BORDERLINE - Ereri/Riren -

By Ackerbitch

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II COMPLETA II Eren Yeager, studente diciassettenne di quinta liceo, ha davvero toccato il fondo. Dopo anni d... More

INTRODUZIONE
I - 3 Dicembre, Giorno 1
II - 3 Dicembre, Giorno 1
III - 5 Dicembre, Giorno 3
IV - 9 Dicembre, Giorno 7
V - 10 Dicembre, Giorno 8
VI - 11 Dicembre, Giorno 9
VII - 12 Dicembre, Giorno 10
VIII - 15 Dicembre, Giorno 13
IX - 16 Dicembre, Giorno 14
XI - 23 Dicembre, Giorno 21
XII - 24 Dicembre, Giorno 22
XIII - 25 Dicembre, Giorno 23
XIV - 27 Dicembre, Giorno 25
XV - 29 Dicembre, Giorno 27
XVI - 30 Dicembre, Giorno 28
XVII - 31 Dicembre, Giorno 29
XVIII - 1 Gennaio, Giorno 30
XIX - 8 Gennaio, Giorno 37
XX - 13 Gennaio, Giorno 45
XXI - 17 Gennaio, Giorno 49
XXII - 2 Febbraio
XXIII - 14 Febbraio
XXIV - 30 Marzo
XXV - 1 Maggio
XXVI - 27 Giugno
XXVII - 18 Luglio
XXVIII - 21 Luglio
XXIX - 10 Agosto
XXX - 24 Ottobre
XXXI - 25 Dicembre
XXXII - 31 Dicembre
XXXIII - 20 Febbraio
Ringraziamenti

X - 17 Dicembre, Giorno 15

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By Ackerbitch

Gay...?

Friend, Please - Twenty øne Pilots

EREN

Il silenzio è rotto soltanto dal ticchettio dell'orologio da parete e dal suono della mia penna che scorre fluida sulla carta mentre siedo nello studio di Rico. I suoi occhi chiari, fissi su di me, mi scrutano pensierosi.

L'ennesimo test di valutazione, centinaia di domande a cui rispondere per cercare anche solo un minimo cambiamento nella mia mente. Ancora l'ultima pagina e sarò libero di andare, di passare la mattinata con gli altri e godermi il mio umore abbastanza stabile a causa dei farmaci che, pompando nel mio sangue e infestandolo, spengono i brutti pensieri e mettono a tacere quei demoni.

Un'affermazione diversa dalle altre però cattura la mia attenzione, e mi scopro a non avere una risposta immediata come accade generalmente.

L'idea di baciare persone del mio stesso sesso non mi disgusta.

La mia penna indugia fra le caselle del vero e del falso, incapace di fornire una risposta coerente, mentre un paio di tempestosi e magnetici occhi grigi carezzano i miei pensieri.

Perché, proprio ora, l'immagine di Levi si fa largo nella mia mente?

L'incarnato talmente pallido e privo di imperfezioni da sembrare pregiata e finissima porcellana, il naso dritto e leggermente all'insù, i capelli corvini perennemente ordinati ad incorniciare il suo sguardo d'acciaio fuso mozzafiato. Mi chiedo se siano setose al tatto come sembrano, quelle lucide ciocche corvine; più volte ieri pomeriggio ho combattuto l'impulso di passarvi una mano e saggiarne la consistenza, e più volte mi sono dato uno schiaffo mentale nel fantasticare sul sapore di quelle labbra perfette e sottili, fuso al mio.

Abbiamo passato del tempo insieme, affacciati alla finestra della sala comune e raccontandoci pezzi di noi e delle nostre vite fra una sigaretta e l'altra. È una persona estremamente riservata e a tratti scostante, ma sono certo che sotto quella scorza dura e quella maschera di fredda e asettica indifferenza che indossa, Levi nasconda un cuore d'oro. Ed ho avuto occasione di sbirciare dietro il muro che si è costruito e di osservare, seppur da lontano, quella parte del corvino, di perdermi per qualche fugace istante nel suo sguardo dolce e carico di apprensione e nella sua espressione gentile.

