Quando Apollo s'invaghì di At...

By Coraphernelia

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Il liceo Caravaggio è diviso in due fazioni: quella del Classico e quella dell'Artistico - comunemente rinomi... More

1. Il mattino ha le accuse in bocca
2. La nascita di Ares
3. Avrai ragione tu
4. Diego Guevara
5. Breaking
6. L'insufficienza della menzogna
7. Il secondo Ares
8. Questione di etica e di empatia
9. Cuore nero
10. We are the champions
11. Contrario
12. Where is my mind?
13. Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te - con gli interessi
14. Shameless
15. Atena patentata
16. Botta e risposta
17. Apollo che ruba un bacio ad Atena non s'è visto manco sui libri
18. ...anzi, s'è visto in un vicolo di Firenze
19. Pensieri gentili
20. Non sfogarsi è bene, sfogarsi è meglio
21. Sindrome del tagliare la testa al toro
22. Sagra dei matti da legare e delle annesse stronzate
23. Matilde ora non c'è
24. Il sole sorge comunque
25. Dimmi come ti senti
26. Il primo passo verso l'accettazione
27. Uno per tutti, ognuno per sé
28. Contro ogni logica
29. Quello che devo raccontarti
30. Ora prova a conviverci
31. Libiam ne lieti calici
32. Ammissione
33. Una sfida al giorno toglie il medico di torno
34. Ista est mea creatura - questa è la mia creatura
35. Regressione verso la media
36. Lo strano caso della Legge di Murphy
37. Il paradigma dell'obiettività
39. Futuro imperfetto
40. Passato remoto e sepolto
41. Che lo spettacolo abbia inizio
42. Niente paura, è tutta scena
43. La percezione della realtà
44. Predizione inquieta
45. Prova a chiederlo ad Alice
46. L'esaltazione della rilevanza
47. Princisbecchi dell'io interiore
48. Gioia nera
49. Di filo spinato e di zucchero filato
50. Divenire
51. Valzer dei mostri
52. Germogli di enigmi nel cuore
53. Skeletons
54. Dietro l'incanto
55. Indaco
56. Lion's mercy ½
56. Lion's mercy {2}
57. Kill the thrills
58. Aletheia
59. Quello che ci fa tremare
60. A mani nude
61. In guerra e in Autogestione tutto è lecito
62. Be mine
63. Ora mai più rimpianti
64. Guten tag, Berlin
65. Come fuoco e neve
66. Catastrophes nocturnes
67. L'estate non canta più
68. Quando Apollo s'invaghì di Atena

38. Matilde me medesima

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By Coraphernelia















Strano, incredibile, assurdo, folle, ma vero, scelgo di seguire ben volentieri Costanza, aggregandomi alla sua marcia trionfale con la consapevolezza che veramente al Caravaggio le cose, le dinamiche, tutto, si stanno lentamente trasformando. Per un motivo o per un altro.

Alla fine il discorso di Marta, esposto a casa mia nell'occasione delle confessioni generali – ossia che tutti noi cambiamo, nessuno rimane statico –, aveva maledettamente senso, sta avendo del senso immenso.

Fino a un mese fa nessuno avrebbe mai potuto dire, quantomeno ipotizzare, che io avrei fatto fronte comune con Costanza Notai per difendere una ragazzina del Classico da altre figure del medesimo indirizzo! Fino a un mese fa nessuno avrebbe mai potuto asserire che Costanza Notai si sarebbe incendiata con delle studentesse della sua stessa fazione, o che avrebbe meditato vendetta persino per uno del suo gruppo di adepti. Fino a un mese fa nessuno avrebbe mai potuto immaginare che due del Classico, quali Leonardo e Alberto, potessero nutrire un sentimento diverso dall'odio e dal rancore per due dell'Artistico, quali me e Marta; addirittura delle studentesse abbastanza di rilievo dentro questa scuola, un qualcosa che non passa inosservato. Io stessa ancora faccio seria fatica a crederci.

Però gli umani cambiano, le persone si trasformano, crescono, evolvono, cambiano idea mille volte, mutano i loro pensieri, si rendono conto che un qualcosa di sbagliato può divenire giusto e che, in fin dei conti, non è poi tanto male come davvero si ostinavano a pensare. Tolgono via il famoso paraocchi e iniziano a vedere, finalmente a vedere.

Purtroppo è un processo lungo, per molti versi tortuoso e non troppo semplice da mettere in atto in ogni singolo individuo – in questo caso in ogni singolo studente del Caravaggio –, dobbiamo avere della sana pazienza.

Non dobbiamo perdere le staffe, dobbiamo mantenere il contegno, esattamente come adesso, con la grande maggioranza degli studenti, sia di Classico che di Artistico, che ci lanciano occhiate piuttosto stranite, per non dire acuminate. Vedere me e Marta camminare allegramente e spensierate al fianco di Costanza e Celeste non è cosa considerata normale, di tutti i giorni, che si da per scontata. Anzi, non si è proprio mai vista sotto questo tetto.

Per cui urge della sana pazienza nel sostenere i loro sguardi non del tutto amichevoli e visibilmente sorpresi.

Costanza nemmeno ci fa caso, nemmeno li prende in considerazione, troppo abituata a fregarsene del giudizio altrui. DarthMart invece si limita a tenere gli occhi ben dritti in un'unica direzione, senza perdere tempo a guardare a destra e a sinistra. Quest'ultima ha deciso di venire insieme a noi pur di non rimanere in compagnia di Alberto e Leonardo, pur di non reggere un silenzio troppo grande con quei due. Soprattutto con Alberto, non dopo che finalmente ha vuotato il sacco con lei.

Ma sono io che mi ci crogiolo fino alla morte sui pensieri degli altri, sono io che ne faccio una questione veramente di stato. Nonostante stia tenendo il passo veloce di Costanza e di Marta non posso fare a meno di passare in rassegna i vari volti che mi sfilano di fronte.

Non che mi senta male interiormente, figuriamoci, onestamente comincio a prendere gli eventi un po' con la filosofia dei Lannister: ossia che non me frega un accidente di ciò che pensa il prossimo, comunque agisco come meglio credo.

Un Lannister – un leone – non si cura del giudizio di una pecora.

Ma per l'altro verso m'importa di non dare un'impressione sbagliata a quelli del mio indirizzo! Voglio fargli capire che di differenze sostanziali fra Artistico e Classico non ce ne sono, che non è necessario tutto questo risentimento, forse ulteriormente rincarato dalla guerra fra me e Leonardo, fra Atena e Apollo.

