SETTE

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Damiano dormì un sonno lungo e inquieto. Non riusciva a capire se era cosciente o se stava sognando. Realtà e sogno si mescolavano in modo insensibile, lasciandolo incapace di capire cosa gli stesse effettivamente succedendo e cosa fosse frutto della sua immaginazione.

Sentì mani frugare il suo corpo, sentì dell'umido addosso, come se lo stessero leccando. Gli sembrava che il suo corpo fosse disteso su una poltiglia appiccicosa, ma a volte sentiva di fluttuare, altre di essere trasportato, trascinato.

Poi era di nuovo al lavoro. Sul banco lo attendevano le cassette con i diversi pezzi dell'avvitatore MK23. Lui li sceglieva, scartava con sdegno quelli imperfetti o sbavati, assemblava le parti nell'ordine corretto, regolava la tensione delle viti con precisione dettata dall'esperienza.

Ammirava brevemente ogni avvitatore che aveva costruito, lo provava anche se sapeva che quello era il compito dei colleghi del controllo qualità.

Ma l'avvitatore si sbriciolava nelle sue mani. La plastica friggeva si scioglieva e colava nera sulle sue dita. Si espandeva, copriva ogni cosa, la plastica nera, fino a quando intorno a lui tutto diveniva così scuro che non riusciva più a vedere nulla.

'Dove cazzo è finita quella talpa di merda?'

Arrivò una fitta di dolore folle al polpaccio. Spalancò gli occhi nell'oscurità mentre tutti i suoi nervi gli trasmettevano a pieno canale il bruciore più forte che avesse mai provato, poi svenne.

Era nel parco e correva, intorno a lui c'erano molti altri corridori. Non capiva perché, ma quelli lo spintonavano. Erano sempre di più, si premevano intorno a lui. Correvano come niente fosse, ma lui non poteva più, era schiacciato, non riusciva più a muovere le gambe in mezzo a quella ressa che lo pressava da tutte le parti. Non lo lasciavano respirare, gli mancava l'aria. Stava morendo soffocato...

'Tu non conosci la verità. Il mondo è buio, la luce non esiste. Noi ssiamo liberi.'

Di nuovo si risvegliò, o forse era solo un altro sogno. Non sapeva quanto tempo era passato. Sentiva un peso sul bacino, un movimento avanti e indietro sempre più veloce. Realizzò che il suo pene era eretto, che provava del piacere. Allungò le mani e toccò dei seni di donna, grandi e cadenti, poi svenne ancora.

Qualcuno mormorava una nenia incomprensibile. Massaggiava la sua gamba ferita mentre lui era steso su un lettino del solarium. Il calore scaldava la sua pelle e le sue ossa, era un sole dai raggi benefici, lo percepiva, lo vedeva attraverso le palpebre serrate ma non poteva aprirle. Desiderava, agognava vedere la luce ma i muscoli non rispondevano. Oppure aveva aperto gli occhi e la luce era scomparsa. O non era mai esistita?

Le pubblicità occuparono tutto il suo campo visivo, luci intense, visi ammiccanti, slogan cantati, urlati.

'È bella, è economica. Compra la luce, è disponibile in vari colori, e l'intensità... la scegli tu... tu... TU...'

'Lasciatelo stare! Lui è mio!'

La faccia dello zio Sam, l'orribile vecchiaccio con il cappello a stelle e strisce si alternò con quella di alcuni dei più crudeli dittatori della storia: Adolf Hitler, Kim Jong-il, Muammar al-Gheddafi, Donald Trump, Augusto Pinochet, Iosif Džugašvili.

Damiano si svegliò e sollevò la testa, piantò i gomiti in una specie di poltiglia untuosa. Il cuore batteva veloce nel petto. Un incubo? Era sveglio?

Toccò la poltiglia con le mani e ne schiacciò una presa fra i polpastrelli. Era appiccicosa, non unta ma appiccicosa. Non sentiva più l'odore di quando si era avvicinato quel matto con la esse sibilante, ma forse le sue narici si erano abituate.

Si passò le mani sul corpo. Era nudo, completamente nudo! Il polpaccio era gonfio, caldo, ma non gli faceva particolarmente male. Provò a muovere il piede e strinse i denti per una fitta di dolore, ma andava comunque meglio di prima. Almeno poteva muoverlo.

Allungò la mano verso destra e incontrò una parete. In alto c'era un soffitto a non più di ottanta centimetri d'altezza. Si allungò verso sinistra e toccò... una persona. Almeno la consistenza e il calore erano quelli. Era una pancia, un addome incavato con le ossa del bacino sporgenti, del pelo pubico, verosimilmente riccio, niente protuberanze... una donna.

Ritirò subito la mano, profondamente imbarazzato. Sperò ardentemente che la donna dormisse, che non avesse sentito il suo tocco impertinente.

Provò ad allungare la mano un po' più in là, ma incontrò un altro corpo. Decise di tenersi il dubbio sul sesso dei suoi vicini e pensò che era meglio dedicarsi alla parete. Doveva esserci un'uscita e voleva trovarla e scappare.

Era grato a quelle persone, l'avevano verosimilmente curato, ma non apprezzava il furto dei vestiti, e ancor peggio del suo avvitatore. E poi la puzza, la poltiglia, la nudità... che razza di vita conducevano?

Raccolse le gambe e si girò facendo attenzione a non toccare la sua vicina e iniziò a procedere a quattro zampe, tenendo sempre sotto controllo la parete in cerca di eventuali aperture.

La poltiglia era parecchio fastidiosa da toccare, non osava neppure immaginare che cosa potesse essere, altrimenti la sua immaginazione l'avrebbe portato a conclusioni difficili da accettare. C'era e basta, e se lui vi era rimasto disteso per chissà quanto tempo ed era ancora vivo, non doveva essere nociva. Probabilmente... non subito, almeno.

Procedette per un paio di metri senza incontrare ostacoli e già la speranza stava germogliando in lui. Quella parete non poteva essere continua. Presto la sua mano avrebbe incontrato un varco. Da qualche parte sarebbe andato, non sapeva dove, ma comunque gli sembrava un miglioramento rispetto a stare nei cunicoli con i Liberi.

Liberi, poi... Che libertà c'è nel vivere in un cunicolo al buio? Lui almeno cercava la luce, cercava di sopravvivere e uscire da quell'incubo inspiegabile, ambiva a qualcosa, ma loro che vita facevano? Più ci pensava, più la sua mente formulava congetture e meno gli pareva degno di un uomo sano di mente pensare di vivere a quel modo.

La sua mano incontrò un ostacolo. Provò a toccarlo, a individuarne la forma e subito il suo cuore prese ad accelerare.

'Che incredibile fortuna! Il mio MK23'

Dalla gioia avrebbe voluto stringerlo al suo petto, ma gli sembrava una cosa un po' sciocca e comunque non aveva tempo da perdere. Doveva andare prima che i Liberi si svegliassero.

Fece ancora due passi in avanti, ma qualcosa non andava. Nel trascinare in avanti l'avvitatore esso sembrava diventare più pesante, si opponeva al movimento.

Lo toccò con più attenzione e capì: al pratico gancio era stato legato uno spago. Era stato preso come un pesce, come uno stupido maledetto pesce, ingannato da un'esca. Come aveva fatto a caderci, a essere così incredibilmente cretino.

"Ti sei svegliato" disse una voce a non più di trenta centimetri dal suo orecchio "Siediti. È meglio che tu e io parliamo un po'."


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Realtà virtuale - Il viaggio di DamianoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora