ASTRAEA "Il sangue degli Eter...

By Solaris_23

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By Solaris_23

(...continua.)

Aprii gli occhi di scatto e mi misi seduto sull'erba mentre i miei occhi fiammeggianti incontrarono quelli di ghiaccio di mia sorella.

Devana stava correndo a perdifiato nella mia direzione.

La determinazione si leggeva nelle sue iridi dal colore del cielo sereno.

«Cosa ci fai qui, Devana?» le chiesi.

Quando lei arrivò al mio fianco, spostò rapidamente Brisey e disse: «Non devi farlo.»

Era forse impazzita?

Corrucciai la fronte. «Ti devo ricordare che l'età per prendere delle decisioni liberamente io l'abbia superata da un bel pezzo?»

Lei scosse vigorosamente il capo, muovendo le lunghe ciocche rosso fuoco scompigliate dal vento. «Non devi farlo» ripeté la frase, categorica, prendendosi la mia mano tra la sua.

Il mio sguardo si indurì. «Devana è una mia scelta e sai perfettamente che non posso vivere senza Astraea. Ci sei passata anche tu e sai quanto dolore si prova nel perdere la persona alla quale si è destinati. Preferisco morire con la consapevolezza che lei sia viva piuttosto che vivere mille anni sapendo di non aver più la possibilità di rivederla.»

«Non puoi farlo!» urlò lei, disperata, cercando di convincermi che quella non fosse la scelta più giusta da prendere.

«La mia decisione non cambierà solo perché tu ti proponi, sorella.»

«Veles, tu non puoi vivere senza di lei, giusto?» mi domandò.

Aggrottai ulteriormente la fronte. «Mi sembrava di essere stato chiaro quando avevo detto una cosa del genere. Ma, facendomi questa domanda in questo preciso momento, dove vuoi arrivare?»

Le sue labbra si distesero in un sorriso carico di tristezza e i suoi occhi si spostarono dal mio viso a quello cadaverico della ragazza distesa sull'erba al mio fianco. «Se per te è talmente forte il dolore per la sua perdita, hai pensato a come si sentirà lei sapendo che l'uomo che ama ha dato tutto per lei? Il senso di colpa sarà inevitabile, proprio come il dolore che ne seguirà nel sapere cosa hai scelto al suo posto.»

Il suo ragionamento non faceva una piega ma non avevo alcuna intenzione di cambiare idea.

«Prima o poi, potrebbe riuscire a superarlo e ad essere felice proprio come quando ancora non ero presente nella sua vita» dissi. «Hipnôse potrebbe perfino assorbire il mio potere qualche istante prima della mia morte e usarlo su Astraea per cancellarle il ricordo che ha di me. Sarà come se io non fossi mai esistito.»

Devana mi guardò con sguardo truce. Con i capelli arruffati, in quel momento, sembrava davvero uscita fuori di testa. «Ti rendi conto delle sciocchezze che stanno uscendo fuori dalla tua bocca? Proprio non riesci a comprendere che, se anche accadesse una cosa del genere, Astraea comprenderà ugualmente che c'è qualcosa che manca nella sua vita e la cercherà disperatamente fin quando non si arrenderà al fatto che dovrà trascorrere il resto della sua esistenza vivendo a metà.»

«Non capisco cosa vuoi che io faccia, Devana» dissi, schietto.

Quella era la pura e semplice verità.

Fu allora che Devana abbassò lo sguardo dal mio e si rigirò tra le mani un ciondolo che non vedevo da ben quattromila anni: una catenina in oro con un pendente di cristalli rossi che formavano una rosa.

Quello era l'ultimo regalo che le aveva fatto Sekhmet.

Delle lacrime scesero dal suo viso e, dopo qualche istante, lei si affrettò ad asciugarle, alzando lo sguardo triste e malinconico su di me.

Aveva gli occhi arrossati e lucidi mentre altre lacrime sfuggivano al suo contro ma, nonostante tutto, lei mi sorrise calorosamente. «Ti chiedo di metterti da parte, fratellino. Ti chiedo di far sacrificare me al tuo posto.»

Sgranai gli occhi e rimasi immobile, a bocca aperta, nel momento in cui compresi la gravità di quelle sue parole.

In quel preciso istante, ero completamente certo che mia sorella fosse impazzita del tutto e che non ci fosse più nulla da fare per ridarle la lucidità mentale che era venuta a mancare.

