BORDERLINE - Ereri/Riren -

By Ackerbitch

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II COMPLETA II Eren Yeager, studente diciassettenne di quinta liceo, ha davvero toccato il fondo. Dopo anni d... More

INTRODUZIONE
I - 3 Dicembre, Giorno 1
II - 3 Dicembre, Giorno 1
III - 5 Dicembre, Giorno 3
IV - 9 Dicembre, Giorno 7
V - 10 Dicembre, Giorno 8
VI - 11 Dicembre, Giorno 9
VII - 12 Dicembre, Giorno 10
VIII - 15 Dicembre, Giorno 13
IX - 16 Dicembre, Giorno 14
X - 17 Dicembre, Giorno 15
XI - 23 Dicembre, Giorno 21
XII - 24 Dicembre, Giorno 22
XIII - 25 Dicembre, Giorno 23
XIV - 27 Dicembre, Giorno 25
XV - 29 Dicembre, Giorno 27
XVII - 31 Dicembre, Giorno 29
XVIII - 1 Gennaio, Giorno 30
XIX - 8 Gennaio, Giorno 37
XX - 13 Gennaio, Giorno 45
XXI - 17 Gennaio, Giorno 49
XXII - 2 Febbraio
XXIII - 14 Febbraio
XXIV - 30 Marzo
XXV - 1 Maggio
XXVI - 27 Giugno
XXVII - 18 Luglio
XXVIII - 21 Luglio
XXIX - 10 Agosto
XXX - 24 Ottobre
XXXI - 25 Dicembre
XXXII - 31 Dicembre
XXXIII - 20 Febbraio
Ringraziamenti

XVI - 30 Dicembre, Giorno 28

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By Ackerbitch

Insecurities

Motionless in White – Voices

EREN

Mi rigiro nel letto, sbuffando fra quelle lenzuola profumate di vaniglia per l'ennesima volta e affondando il viso nel cuscino, incapace di prendere sonno. Mi sento irrequieto, un ammasso di emozioni in tumulto che mi scuotono dall'interno; si muovono veloci, frenetiche al punto di darmi la nausea e di farmi sembrare di stare per esplodere da un momento all'altro. Forse è per Levi, forse perché ho fatto finta di mandare giù qualche dose di felicità chimica.

Non appena chiudo gli occhi, la sua immagine si fa largo nella mia mente e con essa vengo investito da una miriade di sensazioni differenti: la stretta allo stomaco che mi fa formicolare le viscere ogni volta che la nostra pelle si sfiora, il respiro che mi si blocca in gola quando cerca i miei occhi con quelle iridi in tempesta, il cervello che pare andare completamente in tilt e smettere di funzionare quando mi rivolge i suoi splendidi e unici sorrisi che gli incurvano appena le labbra sottili, di cui mi sono sorpreso più volte ad immaginarne il sapore e la consistenza. E come se non bastasse già Levi stesso a ridurmi ad un brodo di giuggiole, a privarmi di ogni apparente capacità di formulare pensieri coerenti e razionali, il suo comportamento nei miei confronti mi destabilizza non poco.

È gentile, premuroso, lascia cadere la maschera e la corazza che si è cucito addosso per mostrarmi un Levi diverso, un Levi a cui importa di me. Ma i suoi gesti nei miei confronti mi fanno stare bene tanto quanto mi logorano dentro. Non penso di meritarmi le sue attenzioni, anzi, non me le merito e basta. Non sono nient'altro che un ragazzo rotto, debole e senza speranza, fatto di un ammasso di delusioni e difetti, cuciti insieme con il filo sottile della speranza e delle buone intenzioni.

Mi sussurra che dovrei avere un bel rapporto col mio corpo, ma le mie voci mi urlano quanto lo dica soltanto perché incoraggiare persone ed infondere loro autostima sia il suo lavoro, che in realtà mi trova orribile. Mi prende la mano e la stringe fra la sua, piccola e minuta ma forte al tempo stesso, ma probabilmente non perché gli piaccia farlo, semplicemente per mostrarmi sostegno.

Sospiro frustrato, spingendo ancora più a fondo la faccia nel cuscino e ispirandone l'aroma di vaniglia prima di raggiungere il cellulare, allungando pigramente un braccio sul comodino. Stringo gli occhi, infastidito quando la luminosità del display mi colpisce il volto. Indugio sul contatto di Armin, ma sono le due di notte passate e non mi pare il caso di interrompere il suo riposo per le mie paranoie, e senza esitare raggiungo in rubrica il contatto di Mikasa.

