Elements: Rimasta

By WinterSBlack

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Sono passati ormai sei anni da quando James restituì la bici a Sophie. La B.L.C. è rinata, non più corrotta... More

1. Ary: Cosa!
2. Ary: Questo non è
3. Nick: Cotta
4. Nathan: Due di picche
5. Ary: Perché il gelo mi aspetta?
6. Ary: Devo davvero?
7. Nick: Febbricitante
8. Nathan: Cicatrici dell'anima
9. Ary: Ha per caso fatto una battuta?
10. Ary: Non è un granché
11. Nathan: Partiamo male
12. Nathan: Partiamo con il piede giusto
13. Nick: Italia
14. Ary: Ma cosa dici?!
15. Ary: Tuo ragazzo?
16. Ary: Davvero, è tutto a posto
17. Nick: Inaspettato
18. Nathan: Parole sante
19. Ary: Ci stiamo allontanando troppo
20. Nick: Ostaggio
21. Ary: È il nostro ostaggio
22. Nathan: La fenice in gabbia
23. Ary: Aiuto!
24. Nick: Caduti
25. Nathan: Freddo pungente
26. Ary: Sei un pervertito
27. Ary: Stai meglio?
28. Nick: Insegnante
29. Nick: Confessione
30. Ary: senza il supporto di qualcuno
31. Nathan: Lacrime di coccodrillo
32. Ary: Non mi stai lasciando altra scelta
Avviso prossimo aggiornamento
33. Ary: Ehilà
34. Nathan: Topi in trappola
35. Ary: Ti prego, allontaniamoci
36. Nick: Nemico
37. Ary: L'ho conciato per le feste
38. Ary: Vorrei chiederti dove stiamo andando, ma so che non mi risponderesti
39. Nathan: Essere rimproverato
40. Nick: Noia
41. Ary: Ah, Stupido
42. Nick: Confronto
43. Ary: Non stai meglio
44. Nathan: Famiglia di criminali
45. Nathan: Vi presento
46. Nathan: Niente è passato
47. Ary: Ma scherziamo?
48. Nick: Lezioni
50. Ary: È lui
51. Nick: Timore
52. Nick: Terrore

49. Nathan: Un colpo al cuore

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By WinterSBlack

Sentire freddo mi faceva capire che ero ancora un essere umano. Che il mio sangue fosse ancora caldo. Che il mio cuore battesse ancora.

Sentire freddo e provare dolore nel sentirlo, mi faceva capire che ero ancora sensibile alla natura e che avevo ancora il controllo sui miei poteri.

Ero felice di riconoscere che avevo freddo, che mi tremassero le dita e vedere che esisteva gente che era più resistente al freddo di me.

«Certo che fa freddo» commentai canticchiando felicemente.

La brezza gelida mi disordinò i ricci troppo lunghi.

Un tempo mi avrebbe dato fastidio. Detestavo il disordine.

Ci passai semplicemente la mano per chiarirmi il campo visivo, prima di salire sul traghetto.

Mi voltai alla mia destra, per assicurarmi che il mio compagno non si fosse perso nel frattempo.

Dopo essermi assicurato che fosse a bordo spostai lo sguardo sulla folla di gente sulla terraferma.

E per una frazione di secondo mi sembrò di riconoscere una figura femminile: una ragazza dai capelli di un biondo dorato intenso, lisci e lunghi, sbandierati dal vento freddo del Canada.

Ma forse mi sbagliavo.

Era improbabile che lei si trovasse lì.

Sarebbe stata una coincidenza troppo strana.

Non pensai nemmeno la B.L.C. avesse potuto trovarmi, perché se sapevano che ero lì, dovevano sapere del piano. E nessuno sa del piano. Nessuno sa dei miei piani se non lo voglio far sapere.

Vidi il mio compagno emozionato per qualche strano motivo. Non era mica la prima volta che saliva su un traghetto. Anzi, avevamo visitato posti migliori, con vista e clima più apprezzabile. Eppure lui sembrava più contento del solito.

Lo lascai gioire. Vidi un secondo traghetto dietro al nostro.

Se lo ribaltavo con i miei poteri, avrei potuto accorciare i tempi, ma non volevo rompere la promessa fatta al mio compagno.

«Poi meglio non coinvolgere Popolani a questo punto» mormorai tra me e me.

Arrivammo a destinazione e il ragazzo dai capelli bianchi mi prese per il braccio e mi spronò a muovermi.

Per le seguenti ore, feci tutto quello che voleva e visitammo e comprammo tutto quello che desiderava.