«Devana, tu sei fuori di testa se pensi che io possa accettare una cosa del genere» le risposi. «Non permetterò mai che ti accada qualcosa di brutto solo per proteggermi come nostra madre ti aveva chiesto in punto di morte.»

«Sei davvero uno zuccone! Possibile che tu non capisca ciò a cui vuoi andare incontro?» ribadì lei. «Astraea tornerà in vita e, se io prendo il tuo posto in questo rituale, tu potrai continuare a vivere con lei fino alla fine del mondo. Nessuno soffrirà.»

Non potevo credere che Devana stesse davvero dicendo una cosa del genere.

«Non mi farò da parte e non farai questa sciocchezza» dissi, deciso a non sentire più obbiezioni al riguardo.

Cercai di liberarmi dalla sua presa ma lei mi guardò con sempre più determinazione nello sguardo.

«Non lo sto facendo solo per te, Veles. Lo faccio anche per me stessa» affermò. I nostri occhi si incontrarono nuovamente. «Questa è la mia occasione per essere nuovamente in pace con me stessa, di essere libera da un dolore che mi porto dietro da milleni. Ho dovuto imparare a convivere con il senso di perdita da tutta una vita e, finalmente, ora mi si presenta la possibilità di porre fine alle mie sofferenze. Se tu morissi oggi, io vivrei non solo con il dolore per la perdita dell'unico uomo che io abbia mai amato, ma dovrei imparare a sopportare anche quello dovuto alla tua morte. Non farmi questo, Vel. Non condannarmi a dover vivere una vita che non vivo realmente.»

«Devana» pronunciai il suo nome per continuare a definire ciò che vuole fare una stupidaggine che non le avrei mai permesso ma, non appena lo feci, mia sorella mi sorprese abbracciandomi forte a sé.

Sgranai gli occhi e rimasi completamente di stucco, esterefatto.

Non me lo sarei mai aspettato e, difatti, solo dopo un lungo momento di silenzio e stupore, mi decisi a ricambiare il suo abbraccio.

Chiusi gli occhi.

In quel momento, sembravamo i due ragazzini di un tempo ormai fin troppo lontano.

Devana iniziò a singhiozzare ed io le accarezzai la schiena scossa da piccoli brividi. Lei, in risposta, mi strinse più forte tra le sue braccia e, dopo un po', sciolse quel contatto tra noi per potermi guardare negli occhi.

I suoi erano ancora colmi di lacrime.

Le due mani finirono per accarezzarmi entrambe le guance. «Tu devi vivere, fratellino. Tu devi vivere anche per me...»

Scossi ancora una volta il capo in risposta alla sua affermazione. «Non ti lascerò morire.»

Le sue lacrime continuavano a bagnarle il viso delicato. «Assomigli alla mamma. La tua testardaggine devi averla ereditata da lei, ma, ti devo ricordare che anche quando io mi metto in testa qualcosa nessuno può impedirmi di farla.»

Le mie mani si posarono sulle sue. «Non sono d'accordo con questa tua scelta...»

«Così come io non sono d'accordo con la tua» mi interruppe lei. «Tu hai una ragione per continuare a vivere, a me cosa resterebbe se anche tu morissi?» Quella domanda riuscì a spiazzarmi. Lei sorrise nel vedere quella mia reazione. «Te lo dico io: nulla. Mi sentirei ancora più sola a questo mondo mentre tu avrai la persona che ami al tuo fianco ed essere felice nonostante la mia perdita sarà inevitabile. Per questo motivo ti chiedo di lasciarmi prendere il tuo posto. Solo così io potrò essere felice.»

Anche dai miei occhi iniziarono a scendere delle lacrime. Guardai Astraea e non potei evitare di provare una sorta di emozione nell'immaginarmi nuovamente insieme a lei.

«Non sono mai stata in grado di proteggerti» continuò a dire mia sorella mentre il mio sguardo era ancora fisso sulla ragazza che riusciva a farmi battere il cuore. «Fa si che io possa farlo adesso.»

Mi voltai nella sua direzione per poter guardare il suo viso e deglutii a fatica mentre lei sorrideva e piangeva contemporaneamente.

Strinsi le labbra in una fessura sottile. «Ti voglio bene, Devana. La tua vita vale forse più della mia.»

Il suo sorriso si allargò. «Non sai quanto te ne voglio io, fratellino, ma ora è il momento di farsi da parte...»