A: Mikasa

Sei sveglia?

È ormai diventata un'abitudine, quando qualcuno dei due fatica a prendere sonno scrive all'altro, e se ottiene risposta, sgattaiola di soppiatto nella stanza del destinatario del primo messaggio.

Non passa molto prima che il mio telefono vibri in un cenno affermativo, e dopo aver letto la sua risposta, mi scrollo il pesante piumone di dosso e mi alzo dal letto, diretto verso la porta che apro premurandomi di non fare il minimo rumore.

Mi muovo piano, facendo abituare i miei occhi all'oscurità, in punta dei piedi e protetto dalle ombre che la notte getta su quei corridoi colorati, facendo rotta verso la seconda stanza a sinistra e guardandomi intorno per sfuggire ad eventuali occhi indiscreti. La luce della sala degli infermieri è accesa, ma nessuno di loro pare essersene allontanato. Trovo la porta socchiusa, pronta ad accogliermi e la spingo piano, guardandomi intorno.

La corvina mi attende seduta sul suo letto con un lieve sorriso che le piega le labbra, su cui l'anellino in lucido metallo sembra risplendere di luce propria, riflettendo il bagliore freddo della piccola lampada notturna. Indossa un pesante pigiama di pile a righe rosa di qualche taglia più grande, tanto che sembra scomparire al suo interno, e i suoi capelli generalmente ben pettinati le ricadono scompigliati sulla fronte. Ha un'aria completamente diversa quando non è rivestita di nero, borchie e altro metallo dalla testa ai piedi. Abbiamo stretto davvero un ottimo rapporto, ed insieme a Levi, Armin e Jean è diventata una vera confidente e ottima ascoltatrice.

"Ehi."

Ricambia il mio saluto e prendo posto accanto a lei, sentendo il materasso cedere appena sotto il mio peso. Stringo i polsini del caldo pigiama blu fra le dita, affondando le mani nel tessuto morbido.

"Troppi pensieri?"

Mi volto nella sua direzione ad incontrare il suo volto gentile e delicato, la pelle pallida e gli occhi grigi che rifulgono morbidamente la luce fioca all'interno della stanza. Mi limito ad un cenno del capo in assenso, preda di quelle voci che mi dilaniano la mente e la seducono con pensieri torbidi e malati.

"È per Levi?"

La guardo aggrottando le sopracciglia in un misto di incredulità e sorpresa. Di certo non mi sarei mai aspettato una domanda del genere. Non da Mikasa, per lo meno; come ha capito che è il corvino il centro dei miei pensieri?

"Vi ho visti ieri, durante il film. Non so cosa stia succedendo tra voi o che tipo di rapporto abbiate, so solo che mi devi delle spiegazioni. E so anche che ieri ti ha mangiato con gli occhi per tutto il tempo, ma che sei probabilmente troppo ingenuo per essertene accorto. E prima che inizi a torturarti con inutili paranoie, la tua omosessualità non cambia niente."

Spiega maliziosamente, prima che il mio cervello possa riprendere a formulare qualsiasi pensiero coerente, ancora spiazzato dalla precedente domanda e dal suo intuito piuttosto acuto. Se possibile però, le sue affermazioni sul corvino mandano completamente in tilt ogni mia connessione nervosa, e sento chiaramente il mio cuore saltare più di qualche battito. Inizio nervosamente a torturarmi le dita delle mani e il labbro inferiore, stringendolo piano fra i denti e mordicchiandolo appena. Stento a credere a quello che ha appena detto, categorizzandolo immediatamente come impossibile. Non so nemmeno io cosa mi dia la facoltà di parlare.

"È che Levi mi confonde."

Sputo fuori, tutto d'un fiato.

"Mi tratta in quel modo, è dolce e gentile, mi porta fuori e poi mi prende per mano quando io non credo di meritarmi tutto questo, soprattutto da parte di uno come lui... Io credo di avere soltanto un gran casino in testa."

Continuo dopo la mia breve pausa, poggiando i comiti sulle ginocchia e passando nervosamente le mani sul volto.

"Cosa? Ti porta fuori? In che senso?"

