Mend the Broken [Italian Tran...

By pezharls

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La storia dell'incontro tra una ragazza piena di paure e un ragazzo pieno di rabbia. ______________________ ... More

Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
Capitolo 10.
Capitolo 11.
Capitolo 12.
Capitolo 13.
Capitolo 15.
Capitolo 16.
MtB Playlist
Capitolo 17.
Capitolo 18.
Capitolo 19.
Capitolo 20.
Capitolo 21.
Capitolo 22.
Capitolo 23.
Capitolo 24.
Capitolo 25.
Capitolo 26.
Capitolo 27.
Capitolo 28.
Capitolo 29.
Capitolo 30.
Capitolo 31.
Capitolo 32.
Capitolo 33

Capitolo 14.

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By pezharls

"Ti odio."

"Aw, dai, Ellie."

"Ti odio così tanto."

"Ellie, ho dovuto!" Piagnucolò Rose e io mi voltai di scatto.

"No, non dovevi! Perché hai detto a Harry che ero con Austin ieri sera?! Abbiamo solo passato del tempo assieme, tu sai che lui si arrabbia e diventa geloso per nulla!"

Non riuscivo a crederci. Era passata a prendermi quella mattina con un timido sorriso sul volto che mi suggerì che avesse fatto qualcosa di orribile. E avevo ragione. Aveva detto al ragazzo che mi aveva ferita e che mi faceva infuriare, proprio la cosa che gli avevo nascosto quando l'avevo incontrato nel dormitorio. Che diavolo?

Rose sospirò e si aggiustò la borsa sulla spalla mentre attraversavamo il campus. "Sì ed era proprio geloso. Dovevi vederlo, sembrava che volesse uccidere Austin." Io la osservai e lei alzò le mani in aria. "Ma non l'ha fatto! E come facevo a sapere che avrebbe reagito in quel modo? Volevo solo mostrargli che gli piaci davvero!"

"Non piaccio a Harry, Rose. Toglitelo dalla testa." Scossi il capo. "Sei fortunata che non sia venuto a confrontarsi con Austin."

Rose scrollò le spalle. "Si ... ma gli piaci."

"Non gli piace nessuno," replicai.

"E a te piace lui," sussurrò e la mia bocca si spalancò mentre mi voltavo verso di lei.

"Non in quel senso! Assolutamente no, lascia perdere! Non in quel senso!!" Mi passai le mani fra i capelli. "Dio, mi fa infuriare e mi confonde, finisce sempre per ferirmi."

Rose si accigliò e fissò un punto di fronte a sé. "No, non è così. Abbiamo parlato ieri sera alla festa e l'ho ascoltato bene. Ellie, lui-"

"No, non dirlo," la fermai. "Gli hai permesso di rigirarti come voleva. E probabilmente sentirò oggi la stessa cazzata."

"Oh si, vuole incontrarti presto. Ci andrai?"

Sospirai e abbassai lo sguardo a terra, picchiettando la stradina di ciottoli con le scarpe. "Non voglio andarci, ma se non mi presentassi probabilmente non smetterebbe di seccarmi," mi lamentai e Rose annuì. "Vuole che lo incontri ora al parcheggio, in realtà." Lanciai un'occhiata al mio orologio.

"Al parcheggio? Perché? Ti deve portare da qualche parte?"

"No, se posso farne a meno," mormorai e voltammo l'angolo, rivelando ai nostri occhi l'ampio spazio asfaltato che tanto avevo temuto. "Eccoci," sussurrai.

Accompagnai Rose alla sua auto, cercando il suv nero di Harry, ma non lo trovai da nessuna parte. Non che mi dispiacesse.

Rose aprì una delle due portiere posteriori e lanciò sul sedile la sua borsa, mentre io mi appoggiavo alla macchina. "Lo giuro, se quel piccolo irritante punk non è qui tra un minuto, me ne vado."

"Oh davvero?" Sentii una voce roca provenire dalle mie spalle e io mandai giù un groppo, voltandomi. Dannazione.

Harry si avvicinò, con le sopracciglia alzate dietro gli occhiali da sole, e con un ghigno divertito dipinto sulle labbra. "Beh, quel 'piccolo irritante punk' è qui, Elizabeth," disse con tono grave, gli angoli delle sua labbra si sollevarono quando ripeté le mie parole. Sapeva probabilmente che quelle cose fossero le più cattive che sarei riuscita a dire su di lui. Era praticamente come se lo avessi chiamato 'testa di cacca'.