Sono stato davvero a mio agio con lui, mi sono sentito capito, non giudicato; compreso fino in fondo. Gli ho raccontato del vortice nero che mi avvolge e che mi annebbia la mente, non tacendogli nemmeno uno di quei pensieri tanto macabri e distruttivi da farmi desiderare il freddo abbraccio della morte. Gli ho parlato anche della maschera che ho cucito pezzo per pezzo al mio volto, infilando l'ago nella carne senza anestetico, a posta per provare dolore.

E poi l'ho lasciata cadere davanti a quelle iridi grigie, non temendo che marchiasse a fuoco la mia mente e la mia anima col ferro rovente dei giudizi. Lui è diverso, e me lo ha dimostrato.

Ha condiviso con me pezzi della sua vita, rivelandomi parti di lui e piccoli ma preziosi dettagli della sua quotidianità. Ma mentre lo faceva sono stato in grado di leggere esitazione nei suoi occhi, come se si stesse trattenendo da un qualcosa di a me sconosciuto. Come se quelle parole, traditrici, stessero sgorgando dalle sue labbra senza il suo consenso.

Vive da solo, e la vita stessa non è mai stata particolarmente clemente con lui: sua madre è morta e non ha mai conosciuto suo padre. Nonostante tutto è una persona forte e determinata e non si è minimamente lasciato abbattere dai numerosi ostacoli che ha incontrato durante il suo percorso. Pieno d'ambizione, si è laureato in medicina a pieni voti e porta avanti a testa alta e con non pochi sacrifici l'obiettivo di diventare uno psichiatra. La morte del suo migliore amico l'ha segnato davvero nel profondo e ha lasciato nella sua anima una ferita aperta che non ha mai smesso di sanguinare.

È bello e sicuro di sé, determinato e pieno di voglia di vivere; è tutto quello che io non sono e che non sarò mai.

Nego a me stesso il fatto di essermi perso più volte ad osservare la linea dura ma armoniosa della sua mascella, il modo in cui le sue labbra si schiudevano quando espirava quelle evanescenti nuvole di nicotina e quegli occhi sottili e taglienti in grado di scrutarmi l'anima e di attirarmi come magneti.

Sospiro, picchiettando ritmicamente e nervosamente il retro della penna sul foglio, scuotendo la testa come a scacciare quei pensieri e tentando di pensare razionalmente alla risposta a quel quesito inaspettato che mi sta dando del filo da torcere.

Lo trovo attraente, e forse non solo. In così poco tempo e in un modo a me del tutto sconosciuto ha fatto breccia nella mia maschera e abbattuto i muri del mio cuore, scaldandomi il petto di un sentimento nuovo e timido, una piccola fiammella che divampa lieve ogni volta che il mio sguardo si fonde al suo, ogni volta che sulle sue labbra appare l'ombra di un sorriso.

Non voglio dare un nome a quella flebile scintilla, non voglio scambiare l'ammirazione che provo per lui con qualcosa di più grande e pericoloso. Mi sono affezionato irrimediabilmente a Levi, ma non credo che ci siano altri sentimenti coinvolti.

Affetto, nulla di più. Amicizia. La mia è solo una mera attrazione fisica, sicuramente non ricambiata.

Eppure il pensiero di essere attratto da un ragazzo non mi disturba né mi sconvolge; non ho mai trovato nulla di sensuale nelle curve sinuose del corpo femminile, e la mia sessualità stessa per me è rimasta sconosciuta e indefinita. Ho sempre dato la colpa alla malattia che, rubandomi l'adolescenza, si è presa anche gli anni dove si fanno le prime esperienze in amore. Avere una ragazza era l'ultimo dei miei pensieri quando dovevo invece cercare di stare bene e di non soccombere al mare nero dei brutti pensieri che già in quegli anni mi carezzavano e seducevano la mente. Le mie esperienze in amore si limitano a qualche innocente e casto bacio a stampo, dato facendo girare una bottiglia ai tempi delle medie, quando non ero ancora troppo patetico per essere invitato alle feste di compleanno.