Immediatamente la sua postura si fa attenta, la schiena dritta e un bagliore di curiosità ad animargli lo sguardo, mentre cambia posizione e si siede sul letto a gambe incrociate. Arrossisco immediatamente al pensiero di quel freddo pomeriggio passato sulla piccola panchina del parchetto innevato. La mia mano stretta nella sua, il suo braccio forte attorno alle mie spalle; eravamo talmente vicini da essere praticamente abbracciati, il suo odore a inebriarmi completamente e a riempirmi i polmoni. Sapeva di buono e di pulito, di fumo di sigaretta misto a the nero e a colonia maschile; sapeva di Levi. Spero che le ombre della notte e la semioscurità che regna nella stanza abbiano protetto dagli occhi indagatori di Mikasa il rosso cremisi che mi tinge gli zigomi.

"È stato il giorno che eravate tutti in permesso, eravamo soli in reparto e quindi siamo andati al bar qui vicino per passare il tempo..."

"C'è poco da essere confusi, siete decisamente cotti a puntino!"

Dalle sue labbra carnose si libera una risatina che camuffa col dorso della mano, mentre io mi limito a lasciar andare un sospiro tremulo e amaro. Levi cotto di me, eh? Come se potessi interessargli. Come se potesse cercare qualcosa nella mia anima arida, in quel poco e niente che ho da offrire alle persone che mi stanno accanto. Come se per lui non fossi un fantasma ancorato a questa misera vita per codardia.

"Non pensi che abbia certi atteggiamenti soltanto perché è il suo lavoro? Che in realtà, a lui non importi nulla di me? Insomma, guardalo: è intelligente, c'è una splendida persona sotto quella maschera d'indifferenza che indossa, è bello da morire... E io sono soltanto un moccioso, uno di quelli che non si meritano niente, uno di quelli che la vita ha maledetto gratuitamente col fardello della malattia."

La mia voce si affievolisce sempre di più, e lascio che i miei pensieri prendano voce in cerca di consiglio e sostegno. E facile lasciarsi andare con Mikasa: ascolta sempre tutto quello che ho da dire prima di parlare a sua volta e non giudica mai. Mi rivolge un'espressione mesta, sospirando pensierosa.

"Ti fa proprio sentire le farfalle nello stomaco, eh?"

"Più un'intera voliera di uccelli impazziti, direi."

Replico amaramente, scuotendo piano il capo e affondando il volto fra le mani.

"Uno come lui può avere quello che vuole e chi vuole, non perderebbe di certo del tempo con me se non fosse costretto. Perché allora si comporta così? Non sembra per niente il tipo di persona che gioca con i sentimenti degli altri, allora perché lo fa?"

Ingoio il groppo formatosi nella mia gola, e cerco di sfuggire all'oscurità di quei pensieri, che sembrano volermi ingabbiare nei meandri più profondi di me stesso.

Non gli interessa nulla di te.

"Ripeto, tu non hai visto con che occhi ti guarda. E non dedica a noi altri ragazzi o a chiunque altro in reparto tutto il tempo che invece dedica a te. Questo non lo puoi negare, lo hai visto anche tu."

Ti guarda con disprezzo: non c'è altro per te.

"Non lo so 'Kasa... Passa le giornate con me probabilmente per compassione, per pietà. Devo essere così patetico ai suoi occhi..."

Non vali il tempo di nessuno.

Scuoto la testa come a scacciare via quei pensieri, mentre la mano di Mikasa si poggia sulla mia schiena e la carezza piano. Incontro i suoi occhi, lo sguardo e la voce addolciti da un'emozione a cui non riesco a dare un nome.

"Sei proprio cieco e cocciuto a volerti ostinare a non vedere come stanno davvero le cose. Smetti di farti mille congetture e non perderti in assurdi film mentali: a Levi piaci."

Non potrai mai piacere a nessuno. Guardati: sei talmente annullato nella tua malattia da non esistere più. Chi è Eren Yeager?

Mi lascio sfuggire una risata amara, al sapore di lacrime.

"Non hai idea di come le infermiere del reparto di neurologia gli facciano spudoratamente il filo e lui non le calcoli minimamente, poi arrivi tu e addirittura ti porta fuori per passare del tempo con te. Poi ti tiene per mano durante il film, guardandoti in quel modo..."

"Voglio essere quello che vorrai, Eren. Ma sicuramente non un terapeuta."

Quelle parole si ripetono nella mia mente come un mantra, straziando la mia parte razionale e cibando la mia malattia. Cosa vuoi essere, Levi? Cosa può darti uno come me? Perché mi confondi così?