"Oh, ciao," mormorai mentre dalla mia faccia spariva ogni singolo colore. Sarebbe stato più facile sentirmi meno intimidita da lui se non fosse stato a cinque passi di distanza da me.

"Ehi, Harry." Rose si mise vicino a me e gli rivolse un sorriso. Lui voltò la testa verso di lei e fece un cenno con il capo, tornando poi a concentrarsi su di me. Corrugai la fronte e distolsi lo sguardo, abbassandolo a terra. Lui si accigliò di fronte al mio comportamento e lanciò un'occhiata a Rose.

"Scusami, posso rubartela?"

Rose annuì velocemente, quella piccola traditrice. "Sì, certo!" E mi spinse leggermente verso la figura alta e ben messa. Le lanciai un'occhiataccia con tutta la ferocia che potessi radunare in me. Lei sorrise e aprì la portiera dell'auto. "Vi shippo così tanto," mormorò e Harry si imbronciò.

"Scusami? Shippo?" chiese confuso e la testa di Rose scattò in alto.

"Oh! Uh ... nulla. Nulla. Ciao ragazzi!" disse e velocemente salì in macchina, chiuse la portiera e avviò il motore, allontanandosi prima che potessi farla esplodere con la mia mente.

Lo sentii tossicchiare dietro di me, ricordandomi della sua presenza, così mi voltai.

"Mi d-" iniziò ma io lo fermai subito.

"No. Ba-Basta." Era come se mi avesse consegnato lui stesso la balbuzie di nuovo. "Non dire che ti di-dispiace di nuovo," sputai e lui si accigliò.

"Non mi stai lasciando parlare."

"Perché non vo-voglio sentire cosa hai da di-dire."

"Elizabeth," strinse la mascella e si tolse gli occhiali, "Ti ho chiesto di incontrarmi con il solo scopo di spiegarti tutto."

Sospirai e incrociai le braccia, corrugando le labbra. "E se io non vo-volessi ascoltarti?" chiesi e i suoi occhi si scurirono per la rabbia che stava contenendo.

"Onestamente, ora, non me ne potrebbe fregare di meno," ringhiò e assottigliò lo sguardo.

"Beh, che ge-gentleman," sputai e i suoi occhi diventarono due fessure. "Sai co-cosa, Harry? Basta, non de-devo stare a sentire nessuna delle t-tue bugie." Cominciai ad allontanarmi ma prima ancora che facessi il primo passo, lui mi afferrò per l'avambraccio.

"No, per favore. Io ... io devo assolutamente parlarti," disse e mi sorprese sentire qualcosa che sembrava quasi tristezza genuina nascosta dietro la sua frustrazione. Ma poteva benissimo essere la sua grande dote da eccellente attore.

"Di co-cosa vorresti pa-parlarmi?" Allontanai la sua mano da me. "Cos'è? Un'altra ragazza ti ha ri-rifiutato e io sono la tua ru-ruota di scorta?" dissi secca, rivolgendo il volto a terra così che non potesse notare quanto fossi ferita. Lui invece aveva un altro piano, perché mise un dito sotto il mio mento e mi costrinse a sollevare la testa per fronteggiare la sua espressione furiosa.

"Smettila. Di. Parlare," ringhiò, ciò che conteneva la sua rabbia era esploso, incatenò i suoi brillanti occhi verdi con i miei. "Ti ho già detto che quello che hai capito tu non era ciò che volevo dire io, quindi smettila di farti strane idee. Hai sentito solo ciò che volevi sentire e nient altro, ho cercato un sacco di volte di scusarmi con te. Non capisci quanto sia strano per me correrti dietro, e se per te non è abbastanza, allora non so cosa diavolo possa fare."

Allontanai la testa dal suo tocco di scatto e aprii la bocca per protestare ma lui mi lanciò un'occhiata di avvertimento. "Ti ho detto di non parlare," disse a denti stretti. "Mi sto sforzando come mai prima per non essere un completo stronzo con te. Pensi veramente che mi interessi se non piaccio o se spavento qualcuno? No. Infatti probabilmente lo istigo ancora di più. Ma tu, oh tu. Tu sei fottutamente speciale perché odio come mi stai guardando ora."

"Quindi st-stai dicendo che forse si-significo qualcosa per te e n-non come una delle tue tante ragazze?"