Camminavo due passi dietro lui, in modo che potessi tenerlo d'occhio senza perderlo di vista.

«Ehi, Dummy!» lo chiamai ad un certo punto. Era la prima volta quel giorno che cominciavo io la conversazione.

«Ti ho detto di smetterla di chiamarmi così!» esclamò voltandosi. Non sembrava irritato come le altre volte.

Non fece in tempo a aggiungere nient'altro che lo afferrai per il polso e lo tirai a me.

Damien Nagy era un ragazzo flebile, nonostante mangiasse come se il suo stomaco non avesse un fondo. Mi stupiva sempre quanto fosse leggero e sempre debole.

Senza riuscire a contrastarmi, inciampò e cadde tra le mie braccia.

Alzò lo sguardo e arrossì come una scolaretta quando i nostri sguardi si incrociarono.

La sua pelle era molto pallida per cui il minimo rossore era ben visibile.

«Cos...?!»
«Dobbiamo scappare» gli sussurrai all'orecchio.
Lo sentii rabbrividire e quasi mi venne da ridacchiare e prenderlo in giro.

Non sarebbe stato carino da parte mia.
Ma era troppo evidente che avesse una cotta per me e che cercasse in modo maldestro di nasconderlo.

«Non ti distrarre. Potrebbero esserci cecchini dato che non sembrano in tanti.» mi chinai leggermente su di lui e gli misi delicatamente una ciocca di capelli dietro il padiglione auricolare.

Mi stupiva sempre il pallore dei suoi capelli. Bianchi come la neve. Poi erano lisci e lunghi, fluidi come acqua tra le mani.
La prima volta che l'avevo incontrato aveva i capelli biondi, ma soltanto perché averli bianchi lo facevano risaltare troppo.

Avrebbe continuato a tingerseli, anche di un altro colore se non il biondo, se solo non gli avessi detto che ero curioso di vederlo con i suoi capelli completamente al naturale.

Il fatto che mi avesse dato ascolto divenne la prova finale che avesse una cotta per me.

Ma ciò comportava che era più facile da individuare per le spie che lo cercavano.

Sapevo che Callahan si tingeva i suoi capelli dello stesso colore di Damien solo per lui, in modo da depistare i nemici, anche se non lo avrebbe mai ammesso.

Lo aveva fatto fin dall'inizio e questa la diceva lunga su che tipo di persona fosse.

Ma non era un problema per me. Era più facile sviare la gente una volta attirata la loro attenzione.

Vidi che arrossirono anche le punte delle sue orecchie.

Sapevo che conosceva il motivo per la quale mi comportavo in quel modo. Sapevo anche che non si sarebbe fatto illusioni.

«Non si sono ancora accorti di nulla, quindi sta' al gioco» gli dissi prima di fare un passo indietro e intrecciare le dita alle sue.

E iniziai a camminare, stringendo la sua mano e facendo finta di essere una coppia.

I gentili cittadini di Montréal ci guardavano sorridendo e sussurrandosi a vicenda.

Se c'era una cosa che avevo capito girando per il mondo, era che questo tipo farsa non poteva essere ripresa in tutti i paesi.

Ottenuta l'attenzione dei civili, sarebbe stato molto più difficile per i nostri persecutori fare qualcosa.

Sfortunatamente ci trovavamo su un'isola nel bel mezzo di un fiume, non avevo molta scelta.

Se non fosse stato per Damien che insisteva a voler visitare la basilica di Notre-Dame non avrei mai scelto di venire in questa città.

Dopotutto eravamo già stati a Parigi, anche se la Cattedrale di Notre-Dame che avevamo visitato era quella post restauro.

Era quasi tramonto e i gradi erano scesi parecchio rispetto a mezzogiorno.

Da chiari turisti, io e Damien avevamo felpe pesanti, mentre vedevo cittadini canadesi in maniche corte in quella fredda estate.

Non sarebbe sembrato sospetto il fatto che lo avessi trascinato direttamente ai piedi di un hotel.

Mi sistemai lo zainetto su una spalla e accolsi il portiere con un sorriso.

Andai dritto alla reception come se fosse stato sempre il mio obbiettivo.

Parlai in francese, anche se chiaramente potevo parlare inglese americano e mi avrebbe capito.

Non volevo sprecare i miei tre mesi di studio passate a studiare le varie lingue più utilizzate al mondo.

Eira era ancora incredula che avessi imparato venticinque lingue in 91 giorni.

Avrei potuto studiarne di più, ma non mi andava.

Era meraviglioso che non negli ultimi anni non sentissi il bisogno di limitare le mie capacità.
Come quella volta che avevo fatto corsi di italiano insieme a tutti gli altri Senior e mi fossi forzato di non apprenderlo.