Lascio cadere l'argomento con una scrollata di spalle, provato da quella discussione breve ma decisamente troppo intensa per il mio animo in tumulto. Sento già gli artigli dell'ansia lacerarmi la mente, l'incertezza e l'insicurezza insediare ogni singola cellula del mio corpo col loro tocco freddo e dal retrogusto di solitudine.

Rimango con Mikasa per ore, fino a che la stanza non inizia a risuonare del flebile cinguettio degli uccelli che salutano il primo e fioco sole mattutino, e Mikasa non si lascia cadere in un leggero sonno ristoratore. Torno in camera in punta dei piedi, scivolando leggiadro sul pavimento di marmo freddo e rientrando di soppiatto nella mia stanza.

Non dormo, semplicemente mi limito a fissare il bianco candore del soffitto nella semioscurità, fino a che non mi sembra di annullarmi in quel colore; tutto ciò che mi circonda perde di significato, un solo pensiero a sedurmi la mente: come si può essere così tanto felici, ma allo stesso tempo completamente pervasi da una tristezza tanto viscerale da fare male alla bocca dello stomaco, quando si pensa ad una persona?

***

LEVI

Muovo veloci e calcolati passi ritmici per i corridoi colorati, affiancato da Erwin e Isabel. La ragazza che ha tentato il suicidio la settimana scorsa sta nettamente meglio, non ha più bisogno di trattamenti medici che non siano sedute con un terapeuta, e siamo venuti per scortarla dal reparto di gastroenterologia a quello di psichiatria.

Ha ingerito un mix potenzialmente letale dei suoi psicofarmaci, ma pentitasi del gesto subito dopo, lo ha confessato ai suoi genitori che l'hanno portata al pronto soccorso. La loro prontezza le ha salvato la vita, assieme ai medici che hanno provveduto ad eseguire nell'immediato una lavanda gastrica. Ora è fuori pericolo, le sue condizioni sono stabili e i suoi parametri vitali buoni, ma necessita davvero di molto sostegno, a detta di Erwin che l'ha già visitata.

Ci introduciamo nella piccola stanza, dove ci accoglie seduta sul letto e con gli occhi colmi di lacrime, mentre saluta i suoi genitori stringendoli a sé. Indossa dei leggins neri che mettono in risalto la sua magrezza, e una larga felpa grigia i cui polsini si alzano di quanto basta per lasciarmi intravedere le sottili linee rosse e bianche che li marchiano. I suoi capelli sono raccolti in una coda di cavallo alta e fluente, da cui sfuggono due grosse ciocche lasciate intenzionalmente libere, che le incorniciano il volto e mettono in risalto i suoi grandi e tristi occhi nocciola.

Ci teniamo in disparte per non disturbare quel loro momento intimo, mentre tento di fare del mio meglio per ignorare le occhiate invadenti e oltremodo irritanti che Isabel mi rivolge da stamattina; so perfettamente dove voglia arrivare, ma non gliene do il modo. Non passa molto però prima che Erwin ci lasci da soli, avvicinandosi alla famiglia e presentandosi come il primario di psichiatria della struttura, sotto gli occhi timidi e impauriti della ragazza.

"Io e te dobbiamo parlare."

Sibila la rossa, e ruoto gli occhi al cielo, stizzito dalla piega che sta già prendendo quella conversazione non ancora nata.

"Non c'è molto che debba dirti, sono più che sicuro che quella svitata della quattr'occhi abbia già provveduto alla tua sete di informazioni, visto che so già dove vuoi andare a parare. Non c'è nient'altro da aggiungere."

"Ma io vorrei sapere che ne pensi tu di lui! Ti fa battere il cuore? Riesci a sentire quella morsa attanagliarti lo stomaco quando gli sei vicino, o le scariche elettriche ogni volta che vi sfiorate? Non ti ho mai visto così preso da una persona, Levi. Vorrei soltanto sapere quello che provi per Eren, perché tengo a te."

Altro che battere forte, il mio cuore perde più battiti di quanti mi piaccia ammettere di fronte a quelle iridi impossibili, dalle mille sfumature di verde smeraldo e azzurro intenso. E le sue mani, ogni centimetro di quella pelle abbronzata, sembra intessuto di sottilissimi fili elettrici.