Lui strinse i denti e serrò gli occhi, le mani si chiusero in due pugni. "Smettila di dire stronzate del genere," sbottò.

"Non è una ri-risposta."

Gemette e si portò entrambe le mani ai capelli. "Sì, ok?! Sì! E' ovvio che tu non sia solo un'altra ragazza, ci sono sempre stato quando avevi bisogno di me. Non riesci proprio a vederlo?!" gridò e si avvicinò. Sollevò una mano portandola alla mia guancia e puntò i suoi occhi furiosi sui miei.

Il mio respiro si bloccò. Mi stava toccando la faccia e a me andava bene?

Il suo sguardo cercò rapidamente il mio fino a che i suoi occhi non si addolcirono. Abbassò per un attimo la testa, con i capelli che gli caddero in volto, prima di tornare a guardarmi. Quando parlò, lo fece con un mormorio basso e roco. "Non mi pento di nessuna delle cose che ho fatto per te. Per me significhi davvero qualcosa e so che tu provi lo stesso, perché guarda quello che sto facendo." Il suo sguardo si spostò sul nostro contatto e la distanza che ci separava, che era molto ristretta: solo pochi centimetri. "Non ti stai ribellando, perché lo vuoi anche tu."

Non riuscivo a trovare parola da dire mentre lui faceva cadere la sua mano, la mia guancia cominciò a pizzicare per il suo precedente tocco.

"Non pensare che non mi importi di te. Mai. Capito?" chiese, la sua voce era di nuovo ferma. Io abbassai lo sguardo, elaborando ancora tutte le sue parole, ne ero scioccata. Annuii. "Usa le parole," disse in avvertimento e io alzai lo sguardo.

"Ho capito."

Non disse nulla, mi fissò solamente, il cipiglio che gli scavava il volto. Mi morsi il labbro e abbassai lo sguardo di nuovo, allontanandolo dal suo, sentendo gli occhi che cominciavano a pizzicare.

Sbattei le palpebre un paio di volte e presi un respiro smorzato, supplicando me stessa di non scoppiare in lacrime.

Gli importava di me? Perché? Cosa avevo fatto per meritarmi la sua attenzione, la sua preoccupazione? Per lui ero stata solo un danno, un casino frignante. Non riuscivo a capire come riuscisse a sopportare di starmi vicino, o come volesse farlo.

"Perché stai piangendo?" mormorò, con voce roca dovuta al suo precedente discorso.

Scossi la testa. "Non st-sto piangendo," sussurrai.

"Allora perché non mi guardi?"

Presi un altro respiro profondo. "Perché non ti ca-capisco," mormorai. "Non piaccio a nessuno. Non do-dovrei piacere a nessuno. Quindi perché a te si?" La mia voce si ruppe e alzai lo sguardo su di lui, che aveva la bocca aperta. "Seriamente, perché ti im-importa così tanto? Perché continui a ce-cercarmi?"

Lui deglutì e abbassò lo sguardo prima di schiarirsi la voce e tornare a posare i suoi occhi su di me, sembrava aver perso le parole, il che era scioccante. Harry non rimaneva mai senza parole.

"... Io ... lo faccio e basta."

"Quindi ti a-aspetti che io ti dia una risposta diretta e si-sincera, ma tu non puoi fare lo stesso?" esclamai e lui chiuse gli occhi. "Perché ti interessa?!" mi lamentai, i sentimenti mi scivolarono lungo le guance.

"Perché io-" iniziò con sicurezza, ma non appena il suo sguardo incrociò il mio, la sua sicurezza si stroncò. I suoi occhi verdi, l'unico spunto di colore in lui, con i suoi vestiti neri, i tatuaggi e i capelli scuri, cercarono i miei. "Perché io ..." ripeté, ma le parole successive non lasciarono mai la sua bocca. Tirai su con il naso e scossi la testa.

"Pensavo di e-essere io qu-quella mu-muta," dissi con voce rauca, asciugandomi le lacrime.

Harry si accigliò, sembrava arrabbiato con se stesso, forse per non essere riuscito a dire quello che voleva dire. Strinse la mascella. "Non importa perché. E' così e basta."

Scoppiai a ridere e scossi di nuovo la testa. "Bella risposta," mormorai e continuai ad asciugarmi le lacrime che scendevano senza sosta.

