Nightfall Whisper //Drarry

By whatliesintheend

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Draco si fermò ad un certo punto. S'inchiodò, per meglio dire, con lo sguardo perso all'interno di uno di que... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50

Capitolo 18

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By whatliesintheend

Harry non vedeva Ron ed Hermione da quasi due mesi.

Dopo la Battaglia di Hogwarts sia lui che la Granger erano rimasti alla Tana, poi, verso fine Giugno, Harry aveva creduto di scoppiare se avesse trascorso un altro minuto lì dentro e si era trasferito in pianta stabile al numero 12 di Grimmauld Place.

Era rimasto segnato profondamente dal modo in cui alla Tana andasse tutto inesorabilmente avanti: la spugna volteggiava sul lavabo pulendo i piatti, il signor Weasley gironzolava per casa armeggiando con i più strampalati oggetti Babbani, la signora Weasley faceva a maglia con mani tremanti, esattamente come era sempre stato.

Il problema era che non c'era nulla che avesse in sè l'animosa spontaneità di quella famiglia che Harry sentiva di poter definire quasi come la sua.
Tutti e cinque i Weasley che ancora vivevano alla Tana facevano finta di niente, perfino del fatto che non sarebbero dovuti essere solo in cinque.

Solo George doveva fare del suo meglio per non accusare il colpo apertamente, ma a volte era inevitabile che scoppiasse e, quando era in crisi, era incontrollabile e scoraggiante, lui gridava e tutto il resto taceva alla Tana.
Solo qualche lacrima silenziosa solcava delle guance arrossate.

George era arrivato ad odiarsi, disconoscersi e addossarsi la colpa per le sofferenze della famiglia, infatti fu il primo ad andarsene di lì, chiudendosi come un eremita nel negozio che aveva aperto col fratello, nascondendo la sua mancanza dietro alle loro buffe invenzioni che ancora scoppiettavano in vetrina.
Ma senza Fred sentiva che nessuna di quelle risate che udiva provenire dal negozio e dai clienti gli poteva dare soddisfazione, era come una parte di lui si fosse atrofizzata, consumata del tutto e non potesse più percepirla.

Harry credeva di comprenderlo, anche se non completamente.
Ad ogni modo i lutti non sono classificabili, non ci sono perdite che fanno più male di altre, non ci si può basare su parametri definibili e il dolore è sempre dolore.
E quello accomunava un po' tutti quanti, il Grifondoro ad esempio si chiuse in sè stesso in quell'estate trascorsa nella vecchia casa del suo padrino.
Passava le giornate a fissare la bruciatura che nascondeva il suo nome sull'arazzo o a sfogliare i suoi libri, immergersi nei suoi ricordi, da vecchie foto alla sua sciarpa sgualcita di Grifondoro.

E intanto i gufi da parte di Ron ed Hermione si accumulavano, ignorati.
Ma i suoi amici non lo biasimavano, avevano tutti bisogno di un po' di tempo e Harry ancora non ne aveva avuto per piangere Sirius in pace.

Poi l'estate finì, e fu ora di tornare a scuola.
Sembrava surreale anche solo pensare che un luogo del genere potesse ancora esistere davvero dopo tutto quello che era successo.

Harry aveva avuto, fin dal primo istante in cui aveva messo piede alla stazione di King's Cross, la sensazione che quell'ottavo anno non sarebbe stato per nulla come i sei che aveva trascorso ad Hogwarts fino a quel momento.
E, per esperienza personale, di quel tipo di sensazioni iniziava a fidarsi automaticamente.

Era tutto come sempre al Binario, anzi, per la prima volta da sempre Harry ebbe la certezza che attraversare la barriera non potesse essere più facile.

Nel trovarsi dall'altra parte fu sopraffatto, tutto in una volta sola, da un'atmosfera più vivace e colorata che mai: il viavai non era mai stato più travolgente, gli schiamazzi e i saluti più allegri e rumorosi, gli sguardi su di lui e sulla sua cicatrice più insistenti e sfacciati.
I bambini di undici anni che lo indicavano apertamente ai loro genitori, quegli occhietti estasiati e i sorrisi riconoscenti di quegli sconosciuti...