Lacrime copiose scesero dai miei occhi al solo pensiero di non aver più mia sorella al mio fianco. «Non devi farlo...»

Lei rise di gusto mentre si asciugava le lacrime. «Sarai nuovamente felice, è una promessa.»

Si voltò a guardare Hipnôse e le fece un cenno col capo.

La regina della Stella Pianeta annuì e, piangendo, spostò il suo sguardo su di me.

Il mio corpo iniziò a muoversi automaticamente: mi misi in piedi senza il mio volere e iniziai a compiere dei passi in direzione di Hipnôse, ferma in un punto abbastanza lontano da quello in cui si trovava Astraea.

«Cosa...cosa sta succedendo?» chiesi, cercando di fermare il mio corpo ma, nonostante tutti gli sforzi che stessi provando a fare per far prevalere la mia volontà, continuai a camminare in direzione della Regina di Aracieli come un automa.

Alzai lo sguardo su di lei e mi fu subito chiaro cosa stesse facendo: stava attingendo al mio stesso potere per manipolarmi e farmi fare ciò che le comandava alla mia testa.

Sgranai gli occhi. «No, no, no, no! Hipnôse non puoi farmi questo!» le urlai, arrabbiato per il semplice motivo che stava assecondando il volere di mia sorella anziché il mio.

Lei abbassò il capo per evitare che il suo sguardo tempestoso incrociasse il mio. «È la sua volontà. Lasciala andare, Veles...»

Era forse uscita di senno anche lei?

Come poteva chiedermi di fare una cosa del genere?

Cavolo, era mia sorella!

Cercai di voltare il capo nella direzione in cui avevo lasciato Devana e vidi di sfuggita che si era già sistemata nel posto da me prima occupato.

Brisey era al suo fianco e stava sicuramente per dare inizio al rituale.

Cercai di oppormi alla volontà di Hipnôse ma, ancora una volta, i miei sforzi furono vani.

«Non farlo, Devana!» le urlai, sperando che sentisse le mie parole ma, nel momento esatto in cui lo feci, dalle sue labbra iniziarono ad uscire fuori degli urlò disumani dovuti al fatto che il rituale aveva appena avuto inizio e che l'Eterna del tempo aveva iniziato a incedere i marchi di Lacrime del Fato Oscuro sul suo palmo.

Le urlai ancora una volta di fermarsi ma lei continuò a gridare disperata per il dolore che quella procedura le stava provocando.

Mi sentivo impotente, terribilmente impotente.

Finalmente il potere di Hipnôse sul mio corpo cessò e, in quel preciso istante, mi voltai di scatto verso il Salice piangente e iniziai a correre per raggiungere mia sorella.

Brisey stava per incidere l'ultimo marchio.

Dovevo sbrigarmi.

L'eterna posò a terra il pugnale e disse alla Dea del destino di stringere la mano di Astraea per connettere le loro vite e i loro spiriti.

Devana iniziò a fare quanto la giovane dal manto blu cobalto le aveva chiesto e avvicinò la mano sanguinante a causa delle ferite a quella della sua principessa.

«Non farlo! Non farlo!» le urlai.

Mia sorella mi guardò per un istante e, sorridendo, diede ufficialmente inizio allo scambio: strinse la mano destra di Astraea nella sua sinistra.

Sgranai gli occhi ed iniziai a rallentare il passo.

Quando giunsi al suo fianco, mi lasciai cadere vicino al suo corpo.

Scuotevo la testa.

Piccole gocce dovute ad una leggera pioggerellina primaverile iniziarono a cadere giù dal cielo.

«Perché...? Perché l'hai fatto...?» le chiesi, quasi in un sussurro.

Il suo sorriso non sembrava volesse abbandonarla nemmeno in un momento come questo. «Te l'ho detto: la felicità ti attende ed è...» una leggera tosse le impedì di continuare seduta stante la frase. «...è giusto che io faccia tutto ciò che è in mio potere per far si che ciò accada... sei mio fratello, Veles, e voglio solo che tu viva serenamente la tua vita, anche senza di me...»

Scossi ancora la testa e iniziai a sentirmi le guance bagnate, ma non a causa della pioggia che iniziava a bagnarci completamente. «Non doveci prendere il mio posto... non dovevi, Devana!»

Con la sua mano libera cercò di stringere le mie. Le facilitai il compito e fui io a stringere la sua mano tra la mia.