Sì, be', gli artefici di tutto questo casino non siamo nient'altro che io e quel faccia da cazzo. Complimenti vivissimi a entrambi! E poi adesso proviamo tutto meno che odio fra di noi! Bella roba, già.

Un colpo da maestro da parte nostra.

Costanza avanza all'interno del Caravaggio con fervore – con una punta di impazienza aggiungerei – e tutta impettita; addirittura molteplici studenti le cedono il passo scivolando sui lati, verso il muro, aprendole la via. Le sue iridi sono di fuoco, sbarrate. Nessuno osa mettersi fra i piedi.

DarthMart e io rimaniamo al suo fianco, mentre la candida Celeste si limita a stare dietro di noi in silenzio sepolcrale. Il volto di lei è chino con tanto di capelli dall'aspetto un po' trascurato che vanno a coprire quest'ultimo, pare voglia somigliare a tutti i costi a Samara Morgan a dispetto del suo visino così dolce e così niveo. Oltre quella coltre di ciuffi castano scuro sento sfuggirle un singhiozzo, per cui intuisco subito che sta piangendo oltre che cercare di non farsi notare. Quando me ne accorgo, senza pensarci due volte, le afferro la mano.

Può essere la cosa più scontata e scialba di tutte, però il contatto umano, pelle contro pelle, è capace di irradiare una meravigliosa sensazione di sicurezza e conforto inspiegabile. Dozzinale, ma vero.

Celeste sobbalza appena sente il tocco con la mia mano, tuttavia alza finalmente lo sguardo andando ad incontrare il mio sorriso luminoso che spero possa farle cambiare espressione, con tanto di occhiolino.

Non superiamo il piano del Classico bensì ci dirigiamo verso destra, oltrepassando varie sezioni delle classe prime. Dopo le macchinette e una delle bidellerie di questo corridoio, infine arriviamo alla terza B, la classe della sorella di Ludovico, con tanto di porta aperta e studenti che entrano ed escono.

«È questa la sezione? Confermi?» esordisce Costanza senza girarsi, dandoci le spalle, ma chiaro che la frase è rivolta a Celeste. Rimane ferma a pochi metri dall'entrata.

«S-sì... ma non c'è bisogno che tu f-faccia niente. Dopo si arrabbieranno ancora di più» balbetta Celeste strofinandosi il naso.

«Dovranno solo osare ad arrabbiarsi ancora di più» sibila per tutta risposta Costanza, avvelenata gravemente, «renderò loro la vita scolastica talmente un inferno che gli farò venir voglia di cambiare istituto! A proposito, chi sono le condannate?».

«Rosa Chiara Pistelli, Donatella Nencini, Susanna De Scogli e Barbara Scardigli. P-però la mente del gruppo è Barbara, è lei che istiga di più le altre» rivela la ragazzina mentre aumenta la presa sulla mia mano involontariamente.

«Considerale ridotte in polvere» sentenzia l'altra prima di varcare la soglia della terza B, guardandosi intorno con sguardo omicida.

«Tranquilla, Cel, Costanza sa quello che fa. Almeno ce lo auguriamo tutti» la rassicuro avvicinandomi di più a lei, sostenendo i suoi occhi impauriti come quelli di un cerbiatto.

Non appena Costanza fa il suo ingresso nella classe di Celeste, gli studenti all'interno dell'aula si ammutoliscono. Un evento raro per un momento di puro casino quale quello dell'intervallo.

Nessun schiamazzo, nessuna risata, nessuna mosca che vola. Tutti rimangono stupiti della sua presenza.

È come la regina che va a visitare il popolo.

«Lo ripeterò una volta soltanto, farò esattamente come Paganini. Il quartetto Susanna, Donatella, Barbara e quella che si chiama come un fiore, lo esigo seduta stante fuori da quest'aula, ora!» dichiara Costanza dura come il granito e schioccando le dita, per poi fare dietro front, senza nemmeno aspettare uno straccio di replica dalle dirette interessate.

Appunto, lo dice una volta sola.

Cinque secondi esatti dopo, abbiamo al nostro cospetto le quattro ragazze che – in teoria e in pratica – avrebbero dato del serio filo da torcere a Celeste Auditore, una trema addirittura. Estremamente vestite di tutto punto, con i capelli impeccabili e dal make-up perfetto. Sembra quasi di avere un'emulazione in scala ridotta di Costanza, l'unica differenza è che nei loro volti non vi è dipinta sfrontatezza o provocazione, al contrario, puro terrore e pura ansia.

Sanno di averla combinata grossa se persino una come la loro beniamina è venuta a cercarle.

«Quanta cooperazione da parte vostra, deliziose fanciulle. Mi commuoverei se solo sapessi come si fa!» esordisce acida la Queen Bee incrociando le braccia al petto, scagliando loro innumerevoli occhiata di traverso.

Wow, lo spettacolo si prospetta non grande, ma magnifico!

«C-Costanza, che piacere» dice una ragazza dai capelli legati in una coda di cavallo strettissima.

«Ti serviva, ehm, qualcosa?» aggiunge un'altra con le dita piene di anelli, deglutendo.

«Ma da cosa l'hai intuito?» ridacchia crudele Costanza mostrando i denti bianchi, ha l'esatto aspetto di una tigre che ringhia. Addirittura io stessa provo un brivido lungo la schiena. Sono in soggezione per loro.

«Ti ascoltiamo» sussurra sempre la stessa ragazza, ora evidentemente arrossita. Infatti, come ho detto, immenso è il potere della soggezione: ti riduce in poltiglia in meno di un battito di ciglia.

«Vedete, la vostra compagna Celeste, per un motivo o per un altro, ci ha raccontato che non riesce a venire a scuola serena. Le è impossibile dal momento che quattro iene spelacchiate, quali voialtre, hanno reso come loro hobby preferito bullizzarla» espone con tranquillità, sciogliendo le braccia e andando a congiungere le dita delle mani come farebbe la consorte di un re.

Nelle iridi delle quattro ragazze compare un sentore di sorpresa.

«Oh, ma la cara Celeste? Ma no! Noi volevamo solo scherzare con lei, siccome è l'ultima arrivata volevamo metterla a suo agio» contesta una dai capelli lunghi e lisci come seta, «ci è sembrato un gesto carino». Mera e balorda giustificazione, tipico atto per pararsi il culo.