Soprattutto perché c'era Arianne, non volevo farle pensare che fossi irraggiungibile considerato che aveva quella strana rivalità nei miei confronti.

Ricevetti la carta per la camera e pagai immediatamente in contanti. Denaro non tacciabile.

«Andiamo?» dissi sorridendo a Damien.

«È davvero necessario... Venire qui?» commentò a disagio.

L'avevo notato anche io che l'hotel in cui eravamo entrati era uno di quelli dove passavano spesso adulteri.

Basti notare i giovani e le giovani donne accompagnati da quelli che sembravano ricchi o ricche conglomerati.

«È solo un hotel» dissi sbirciando nel riflesso del pannello dell'ascensore.

Ci stavano ancora seguendo.

«Perché? A cosa sta pensando la tua piccola testolina, Dummy?» chiesi con tono dispettoso.

Damian rimase zitto e non rispose.

Mi seguì con calma finché non arrivammo nella nostra stanza.

Appena entrai in camera andai verso le finestre e tirai le tende per chiuderle.

Poi mi diressi verso i due letti e aprii lo zaino, rovesciando all'esterno i contenuti e lì ficcai sotto le coperte, creando una specie di essere umano dormiente.

Dopodiché andai verso il bagno.

«Vieni con me» dissi prendendo Damian per il polso.

«Cosa? In bagno?!» esclamò lui con tono isterico.

«Sì, fidati» dissi senza dare spiegazioni.

In bagno accesi la doccia e iniziai subito a lavorare su un meccanismo automatico che si sarebbe attivato non appena la porta si fosse aperta.

Guardai il phon e lo distrussi con una gomitata.

Damien mi guardò lavorare con religioso silenzio. Era abituato ai miei modi di fare e dopotutto mi stavo impegnando solo per proteggerlo.

«Fatto» dissi piazzando la mia trappola.

«E ora?» chiese Damien.

Lo guardai e lo fissai negli occhi.
Le iridi azzurro argentee tremarono e saettarono di lato incapaci di sostenere il mio sguardo.

Sorrisi e feci partire l'audio dal telefono e la voce di Damien iniziò a spargersi per il bagno.

Vidi la sua espressione passare dalla fase della sorpresa, poi per quella della realizzazione e infine quella dell'imbarazzo.

«Perché diamine hai l'audio di me che canto?!» sbraitò.

«Già, hai una voce così carina quando canti sotto la doccia!» replicai sorridendo.

«Ma che razza di pervertito farebbe una cosa del genere! Perché?!» esclamò.

«Serve per far pensare che il manichino che sta dormendo sia io e sotto la doccia ci sia tu» gli spiegai.

«Ma perché caz-»
Lo raggiunsi e lo sbattei contro il muro dietro la porta per poi avvicinare il mio volto al suo, spezzando le sue parole.

Socchiusi le palpebre focalizzandomi sul tremore delle sue ciglia chiare.

Gli spostai la lunga ciocca dei suoi capelli lisci dietro l'orecchio. Aveva dei capelli fin troppo morbidi per essere qualcuno che li portava così lunghi. E le punte bianche non sembravano nemmeno rovinate.

Ricordavo quanto Eloise e Rose si lamentassero sempre dei loro capelli.

Beh, in realtà Eloise lo faceva solo perché Rose se ne lamentava.

Chissà se aveva già fatto il grande passo.

Con la mente assente notai Damien mordersi il labbro e arrossire sempre di più.

Volevo prenderlo in giro e poi tranquillizzarlo che l'avevo schiacciato contro in quell'angolino solo per cogliere di sorpresa i nostri inseguitori. Ma non mi aspettavo di sentirlo contro la mia gamba.

Onestamente parlando, sapevo di essere attraente. Non avevo esperienze dirette con quelli del mio stesso sesso, ma sapevo di essere abbastanza attraente da piacere anche ai gay.

Non ero contrario nel provarci con un uomo, ma non avrei mai usato Damien come cavia.

Certo, sapevo che aveva una cotta per me e lo prendevo spesso in giro per ciò, ma non volevo illuderlo.

Damien era un ragazzo capriccioso e fastidioso per tre quarti del suo tempo. Ma era una persona sincera e altruista nonostante fosse stato tradito in continuazione fin da quando era piccolo. Pensava sempre agli altri prima che a se stesso e si sentiva sempre in colpa quando Samuel ci assegnava i turni di guardia per colpa sua.