«Quando sei nato eri talmente piccolo da sembrare una delle mie bambole di pezza. Piangevi sempre e avevo spesso desiderato lasciarti in balia dei lupi pur di non doverti star più a sentire...» iniziò col dire mentre le palpebre dei suoi occhi diventavano sempre più difficili da mantenere aperte. «Una notte, dormivi tranquillo ed io ne approfittai per rimanere qualche istante a guardarti. Ti svegliai ma, nel momento in cui i nostri occhi si incrociano, ti vidi fare una smorfia che sembrava un sorriso. Avevo solo sei anni ma ricordo perfettamente la promessa che ti feci, in quel momento: non avrei mai permesso che ti accadesse nulla. Sono felice che riuscirò a mantenere la promessa che ti feci, fratellino...»

Non sapevo che dirle, per questo decisi di ascoltarla senza proferir parola.

Devana tossì un'altra volta e delle smorfie di dolore si alternavano sul suo viso, cercando di spegnere il sorriso che vi era sulle sue labbra. «L'unica cosa che rimpiango è non esser riuscita a vedere Sekhmet un'ultima volta... Inara avrebbe potuto esaudire questo mio ultimo desiderio...» disse.

Il suo tono di voce diventava sempre più basso e faticavo persino io, che mi trovavo vicino a lei, a sentirne le parole.

Notai che il suo petto si alzava e si abbassava ad un ritmo sempre più lento e difficoltoso, proprio come le palpebre dei suoi occhi, ormai, stanchi e sfiniti per il sangue che grondava dal palmo della mano che teneva congiunto con quello di Astraea.

Devana, proprio come la ragazza al suo fianco, ad un tratto, spostò lo sguardo quasi spento e guardò le foglie blu avio dell'albero a cui avrebbe donato la forza vitale.

Ad un tratto, mi chiese di avvicinarmi a lei e io la accontentai.

Mi bisbigliò qualcosa all'orecchio che mi lasciò sbigottito.

Il mio cuore si inclinò quando, a quella distanza, la sentii respirare sonoramente. Non riusciva più a incalanare bene l'aria nel suo corpo morente. «Devana...?» pronunciai il suo nome, allontanò il mio viso dal suo.

Lei mugugnò in risposta e voltò leggermente il capo nella mia direzione, sorridendomi appena e con gli occhi quasi completamente chiusi. «Mh...?»

Non potevo evitare di piangere. «Grazie...»

Tentò di distendere ulteriormente le sue labbra in un sorriso malizioso, quel classico sorriso che le avevo visto molto spesso sul viso. «Piangi... Vel...?»

Anche in una circostanza come questa si prendeva gioco di me.

Tentai di ricambiare il suo sorriso anche se il mio sicuramente sembrava palesemente falso. «No, sono solo le gocce di pioggia.»

«Bene... non... devi... piangere...»

Questo era inevitabile.

«Vel...?» pronunciò il mio nome, a fatica.

«Dimmi, Devana...» le risposi.

Lei mi sorrise un'ultima volta e, subito dopo, i suoi occhi si chiusero definitivamente.

Il suo cuore si era fermato, proprio come il mio.

«Devana...?» la chiamai.

Nessuna risposta.

«Devana...?» ci riprovai, ma, ancora una volta, il silenzio fu l'unica risposta data.

Una mano si posò sulla mia spalla mentre le lacrime cadevano più velocemente sul mio viso, mischiandosi perfettamente con la pioggia dell'inizio Stella primaverile. «Lei, oggi, ha messo la tua felicità davanti alla sua stessa vita...» disse la voce rotta dal pianto di Hipnôse.

«Non doveva farlo...» dissi sottovoce, portandomi la mano che stringevo tra le mie davanti al viso.

Hipnôse si sedette al mio fianco. «Era una sua scelta ed era giusto che noi la rispettassimo, soprattutto dopo tutto ciò che ha passato e il dolore che ha dovuto sopportare...»

Provavo a comprendere il suo punto di vista ma, in tutta onestà, non riuscivo ad accettarlo.

Eravamo stati legati per tutta la vita, abbiamo vissuto l'uno accanto all'altra per quella che mi sembrava un'eternità ed ora mi era impossibile credere che il suo viaggio fosse giunto a conclusione e che mi abbia lasciato solo.

Lei...