«Metterla a suo agio?» ripete infatti Costanza senza farsi minimamente abbindolare da una scusa simile, inarcando un sopracciglio, «E come, ad esempio? Incollandole gomme da masticare sui capelli? Imbrattandole la sedia di rosso facendola passare per una che si dimentica l'assorbente? Riempiendole i quaderni con scritte come "troia" o "succhiacazzi"? Spintonandola all'uscita? Mettere in giro voci false sul suo conto? Ho tirato a indovinare ma scommetto di averne azzeccata qualcuna!».

«No, non è vero! Costanza, niente di ciò ha il minimo senso» insiste l'altra non troppo convinta, palese la menzogna che abbandona le sue labbra tese in un sorriso del tutto fasullo. Gli occhi sono tutt'altro che sorridenti.

Al che Costanza arriccia la bocca, con aria annoiata rotea le pupille, «Devi scusarmi, ma non so il tuo nome. Potresti dirmelo?» replica con un tono che non accetta un "no" per risposta.

«Sono Barbara Scardigli» l'accontenta la famosa Barbara.

«Vedi, Barbarella, non rappresento la cretina che credi io sia. Ma so bene che tutto ciò che ho detto è vero eccome. Tutti credono a Celeste. Io, l'Atena dell'Artistico, DarthMart, persino l'Apollo del Classico e Alberto Del Bianco. La percentuale è molto alta» sorride maleficamente la ragazza del Classico, inclinando percettibilmente il capo.

Riesco a percepire la sensazione di godimento che sta provando in questo preciso istante.

«E dal momento che rappresenti un'insulsa iena bramosa di carcasse marce, ti consiglio di valutare bene le tue mosse e di non metterti contro il leone. Il peggio poi vien per la iena, intendi» conclude il discorso con uno splendido movimento di spalle.

«Erano solo scherzi innocenti!» interviene la ragazza che trema, dando conferma che le ipotesi di Costanza erano esatte. Ed è per questo che si becca l'occhiata più incendiaria di quest'ultima, la più infuocata del suo vasto repertorio.

«Innocenti? Oh sì, si vede che sei una bambinella immatura e infantile. Dovresti andare ad assistere a una lezione di psicologia adolescenziale! Altrimenti avresti compreso la gravità della situazione! Se vuoi posso cominciare ad arrecarti io qualche scherzetto innocente» asserisce Costanza con evidente e matura serietà.

La ragazzetta tremante come una foglia sbianca di colpo appena realizza le parole terrificanti della Queen Bee, facendo un piccolo salto nel futuro e vedendo i probabili scenari, non effettivamente rosei.

«Ti prego, non farlo...» mormora quasi singhiozzando.

«Dipende da voi. Fate che un mio intervento del genere non sia più necessario. Se accadrà qualcosa lo saprò, vi terrò d'occhio» le mette in guarda l'altra, assottigliando le palpebre.

«Noi pensavamo di farti un favore!» esclama Barbara non riuscendosi a trattenere e con un'espressione ben diversa da quella delle amiche. «Se la fa con lei che è dell'Artistico! Con Atena!», e Barbara mi punta il dito contro ignorando che la sto ascoltando anche io, «Non ti dà fastidio?».

Costanza emette un sogghigno divertito quanto sinistro come Barbara chiude la bocca. Non si aspettava tanta arroganza.

«Mi date più fastidio voialtre, chi l'avrebbe mai detto?» è la sua sentenza finale. E ciò conferma che avevo e ho ragione, al Caravaggio le cose stanno cambiando.

Per concludere Costanza volta loro le spalle e senza smettere di sorridere riprende a camminare in direzione da dove siamo venute. Segno che la missione è terminata e con esito positivo.

«Ma quali iene... queste sono stupide come le galline. Non mi parete alquanto acute, ragazzuole, qui ci vuole della sana intelligenza altrimenti è la fine» s'intromette DarthMart ridendo istericamente e scuotendo la testa.

Mentre io mi limito a comunicare con loro unicamente con lo sguardo, nemmeno oso sprecare fiato. Uno sguardo che vale più di mille parole. Uno sguardo che suggerisce uno dei peggiori incubi di quelle quattro ragazze, che d'ora in avanti i capostipiti di Artistico e Classico concepiranno finalmente una tregua.











Dopo la campanella di fine lezioni ci ritroviamo fuori dal Caravaggio io e Diego insieme a Celeste. Marta è fuggita a gambe levate a casa onde evitare di incontrare Alberto una seconda volta. Se non altro è stata sincera con me, non sa gestire una situazione del genere, non sa né come comportarsi, né cosa dire, per cui ha preferito battere in ritirata.

Diego lo vedo abbastanza tranquillo, nel senso che non medita strane vendette o qualche fantomatica ripicca verso qualcuno del Classico. Purtroppo, in quell'altro senso invece è decisamente giù di morale, non è il solito Diego brioso, energico e sarcastico di sempre. È accanto a me intento a fumarsi una sigaretta con il viso fin troppo serio, non dice nulla, non fa nulla, sembra quasi di avere vicino un guscio umano.

Evidentemente la festa a casa di Leonardo non è bastata, nemmeno a smuovergli qualcosa come la sua vena pettegola o come l'antipatia verso di quest'ultimo. E come potrebbe essere diversamente, d'altronde... Thalìa era lì anche lei. L'ha avuta sotto l'attenzione per tutta la serata. Non avrebbe potuto tentare di smettere di pensarla nemmeno se avesse voluto: era ben vicino agli occhi e ben vicino al cuore.

Neanche Midorin con le sue chiacchiere è stata in grado di distrarlo, neanche tutto l'alcol possibile di quelle bottiglie offerte da Leonardo.

Ad ogni modo, non voglio mostrare della pietà verso di lui, in primo luogo perché non mi pare sia il caso e poi perché può capitare a tutti di ricevere una delusione amorosa. Capita a Tizio, Caio e Sempronio, fin dalla Notte dei Tempi.

L'unica cosa che intendo fare è quella di non lasciarlo mai solo, Diego ha bisogno di compagnia e di svago. Rimedio facile ed efficace, almeno si spera. E poi sono in attesa di ricevere Laira, adesso sono del tutto impegnata a pensare su quello che dirle.

