ASTRAEA "Il sangue degli Eter...

By Solaris_23

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By Solaris_23

Anche durante quel giorno, la neve continuava a cadere incessante, ricoprendo Aracieli con il suo meraviglioso manto bianco, così puro e lucente.

Ero distesa sul mio grande letto dalle lenzuola azzurre e fissavo la cupola in vetro sopra la mia testa, intenta ad ammirare ogni singolo fiocco di neve che cadeva giù da quei grandi nuvoloni grigi che stavano oscurando il cielo azzurro e limpido.

Ero concentrata sul nulla assoluto quando, ad un tratto, tuono squarciò il cielo con le sue sfumature blu e bianche e creando una strana sfumatura gialla tra le nuvole che sfumava verso il rosso. In men che non si dica, un paio di occhi rossi e fiammeggianti comparvero nella mia mente facendomi scuotere il corpo da brividi che non sapevo ancora come classificare.

Nella stanza l'unico rumore che si udiva era quello del mio respiro regolare, fin quando, il suo volto da Dio perfetto e irresistibile non prese possesso della mia testa e mi fece aumentare di colpo la respirazione che, fino a quel momento era stata quasi impercettibile. Mi ritrovai ad ansimare proprio come quando correvo per ore e ore senza fermarmi per un solo istante pur di sviluppare una velocità fuori dal comune.

Almeno in qualcosa avrei pur dovuto essere la migliore, no?

Dato che i miei poteri tardavano a farsi vedere, puntavo tutto sulle mie abilità fisiche.

Mi voltai di scatto, girandomi verso destra e posando tutto il peso del mio esile corpo su quel lato.

Le mani congiunte in prossimità del viso.

Continuai a guardare i fiocchi bianchi cadere e ricoprire i piccoli davanzali che davano all'esterno fin quando il bussare alla porta della mia stanza non spezzò la quiete e il silenzio che si erano venuti a creare.

Mi misi seduta all'istante sul comodo materasso, prestando attenzione a non sgualcire troppo la stoffa pregiata dell'abito blu scuro che indossavo, e dissi semplicemente: «Avanti».

La maniglia dorata si abbassò e la porta si aprì, rivelando la figura alta e snella della ragazza dai capelli bianchi che avevo visto al fianco del Dio Veles e della Dea Devana, qualche giorno prima.

I suoi occhi giallo ocra mi scrutarono con attenzione mentre il suo sorriso emanava cordialità e un senso di calore familiare. «Posso entrare?»

Ricambiai il suo sorriso. Ormai, credevo di sapere chi lei fosse. «Si, certamente.»

Timidamente, lei entrò dentro quella cupola, chiudendosi la porta alle spalle. Ispezionò ogni centimetro di quella stanza così tanto particolare e, a giudicare dal luccichio nei suoi occhi gialli, sembrò che ne rimase abbagliata ed esterefatta. «Wow, è davvero una bella camera, principessa» affermò, continuando a guardarsi ancora intorno. «Quando ero piccola desideravo anch'io una stanza come questa ma i miei genitori non ho mai esaudito quel mio piccolo desiderio.»

Sorrisi. «Credo che il nonno lo avesse fatto più che altro per indispettirsi» dissi. «Non lo fa con cattiveria, è solo che non riesce proprio ad accontentare una richiesta se le si viene fatta.»

Lei mi guardò con interesse. «Dunque sai chi sono, Astraea?»

Annuii. «Inizialmente ho avuto qualche dubbio sulla tua reale identità, tuttavia, quando ho intravisto una leggera somiglianza dei tuoi occhi con quelli della nonna, ho capito chi eri. Del resto, mia madre mi ha sempre parlato di te, quindi non è stato difficile fare due più due.» sorrisi. «Tu sei mia zia, la sorella dell'attuale Re Aedyon, nonché mio padre.»

«Esattamente» confermò, avvicinandosi a me in men che non si dica. Si sedette sul morbido materasso sul quale ero seduta anch'io e mi prese una mano con la sua. «È una sensazione strana quella che percepisco quando ti ho di fronte a me» affermò, lasciandomi un po' sorpresa per una frase del genere pronunciate dalle sue labbra morbide.

Corrucciai la fronte. «Per quale motivo?» chiesi di getto, senza avere peli sulla lingua.