"Mi dispiace, Elizabeth, io-" ci tentò di nuovo, ma si interruppe, questa volta però aveva lo sguardo fisso su di me. Inclinò la testa e allungò la mano per sollevarmi il mento e permettendomi così di guardarlo meglio. Confusa, mi asciugai le guance, ma con il dorso della mano raccolsi anche quel minimo di trucco che avevo usato per nascondere le scure borse sotto gli occhi. Oh no.

Afferrò velocemente la mia mano e fissò la macchia, poi i suoi occhi scattarono sul mio volto, dove, realizzai con orrore che stesse fissando la zona sotto i miei occhi. "Che cazzo?" mormorò, la sua mano si spostò sulla mia guancia e passò il pollice sulla pelle che catturava la sua attenzione, risaltando di più le borse scure che avevo ottenuto per la mancanza di sonno di quella settimana passata.

"Non hai dormito," mormorò, questa volta aveva gli occhi puntati sui miei. Mandai giù un groppo e voltai la testa, la sua mano cadde lungo il suo fianco. "Ma pensavo ... pensavo ti averti aiutato con i tuoi incubi."

"L'hai fatto," sussurrai e lui spostò la mia testa obbligandomi a guardarlo in faccia, i suoi occhi allarmati osservavano il mio volto, come se stesse cercando altri segni di disperazione.

"Allora perché ...?"

"Mi avevi detto di i-immaginarti con me quando avevo pa-paura." La mia voce era rotta e lui annuì. "Ma ero da-davvero arrabbiata con te, così mi sono rifiutata di farlo."

Si accigliò per ciò che avevo appena detto. "Hai deliberatamente deciso di non dormire per me? Perché eri troppo incazzata e anche solo il pensiero di me ti disgustava?"

Pensavo che si sarebbe arrabbiato con me, che sarebbe stato furioso, ma non lo era. Sembrava afflitto, il suo sguardo sostenne il mio, la bocca era aperta come se gli avessi tolto il respiro. Aveva sempre l'aspetto di un duro, così invincibile, che mi confuse vederlo come se gli avessi tirato un pugno dritto nelle viscere.

"Non ti piaccio proprio, eh?" sussurrò, la sua voce roca era calma. Una lacrima cadde dal mio occhio destro e lui la raccolse con il pollice, il suo sguardo non si allontanò nemmeno per un secondo.

"Io ... io non so. Dipende tutto da cosa pensi t-tu di me." Mi ero sbagliata su ciò che voleva dire lui prima, quindi non ero nemmeno più sicura.

La sua mano si allontanò dal mio volto. "Mi interessi davvero tanto, amore. Quando avrai bisogno di me, io ci sarò."

Le sue parole viaggiarono nell'aria mentre io le assorbivo lentamente, prestando attenzione al ragazzo alto di fronte a me. Quasi ogni centimetro della sua pelle era coperta da inchiostro, che si stirava sopra i suoi muscoli. Il suo bel volto, adornato dal sempre presente cipiglio e i suoi vigili occhi verdi che sembravano cogliere ogni singolo dettaglio. Aveva un certo fascino rozzo ed era quella persona che alla quale potevo solo sognare di piacere.

Annuii e abbassai la testa. Rilasciò un profondo e triste sospiro prima di prendermi la mano e trascinarmi attraverso il parcheggio. Lo seguii ciecamente, rifiutai di sollevare lo sguardo, ma sapevo che avevamo raggiunto la sua auto quando i suoi stivali neri si fermarono sul posto.

"Entra. Ti porto a casa."

"Non vo-voglio," sussurrai. Non potevo stare in uno spazio ristretto con lui, e la sua auto era l'esempio perfetto.

"Perché?" chiese, sorprendentemente non era arrabbiato. "Perché sei sempre così insistente quando devo portarti a casa? So che all'inizio era perché non volevi che sapessi dove abitassi, ma lo so già. Quindi cosa c'è?"

Scossi la testa, con lo sguardo ancora fisso a terra. "Ti ar-arrabbierai se te lo dico."

"Se mi dici la verità, ti prometto che non mi arrabbierò con te," disse lentamente e io sollevai il capo, raccogliendo il coraggio per esprimermi.

"Perché mi sento in trappola con te, co-come se non riuscissi a scappare," dissi con debolezza, lui corrugò leggermente le sopracciglia e io spostai lo sguardo sul suo suv. Aspettai la sua inevitabile risposta negativa, ma le parole che pronunciò dopo mi scioccarono.