All'entrata non ho avuto modo di beccarla, lo stesso vale per la ricreazione, per cui in questo momento sono più che ostinata a non darmi per vinta, voglio parlare con lei. Voglio risolvere questo mistero altrimenti rischio di impazzire peggio di un Targaryen.

Se non altro, almeno uno degli innumerevoli problemi è stato depennato. La ramanzina di Costanza si è rivelata utilissima, le quattro ragazze non hanno osato fare un singolo torto a Celeste durante il resto della mattinata, anzi, hanno persino provato ad approcciarsi con lei. Le ho definite "leccaculo" quando Celeste me la raccontato pochi istanti fa e lei mi ha dato pienamente ragione; è vero, è una ragazza molto sensibile e che non è capace di reagire alle angherie, però non è tonta.

Sa riconoscere una sincera invocazione di amicizia quando ne vede una e quella di Barbara & co. non lo era per niente.

«Mati, ancora non so come ringraziare te e le tue amiche» mi ripete per la centesima volta, forse, Celeste abbozzando un piccolo seppur dolcissimo sorriso.

«È stato quasi un dovere, lo sai. Il bullismo rappresenterà sempre una piaga delle scuole, noi facciamo il possibile» ribadisco facendole l'occhiolino.

«Per il futuro, magari, evita compagnie come Claudio Patriarchi e simili» interviene Diego gettando fuori una boccata di fumo, dopo aver saputo di quello che è accaduto sabato scorso, «è feccia pura. Se vuoi farti un tiro di canna puoi sempre fartelo insieme a noi».

«Mio fratello fuma spesso canne in casa e ciò fa imbestialire papà. Qualche volta fa fare dei tiri pure a me, quando mi vede sempre che do di matto sopra i libri» ci racconta Celeste allargando il sorriso, «mi vuole bene Ludovico. E Claudio ha fatto sottintendere che io invece lo odi. Adoro mio fratello, anche se fa incavolare la maggior parte delle volte i nostri genitori».

«La prossima volta chiama me, okay?» le faccio presente dandole un buffetto sul nasino, provando un'immenso senso di protezione verso di lei.

«Io non ho cercato Claudio, è stato lui a cercare me. Ha detto che mi stava tenendo d'occhio a scuola» mi spiega rabbuiandosi mentre si toglie una pellicina dal dito indice, «comunque di tutto quello che mi è successo, per favore, vi imploro, non dite niente a Ludovico. Io lo conosco e sarebbe in grado di andare persino sotto casa di Claudio, gli spezzerebbe tutte le ossa se sapesse... Nella mia vecchia scuola ha saputo che un ragazzo voleva uscire con me per una scommessa con degli amici e ha preso le mie difese alla sua maniera. Si è presentato al cancello del mio istituto, saltando persino le sue lezioni, ha aspettato Augusto e poi lo ha afferrato per la gola, alzandolo di peso. Gli urlò "Facciamola ora una scommessa, vediamo chi muore per primo dei due" e lo gettò per terra qualche metro più in là. Gli assestò persino un calcio sullo stomaco e successivamente fu fermato per fortuna, altrimenti sarebbe successo solo Dio sa cosa».

«A me non dispiacerebbe vedere Claudio preso per la gola» afferma Diego facendo spallucce, «potrei fare il tifo per Ludovico. Inoltre potrebbe avere anche la meglio, è veramente un colosso tuo fratello».

«No!» esclama Celeste inorridita all'idea, «Ludovico verrebbe espulso nuovamente, non voglio, non deve succedere, vi prego!» si porta entrambe le mani alle guance nel contempo che s'immagina uno scenario simile.

«Ci pensiamo io e Costanza a Claudio, okay? Puoi stare tranquilla» rassicuro Celeste prendendola per le sue spalle ossute, «ancora devo risolvere la faccenda della fotografia e faremo giustizia perfino per te. Ludovico non saprà niente, hai la nostra parola».

«V-vi ringrazio, Matilde» balbetta con gli occhi lucidi la ragazzina visibilmente rasserenata.

«Parlando del diavolo...» commenta Diego facendo un cenno dalla parte dell'ingresso del Caravaggio.

In quell'esatto istante Ludovico cammina verso di noi, ovviamente senza giacchetto, catena e lucchetto intorno al collo e zaino a tracolla semi-aperto e traboccante di fogli di dubbia identità. Esce soltanto ora da scuola poiché doveva fare due chiacchiere con il vice-preside, Nobilis si preoccupa sempre degli studenti della sua scuola e voleva premurarsi di sapere come si trovassero i due Auditore in quel nuovo istituto.

«Ho sbolognato quella mezza sega del vice-preside. Ora possiamo tornare a casa, Celeste» dichiara dopo essersi avvicinato a me soprattutto, «è tutto okay?» chiede osservandomi.

«Meravigliosamente» annuisco facendo un mezzo sorriso, «ho tenuto compagnia alla tua sorellina, spero non ti dispiaccia».

«A me non dispiace, la prossima volta puoi tenere compagnia anche a me» recita senza un tono in particolare, monocorde.

Con Ludovico Auditore è sempre un "viva la sincerità"! Non per niente Diego gli lancia un'occhiata stranita all'ennesima potenza con tanto di fronte corrugata.

«Da quando ti piace la compagnia?» gli fa notare la sorella guardandolo con la stessa perplessità di Diego.

«Da quando mi piace Matilde. Mi piace la sua di compagnia, non quella delle altre persone» dice senza tanti giri di parole, senza vergogna. Ribadisco: Ludovico è proprio uno shameless!

Celeste allarga gli occhi, mettendo in mostra quelle profonde iridi verde scuro. «Oh, mamma» dice irrigidendosi sul posto.

«Vogliamo andare? Ho fame» la rimbecca Ludovico agitando le chiavi della macchina.

«S-sì... andiamo» acconsente Celeste senza smettere di fissarmi, e ho come la sensazione che d'ora in avanti mi guarderà seriamente con occhi diversi. Dio... vorrei cucire quella dannata bocca a Ludovico! È la verità, giustamente, niente in contrario, ma non è necessario che la dica a cani e porci! Soprattutto sganciandola come una bomba.

«Vorrei avere la stessa filosofia e noncuranza di Ludovico, ti giuro» confessa Diego socchiudendo lentamente le palpebre e sospirando, «vorrei essere fatto di ghiaccio come Marta, anche. Nemmeno la sciallaggine di Marco mi dispiacerebbe. Ma perché devo essere quello più mollaccione del gruppo? Cazzo, è una ragazza, non la fine del mondo!».