Scettico con gli sconosciuti, ma affettuoso con chi amava, non era mai onesto con i propri sentimenti e non lo riusciva mai a nascondere. Tutto questo lo rendeva la persona più onesta del nostro gruppo.

Sì, era lui, perché Ariel era molto più furba e scaltra di lui.

Imbranato, incapace di fingere o mentire era semplicemente puro.
Poteva sembrare uno stupido ingenuo, ma era la sua forte mentalità che gli permetteva di continuare ad essere così senza corrompersi.

Per questo mi piaceva prenderlo in giro, ma non volevo ferirlo.

Vidi il rossore in tutto il suo volto oramai, quando se ne accorse anche lui.

«Io... Questo... Non...» balbettò andando nel panico.

Sembrava pronto a spingermi via, ma non potevo permettergli di fare rumore e gli bloccai i polsi al muro.

«Che c'è? Vuoi venire a letto con me?» sussurrai socchiudendo gli occhi. Mi avvicinai ancora di più a lui, in modo che non potesse muoversi.
«Sì» rispose immediatamente senza esitazione.

Gli occhi sgranati di entrambi ci fecero capire che nessuno dei due si aspettava la sua risposta schietta ed immediata.

L'avevo detto solo per alleggerire l'atmosfera e metterla sul ridere per calmarlo, ma la sua risposta mi sorprese.

Sentimmo la porta principale aprirsi e qualcuno entrare. Ci zittimmo entrambi.

Erano circa tre persone. Forse le altre due facevano da vedetta fuori dall'hotel.

Da un momento all'altro la porta del bagno di sarebbe aperta e l'esplosivo sul finto me dormiente avrebbe accecato immediatamente l'assalitore.

La porta del bagno si aprì lentamente e quando la persona entrò, lo vidi accigliarsi notando che la doccia aperta senza nessuno dentro.

Non appena lo vidi notare il registratore, lo attaccai con gettandogli addosso l'acqua accumulata nella vasca e gli sbattei la porta in faccia.

Mentre si rotolava a terra dal dolore, sentii le grida nella stanza.

Presi Damien e notai due persone a terra a coprirsi gli occhi.

Attivai il marchingegno che avevo costruito e il ronzio elettrico e due gambe percosse da scariche si videro dal bagno.

Tirai un calcio alla faccia di quello che aveva ancora la lama in mano e spruzzai loro l'Anti-Elements direttamente in bocca.

«Okay, ora tu senza i denti spaccati mi dirai da quale laboratorio venite e chi vi ha mandati.» dissi tirando il sopravvissuto per i capelli. 

«Ti piacerebbe!» esclamò ad occhi chiusi.

Gli sbattei la faccia a terra e dopo essermi appurato che fosse svenuto mi rialzai.

«Beh, tanto lo sapevo già. Era solo per far scena.» dissi ai corpi accasciati.

«Ora che pensano che tu sia in Quebec arriveranno ad ondate. Quelli che non capiranno che si tratta di una trappola verranno stanati dagli Zelda. Se sono loro potranno aiutare questi poveri cristi a riformarsi.» affermai chinandomi.

«Mi spiace, non pensavo che avrebbero attaccato oggi. Hai dovuto fare tutto da solo per colpa mia.» disse Damien come un cucciolo bastonato.

«Non è un problema, gli altri arriveranno presto. Li ho avvertiti che volevi vedere la basilica di Notre Dame»

Ripensandoci, forse ha insistito a vedere la basilica di Notre Dame solo con me perché voleva una specie di appuntamento?

Merda.

«Non rimarranno svenuti per molto. È meglio che invii le coordinate a Marin. Mi aspetti un secondo?» chiesi nascondendo il mio nervosismo.

Però lui mi fermò afferrandomi per un braccio.

Più che braccio, mi prese per la manica.

«Non dici niente... Riguardo a prima?» c'erano aspettative nei suoi occhi.

Sospirai.

Volevo veramente rimandare il discorso. Lo volevo veramente tanto.

«Damien» lo chiamai per nome, in modo che capisse che stavo prendendo seriamente le sue parole.

Mi voltai completamente verso di lui, per affrontarlo come meritava di essere affrontato. Non volevo scappare o evitarlo dopo che si era fatto coraggio in quel modo.

«Damien... Io non so come ricambiare i tuoi sentimenti. Sono un casino quando si parla di rapporti romantici e non voglio ferirti, perché so come ci si sente ad essere feriti.
Dovresti innamorarti di qualcuno che ti tratti meglio e che ti ami più di quanto tu ami lui.
Soffriresti e basta ad avere sentimenti per me.» gli dissi onestamente e con sincerità.