Allora perché al pensiero del corvino, alla sola immagine che si affaccia nella mia mente di lui che mi teneva la mano saldamente fra la sua, morbida e piccola, tentando di calmare quell'orrenda crisi, il mio cuore scalpita? Mi piacciono davvero i ragazzi?

Stringo forte la penna, mentre faccio scorrere due dritte linee d'inchiostro nero e lucido sull'ultima casella, prima di lasciare lo studio di Rico e salutarla con un timido sorriso che ricambia.

Vero.

________

Non c'è nessuno in sala comune quando entro. Meglio così, nonostante avessi voglia di stare con gli altri ho altrettanto bisogno di riflettere sulla mia possibile realizzazione.

Forse mi piacciono i ragazzi. Potrei essere attratto da persone del mio stesso sesso.

Il pensiero non mi aveva mai sfiorato la mente prima di oggi e questo sembra far crollare ogni mia certezza, farla sgretolare come fosse terriccio cedevole, scavato da una forte e incessante pioggia e scosso da un vento impetuoso. Nonostante non sia particolarmente turbato da questa possibile realizzazione, sento che ho davvero bisogno di parlarne con qualcuno, qualcuno che non siano Erwin o Rico. Loro mi ascolterebbero certo, ma non ho bisogno di uno psichiatra; stavolta non c'è niente da psicoanalizzare.

Istintivamente la mia mano raggiunge la tasca dei jeans alla ricerca del mio telefono, e prima ancora che me ne accorga la voce di Armin mi raggiunge, distorta e carica del suo inguaribile entusiasmo che sempre gli ho invidiato.

"Eren! Come stai? Non mi aspettavo una chiamata così presto!"

Una risatina tirata si leva dalle mie labbra prima di rispondere al mio migliore amico.

"Oggi sto bene, Arm. Per i canoni di una persona ricoverata in un reparto psichiatrico e che ha avuto due crisi terribili, s'intende."

Lo sento sbuffare dall'altro capo del telefono per la mia pessima ironia, e riesco ad immaginare perfettamente la sua espressione in questo momento; le sopracciglia unite in un cipiglio e le labbra piegate in una smorfia di insoddisfazione.

"Sei sempre il solito. Ti sento teso, però."

Non c'è davvero nulla che possa riuscire a nascondergli, talmente sa leggermi bene anche soltanto attraverso le sfumature che acquisisce la mia voce; una scarica di calda ansia si fa largo nel mio corpo e il mio cuore perde un battito. La mia voce è incerta quando prendo parola, ridotta ad un sussurro.

"Armin, tu non mi abbandonerai vero? Qualunque cosa accada tu ci sarai, per me...?"

"Certo Eren, ma che domande fai?! Sei il mio migliore amico, niente potrebbe cambiare questo, lo sai vero?"

Il suo tono si fa carico di preoccupazione, e la paura del rifiuto si fa strada in me, insidiandosi pericolosamente in ogni fibra del mio corpo. Conosco Armin, e la mia parte razionale sa che non mi giudicherebbe, ma i demoni continuano ad urlare che mi abbandonerà una volta venuto a conoscenza della mia presunta omosessualità.

Paura del rifiuto. Paura dell'abbandono.

Mi straziano il petto e mi bloccano le parole in gola.

"Eren? C'è qualcosa che vorresti dirmi?"

Prendo un respiro profondo, prima di iniziare a parlare con voce rotta e tremante, il cuore che mi martella nel petto ad un ritmo incessante.

"F-Forse...F-orse mi piacciono i r-ragazzi."