«Evidentemente per te lo è, la fine del mondo» convengo sfiorando la sua spalla con la mia.

«Non sono abbastanza ubriaco o fatto per affrontare il resto della giornata» ridacchia il mio amico seppur con una punta di amarezza.

«Non devi essere ubriaco o fatto per affrontare il normale scorrere della vita, Diego!» faccio presente stavolta avvicinandomi con la tempia contro il suo orecchio.

Avverto la pelle di Diego contrarsi. Sta sorridendo.

«A volte lo scorrere della vita richiede proprio un qualcosa che ti allontani da lui per un po'. Forse mi dovrei aggregare a Claudio, che ne dici? Almeno qualcosa per divertirsi è in grado di darlo» osa scherzare.

«Se lo farai chiuderai ufficialmente la nostra amicizia, sappilo» borbotto contrariata.

«Sta arrivando Laira. Vi lascio sole» cambia discorso Diego vedendo l'oggetto del mio interesse, della mia ossessione.

«Ci vediamo domattina, Ares. Grazie per aver aspettato con me» lo ringrazio dandogli un delicato bacio sulla guancia.

«Non ci becchiamo oggi?».

«Oggi devo studiare e in più devo finire una tavola per Ferraresi. Ci sono i colloqui il primo di dicembre, devo far vedere che m'impegno e anche tu!» lo ragguaglio.

«Sono in pari con tutte le tavole e se Astri dovesse interrogarmi a matematica domattina sono più che preparato» mi schiocca la lingua tanto per farmi un dispetto.

Diego Falco non sarà il freddo, il menefreghista o il noncurante del gruppo, tuttavia ricopre sicuramente il ruolo di studioso! E poi è dannatamente sveglio, lui ha il raro dono dell'apprendimento veloce, gli basta la semplice spiegazione a scuola e via, diventa un mix di Archimede, Isaac Newton e Canaletto in miniatura.

«Io non sono una secchiona come te, devi perdonarmi, signor Newton» gli rinfaccio sarcastica, incamminandomi verso la direzione di Laira.

«Preferisco signor Hawking, grazie» mi punzecchia.

Senza starlo ad ascoltare raggiungo Laira, che mi accoglie con un entusiasmo che non mi sarei aspettata. È insieme a Gioia, la sua amica del cuore, strano aver pensato il contrario. Naturalmente sta mangiucchiando una barretta di Kinder Cereali, un giallo acceso a sfavillare dalle sue palpebre m'incatena l'attenzione per pochi istanti.

«Mati! Ciao», mi saluta Laira ignorando la mia espressione fasulla di perfetta tranquillità.

«Ciao! Gioia, ti spiace se parlo per un attimo con Laira? Faccio velocissima» mi rivolgo a Gioia con la speranza che ci lasci sole senza ribattere.

«No problem, nel frattempo posso fumarmi una sigaretta» esaudisce la ragazza affabile, distaccandosi dall'amica.

«Ti ringrazio», non manco di essere cortese per poi ritornare con l'attenzione su Laira, stavolta con uno sguardo affilato, da carnefice. «Devo parlarti, non ho voluto farlo per messaggio perché mi andava di farlo a voce» introduco da subito il discorso senza passare per psicopatica.

«A proposito di messaggio, non hai risposto a quelli che ti ho mandato domenica... com'è andata con Olivia? Avete risolto? C'è stato qualche guaio?» m'interrompe Laira staccando un pezzetto di Kinder.

Mi gelo sul posto appena le sento pronunciare tale frase. I miei occhi si trasformano in due blocchi di pura e fredda ossidiana scura.

«È andata una meraviglia. Sembrava stesse per scoppiare il finimondo ma tutto si è risolto, sì. Tutto quanto prima o poi si risolve».

«Me ne compiaccio, allora. Una buona notizia» sogghigna Laira soddisfatta e sincera, «di cosa volevi parlarmi? Spero non riguardi qualcosa che ha combinato Diego alla festa dei Perfettini».

Mi metto un attimo in modalità "isolamento", facendo finta che non siano l'una e mezza passate del lunedì, che dal Caravaggio non stiano uscendo rivoli di studenti pronti per ritornare a casa, che non vi siano strepitii molesti o chiacchiere di circostanza inutili, facendo finta di essere sola, in una situazione di raccoglimento interiore, mi serve affinché non perda la pazienza con Laira e con il suo qualunquismo aberrante.

Non vorrei esplodere in una sfuriata che poi sono sicura andrò a pentirmene. Non sarebbe la prima volta.

Devo solo farle due o tre domande, attendere le sue due o tre risposte e concludere la chiacchierata con un dolcissimo abbraccio. Come se non fosse accaduto nulla, come se una spiegazione plausibile esiste e mi viene concessa.

«No, lascia perdere Diego. Diego non c'entra un accidente con quello che devo dirti», è ciò che mi gronda dalla bocca, una lama incurvata di nervosismo.

Alla faccia del raccoglimento interiore.

Laira interrompe il rosicchiare della sua barretta Kinder, persino una macchia di cioccolato le orpella l'angolo delle labbra. Nota il cambio repentino del mio umore e si sfila di dosso quel suo animo rilassato, amichevole; quasi si mette sulla difensiva, presta più accortezza di poco fa.

«...C'è qualcosa che non va, Mats?» mi domanda preoccupata.

«Ho riflettuto a lungo dopo la festa casa di Leonardo, dopo il tuo messaggio in cui mi avvisavi di Olivia. Ho riflettuto sul fatto che tu mi racconti tutto, qualsiasi cosa possa essere un vantaggio per il nostro indirizzo... pettegolezzi, soffiate varie, mosse anticipate. Sei a conoscenza di ogni dettaglio del Classico per poi, giustamente, venirlo a dire a me» inizio a parlare facendo bene attenzione a non farmi sentire, trascinando Laira in un lato più raccolto del cortile, sotto il grande albero, «ho sempre accettato le tue informazioni, ti ho sempre dato corda e ti ho sempre portato profondo rispetto. Ma non mi sono mai posta una domanda fondamentale... Laira come fa a raccogliere tutte quelle confidenze? Da dove viene a sapere tutte quelle cose?».