"Claustrofobia combinata ad ansia sociale. Ha senso." Fece un cenno con il capo e i miei occhi si spalancarono. Sorrise debolmente e si appoggiò alla portiera del passeggero. "Non ti aspettavi che ti avrei capito, eh?"

"Io ... no," dissi con voce strozzata e lui scosse la testa.

"Non ti fidi molto di me, amore," disse, con un piccolo sorriso dipinto sulle labbra. Ogni volta che mi chiamava così, le mie guance assumevano un leggero colore rosso e il mio stomaco si attorcigliava. "Cosa ti ho sempre detto di fare?"

Alzai lo sguardo. "Di fidarmi d-di te?"

Lui annuì e si voltò per aprire la portiera, prima di tornare a guardare me e fare cenno con la testa verso l'auto. "Allora fallo."

Spostai lo sguardo da lui al sedile vuoto, poi di nuovo su di lui. L'ultima volta che ero stata nella sua macchina era stata la notte della festa, quando mi aveva portata a casa, ma il ricordo non era molto lucido nella mia mente. Rose se ne era già andata, e non sapevo quando sarebbe passato il prossimo autobus, quindi ...

Sopirai e mi avvicinai, facendo sorridere un trionfante Harry. Salii in auto e mi sedetti sul sedile prima che lui chiudesse la portiera e raggiungesse il suo lato. Aprì la portiera e si accomodò prima di richiuderla. Posò lo sguardo su di me, e ridacchiò, chiunque era stato seduto lì prima di me doveva avere delle gambe lunghe perché aveva postato il sedile, avanzava un piede e mezzo oltre alla lunghezza delle mie gambe.

"Gli avevo avvisati di non toccare nulla." Si sporse per afferrare la barra sotto il sedile e tirarlo in avanti per farmi stare più comoda. Sussultai quando scattai in avanti e la mia mano volò sulla sua spalla, afferrandola come sostegno. Lui si irrigidì al mio tocco e sollevò la testa per guardarmi scioccato. Mandai giù un groppo e chiusi la bocca, allontanando velocemente la mano mentre lui tornava a sedersi composto sul sedile.

"Mi di-dispiace," mormorai nervosamente e lui scosse la testa, continuando a guardarmi.

"No, va bene! È solo che ... non mi hai mai toccato prima," disse, ed era vero. Ogni contatto tra di noi era dovuto a lui.

Abbassai lo sguardo, con la faccia in fiamme. L'avevo toccato di riflesso, ma comunque l'avevo fatto.

Passarono alcuni secondi di solo silenzio prima che avviasse il motore, facendo retromarcia e uscendo poi dal parcheggio. Guidò con tranquillità, anche se un po' oltre il limite di velocità, ma lo faceva anche Rose.

Mantenni le mani sul mio grembo e puntai lo sguardo su di esse, mentre lui accendeva la radio, e una canzone rock ci fece da sottofondo. Spinse due pulsanti sulla sua portiera, il suo finestrino ed il mio si abbassarono contemporaneamente. Lo guardai confusa, non faceva nemmeno caldo. Lui mi lanciò un'occhiata prima di tornare a concentrarsi sulla strada.

"Aiuta chi soffre di claustrofobia. I finestrini abbassati fanno sembrare l'interno dell'auto meno chiuso," spiegò e io fissai lui e come i suoi lunghi capelli si muovevano attorno al suo volto. Quello che aveva appena detto aveva senso. Ed era stato un gesto dolce.

"Oh. Um, grazie," mormorai e lui fece un cenno con il capo, una mano sul volante e l'altra appoggiata a filo del finestrino.

"Non c'è di che, amore," rispose con nonchalance e io cercai di reprimere un sorriso. Lui mi lanciò un'altra occhiata e io cercai di mantenere un'espressione indifferente così che non notasse l'effetto che aveva su di me, ma quando tornò a guardare dritto davanti a sé aveva un piccolo sorriso sul volto.

Il viaggio verso il mio appartamento fu breve e non fu tanto male. I finestrini abbassati avevano aiutato tremendamente, permettendomi di respirare senza problemi. Harry mi aveva guardata con la coda dell'occhio diverse volte, il che era stato sorprendentemente confortevole. Era come se controllasse costantemente che stessi bene.