Quelle parole lasciano le mie labbra in un sussurro veloce, e per un attimo una scintilla di speranza che il mio migliore amico non sia riuscito a cogliere mi pervade di sollievo.

Dall'altra parte del telefono invece, mi giunge una risatina sommessa.

"E tu che dici sempre che non capita nulla di interessante lì dentro! Allora, chi è?"

La mia vista si fa velata a causa delle lacrime che minacciano di uscire dai miei occhi umidi, mentre commosso dalle parole del mio amico mi porto una mano alla bocca per soffocare un singhiozzo.

" N-Non è un problema per te? Non mi abbandonerai per questo?"

"Certo che no, Eren. Non pensarla neanche una cosa del genere!"

Non faccio nulla per impedire ad un lamento spezzato di lasciarmi le labbra, ora incurvate da un sorriso sincero.

"Grazie Arm, grazie davvero..."

"Stai evitando la mia domanda. Chi è?"

"Chi...? No, no! Nessuno, non c'è nessuno! Solo una domanda in un test che mi ha fatto riflettere, tutto qua. Non sono nemmeno del tutto sicuro che mi piacciano i ragazzi, solo ho avuto questa specie di realizzazione e volevo parlarne con te, ne sentivo il bisogno."

Il suo mugolio dall'altro capo del telefono suona poco convinto alle mie orecchie, ma comunque non mi forza con altre domande.

"Armin... solo non dire ai miei di questa... cosa, nel caso dovessero chiamarti. Vorrei dirglielo io una volta che sarò riuscito a venire a capo della situazione e a capire la mia sessualità. E poi...Ho paura di fargli schifo, non so davvero come la prenderebbero. Un figlio mentalmente malato e pure gay, come se la vita non li avesse già maledetti abbastanza."

"Eren! Loro ti amano più di qualunque altra cosa. Non dire queste cose che nessuno pensa!"

Ed è vero, loro mi amano, anche se io di amore probabilmente non ne merito; mi hanno mostrato tutto il loro supporto e la loro vicinanza, hanno raccolto a terra più e più volte i cocci del mio cuore e della mia anima e tentato di rincollarli insieme col loro amore. Ma amano più me o l'idea di un Eren felice e com'era una volta, quello che potrebbero non rivedere mai più?

Decido di tacere i miei pensieri al biondo, ringraziandolo del suo sostegno e chiudendo la chiamata salutandolo velocemente non appena qualcuno fa il suo ingresso nella sala comune, non volendo che nessuna parola di quella conversazione raggiungesse orecchie indiscrete.

I miei occhi incontrano quelli tristi e spenti di Jean, ogni traccia della sua strafottenza ha lasciato quelle iridi ambrate. Nonostante sia irritante e sempre pronto a punzecchiarmi con le sue frecciatine e io non abbia di certo smaltito il rancore e la voglia di servirgli la mia vendetta nel peggiore dei modi, un moto di compassione mi sale in petto alla vista dell'espressione afflitta del ragazzo, scacciando qualunque traccia di rabbia. Noto però con una punta di sadico piacere un piccolo alone violaceo lì dove il mio pugno lo ha raggiunto giorni fa, poco vicino la tempia.

"Tutto bene?"

Il mio tono suona esitate e cauto mentre si lascia cadere con un tonfo su una delle sedie, coprendosi gli occhi con un avambraccio e gettando la testa all'indietro. Sembra stanco e in uno stato stranamente vulnerabile.

"Marco ha avuto una crisi poco fa..."

"Oh! E cosa è successo?"

Il mio tono si fa carico di preoccupazione di fronte all'espressione afflitta del biondo tinto.

"È il suo disturbo, ogni tanto ha queste crisi d'ansia, un po' come i tuoi attacchi di panico ma entra in un vero e proprio stato di derealizzazione e di depersonalizzazione. Non è più cosciente di nulla e gli sembra estraneo tutto...I-Io gli sono andato vicino perché volevo cercare di aiutarlo e lui non mi ha nemmeno riconosciuto...Capisci? Non mi ha riconosciuto... "

L'ultima frase lascia le sue labbra mordicchiate in un sussurro spezzato da un singhiozzo traditore, mentre calde lacrime iniziano a rigargli il viso.