«Che cosa vorresti dire?» replica Laira con le sopracciglia increspate verso l'interno in un ghirigoro d'indignazione.

«Voglio dire che è giunto il momento di sapere. Che tu mi dica come fai a venire a conoscenza di quello che poi mi vieni a riferire. Dalla soffiata di Leonardo sull'ufficio di Gandolfo all'arrivo di Olivia. Ho dei dubbi e mi piacerebbe tu me li tolga, perché sicuramente me li toglierai, sicuramente c'è una spiegazione sensata» pronuncio appellandomi a tutta la sincerità che ho.

Laira emette un lungo sospiro abbassando per qualche secondo le ciglia — una cortina d'ombre in quelle pupille sempre colme di certezze —, scuote il capo, i sottili capelli corti si agitano convulsi. La vedo combattuta con se stessa.

L'ho colta alla sprovvista.

«Non te lo posso dire», la risposta di Laira mi punge il cuore come una stuolo di spilli.

E mi acciglio, sbattendo più volte le palpebre. «Non me lo puoi dire?» dico sperando di aver capito male.

«Vedi, Matilde, tutti hanno dei segreti. Tu ne hai con il tuo gruppo di amici, con Marta, con Marco, con Diego, sicuramente avrai certi segreti che nemmeno ti sognerai mai di dirmeli, nemmeno ti passa nell'anticamera del cervello. Ma è normale, lo accetto, si chiamano segreti per quello, perché sono esclusivi in un ristretto gruppo di persone fidate e soprattutto vengono rivelati a chi ha enormi capacità di custodire. Non mi aspetto di sapere i vostri vita, morte e miracoli. E come tu hai i tuoi segreti, io ho i miei, per di più devo custodire anche quelli degli altri. Perché io sono una persona fidata, io ne merito tanta di fiducia... sono come una botte di ferro» mi espone Laira con un tono di voce che mi lascia basita, con un tono di voce maledettamente calmo e allo stesso tempo ferito, dal momento che l'ho accusata fra le righe senza nemmeno darle il tempo di realizzare. «Io non posso dirti come vengo a conoscenza di tutte quelle informazioni, perché implicherebbe tradire una persona a cui tengo moltissimo. E io non sono una traditrice, Matilde, lo sai».

«Devi anche mettermi nei miei panni, Laira. Ricevo un messaggio in cui mi dicevi che Olivia Valorosi stava venendo a casa di Leonardo e che era pure fuori di sé! Permetti che rimanga perplessa, permetti che voglia sapere come facevi a sapere una cosa del genere!» sbotto di colpo, allargando le braccia, la mia follia senza rimorso.

«E tu mettiti nei miei panni, Matilde! Non posso dirtelo, ti ho detto. Per favore, sii comprensiva e accetta un no come risposta!» replica quasi con le lacrime agli occhi, lacrime di rabbia, pestando per terra con una scarpa.

Ma purtroppo sono irremovibile — un'effigie di alabastro —, io voglio totale chiarezza e verità nella mia ragnatela di amicizie, e Laira ne sta venendo a meno.

E glielo faccio capire scuotendo la testa, senza osare una parola, mentre che arretro prima di uno e poi di un altro passo. Sempre più lontana.

«...Matilde-...» mormora Laira con il labbro superiore arricciato, scioccata dalla mia decisione.

«Così sia. Tieniti i tuoi segreti, hai ragione, non ho diritto di saperli. Ma d'ora in avanti non vorrò sapere più niente da te, nessuna informazione, nessun pettegolezzo, nulla» parlo come un robot, «considerati libera, Laira. Spicca il volo, uccelletto, il tuo obbligo verso di me è finito. Io me la vedrò da sola d'ora in avanti».

«Matilde, non dirai sul serio...» sussurra Laira con gli occhi traboccanti di lacrime, alcune già le tagliano quelle guance candide, zigomi di bambina.

«Visto che non siamo in grado di arrivare a un punto d'incontro non vedo altre soluzioni, mi dispiace. E mi dispiace anche della mia mancata comprensione, come ho sempre detto... io non sono Madre Teresa, a volte posso essere una brutta persona» chiudo la conversazione con un sorriso vuoto di ardore, «stammi bene, Laira. Ora puoi ritornare da Gioia, penso che abbia finito di fumare la sua sigaretta».












Sono una cattiva persona. Sono una cattiva persona. Sono una cattiva persona.

Non sono una brava persona, no, non lo sono mai stata, magari ho tentato di fare diversamente, di essere diversa, ma la verità è che non sono una brava persona, affatto. Sono detestabile. Non merito l'empatia di nessuno, men che meno la comprensione, men che meno la tolleranza, men che meno l'amicizia, nemmeno per il cazzo l'amore.

Io distruggo tutto, io porto via tutto, io rovino tutto, a partire da me medesima. Soprattutto la me medesima.

«Fanculo!» esclamo lanciando la penna con la quale stavo svolgendo gli esercizi di matematica contro il muro della mia camera.

Abbasso lo sguardo sulla pagina scarabocchiata del quaderno e rimango sbigottita da ciò che i miei occhi hanno davanti. Sul foglio del blocco di matematica non vi sono scritti gli esercizi che Astri ci ha assegnato e io stavo svolgendo fino a qualche minuto fa.

Ci sono ripetute scritte e frasi premute fino a bucare la carta. Le stesse che hanno scavalcato il recinto della mia psiche per poi insediarvisi come parassiti.

SONO UNA CATTIVA PERSONA. FACCIO SCHIFO. MATILDE È UNA STRONZA BIBLICA. NON SONO UNA BRAVA PERSONA. INSOPPORTABILE FINO AL MIDOLLO.

Frasi sprezzanti rivolte a me, scritte di mio pugno, ricalcate di mia intenzione.

Ma che cos'ho che non va?

«È tutta colpa tua, Laira! Tu e i segreti! Sempre questi cazzo di segreti!» urlo in preda ad una serie crisi di nervi, coprendomi la faccia con le mani sudate.

Accidenti! Ma perché il lunedì non lavoro? Fossi stata al cinema avrei tenuto la mente, quale infida creatura, occupata. I poster dei film, la musica e Jevanni mi avrebbero aiutato a non pensare. Ebbene sono rinchiusa qua dentro, in queste quattro mura ristrette di casa, sola siccome mia madre è uscita con un'amica, sola con quei mostri pronti a divorarmi in un momento di fragilità.