«Nello stesso momento in cui mi sono reso contro che mi piaci sapevo già a cosa sarei andato incontro» mi rispose con espressione stoica. Non sembrava nemmeno che si fosse confessato.
«Mi va bene essere rifiutato. Non voglio niente di più di quello che mi dai adesso. Però...» abbassò lo sguardo stringendo di più la mia manica.

«Non cambierà niente tra noi» gli promisi capendo al volo i suoi timori.
«Come ti ho detto la prima volta che ti ho fatto da guardia puoi usarmi come ti pare e piace» affermai serio con tutta l'onestà di cui ero capace.

Damien sospirò e si accovacciò a terra abbattuto.
«Ho davvero tanta voglia di fare sesso con qualcuno, posso usarti anche per quello?» commentò irritato.

Scrollai le spalle:«Beh, posso farlo»

«Non sei nemmeno gay» mi accusò.

«Non ho preferenze sessuali. Basta che abbia una bella faccia. Poi, teoricamente parlando, sono stato a letto con un uomo una volta» commentai mettendomi sul letto e appoggiando gli stivali sulla persona svenuta a terra.

Damien si accigliò.

«Beh, è un uomo trans, quindi anche se aveva il corpo da donna all'epoca è pur sempre un uomo, no?» commentai.

Damien sospirò profondamente e si nascose il volto tra le mani.

«Aaaaah, sono innamorato di un deficiente!» esclamò sconsolato.

Prendevo sempre sul personale quando la gente insultava la mia intelligenza.

«L'unica cosa che mi manca è un difetto» commentai.

Mi accorsi di quel che avevo detto e mi tirai una guancia forte, tanto da farmi male.

«Che stai facendo?»

«Umh, mi sto umilizzando. Se Samuel mi avesse sentito mi stritolerebbe la testa come fa sempre quando mi metto al centro del mondo.» replicai mentre un brivido mi passava lungo la schiena al pensiero.

Uh, forse mi romperebbe il cranio se scoprisse che ho appena spezzato il cuore a Damien?!

«Non lo dirai a Samuel, vero?» chiesi immediatamente a Damien.

Il ragazzo si mise a ridere.

«Ti sembra una cosa da chiedere alla persona che hai appena rifiutato?» chiese con un ghigno.

«No, aspetta Dummy...» mi fiondai verso di lui.

Ma prima che potessi aggiungere altro mi sentii prendere il volto e tirare in avanti.

Le mie labbra si scontrarono con quelle di Damien facendomi sgranare gli occhi.

Si separò da me spingendomi via e rimasi con sedere a terra ed un'espressione spaesata.

«Almeno questo me lo devi» affermò leccandosi il labbro superiore.

***

Circa un'ora dopo l'evento.
Ero agitato all'idea di incontrare Samuel. Dovevo trovare un modo per distrarlo in modo che non scoprisse che avevo baciato Damien.

In realtà era Damien che aveva baciato me, ma questo a lui non sarebbe importato.

E Samuel sarebbe arrivato a momenti.

«Tranquillo, non gli dico niente.» ripeté Diamien alzando gli occhi al cielo.

«Sono tranquillissimo» affermai.

Lui mi guardò con un sopracciglio alzato.

«Disse quello che fa avanti indietro pestando gli assalitori» disse con tono annoiato mentre rimaneva appollaiato sul letto libero con le braccia che cingevano le gambe.

A dare conferma alle sue uno dei nemici emise un lamento sotto i miei piedi, senza però riprendere conoscenza.
Li avevo stesi troppo duramente perché potessero svegliarsi in così poco tempo.

Sembravo ridicolo a usare un essere umano come piedistallo, ma mi aiutava a pensare e a sentirmi di umore migliore.

Nemmeno io sapevo di avere degli hobby così strani.

E Samuel arrivò senza che potessi formulare alcun piano di distrazione.

Rimasi paralizzato appena lo vidi. Non tanto perché fossi spaventato ma perché il suo unico occhio visibile era livido.

Damien si mise a ridere immediatamente.

«Che hai da ridere?» sbuffò l'uomo.
«Trovi divertente che il tuo guardiano abbia il suo unico occhio funzionante nero?» continuò. E quando sorrise, la risata di Damien si spense.

«Nossignore, boss signore» replicò raddrizzandosi.

Lo vidi rabbrividire mentre il sorriso di Samuel si fece più largo e inquietante.

«O forse perché assomigli vagamente ad un bradipo riccioluto» commentai sghignazzando.

Magicamente l'attenzione di Samuel si spostò su di me.

