5. Tempesta di emozioni

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Durante il tragitto, regnò un silenzio assoluto in auto. Can alternava continuamente, occhiate a Sanem per carpire il suo stato d'animo, e sguardi ai piccoli dallo specchietto. Li vedeva bisbigliare tra loro. Sentiva che stavano combinando qualcosa.

Una volta arrivati, fuori la scuola trovarono a sorpresa i genitori di Sanem ad attenderli. Nihat aveva con sé una vecchia macchina fotografica usa e getta. Sapeva fotografare solo in quel modo. Mevkibe, invece era armata di smartphone.

"Mamma? Papà? E voi che ci fate qui?" chiese Sanem sorpresa.

"Ciao figliola." la salutò suo padre tutto contento.

"Siamo venuti a salutare i nostri nipotini prima che inizino il loro primo giorno." disse Mevkibe.

"Nonno! Nonna!" esclamarono tutti e tre.

"Nihat, guardali! Con quegli zainetti! Ah! Troppi ricordi!" disse Mevkibe commuovendosi.

"Figliola, tu come ti senti? Come la stai vivendo? E' un passo importante!" esclamò sua madre. "Ricordo ancora quando tu e tua sorella partiste per la scuola, mano nella mano a vostro padre. Eh... bei tempi!" ricordò con nostalgia.

"Bene, mamma. Per ora la sto vivendo bene. Quando entreremo, vedremo. Sono stata agitata per tutta la settimana, con i preparativi e tutto il resto, in questo momento è come se fossi anestetizzata. E' normale?" si chiese a voce alta.

"E perché non dovrebbe essere normale, figlia mia. Dopotutto ognuno reagisce a modo proprio. Non c'è una regola. C'è chi piange e chi no, c'è chi sorride e chi no... perciò non fissartici!" le consigliò suo padre.

Le parole di Nihat furono un toccasana per Sanem. In suo padre sapeva di poter trovare sempre una parola di conforto e il suo supporto totale su qualunque cosa. Sanem si sentì un po' bambina. Più che mai in quel momento, sentì di aver bisogno dell'amore di suo padre.

"Grazie papà." rispose lei abbracciandolo.

"Oh!" si sorprese lui. "E di cosa, figliola? Io non ho fatto niente." rispose.

"Oh... invece hai fatto più di quanto pensi. Grazie per le tue parole." rispose Sanem.

Can la guardò.

"Figliolo, e tu? Così silenzioso stamattina. Che succede? Non ti senti bene?" chiese subito preoccupata Mevkibe, toccando il braccio di Can.

"No..." rispose lui assente. "Sto bene mamma Mevkibe." rispose. "Probabilmente non mi sono ancora svegliato del tutto. Per questo." mentì con un sorriso.

" E dimmi figliolo. Tu invece sei emozionato? Come la stai vivendo?" chiese Mevkibe ancora euforica.

"Più che emozionato, sono molto felice per loro. Spero che saranno migliori di me. Io non amavo molto la scuola, ed è sbagliato. Crescendo me ne sono pentito. E' importante imparare a rispettare i propri doveri, e a non scappare di fronte alle responsabilità... altrimenti, presto o tardi se ne pagano le conseguenze. Io lo so bene." ammise lanciando un'occhiata a sua moglie.

Sanem con lo sguardo teneva sotto controllo l'ingresso della scuola, facendosi largo tra le altre famiglie, ma con le orecchie aveva sentito benissimo le parole di Can.

"Bravo figliolo! Essere responsabili fin da piccoli è importante. State trasmettendo degli ottimi valori ai vostri figli." si complimentò Nihat.

"Grazie papà Nihat. Facciamo del nostro meglio." rispose Can cercando ancora lo guardo di Sanem.

Lei nel frattempo era persa in un flashback. Nella sua mente stavano risuonando le parole che aveva detto a Caner, il figlio di una infermiera del villaggio, quando lo avevano ritrovato nel bosco in cui era scappato. Quando lei e Can lo trovarono, di fronte alla sua fuga da casa per girare il mondo, le disse: "Caner hai delle responsabilità verso le persone che ami. Non puoi prendere e andartene come vuoi di testa tua. Voglio dire... crescerai, conoscerai te stesso, ti prenderai cura delle persone che ami. E dopo... potrai andartene in qualsiasi posto tu voglia. Ecco, potrai persino girare il mondo, se vuoi! Ma prima... devi diventare responsabile."

2. QUESTO E' SOLO L'INIZIO. STORIE DI UN FUTURO DA RACCONTARE (ITA VERSION)Where stories live. Discover now