Avessi qualcuno qui con me... qualcuno con cui finalmente sfogarmi, con cui urlare tutta la mia collera e la mia frustrazione.

Ma Diego alla fine si è messo d'accordo con suo padre, andando a caccia di un nuovo casco da moto da acquistare, DarthMart si è dedicata seriamente a studiare in vista dei colloqui visto che lei è messa peggio di me e non mi va di distrarla, ne va della sua media oltre che del suo permesso per venire su a Livigno per le vacanze, Marco è a tutti gli effetti alla prese con la band dal momento che vogliono organizzare un concerto in onore del Natale imminente, e Ludovico non mi sembra la soluzione più adatta.

Rischieremmo di afferrare un piede di porco ciascuno e di andare a disintegrare la carrozzeria di qualsiasi auto parcheggiata ci capiti a tiro. Meglio di no.

Thalìa neanche mi sembra la soluzione più adatta, le sue risposte già riesco ad immaginarmele. «Ti sbagli assolutamente, Matilde, tu sei una persona splendida, sia dentro che fuori», «Questi pensieri non si addicono alla tua persona», «Non puoi cadere più in errore di così. La perfezione non esiste, però esiste l'umanità, ed è normale avere questo tipo di riflessioni per quanto irreali».

No, non voglio Thalìa e le sue molteplici razionalità filosofiche. Non ho bisogno di Thalìa.

E che si fotta Thalìa, ha spezzato il cuore a Diego, ora non la voglio avere fra i piedi!

"Stai impazzendo peggio del Re Folle...", mi delizia la vocina interiore con tono particolarmente tagliente.

«Ma quale Re Folle. Io non ho un drago con cui incendiare, né una città per cui essere incendiata, proprio fuori strada... e poi io non sarei un Re, sarei una Regina» biascico strusciando i polpastrelli contro la pelle del viso.

Aspetta... regina? Ecco di cosa ho bisogno! Di una regina, di una Queen Bee. E ne ho una che fa al caso mio.

Con uno scatto mi fiondo sulla soglia del letto e agguanto il cellulare, apro la rubrica e premo sul nome di Costanza Notai senza pentimento. E poi, dopo che mi sarò sfogata, potremmo mettere in atto la vendetta per Claudio con tanto di piano disegnato su carta ruvida, brinderemo con del vino rosso alla fine per festeggiare, rideremo crudelmente della sorte che gli spetta.

Premo il telefono contro l'orecchio, mettendomi a saltellare sul posto, in attesa che la regina risponda.
Al quarto squillo accade, la chiamata si apre.

«Costanza, sono io, ho bisogno di chiederti un favore e ho bisogno che mi dica di sì» proferisco con un groppo in gola.











Sono le cinque del pomeriggio, mia madre ancora non è ritornata e Costanza sarebbe arrivata fra dieci minuti. Quando le ho avanzato la mia richiesta è rimasta per qualche secondo in silenzio, magari avrà anche roteato gli occhi nella sua tipica smorfia annoiata, però alla fine ha accettato. Mi ha fatto dono del suo "sì".

Dal canto mio non so se per lei sarà un bene o un male venire qui, ad ascoltare le mie grida di dolore, poiché sono acute e veramente assordanti quando cominciano a venire fuori.

Marta ormai è riuscita a prenderci l'abitudine, sa come deve comportarsi in queste situazioni, Costanza invece è all'oscuro di tutto, sarà una totale sorpresa per lei. Sicuramente non si annoierà come forse pensa. Anzi, le farò divenire i capelli bianchi.

I miei squilibri di personalità possono essere piuttosto pazzeschi e terrificanti, persino Leonardo ne vide uno, durante la notte di Halloween al Maverick. Però in quel frangente ero alquanto ubriaca mentre adesso sono sanissima, ho solo bisogno di liberarmi da questo peso asfissiante e poi tornerò come nuova.

La Matilde me medesima mi perdonerà e saremo amiche come prima.

Mi infilo un maglione a righe colorate, come se fossi un arcobaleno vivente, sostituendo la tuta che tengo per stare in casa, e vado a pescare un paio di jeans neri, sempre meglio dei pantaloni di pile coi pois. Ai piedi scalcio via le pantofole con le ghette di Zio Paperone e infilo senza allacciarle il paio più vecchio che ho delle Dr. Martens, piene di tagli, sfregi e macchie varie.

Sguscio in bagno, dove davanti allo specchio mi lavo con dell'acqua gelida denti e faccia, ravvivo un po' la frangetta e passo una mano fra la chioma di capelli freschi di doccia della sera precedente.

Sono priva di trucco ma mi va bene così, non devo andare al Met Gala, devo solo rimanere in camera mia con Costanza, e anche con Marsellus e Vivaldi, due grandi star del cinema.

Mentre me ne ritorno in camera mi spruzzo addosso un po' del Chloé della mamma, un profumo delizioso. E sempre mentre che richiudo con un lungo sospiro affranto il libro di matematica, strappando via il foglio dove ho mostrato segno di seria disfunzione comportamentale, il campanello di casa suona. Costanza è già arrivata.

In un gesto meccanico mi passo per l'ennesima volta la mano sui capelli e vado ad aprire il portone giù in fondo al palazzo premendo sul bottone accanto all'apparecchio del citofono, nemmeno mi premunisco di chiedere chi è, la risposta ce l'ho in tasca. Bensì premo sulla maniglia della porta e spalanco l'uscio d'ingresso mettendomi in attesa con le spalle contro il muro. Incrocio le braccia al petto e serro le palpebre, tutta questa sensazione tra poco sarà finita,

Costanza mi aiuterà a dirle ciao ciao.

Al mio fianco la porta dell'appartamento di Cornelio Terrazzani si apre, facendo uscire appunto la figura di quest'ultimo rivestito di un lungo cappotto e con in mano un ombrello, nel frattempo comincio a udire il rumore di passi che stanno salendo le scale.

«Matilde» mi saluta felicissimo di vedermi il signor Cornelio.

«Salve, Cornelio, dove va di bello?» ricambio il sorriso con una facilità estrema e, assurdo ma vero, una percezione di leggerezza già prende piede dentro di me.

«Sto andando a trovare mia moglie, è un po' che non facciamo due chiacchiere. Magari prima le vado a comprare un bel mazzo di rose, eh?» mi spiega Cornelio richiudendosi la porta alle spalle, chiudendola a chiave, «Vuoi venire anche tu?».