Parcheggiò nel piccolo parcheggio a lato del mio palazzo e spense il motore prima di aprire la portiera e uscire. Aprii anche io la portiera e fissai un punto del terreno, poco distante dalla sua auto.

"Hai bisogno di aiuto?" chiese mentre faceva il giro del suv. Alzai il capo per via della differenza di altezza e scossi la testa, appoggiando una mano sulla portiera e l'altra sul sedile, scivolando giù dall'auto fino a toccare l'asfalto con poca grazia. Lui ridacchiò e io gli feci la linguaccia, chiudendo la portiera dietro di me, e avviandomi poi verso l'entrata dell'edificio. Quando lui iniziò a seguirmi, mi voltai confusa.

"Um, mi stai a-accompagnando alla porta?" chiesi e lui mi guardò come se fossi stupida.

"Certo che sì. Non è che ti accompagno qui e ti butto fuori dall'auto. Che tu ci creda o no, non sono il completo stronzo che tutti dipingono. Solo per un ottanta per cento." Sogghignò e io feci lo stesso, scuotendo la testa mentre lui mi affiancava. Mi osservò per qualche secondo mentre ridevo, per poi sorridere e distogliere lo sguardo.

Aprì la porta dell'edificio e la tenne aperta mentre io lo ringraziavo ed entravo dentro. Raggiungemmo l'ascensore e poi la porta del mio appartamento, dove mi fermai, con la chiave in mano.

"Allora, grazie per il pa-passaggio, Harry," dissi con tranquillità e lui posò lo sguardo su di me. "E mi di-dispiace per aver capito male ciò che avevi de-detto-"

Lui sollevò una mano per fermarmi e la mia voce si ruppe l'istante che lui lo fece. "Non c'è di che, e tranquilla. Non dobbiamo continuare a parlarne." Io annuii e lui mi avvolse con un braccio, dandomi un piccolo abbraccio; all'inizio rimasi scioccata ma poi sospirai, sentendo il calore del suo tocco e il suo profumo. Quando si allontanò aveva un sorriso dipinto in faccia. "Ciao, Elizabeth," disse e io lo salutai con la mano, poi si voltò e si allontanò, scomparendo oltre l'angolo che portava all'ascensore.

Rimasi lì in piedi per qualche secondo prima di sospirare e inserire la chiave nella serratura. Una volta dentro il mio appartamento, gettai la borsa in un angolo e raggiunsi il salotto, collassando sul divano. Tirai fuori il cellulare trovando un messaggio.

Da: Rose McGellan
Avete fatto pace? O avete limonato?

Da: Me
Non mi piaci.

Da: Rose McGellan
Vedi di dedicarmi un brindisi al vostro matrimonio.

Perché era mia amica?

___________________

Più tardi quella notte

Mentre contiuavo a leggere il mio libro sul divano sotto la luce della lampada, sentivo la stanchezza prendere il sopravvento. Sbadigliai e mi passai le mani fra i capelli, osservandomi attorno. Dovevo provare a dormire. Anche se sapevo che i miei sforzi sarebbero stati inutili, ero troppo esausta però per non provarci.

Trenta minuti dopo, ero distesa sul mio letto, lanciando qualche parolaccia.

Ero stanca. Volevo dormire, ma non ci riuscivo.

Gemetti e mi rigirai sul letto, cercando di determinare quanto ci volesse prima che una persona morisse di sfinimento, quando ad un certo punto sentii un bussare alla porta d'ingresso.

"Ma stiamo scherzando?" sussurai e sospirai. Mi tolsi di scatto le coperte di dosso, uscendo dalla mia camera e raggiungendo la porta, non mi importava che aspetto avessi quando la aprii di scatto. La mia mascella quasi toccò terra.

"Harry?"

Era appoggiato allo stipite, con un piccolo ghigno che gli incurvava le labbra. Era strano, non indossava una delle sue solite camicie nere, con i jeans e gli stivali. Aveva invece i capelli legati, ai piedi delle scarpe da ginnastica, dei pantaloncini da basket, e una maglietta aderente, tutto nero, con una borsa che gli pendeva dalla spalla.

"C-Che ci fai qui?" dissi e lui si tirò su, con lo sguardo puntato sul mio abbigliamento da notte: una maglietta e dei pantaloncini.

"Ti ho svegliata?" Sollevò un sopracciglio.