Mi perdo nel volto allegro della mia migliore amica, che emana una profonda aria di curiosità. Posso dire soltanto con uno sguardo che è davvero felice per me, ma allo stesso tempo questo pensiero mi punge il petto come fosse la fredda e affilata lama di un pugnale. Potrà mai tornare a provare queste mie stesse sensazioni dopo che l'amore della sua vita, quello vero, che ti entra nel sangue e si impossessa di ogni fibra del tuo essere, le è scivolato inesorabilmente fra le dita anni fa?

Tento di scacciare quella spiacevole sensazione al petto strofinandolo all'altezza del cuore con la mano, mentre catturo i suoi occhi colmi di gioia e allegria con i miei. È la mia migliore amica, una delle persone a cui tengo davvero, e queste ultime si possono contare sulle dita di una mano. È davvero inutile tentare di sfuggire ai miei sentimenti, tenendoli muti e ingabbiati nella mia mente, quando sono già diventati così forti da scuotermi il corpo con i loro fremiti. Isabel ha ragione, non sono mai stato così tanto coinvolto da una persona, ed il fatto che sia un paziente –e per giunta, anche parecchio più piccolo di me – mi carica di insicurezze.

"Sto bene con Eren, Isa... Solo è difficile, non so cosa provi lui. È palese che io gli faccia un certo effetto, ma davvero non voglio spaventarlo o spingerlo troppo oltre in qualcosa che non si sente di affrontare. Sta male, non voglio peggiorare la situazione, ma solo aiutarlo a stare meglio. Non come uno psichiatra, però. Poi c'è anche la questione dell'età, è un moccioso di diciassette anni e io mi sento un fottuto pedofilo."

Il viso di Isabel si illumina di un sorriso che straborda di felicità, e mi cinge il collo con le sue braccia minute, continuando a cantilenare le sue incessanti domande, a cui ora non posso fare a meno di rispondere.

"Andiamo, Levi-bro! Otto anni di differenza in una relazione sono assolutamente gestibili. E lui? Non ti ha fatto capire niente?"

"Vuoi essere mio amico?"

La sua voce tanto melodiosa e armonica, da fare invidia al canto delle sirene, pare rimbombarmi nella testa e offuscare tutto il resto. Ma quante emozioni avevano attraversato le sue iridi di smeraldo a quella richiesta impacciata? Decine, dalle mille sfaccettature diverse. Tristezza, mista a speranza ma con una punta di rimorso, non appena quelle parole avevano lasciato le sue labbra perfette. Gioia, timore, disperazione, calma. I suoi occhi erano diventati un vero e proprio caleidoscopio di emozioni contrastanti, in combutta fra loro.

Non faccio in tempo a soddisfare la curiosità della rossa, che Erwin e la ragazza si parano davanti a noi. Dopo aver rivolto i nostri saluti ai genitori della nuova paziente, iniziamo ad incamminarci verso il reparto. Sento lo sguardo di Isabel bruciarmi la pelle, monito silente che la nostra conversazione non è ancora finita. Faccio scorrere i miei occhi sulla ragazza, studiando i movimenti della fluente e lunga coda di cavallo castana, che ondeggia ritmicamente ad ogni passo. Si è presentata come Sasha, lo sguardo triste e basso e gli occhi tanto colmi d'angoscia da fare male. Sono tutti così abbattuti e apparentemente svuotati di ogni speranza quando mettono piede qui dentro per il loro ricovero, ma sono convinto che le basterà avere a che fare con gli altri ragazzi per ricaricarsi con una ventata della loro energia. Ymir di certo non le darà tregua e non le permetterà di starsene chiusa nella sua stanza neanche un secondo.

Continuiamo la nostra marcia per quei corridoi facendo lo slalom fra le decine di medici ed infermieri, mentre Isabel tenta con ottimi risultati di sollevare l'umore di Sasha, ed Erwin tira fuori la sua elegante agenda in pelle marrone dalla tasca del camice, controllando gli innumerevoli impegni che gli riempiono la giornata. Varchiamo la soglia del reparto, e immediatamente cinque paia di occhi si puntano su di noi; riesco chiaramente a sentire la carezza elettrica delle iridi smeraldine e impossibili di Eren sulla mia pelle. Guardano Sasha incuriositi, Jean la scruta con un cipiglio sul volto e le braccia incrociate, le labbra leggermente dischiuse come a voler parlare. E sono sicuro che tutti all'interno della stanza sappiano quali sono le parole che gli indugiano sulla lingua e che lascia andare, nonostante le occhiate truci di Mikasa, Ymir ed Eren.