Certo, a piccole dosi era gratificante, ma quella massa di maghi e streghe adoranti gli dava la nausea fino a fargli credere di poter esplodere da un momento all'altro.
Barcollava stordito lungo la piattaforma sollevando la testa e ricambiando debolmente alcuni di quei sorrisi, ogni istante più sicuro di essere sul punto di urlare a tutti i presenti di sparire, dargli pace.

Dovevano smetterla, non era positivo, non voleva essere felice, non era pronto a ripensare alla Guerra così in fretta, non era pronto a festeggiarne la fine, aveva perso tanto che il solo pensarci lo portava a credere di aver perso perfino se stesso.
Come potevano tutte quelle persone non capire? Non avevano i loro lutti da piangere?

Harry aveva sempre odiato le attenzioni eccessive, ma quell'anno anche solo raggiungere il treno era stato davvero troppo pressante.

Si sbrigò a salire sperando che potesse andare meglio, ma durante la sola ricerca di uno scompartimento vuoto fu fermato da una decina di studenti di Hogwarts che "ci tenevano a ringraziarlo personalmente", eppure da lui ottennero solo un sorriso stravolto e qualche monosillabo, mentre quel forte senso di nausea si faceva sempre più insistente e gli rivoltava lo stomaco.

Fu sufficiente quello a convincerlo che correre in bagno sarebbe stata la scelta più saggia.
Non perse tempo a rispondere ad altri sorrisi, nè a scusarsi con la ragazzina del primo anno che travolse correndo per il corridoio, nè tantomeno a dare peso al giudizio di chiunque altro.
Era stanco, debole e sul punto di vomitare, in un momento simile era stufo di pensare alle apparenze.

Arrivato in bagno si chiuse in un abitacolo e per un soffio riuscì a centrare la tazza del gabinetto, rantolando tra i conati con le guance rigate di lacrime e la voce spezzata dal pianto.
Strinse i bordi di fredda porcellana tra le dita e gridò a voce piena il suo sconforto, almeno finchè non sentì scorrere la porta dell'anticamera della toilette e si impose di mandare giù le lacrime e il groppo che gli serrava la gola.

Sentì bussare, un tocco educato, quasi titubante, ma nessuna voce a seguirlo.

"È occupato"

Aveva fatto di tutto per nascondere il tremore nella voce, ma non ottenne grandi risultati, potè sentire l'esitazione dell'individuo dal quale solo una sottile lastra di legno bianco lo divideva.

"Va tutto bene?"

Era una vocina infantile, impacciata.
Strinse gli occhi cercando di regolarizzare il respiro mentre si lasciava cadere contro la porta chiusa dell'abitacolo, prendendosi la testa tra le mani.

Ti prego vattene

Era l'unica cosa che riuscì a sperare, mentre trovava la forza di alzarsi in piedi, pulirsi la bocca con la carta igienica e tirare lo sciacquone.
Attese perchè quella persona era ancora lì fuori.

Sospirò e si asciugò le lacrime con la mano prima di aprire la porta e affrettarsi al lavandino dove si sciacquò il viso cercando di ignorare il fatto che un ragazzino sui dodici anni lo stesse fissando come un fenomeno da baraccone.

"Tu sei... Harry Potter?"

Harry si bloccò con le mani sul viso mentre la flebile vocetta del ragazzino azzardava quella supposizione.
Si raddrizzò e si girò verso di lui inforcando gli occhiali, mentre nella sua testa si susseguivano solo risposte scortesi o crisi di nervi.
Per zittirle si costrinse al silenzio, ottendendo in cambio una timida occhiata incuriosita dal suo interlocutore.

"No"

Si affrettò a dire, prima che il piccolo Tassorosso aprisse bocca, asciugandosi il viso con la manica della divisa.