Lui scoppiò a ridere battendo la mano sul ginocchio.

All'inizio fu divertente ma dato che lui continuava a ridere, iniziai a preoccuparmi.

Poi mi diede una pacca così forte sulla alla schiena che quasi mi spezzò la colonna vertebrale.

Mi prese per il collo con il suo braccio enorme e mi attirò a lui, esercitando pressione sul mio cranio col pugno chiuso.

«Ma che ragazzo divertente abbiamo qui» disse a denti stretti.

«Mmh sophuu..hi» cercai di dire dolorante.

«Come?! Non ti sento! Parole sbagliate ragazzino!» gridò lui esercitando sempre più pressione.

«Cusa!» provai a gridare.
«Cosa?!»
«SSCUSA!» dissi battendo le mani sul suo braccio alla ricerca di aria.

Lui mi mollò velocemente liberandomi da quella presa mortale.

Tossii per riprendermi dallo shock e, quando mi fui accertato che fossi ancora vivo, mi sistemai i capelli.

Ah, l'ho fatto di nuovo. Ho attirato di nuovo l'attenzione su di me. Sospirai mentalmente.

«Allora? Che pesci abbiamo oggi?» ricapitolò Samuel senza dare alcuna spiegazione sul suo occhio nero.

Lasciai che fosse Damien a parlare dell'accaduto, dopotutto era lui il motivo per la quale eravamo stati attaccati. Ci teneva a prendersi almeno queste responsabilità.

Intanto, io mi assicurai che le persone interessate rimanessero svenute.

Li avremmo sciorinati a qualche gruppo locale come gli Zelda o alla B.L.C. se lo ritenevamo necessario.

Probabilmente la Base di Philadelphia era tornata piena grazie a noi negli ultimi tre anni.

«Dev'essere stata dura, eh?» commentò alla fine Samuel a Damien.

Samuel era sempre stato così. Nonostante fossimo tutti abituati a trovarci in situazioni pericolose, le sue parole di conforto non mancavano mai ad arrivare.

Alla B.L.C. non lo facevano mai, nemmeno i nostri psicologi. Perché le missioni affibbiate a noi erano il nostro compito e lavoro. Se lo aspettavano da noi e basta.

Se avevamo problemi ne avremmo parlato con i psicologi.

Forse era perché era consapevole di ciò che Samuel ci teneva a dire qualcosa anche per i compiti più semplici e stupidi o quotidiani.

«Niente di diverso dal solito. Va bene così, me ne sono fatto una ragione» affermò Damien, ma si lasciò consolare da Samuel.

«No, non fartene una ragione. Ti ho promesso che arriverà il giorno in cui sarai completamente al sicuro. E arriverà» affermò Samuel mettendogli le mani sulle spalle e abbassandosi al suo livello.

«E tu mantieni sempre le promesse, lo so.» sussurrò Damien abbassando lo sguardo.

Arrivarono alcuni seguaci di Samuel. Non sapevo veramente chi fossero, ma loro sembravano conoscermi.

Si limitarono a lanciami uno sguardo fugace e a distoglierlo velocemente, prima di fare un inchino rispettoso sia a me e che a Samuel.

E portarono via gli assalitori di Damien.

Samuel aveva queste persone nell'ombra che comparivano come degli spazzini a sistemare il suo strascico.

Secondo lui non erano suoi sottoposti, ma semplicemente gente che conosceva che era disposta ad aiutarlo perché gli dovevano dei favori.

Per questo non li conoscevo. Erano diversi ogni volta.

Mi scocciava però sapere che sapevano chi fossi io.

Mentre vedevo Damien uscire dalla stanza, mi apprestai a seguirlo per continuare ad adempiere al mio compito di guardia del corpo, ma venni fermato da Samuel che mi chiamò per nome.

Non Nihil, ma Nathan.

«Sì?» chiesi.

«Sei stato bravo.» mi disse. Poi mi mise una mano sulla testa.

«Sono fiero di te» disse sorridendomi. Abbassò la sua mano quasi immediatamente.

Sgranai gli occhi sorpreso e automaticamente mi portai le mani sopra il capo dove poco prima mi aveva dato quel buffetto.

Samuel sorrise ancora di più alla mia reazione, ma non disse niente e uscì anche lui dalla stanza.

Fiero di me? E per che cosa?
Mi lamentai tra i miei pensieri, senza accorgermi che in realtà stessi sorridendo.

Quelle parole mi avevano toccato. Ero sotto sotto immensamente felice di avere la sua approvazione.