"Perché sei qui?"

La castana non perde tempo a trascinarlo via di forza tirandolo per un braccio, borbottando insulti sottovoce e qualcosa che somiglia vagamente ad un "non sai proprio farti i cazzi tuoi", sfuggendo ai pugni che quel muso di equino tenta di sferrarle sulla spalla per liberarsi dalla sua presa. Il mio moccioso li guarda divertito prima di puntare i suoi occhi nei miei, regalandomi un dolce fremito.

"Ciao."

È Mikasa a rompere il silenzio mentre gli altri ragazzi si avvicinano, presentandosi alla castana che ricambia timidamente il loro saluto. Carezzo lentamente la schiena di Eren, e lo sento abbandonarsi a quel tocco proibito e fugace, stando ben attento all'eventuale presenza di occhi indiscreti prima di congedarmi e raggiungere Erwin nel suo studio. Abbiamo del lavoro importante da fare, fra cui rivedere insieme alcuni aggiustamenti sulla terapia farmacologica di Jean, che sembra non funzionare più come dovrebbe. Sento il suo sguardo indugiare su di me e farmi formicolare la pelle fino a che non mi chiudo all'interno dello studio, in compagnia dello psichiatra.

È intento a sfogliare i referti della nuova arrivata, perso in complicati termini medici mentre trascrive informazioni necessarie nella sua cartella clinica.

"Dobbiamo ideare un piano terapeutico anche per Sasha."

Esordisce, non staccando mai lo sguardo da quei fogli, pieni della sua calligrafia fitta e sottile.

"E una nuova dieta."

Aggiungo, prendendo posto davanti a lui e buttando l'occhio a mia volta su quei referti.

"Ho chiamato in reparto, domani passerà la dottoressa Leonhardt, la nutrizionista. E penso che dovremmo avvertire gli altri di non darle da mangiare per nessuna ragione."

Erwin annuisce piano, pensieroso.

"Uno dei casi di bulimia più complessi che mi sia mai trovato a trattare."

Sospira, passandosi una mano sui capelli mentre inizio a sfogliare la cartella clinica di Jean per passare in rassegna le dosi e i nomi dei farmaci che assume; ma faccio fatica a concentrarmi, perché una testa castana ed un paio di occhi brillanti e verdissimi monopolizzano i miei pensieri. 

_______________________________________

SPAZIO AUTRICE IMPORTANTE⚠️

Prima di passare a quello che ho da dirvi, ci tenevo a farvi sapere che il prossimo aggiornamento di Borderline arriverà in anticipo, ovvero giovedì anziché domenica, perché sarò in vacanza. Quindi doppio aggiornamento per voi, sia Of Leather and Lust che Borderline!

E non preoccupatevi per i prossimi aggiornamenti, ho intenzione di iniziare a pubblicare la storia due volte a settimana. Magari mercoledì e domenica? Che ne dite? Vi farò sapere al più presto. 💕💕

Finalmente siamo entrati nella mente nostri ragazzi e siamo riusciti a capire cosa pensino l'uno dell'altro, e si è reso più palese che tutti (tranne Eren, perché appunto è fesso😂) si siano resi conto che Levi abbia una bella cotta per il suo moccioso dagli occhi verdissimi.

In sostanza, è un capitolo abbastanza di passaggio ma necessario per capire i loro pensieri e per farci vedere le cose meglio sotto la loro ottica. E poi c'è un nuovo arrivo in reparto, la nostra amata Sasha.

E per questa volta vi saluto anche su questa storia dicendovi... A giovedì!❤️✨ (e lasciandovi anche alla classica lezione di psichiatria spicciola, come ogni volta che compare un nuovo disturbo).

Bulimia: La bulimia, nota anche come bulimia nervosa, è un disturbo del comportamento alimentare che - nella persona portatrice - è motivo di grandi abbuffate di cibo, seguite da un forte senso di colpa e da comportamenti anomali, atti a "neutralizzare" l'apporto calorico di quanto ingerito. Tra i comportamenti anomali del soggetto bulimico (cioè dell'individuo con bulimia), i più frequenti sono: il vomito autoindotto, l'assunzione impropria di lassativi e diuretici, l'adozione di un dieta restrittiva per diversi giorni e l'esercizio fisico strenuo.

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