"È così fottutamente difficile! Perché lui, perché...?"

E non fa più nulla per nascondere i singhiozzi mentre prendo posto accanto a lui poggiandogli una mano sulla spalla in segno di conforto, spiazzato dal suo crollo e dall'intensità con cui viene colpito da quella tempesta emotiva.

"Non mi ha riconosciuto, ho cercato di avvicinarmi e si è spaventato; ho cercato di toccarlo e avresti dovuto vedere l'espressione di puro terrore che aveva in viso. Ho solo peggiorato la sua crisi...Non posso perdonarmelo, non dopo aver visto come l'ho ridotto. Sono un mostro..."

Mai nella mia vita avrei creduto di trovarmi così, a consolare Jean piangere lacrime amare, colme di sofferenza e rimorso sulla mia spalla, e mai avrei creduto di vederlo cedere davanti ai miei occhi.

Non mi è mai sfuggito il suo sguardo colmo di una scintilla d'apprensione e di qualcos'altro che ha sempre rivolto al corvino, sin dal primo giorno del mio ricovero, e in fondo mi sono sempre chiesto quale fosse il legame che li unisse.

Jean pare essere un'altra persona ogni volta che si rivolge a Marco, sempre gentile e pacato, la voce piegata da una nota di dolcezza sincera e genuina; la realizzazione dei sentimenti del biondo mi colpisce, intensa e improvvisa come un fulmine.

"Jean, tu provi qualcosa per Marco."

Non è una domanda la mia, ma una semplice constatazione alla quale il biondo alza gli occhi velati di lacrime, sgranandoli leggermente per incontrare il mio sguardo.

Una serie di emozioni si susseguono sul suo volto e ne distorcono i lineamenti: tristezza, sorpresa, rabbia, incredulità. Ma alla fine cede, abbassando lo sguardo sulle punte delle scarpe e lasciandosi andare ad un sospiro tremante. La sua voce suona bassa e abbattuta, rassegnata.

"È così evidente?"

"Lo guardi con occhi diversi."

Si morde il labbro, stringendo i pugni fino a far diventare le nocche bianche, mentre un silenzio carico di tensione satura l'aria della stanza e la rende tanto pesante da essere quasi irrespirabile e densa.

"Non dirlo agli altri, soprattutto a Marco. Non so come reagirebbe se lo venisse a sapere. E in generale, non sono ancora pronto per fare coming-out con nessuno. Sei l'unico a sapere che sono gay e quindi ti consiglio vivamente di tenere la bocca chiusa se non vuoi una doppia razione di pugni in faccia."

È una minaccia la sua, ma suona spenta e vuota, marcata dalla sofferenza; forse è questo che mi impedisce di rispondergli a tono.

"No, stai tranquillo ti capisco davvero. Non lo dirò a nessuno."

Le sue sopracciglia si aggrottano in un cipiglio e il suo sguardo si fa interrogativo, animato da una scintilla di curiosità.

"Mi capisci? In che senso?"

Mi trovo a deglutire rumorosamente alla sua domanda, colto alla sprovvista. Inizio a torturarmi le mani, mentre penso velocemente ad una risposta per giustificare le parole che hanno lasciato le mie labbra. La voce mi muore in gola e inizio a boccheggiare, così il biondo coglie l'occasione per pormi un quesito che per poco non mi fa strozzare con la mia stessa saliva.

"Sei gay, Yaeger?"

Sento chiaramente una punta istigatoria e strafottente rompere la tristezza della sua voce, mentre il suo sguardo si fa malizioso seppur ancora gonfio e arrossato dal pianto dalle lacrime.