«Non è per cattiveria che ti ho detto una cosa del genere» puntualizzò. «È solo che averti di fronte è come avere di fronte tua madre. Sei identica a lei anche se ci sono dei piccolissimi particolari che vi differenziano. Inoltre, noto con piacere che hai anche il suo stesso carattere». Ridacchiò. «Non riesci a stare zitta neanche per un secondo e sei sempre pronta a sfidare chiunque osi metterti i bastoni tra le ruote. Se non fosse per il colore delle tue iridi violacee e per la stessa tonalità della tua chioma fluente, potresti tranquillamente essere scambiata per la Regina Hipnôse.»

Storsi il naso.

Odiavo essere paragonata a chiunque, soprattutto a mia madre. Lei, ai miei occhi, era il ritrotto della perfezione: oltre ad essere bellissima e dotata di molta intelligenza, era anche l'essere eterno più potente che esistesse su questa Stella Pianeta. Il suo dono divino, concessole dal Fato, poteva considerarsi qualcosa di spettacolare e di una pericolosità inimmaginabile.

Era in grado di assorbire il potere di chiunque le stesse intorno e provasse a compiere una qualche azione, intenta a nuocere alla sua persona, e ad usarla a suo vantaggio, rispedendola al mittente ma con qualche dose in più di potenza devastante.

In poche parole, nessuno avrebbe mai osato sfidarla con un simile dono e, in un certo senso, credo che gli dei abbiano deciso di cedere il trono a lei e a lasciar cadere le armi solo ed esclusivamente perché sapevano perfettamente che non avrebbero mai potuto competere contro di lei o tentare di farla fuori.

Oltre ad essere potente, era anche un essere indistruttibile, Eterno e gli unici che al momento avevano la possibilità di ucciderla erano mio padre e mio fratello Zaedyn ma, ovviamente, loro non avrebbero mai osato fare un gesto simile nei suoi confronti.

Cos'ero io invece? Niente.

Una pulce.

Ero ancora umana e senza alcun potere divino che mi scorresse nelle vene e premesse sotto la pelle per far si che lo lasciassi libero.

Non ero neanche degna di essere paragonata a mia madre.

«In molti mi hanno sempre detto che ho preso il mio caratteraccio da lei», dissi in fine.

Mia zia Sol sorrise. «Tale madre, tale figlia, no?»

Incurvai le mie labbra leggermente in alto. «A quanto pare.»

Lei sogghignò e, tutto d'un tratto, il suo sguardo divenne triste quando si riposò al nuovamente su di me.

Come mai ora stava avendo una reazione simile?

«C'è qualcosa che non va, zia?» domandai, leggermente preoccupata per quel suo improvviso cambio di umore.

Scosse il capo. «No, nulla di preoccupante. È solo che...»

Solo che...cosa?

«Mh?»

«Mi dispiace di non essere stata presente nella tua vita sin dal primo momento in cui hai aperto gli occhi in questo mondo.»

«Non devi dispiacerti» dissi. «In fin dei conti, avevi i tuoi buoni motivi per non essere presente per tutti questi diciassette anni stellari. Il ritrovamento dei nemici di mia madre e quello dell'Eterna erano questioni decisamente più urgenti che chiedevano la massima attenzione sia da parte tua sia da parte della Dea Devana e del Dio Veles.»

Al suono del nome del Dio, gli occhi ocra di mia zia si illuminarono e le sue gote divennero leggermente rosee.

Provai un senso di fastidio nel vedere una simile reazione da parte sua.

In quel momento, mi ritrovai a chiedermi cosa ci fosse tra lei e quel giovane ragazzo di origine divina.

«Non posso che constatare che sei decisamente molto matura per la tua età» affermò.

«Dono di famiglia» replicai.

Mi sorrise ancora una volta dolcemente, dopodiché si alzò subito dal letto sul quale eravamo sedute entrambe e rimase in piedi, poco distante da me. «Ora sarà meglio che io vada.»

Si avvicinò alla porta della stanza a cupola e la aprì ma prima di uscire si voltò nuovamente nella mia direzione per dirmi semplicemente un: «Mi fa piacere che abbiamo potuto conoscerci, finalmente. Cercherò di recuperare il tempo che abbiamo perso stando lontane le une dalle altre.»

La guardai e non potei fare a meno di ricambiare il suo sorriso, seppur non emanasse la stessa calorosità del suo gesto. «Anche io sono felice di averti conosciuta, zia.»

Ci scambiammo un ultimo sguardo prima che lei uscisse dalla mia camera e mi lasciasse nuovamente sola con i miei pensieri.

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