"No, solo uno che ci somiglia"

Purtroppo il bambinetto non se la bevve, nel sfregare il tessuto contro il volto Harry aveva inavvertitamente messo in bella vista la dannata cicatrice.

"Sì invece!"

Esultò lui tutto eccitato.

"Sei Harry Po-"

"NON LO SONO"

Ruggì Harry ancora prima di rendersene conto, aggrappato al lavandino con una mano i muscoli tesi, sul punto di scoppiare, fuori controllo come appena un attimo prima.

"Non lo sono, quindi ora va' lì dentro e fai quello che devi fare senza venire qui a rompermi i cog-"

"Potter"

La porta si era aperta di nuovo e Harry alzò gli occhi al cielo senza nemmeno aver bisogno di voltarsi a guardare chi fosse entrato.

"Ero certo fossi tu, te la prendi con i bambini ora Sfregiato?"

"Malfoy, ti prego... non è il momento."

Implorò il moro girandosi verso di lui e cercando di fargli capire quanto la sua presenza fosse sgradita.
Ma Harry aveva dimenticato di fare i conti con l'attendibilità di quella sensazione che tanto lo aveva tormentato al Binario.
Nulla sarebbe più stato come prima.

Per questo motivo si sorprese di come, nel guardare in faccia Draco Malfoy, ebbe solo voglia di sorridergli, come a un vecchio amico con il quale se n'è combinate di tutti i colori, ma, con in più, la malinconia di una cotta adolescenziale e la curiosità di come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente.

Nell'incontrare il suo sguardo pensoso e un po' trasognato Draco si irrigidì, mettendosi troppo tardi sulla difensiva.

"Che... che c'è Potter, ho qualcosa in faccia?"

L'intenzione doveva essere quella di provocarlo, costringendolo a sbuffare e distogliere lo sguardo.
Purtroppo aveva esitato, non era stato pungente a sufficienza, ma bastò comunque a riscuotere Harry che battè le palpebre un paio di volte e si girò verso il ragazzino terrorizzato e confuso.

"Mi dispiace, non era un buon momento..."

Riuscì solo a ripetere prima di affrettarsi fuori di lì.
Non appena fu sorpassato da Harry, Draco si girò, guardandolo uscire dal bagno con, fissa su di lui, un'espressione indecifrabile.

"Lascialo perdere..."

Disse solo tornando a girarsi verso il piccolo Tassorosso.

"Lui non è cattivo, ma è fatto così, perde in fretta la pazienza e ha sempre i suoi Nargilli per la testa. Sei stato solo sfortunato a trovarlo nel momento sbagliato."

Vide il piccoletto irrigidirsi nel notare lo stemma che coronava la sua elegante divisa e annuire timoroso.
Storse appena il naso in una quasi percettibile smorfia infastidita e gli tornò a mente che quello era indubbiamente il momento peggiore per essere Serpeverde e, in modo particolare, Draco Malfoy.

Ma Draco Malfoy non era un Gorgosprizzo spaventato qualunque, aveva giurato che non lo sarebbe più stato, aveva giurato di far vedere a Potter che era meglio di quanto tutti credessero.

Ma Harry lo sapeva già, fermo con le spalle appoggiate contro la porta del bagno, certo di essere sul punto di svenire per la velocità con cui il cuore gli batteva nel petto.
Quel buffo e malfunzionante istinto di conservazione che credeva di non provare più, gli strinse qualcosa nel petto dolcemente, costringendolo a coprirsi il volto come aveva fatto anni prima, rannicchiato in biblioteca.

Aveva riconosciuto, sotto il logorato tono autoritario della frase, la voce di Draco, non quella sgarbata, ma quella che sussurrava al suo orecchio innocenti provocazioni nel cuore della notte.
In quel momento sorridere non gli sembrò poi così difficile.

N/A

Dunque... carini i traumi, eh?
Ma hey, fate mentalmente gli auguri di compleanno a 24blackandrew che è maggiorenne e che, per questa trovata criticherà e metterà in dubbio le mie facoltà mentali.
(Beh, non che di norma non lo faccia...)

Ary❄

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