Samuel era forte e aveva una personalità imponente senza virare sull'aggressivo. Inoltre quella montagna di muscoli non portava via minimamente la sua intelligenza e scaltrezza.

Samuel Diaz era una persona che ammiravo veramente, era impossibile non essere contenti aver ricevuto la sua approvazione.

Avere questo effetto il suo carisma.

***

«Tu! BRUTTO BASTARDO IMBECILLE ENERGUMENO SENZA CERVELLO!» ci accolse non appena entrammo nella grande Villa.

L'atrio d'entrata era spazioso per questo la voce era ben udibile. Fece pure eco.

A giudicare da come rimbombava il grido, Mel e Ladrion stavano litigando nella sala da cucina al primo piano.

«Casa dolce casa» disse Samuel come se niente fosse con un sorriso allegro.

Mel era solitamente una ragazza molto allegra ed espansiva, super ottimista, assai positiva e tremendamente gentile, insomma, il tipo di persona raggio di sole. Non sembrava capace di arrabbiarsi con nessuno e aveva il cuore tenero.

All'inizio, non importava quanto rude fossi con lei, non si era mai offesa e arrabbiata e non mi aveva mai portato rancore. Anzi, mi sbatteva sempre in faccia la sua bontà con insistenza.

Era un'allocca sempliciotta, del genere fastidiosamente buono.

Però non era così con Ladrion. Con Ladrion litigava sempre.

Ladrion era quel tipo di persona tutto muscoli che non parlava molto, ma ogni volta che apriva bocca non erano mai farsi gentili.

Era sempre rude, sia nel tono e sia nelle parole. Inoltre, quel suo forte accento russo non addolciva certo il tutto.

Niente di buono usciva da quella sua bocca e non gli avevo mai sentito fare una frase senza aggiungere qualcosa di scurrile.

Eppure aveva un galateo impeccabile in cucina e durante i pasti.

Si poteva dire che era l'opposto di Mel.

Raggiunsi la sala da cucina prima ancora di appoggiare i miei borsoni in camera mia, giusto per vedere che genere di disputa stavano avendo e perché nessuno li aveva fermati.

Non mi importava che litigassero in realtà, ma non volevo che...

Ecco, lo sapevo.

Ariel, la bambina che avevo salvato nella mia prima missione nella Resistenza stava guardando Mel lanciare oggetti contro il corpo grande e grosso di Larion che si copriva invano.

«EHI! SMETTILA STUPIDA VACCA!» esclamò inopportunamente il russo.

«CHIUDI QUEL GABINETTO E STROZZATI CON IL TUO FRUSTINO!» Mel lanciò il tostapane che si infranse contro la parete.

Ariel stava assistendo al tutto mentre leccava tranquillamente il suo gelato.

«CHE CAZZO FAI! ERA NUOVO, ARPIA STARNAZZANTE!» esclamò Larion in ginocchio davanti al defunto tostapane.

Mi avvicinai e appoggiai le mani sopra le orecchie di Ariel.

La bambina, che non mi vedeva da più di due settimane, si voltò verso di me e allargò le braccia come se non me ne fossi mai andato.

La presi naturalmente in braccio.

«Allora? Ti sei divertita senza di me in queste due settimane?» chiesi allontanandomi dai due che ancora si gridavano contro.

Ariel assottigliò il suo sguardo bicolore come se stesse riflettendo sulla risposta e poi disse:«Secondo la tua definizione di divertirsi dovrei rispondere che mi sono annoiata a morte, ma non è così.

Le parolacce di Larion si fanno sempre più creative anche in inglese e impreca in russo circa il 6% in meno della norma.

Le lezioni con Gus sono più interessanti di quanto tu pensi sai?

Ed è divertente far impazzire Eira! Si arrabbia sempre a dismisura quando le faccio sparire le cose e anche se dubita di me non ha il coraggio di lamentarsi con qualcuno.

Mel temeva che mi sentissi sola senza di te e mi ha riempito di dolci. Ah! Per la cronaca, è per questo che sta litigando con Larion, ma stanno litigando da circa tre ore quindi immagino che a questo punto non sanno nemmeno perché stiano litigando.» raccontò, ma la sua espressione rimase sempre impassibile.

Annuii e feci brevi assensi mentre mi raccontava come aveva passato le due settimane.

«È tornato anche Samu, vero?» chiese lei quando raggiungemmo le mie stanze.

«Sì, ma credo che debba ripartire presto. Vuoi andare da lui?» le chiesi.

«Yup. Fammi scendere» disse leccando ancora il suo gelato.

«Sei senza cuore, Ariel. Come puoi trattarmi così dopo due settimane che non ci vediamo?» mi portai una mano al cuore dopo averla fatta scendere, fingendomi ferito.