Nel silenzio assoluto di quella distesa verdeggiante, un mugugnio lo frantumò, risuonando come se fosse l'eco di una montagna.

Di scatto, sollevai il capo e puntai il mio sguardo sulla figura affianco al cadavere di mia sorella.

Le labbra rosse si muovevano leggermente, proprio come il suo petto iniziava ad alzarsi e ad abbassarsi con ritmi sempre più regolari.

I respiri erano profondi.

Per tutti gli Dei di questa Stella Pianeta, quello credo che fosse il suono più bello che le mie orecchie avrebbero mai potuto udire.

Le folte ciglia nere iniziarono a tremolante fin quando non si sollevarono, mettendo in mostra due iridi tanzanite che non avrei mai creduto possibile poter rivedere.

Il colorito bianco spettrale sulle sue guance aveva lasciato posto ad un irresistibile colorito roseo e, in quel momento, invidiai le gocce di pioggia che le bagnavano il viso perché loro potevano toccarla ed io no.

Astraea batté le palpebre più e più volte e, ad un tratto, si alzò, guardandosi intorno.

I suoi lunghi capelli viola erano completamente bagnati e gocciolavano ad ogni movimento che lei faceva.

Era spaesata.

Era evidente che non capisce cosa le fosse accaduto e dove si trovasse.

Il mondo sembrò fermarsi, sparire completamente nel momento in cui i suoi occhi violacei incontrarono i miei.

Non c'era nessun altro all'infuori di noi.

La vidi deglutire e sentii il suo respiro farsi più pesante quando i suoi occhi si riempirono di lacrime.

«Vel...?» pronunciò il mio nome a fatica a causa delle lacrime che le spezzavano la voce.

Solo al sentir pronunciare il mio nome dalla sua voce il mio corpo ebbe un sussulto.

Chiudi gli occhi di scatto, immaginando che fosse uno di quei sogni che facevo da sveglio.

Quando riaprii gli occhi, la sua immagine non si era dissolta nel nulla. Astraea era ancora lì, era ancora lì che mi guardava come se non ci fosse cosa più bella da vedere.

Deglutii a fatica e cercai di mandare giù quel macigno che sentivo di avere in gola. «Astraea...?»

Lei iniziò a piangere ancora di più mentre annuiva.

Presi un profondo respiro, respiro che non mi ero nemmeno reso conto di trattenere, e, senza pensarci due volte, mi misi in piedi, facendomi sorreggere da un paio di gambe tremanti, e corsi da lei.

Lei non perse altro tempo: si alzò e, quando io le fui vicino, si gettò tra le mie braccia. L'accolsi all'istante e la strinsi più forte a me di quanto avrei creduto possibile poter fare.

Sentire il calore del suo corpo, il battito del suo cuore che batteva contro il mio petto, il respiro affannato sul mio collo... Credo che quello fu l'esatto momento in cui potei finalmente tornare a vivere.

Possibile che stesse davvero accedendo tutto ciò?

Possibile che quella fosse la realtà e non il frutto della mia immaginazione?

No, non poteva essere altro che un sogno ma, se era davvero questo ciò che stava accadendo, avrei voluto non dovermi svegliare mai più.

Infilai una mano tra i suoi capelli bagnati, mentre con l'altra lattiravo ancora di più a me. Astraea si issò su di me e mi circondò la vita con le sue gambe snelle.

Le posai il volto tra l'incavo della spalle e del collo ed inspirai il suo buon profumo di vaniglia, il profumo che per giorni e giorni avevo cercato ovunque nell'aria e tra le lenzuola.

Non mi sembrava vero che, finalmente, avessi nuovamente l'amore della mia vita stretta tra le mie braccia, VIVA.

«Vel, mi dispiace...» disse lei, singhiozzando.

Scossi il capo e non misi mai fine a quell'abbraccio senza tempo. «Non hai nulla di cui dispiacerti, piccola mia...»

Lei si accoccolò ancora di più a me e mi baciò il collo con quelle sue soffici labbra.

Il tempo sembrò non avere mai fine.

«È tutto finito...?» chiese.

Sciolsi l'abbraccio e le afferrai il viso con le mie mani grandi in confronto al suo ovale. Le baciai il nasino bagnato e, subito dopo, la guardai nuovamente negli occhi. Non ne avrei mai avuto abbastanza di cibarmi della sua immagine. «Tutto finito, tranne la nostra vita insieme: quella inizia da oggi.»

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