diedi la spinta necessaria per risalire sul sentiero. Con un mugugno mi distesi supina sulla neve, inspirando ed espirando affannosamente, mentre il taglio sulla gamba pulsava dolorosamente nonostante l'adrenalina.

In quella posizione, mentre tentavo di recuperare il fiato, il mio sguardo si perse tra i fiocchi di neve che cadevano lenti e indisturbati.

Fu allora che realizzai: ci era mancato poco, ma ero ancora viva. 

Royal Thief Where stories live. Discover now