Capitolo 12.

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Non mi è mai piaciuto cucinare, ho sempre preferito mangiare

Ho sentito ripetere questa frase, dalle persone più disparate, circa un centinaio di volte ma nel mio caso penso che la situazione sia diversa: in realtà la cucina non mi dispiace, trovo piacevoli i suoi profumi ed allettanti le sue preparazioni ma, per il bene di tutti, sono costretta a starle lontana. Mi hanno messo dei paletti a riguardo sin da quando ero piccola ed è stato proprio tutto questo a portarmi al mio attuale astio nei confronti di quel mondo che da bambina trovavo affasciante. Non c'è da meravigliarsi nel sapere che non so preparare praticamente nulla ma, in compenso, sono una grande aiutante nel raccattare gli ingredienti dal frigorifero e le pentole dalla dispensa, dato che sono le uniche cose che mia madre mi permette di fare; ah, sono anche di perfetta compagnia/intrattenimento quando qualcuno cucina e non vuole annoiarsi tutto solo o come partner per commentare i programmi tipo Masterchef.

Una volta, lo ricordo come se fosse ieri, mia madre trovò su internet la ricetta dei pretzel tedeschi e decisi di darle una mano per prepararli..a dirla tutta presi solo la farina ma la guardai impastare tutto il tempo e le canticchiai anche qualche canzone per renderle il tutto meno faticoso; non so fin quanto la mia voce potesse essere un reale aiuto ma mi è sempre piaciuto pensare potesse essere qualcosa di positivo. Di punto in bianco, però, mentre mia madre arrotolava i pretzel per dar loro la tipica forma mi chiese 'Vuoi provare ad arrotolarne uno?' e, dato che non mi sembrava una richiesta troppo pretenziosa, acconsentì e scesi dal mio sgabello per avvicinarmi al bancone su cui erano disposti tutti i filoncini di pasta. Mettete la precisione di mia madre, considerate la fatica immensa che ci mette un'americana per avere un impasto degno di un tedesco e la perfezione maniacale di chi stende dieci filoncini di pasta di pane in 50cm di lunghezza. Ora aggiungeteci Amethyst Samuels. Non so spiegare esattamente come fu possibile o come riuscì ad uscire indenne da quella cucina ma mi bastarono pochi secondi per rovinare tutta la magia: prima di incrociare il filoncino di pasta per renderlo un pretzel, spostai leggermente la confezione di zucchero appoggiata sul piano cottura in modo da avere più spazio e...boom, tutto lo zucchero versato sui pretzel che mia madre, dopo aver annodato, aveva disposto in fila per prepararli alla cottura. Non bastarono i miei 'Mamma, possiamo lavare la pasta e lo zucchero va via' a convincerla a recuperare il danno che avevo appena combinato ma una cosa è certa: da allora, mia madre non mi propone più di aiutarla quando prepara qualcosa.

Cosa centrano i pretzel con me che, a quest'ora della notte, brancolo per i corridoi bui del dormitorio alla ricerca della mia camera?

«Dove sei stata?» sento una voce richiamare la mia attenzione, a pochi metri di distanza da dove mi trovo, mentre scorgo un'ombra alzarsi dal pavimento per muoversi nella mia direzione; non ci metto molto a riconoscere la sua voce.

Ecco che la mia serata perfetta, un po' come l'impasto dei pretzel di mia madre, sta per essere rovinata da una valanga di zucchero.

«Che ci fai qui? Sai che se ti vede qualcuno ti sospendono, no?» chiedo a Shawn, inciampando nel suo zaino nero abbandonato sul pavimento del corridoio vicino la porta della mia camera, mentre cerco con fatica di far entrare la chiave nella serratura.

La SDS non impone troppe regole a noi studenti -fuori dagli orari di lezione, intendo- ma una delle poche che bisogna tenere sempre a mente è: non vagare per i corridoi dei dormitori dopo mezzanotte, pena la sospensione immediata. Shawn non ha mai fatto troppa attenzione a questa regola, soprattutto perchè ha le conoscenze giuste per non farsi mai sospendere, ma penso che se continui ad abusare di queste finirà seriamente nei guai.

«Con chi eri?» mi chiede ignorando completamente le mie parole, come se non avesse sentito la mia domanda.

Non appena riesco ad aprire la porta, la spalanco con un piccolo calcio e mi ci trascino velocemente dentro per poi essere seguita dai movimenti veloci e precisi del mio migliore amico che, per fortuna, mi segue; temevo cominciasse ad urlare in corridoio ed in quel caso sarebbero stati guai seri, per entrambi. Con un gesto veloce ed automatico faccio pressione sui talloni per poi, in pochi secondi, lasciare che le mie scarpe rotolino sotto la scrivania seguite dalla giacca di pelle che fortunatamente riesce ad aggrapparsi ad un bracciolo della sedia di legno che dista pochi passi dalla mia posizione. Non sono particolarmente stanca stasera ma mi basta sapere che anche domani mattina la sveglia suonerà presto per costringermi a trascinarmi a lezione (prima ora di scienze, tra l'altro) per essere pervasa da una strana, quanto coinvolgente, sensazione di stanchezza e stress.

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