32. Che il destino faccia il suo corso

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Can passò l'intera notte steso sul letto con le mani dietro la testa, a pensare. Vide sorgere il sole, alle prime luci dell'alba, e così, non avendo sonno decise di alzarsi a fare una bella corsa. Forse, tra le varie idee che le ronzavano in testa, si sarebbe deciso.

Una volta rientrato a casa, trovò la sua famiglia appena alzata a fare colazione in cucina.

Sanem era di spalle, mentre i bimbi dettero il buongiorno al papà.

Come aveva preannunciato, si comportò come se nulla fosse per il bene dei piccoli, ma Can aveva notato, non appena il suo sguardo fosse fuori dalla loro portata, come si oscurava.

Lui, nonostante i bambini richiedessero la sua attenzione costante, non la perse mai di vista. Mentre si accomodò al suo posto, e Sanem gli posò davanti la sua colazione con un sorriso, notò subito il suo viso gonfio di pianto, nonostante avesse cercato di mascherarlo con il trucco.

E notò come una volta giratogli le spalle, rivolta verso la cucina, la sua espressione cambiò in un secondo. Era come un interruttore, che si accendeva e si spegneva. E le stava costando caro, lo vedeva.

Una volta finita la colazione Sanem incitò i bambini, come al solito ad andare a vestirsi.

Lei invece già pronta, si tolse il grembiule, e pensando di essere sola, appoggiandosi al piano della cucina, si versò un bicchiere di acqua al cui interno verso una bustina solubile.

Una medicina.

Mentre con una mano girava il cucchiaino al suo interno, con l'altra si massaggiò una tempia.

Non si era resa conto che Can nel frattempo, dopo essersi docciato e cambiato, l'aveva raggiunta in cucina, pronto per accompagnare insieme a lei i bimbi a scuola, come sempre.

"Stai bene?" provò a chiederle alle sue spalle.

"Sto bene." rispose lei seria, senza voltarsi, dopo aver buttato giù tutto d'un sorso la medicina.

Poi si diresse verso il corridoio, chiamando ad alta voce: "Bambini, siete pronti?"

Sanem raggiunse la cameretta e chiuse la porta alle spalle.

Una volta riapparsi, pronti con i loro zainetti sulle spalle, raggiunsero la macchina e partirono.

Una volta accompagnati, il breve tragitto fino all'agenzia fu silenzioso. Sanem accese la radio poggiando la testa sul sedile, in attesa che la medicina facesse pienamente il suo effetto.

Can le lanciava occhiate quando possibile. Ogni vola che la strada lo permetteva.

Una volta giunti davanti all'agenzia, Sanem parlò.

"Scendo qui, grazie." disse seria non appena Can frenò per via della fila, doveva raggiungere il parcheggio sotterraneo.

In un attimo, Sanem era già fuori, la seguì con lo sguardo fino all'ingresso, fin quando qualcuno dietro di lui suonò il clacson. La fila era sparita, e lui era rimasto inconsapevolmente fermo.

Così, tonato in sé, alzò la mano in segno di scuse e guardando lo specchietto retrovisore dette gas.

Intanto Sanem appena entrata si diresse subito al piano di sotto nel suo ufficio.

Mentre camminava per il corridoio della Sanem, dando il buongiorno ai suoi colleghi e amici, si soffermò quando vide che la porta del suo ufficio era semiaperta.

Aggrottò la fronte confusa, guardandosi intorno per chiedere a qualcuno, ma erano tutti spariti.

Si avvicinò e con la mano sulla maniglia, di scatto aprì completamente la porta guardando dentro.

2. QUESTO E' SOLO L'INIZIO. STORIE DI UN FUTURO DA RACCONTARE (ITA VERSION)Where stories live. Discover now