«Mi piacerebbe immensamente, ma sto aspettando un'amica, signore» sono costretta a dare forfait a malincuore.

«Non fa niente, Eloisa tanto rimane lì, non va lontana. La prossima volta, allora» mi rassicura l'anziano poggiando la punta dell'ombrello per terra.

«La prossima volta» annuisco ben contenta che me l'abbia proposto.

Finalmente i passi si fanno sempre più vicini, la figura di Costanza è giunta al capolinea, al mio piano.

Ciononostante i miei occhi si vanno ad allargare come non mai appena constatano ciò che hanno di fronte. Anche le iridi di Cornelio cambiano totalmente espressione, roba che inarca uno dei suoi grigi sopracciglioni, come se avesse appena visto... non so cosa! Non so che cosa potrebbe far ammutolire il signor Terrazzani! Anzi sì, questa scena è in grado di farlo immobilizzare come una statua!

«È lui la tua amica?» mi domanda Cornelio rispostando l'attenzione su di me.

«Ehm... onestamente no» biascico con non so quale inerzia.

«Ci deve essere stato un malinteso, temo» continua a dire Cornelio non riuscendo a trattenere una risatina divertita. E come dargli torto! Sfiderei chiunque a non ridere!

«Leonardo! Che ci fai qui? Io stavo aspettando Costanza!» esclamo non riuscendomi a trattenere, e già sono bella che impazzita di mio.

«Be', cari ragazzi, tolgo il disturbo. È chiaro che dovete chiarire la situazione. Ad ogni modo, a dispetto dei signorini che ho visto entrare dalla tua porta, questo è quello che meglio vedo accanto a te. Nessuna testa rossa e nessun nido di merlo, questo mi sembra proprio un gentiluomo» mi confessa Cornelio dopo averci detto "arrivederci" a modo suo. Diamine, che situazione imbarazzante.

Oggi alla povera Matilde me medesima ne stanno accadendo di cotte e di crude.

«Arrivederci, ragazzo» fa l'anziano a Leonardo dopo averlo sorpassato.

«Arrivederci a lei» ricambia con voce educata, senza distaccare i suoi occhi dai miei. Dai miei che sono un tantino perplessi e dubbiosi.

«Te lo ripeto, che ci fai qui?» mi rivolgo a lui.

Cazzo, ancora non ci credo, Leonardo è a casa mia!

«Costanza mi ha chiamato, mi ha detto che avevi serio bisogno di compagnia. Ha detto che il più adatto a tale compito sono io» pronuncia Leonardo facendo un passo, togliendo la scarpa dall'ultimo gradino.

Chiudo le palpebre per l'ennesima volta, «Aveva detto che sarebbe venuta lei da me». Neanche a farlo apposta un messaggio su WhatsApp mi entra in casella, chissà mai di chi!



Costanza, 17:16

- Sì, ho chiamato Leonardo. Sì, è opera mia. No, non avevi bisogno di me per "sfogarti", per quanto io sarei propensa intendi. Nuovamente sì, è Leonardo che ti serve, non io. Sii Atena fino in fondo!



«Ebbene, cambio di programma» dichiara Leonardo avvicinandosi e poggiandosi con la spalla contro il muro, imitando la mia posizione.

Rimango come un'ebete a fissarlo, a rimirarlo come un miraggio, come una statua perfetta. Mi mordo il labbro inferiore non sapendo cosa dire.

«Matilde, allora?» mi riporta alla realtà con la sua voce zuccherosa e profonda, invitante come il miele per le api.

«Allora cosa, Leonardo?» dico come una perfetta idiota, in balia di una circostanza inaspettata e sbalorditiva.

Devo metabolizzare. E con questa mente in subbuglio non è per niente facile. Qui la situazione si fa bella che rovente! Avrei dovuto accettare l'invito di Diego di stamani e tanti saluti.

Leonardo fa guizzare le sue iridi azzurre dietro le lenti degli occhiali, l'eterocromia che brilla di luce propria. Occhi felini, i suoi. Infine si sbottona il lungo cappotto nero, simile a quello che porta Lunanuova, e si sporge in avanti con il mento in un movimento piuttosto spavaldo.

«Allora non mi inviti a entrare?» domanda come se la cosa fosse la più ovvia di questo mondo.

«A entrare? Vuoi entrare?». Ufficiale, sono diventata un pesce lesso.

«Non sono un vampiro, tecnicamente non mi servirebbe l'invito. Però rimango dell'idea che sia una convenzione piuttosto educata» si permette di prendermi in giro con tanto di ghigno beffardo.

«Tu sei peggio di un vampiro» asserisco guardandolo di sottecchi.

«Uhm, forse hai ragione» mi dà ragione mentre al contempo allunga la mano e mi sfiora la pelle della gola, «Sabato sera ho dato sfogo alla mia vera natura vampiresca».

Un'espressione piena di soddisfazione si dipinge sul suo volto.

Come una molla faccio scattare la mano sopra la sua, sopra la mia pelle.

«Che mi hai combinato?».

«Entriamo e vedilo tu stessa. Avrai degli specchi in casa» mi suggerisce Leonardo.

Non me lo faccio ripetere, schizzo dentro l'appartamento e lo specchio all'entrata capita proprio a fagiolo. Poco fa, in bagno, non me ne ero minimamente resa conto. Stamattina a scuola avevo la maglia a collo alto, quindi nessuno l'ha notata la mia gola piena di macchie violacee. Piena di quelli che hanno tutta l'aria di essere succhiotti.

«Ho fatto un ottimo lavoro, allora?» mi giunge la voce dell'artefice accanto a me, dopo che si è preso la briga di chiudere la porta.

«Ma che diavolo...» mormoro cominciando a contarli, sono piuttosto numerosi.

«Sono stato un cattivo ragazzo?» si avvicina stuzzicandomi di proposito.

"Cattivo ragazzo", dice? Oh, mio caro, sono io la persona più cattiva qua dentro. Non ha proprio inteso.

Mi volto verso di lui, senza togliere la mano dal collo, e un ghigno mi appare a fior di labbra. Forse potrei prendere alla lettera l'avvertimento di Costanza.

«Non troppo» è ciò che dico a Leonardo, sfrontata da morire, «ora ti faccio vedere quanto è cattiva la Matilde me medesima. La persona più cattiva che esista».

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