Una sensazione di panico si impossessa di me, e inizio a blaterare cose a caso e del tutto prive di qualunque senso logico, guidato dal nervosismo delle sabbie mobili di questa situazione assurda in cui sono immerso per colpa mia.

"Sì! Cioè, N-No, no assolutamente!"

Posso sentire chiaramente le mie guance andare a fuoco sotto lo sguardo indagatore e poco convinto del biondo, carico di silenti domande in cerca di una risposta.

In che razza di situazione mi sono cacciato?

"...Forse. Non lo so, ho realizzato oggi in realtà che potrebbero piacermi persone del mio stesso sesso. Non lo so, non mi sento pronto nemmeno di parlarne."

Sputo fuori la mia confessione con voce bassa e grave e animato da non so quale coraggio. Ed è vero, non ne voglio assolutamente parlare; dirlo ad Armin mi è già costato abbastanza fatica.

"Forse? E sentiamo, per chi staresti mettendo in dubbio la tua sessualità?"

"N-Nessuno!"

"Per favore, questa non me la bevo neanche tra cent'anni!"

Ed ecco tornato alla carica il solito Jean, la voce ancora tremante per la tristezza e per il rimorso ma tagliente e canzonatoria come sempre.

"Dai, razza di bastardo suicida, chi è? Hai detto che hai realizzato oggi, quindi deve essere qualcuno che lavora qui dentro, altrimenti probabilmente ti saresti fatto qualche domanda già da prima."

Lo maledico mentalmente in tutte le lingue del mondo. Da quando faccia di cavallo è così intelligente da fare deduzioni sensate?

"È un infermiere? No aspetta, quelli sono tutti vecchi..."

Pare pensarci un attimo, prendendosi il mento fra il pollice e l'indice mentre tento di borbottare qualcosa in mia difesa, facendomi piccolo sotto il suo sguardo. Ma ovviamente non ha intenzione di demordere.

"È lo specializzando vero? È Levi?"

La sua espressione assume una sfumatura trionfante al mio silenzio e al mio sguardo sfuggente. Inizio a mordicchiare piano il labbro inferiore quando fa per parlare, ma un rumore alle nostre spalle gli fa morire le parole in gola, cancellando qualunque cosa stesse per dire.

Sono salvo, è il mio unico pensiero.

"Come mai non vi state prendendo a schiaffi? Che ne avete fatto di Eren e Jean? Che mi venga un colpo, state parlando in maniera civile!"

La voce squillante di Ymir rompe il silenzio. La castana si fa largo nella stanza prendendo posto su una delle tante sedie presenti nella sala seguita da tutti gli altri ragazzi. Anche da Marco, che rivolge un timido sorriso ed un cenno della mano a Jean, l'espressione stanca e provata di chi è stato preda dell'ansia più logorante. Il biondo si alza immediatamente dalla sedia e si avvicina a lui, lo sguardo addolcito e colmo d'apprensione. Li sento mormorare qualcosa a bassa voce che non riesco a cogliere, ma a cui vedo l'espressione di Jean distendersi ed un sorriso farsi strada sulle sue labbra.

Gli angoli della mia bocca, con mia sorpresa, si sollevano a loro volta a quella vista.

"Ragazzi, per me e Gabi questa sarà l'ultima serata qui e vorremmo passarla con voi, tutti insieme."

Sono contento per loro, che sono arrivate alla fine di questo piccolo ma grande percorso, fatto di ostacoli e sentieri, tanto impervi da sembrare insormontabili, ma anche di piccole soddisfazioni personali e di benessere. Historia sta facendo davvero dei progressi notevoli e il suo rapporto con il cibo pare essere migliorato a vista d'occhio, mentre la piccola Gabi verrà assegnata ad una nuova casafamiglia dove nessuno le farà del male. Chissà se un giorno anche io otterrò i miei risultati come loro, di cui ammiro tanto il coraggio e la forza d'animo.