«Beh, a giudicare dalle ombre sotto i tuoi occhi, sei probabilmente sveglio da più di ventiquattro ore. Dormi.» mi disse senza giri di parole.

Questa bambina è fin troppo acuta per i miei gusti. Pensai sorridendo.

«Anche Samuel potrebbe aver bisogno di dormire sai?» le gridai dietro mentre trotterellava via.

«Con Samu va bene!» gridò senza voltarsi.

Risi ed entrai in camera mia.

E qualcuno mi abbracciò da dietro, facendomi cadere i borsoni.

«Ti sono mancato?» ridacchiai mentre la portavo davanti a me.

«No, per niente. Però ora che sei tornato Ariel non mi bullizzarà più» affermò mettendo il broncio.

«Sei l'unica in famiglia a non piacere ad Ariel» commentai divertito mentre riprendevo i borsoni con la mano che non stringeva la sua.

«Perché tifa per Damien» replicò.

Mi irrigidii a quelle parole, ma cercai di passare velocemente ad un altro argomento per non farlo notare ad Eira.

Peccato che la ragazza fosse troppo acuta per non notarlo.

«È successo qualcosa tra te e Damien?» chiese immediatamente stringendomi la mano.

«Succede sempre qualcosa quando comunichi con una persona. Si chiama interagire» risposi.

«Non fare lo scemo, sai benissimo cosa intendo.» disse aggrottando la fronte infastidita.

Sorrisi e le misi il pollice tra le sopracciglia per distendere le rughe creatasi dalla smorfia.

«Perché ti arrabbi come una bambina a cui è stato rubato il suo giocattolo?» le chiesi innocentemente.

«Ti ricordo che sono più vecchia di te, Nathan Cray, non trattarmi come fai con Ariel» scansò la mia mano.

«Ma non stiamo insieme, Eira» le ricordai accarezzandole la guancia. Vidi dalle sue ciglia tremanti che aveva reagito al mio tocco intimo, ma non l'avrebbe mai dato a vedere.

«Lo so. Ma questo significa che non posso essere gelosa?» mi chiese sollevando lo sguardo per allacciarlo al mio.

Rimasi in silenzio.
Poi ammisi:«Si è dichiarato, ma l'ho rifiutato»

«Perché erano sentimenti sinceri» aggiunsi tornando a guardare lei.

I tuoi no. Era sottinteso nella mia frase.
E mi andava bene. Anzi era proprio per questo che mi piaceva.

Lei non replicò immediatamente ma mi accarezzò il volto a sua volta.

«Ha fatto male?» chiese dolcemente. L'irritazione di prima non visibile da nessuna parte.

«Sembra averla presa bene. Si aspettava un rifiuto. Però mi ha baciato per ripicca.» replicai sposando lo sguardo sulle sue labbra.

«No. Ti ha fatto male? Rifiutarlo, ti ha fatto soffrire?» chiese ancora. Appoggiò entrambi i pollici sulle mie labbra, racchiudendo le mie guance a coppa tra le sue mani.

Socchiusi gli occhi mentre nella mia testa rivedevo il volto ferito di Damien nonostante sapesse cosa avrei risposto.

A come le parole sembravano morirmi in gola perché non volevo essere la persona che gli provocava dolore.

A come volevo mentigli e dirgli che lo amavo anche io.

«Sì» risposi infine.

«Bene» replicò lei avvicinando il mio volto al suo e baciandomi delicatamente.

Rimasi a guardarla anche quando lei aveva chiuso gli occhi per approfondire il bacio e la lasciai fare.

Quando si staccò vidi che aveva il volto arrossato e il respiro affannato e la sua presa su di me si era fatta più stretta.

Il rossore sembrava renderla più bella di quanto non fosse già. Non c'era più la sua bellezza misteriosa, ma solo una ragazza presa.

«Nessun impegno» dissi.
«Nessun impegno» confermò lei.
E si sporse per baciarmi ancora.

Angolo Autrice

Tadaaa! Come promesso!

Che ne pensate di questo Nathan? E dei nuovi personaggi? Sembra che si stia divertendo, non è così?

Sotto Damien! Che ne pensate di questo personaggio? Certo, la prima volta che l'avete incontrato non era poi così tanto simpatico, ma come biasimarlo? Non si fida delle persone facilmente 💕

So che siete curiosi, ma il prossimo POV sarà di Ary, quindi... 🥰 spero di pubblicare quanto prima perché il prossimo è un bel capitolo... si vedranno 😏

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