Prendiamo posto attorno al tavolo coperto dalla tovaglia bianca e perennemente scarabocchiata, muta custode dei pensieri e dei sentimenti che noi ragazzi imprimiamo sulla sua candida tela nei più svariati colori. Gabi tira fuori delle carte da Uno ed inizia a distribuire.

"Come farò senza di voi!"

Inizia Ymir lamentandosi in modo teatrale, e Jean ruota gli occhi al suo commento.

"Senza la mia piccola e dolce Historia e senza la mia Gabi! Con chi darò filo da torcere a quella faccia di cavallo?"

"Prendo volentieri il suo posto."

Commento, trattenendo a stento un ghigno all'espressione furente del biondo.

"Mi dispiace amico, ma la tregua è finita."

Il suo sguardo tagliente pare trapassarmi l'anima, ma non ribatte questa volta, non dopo il momento di inaspettata intimità che abbiamo condiviso poco prima. Quella dell'odio reciproco e del punzecchiarci a vicenda è ormai solo una facciata; sappiamo entrambi che il nostro legame dapprima tempestoso è in qualche modo inesorabilmente mutato verso una forma di rispetto ricambiato e di amicizia. Anche se probabilmente nessuno dei due lo ammetterebbe ad alta voce, nemmeno sotto tortura.

"Rincontriamoci."

Dico, quasi senza pensarci, le parole lasciano le mie labbra con una naturalezza disarmante mentre sei paia di occhi si puntano interrogativi su di me. Mi schiarisco la voce prima di ricominciare a parlare.

"Quando tutti staremo meglio, incontriamoci di nuovo fuori di qui."

"Ci sto!"

Esordisce Gabi, e non passa molto prima che gli altri si uniscano a lei. Tutti tranne Jean, che ci scruta con espressione provocatoria e le braccia incrociate al petto.

"E perché dovrei? Gabi e Ymir non mi mancheranno nemmeno un po'. Perché non te ne vai anche tu razza di gallina insieme alla piccola stronzetta impertinente? Non vedo l'ora di non vederti più."

Scoppiamo tutti in una risata generale alla quale si unisce anche il biondo, e sono sicuro che tutti riescano a leggere la promessa scritta nei suoi occhi e malcelata dietro la sua lingua tagliente.

Rincontriamoci, tutti insieme. Rincontriamoci quando saremo più vicini alla vittoria, quando avremo il potere di dominare le nostre emozioni. Rincontriamoci da vincitori, non da oppressi.

_______________________________________

SPAZIO AUTRICE

Siamo arrivati a 1K😭😭😭😭 davvero grazie a tutti voi ❤️❤️❤️❤️

Parto col dire che è più che comune trovare domande del genere nei test psichiatrici, e che una ragazza ricoverata con me ha scoperto proprio in questo modo la sua bisessualità. Eren l'ha presa bene, in fondo non aveva mai esplorato la sua sessualità e le "esperienze" avute di certo non gli avevano chiarito le idee. Non se ne fa un problema per sé stesso, ma ha paura di deludere i suoi genitori; per ora preferisce tacere questa possibile realizzazione.

Infatti pare proprio che Eren stia cedendo al fascino innegabile di Levi, chissà cosa ne pensa il corvino e se ne è consapevole... 🤔

È anche avvenuta la riconciliazione con Jean (Eren e Jean sono la mia Brotp assoluta), che per ora insieme ad Armin e l'unico ad essere a conoscenza della presunta omosessualità di Eren.

(Sì, lo so, in questa fanfiction c'è la JeanMarco anche se io sono più per la JeanKasa).

E nel finale i nostri ragazzi si sono fatti una promessa importante, di rincontrarsi tutti una volta usciti dall'ospedale, di rivedersi e di riuscire a stringere saldamente fra le mani le redini della propria vita.

I crediti per la canzone ad inizio capitolo vanno a _TeamEreri_, che sopporta i miei scleri❤️❤️

Detto questo, a domenica prossima!❤️✨

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