"No, ce-certo che no. Ero distesa sul le-letto cercando di dormire ma ..." mi interruppi e scrollai le spalle.

"Beh," sorrise. "ecco perché sono qui."

"Cosa?" chiesi con gli occhi spalancati.

"Posso entrare?" mi indicò l'interno del mio appartamento e io balbettai una risposta incomprensibile, facendo un passo di lato. Lui scosse la testa ed entrò.

"Che vuoi di-dire?" Lo seguii mentre lui entrava in salotto, lasciando la borsa lungo la parete, voltandosi poi verso di me.

"Non hai dormito per colpa mia." Si accigliò ma deglutì e si sforzò a mantenere un'espressione neutrale. "Quindi sono qui per risolvere il problema."

"N-Non capisco ..." sussurrai mentre lui si voltava e raggiungeva la mia camera da letto. Tutto d'un tratto capii quello che voleva fare.

"No, Harry, non devi farlo." Lo raggiunsi mentre apriva la porta ed entrava nella stanza. "Davvero non de-devi."

"Sì, Elizabeth, devo," disse con tono deciso e si sedette sul bordo del letto, osservandomi dal basso. "E' stata tutta colpa mia."

"Ma ..."

"No," mi fermò e io chiusi la bocca. Si piegò per slacciarsi le scarpe, poggiandole poi di fianco al letto. Sollevò un sopracciglio quando mi vide ferma in piedi poco distante da lui, che cercavo di comprendere il tutto. "Beh?" si tirò su a sedere e diede un colpetto al letto con la mano.

"Oh ... um, o-ok," mormorai e lui sollevò le coperte per poi distendersi sul letto. Ma io non mi mossi, e la cosa sembrava irritarlo abbastanza.

"Cosa c'è?" chiese, esasperato. "Ti ho già aiutata a dormire così, dai."

"Ma ero davvero spa-spaventata dal mio sogno. Questo è p-più, non so, imbarazzante."

"No, sei tu che lo rendi imbarazzante," ribatté e scoprì la mia parte di letto dalle coperte. "Distenditi."

Mi avvicinai al mio letto e mandai giù un groppo, ero nervosa mentre mi distendevo e mi mantenni sul bordo del materasso. Harry sospirò rumorosamente e io sbuffai. "Cosa?"

Girò la testa verso di me. "Hai solo una chiappa sul letto, Elizabeth."

"Sono distesa," dissi secca. "Ho fatto quello che mi hai de-detto."

Si girò su un fianco così che fosse rivolto verso di me, aprendo le braccia. "Vieni."

"No grazie, sto bene così."

"Dannazione, vieni qui," ringhiò e io voltai la testa nella sua direzione e la scossi. Lui assottigliò gli occhi e io in risposta mi girai rivolgendogli le spalle, ma improvvisamente sentii un braccio attorno alla vita che mi attirò verso il suo corpo. "Cosa hai appena detto?"

"Sei un i-i-idiota," sibilai. Avvertii una sua gamba contro la mia e deglutii rumorosamente.

"Mmm," gemette. "Mi piace quando mi chiami così."

"Taci," sussurrai e lui ridacchiò. Strinsi le lenzuola con una mano e non mi mossi di un centimetro.

"Sai che non ti farei nulla, vero?" disse tutto d'un tratto ed io annuii, non sapevo dove volesse andare a parare. "Allora smettila di fingere di avere paura di toccarmi."

Non sto fingendo, pensai.

Harry capì che non mi sarei ribellata perché si fece più vicino, il suo petto entrò a contatto con la mia schiena. Inspirai debolmente, lui mi tirò di più a sé, sentivo il suo respiro sul mio collo. Strinse il suo braccio tatuato attorno a me con fare protettivo e intanto il suo petto si muoveva lentamente contro la mia schiena.

"Rilassati, amore," sussurrò contro la mia rigida figura e io presi un respiro tremante, mentre lui mi lasciava un bacio sul capo. "Sono solo io."

La sua voce roca echeggiò nel buio, il modo in cui la mia pelle si riempiva di brividi con il suo tocco, i suoi piccoli segni d'affetto, mi fecero sospirare lentamente.

Sistemò il capo così che fosse disteso sopra il mio. Potevo avvertire il suo respiro colpirmi la schiena, il suo caldo corpo attorno al mio. Aveva infilato l'altro braccio sotto il cuscino sul quale aveva appoggiato la testa, mimando un po' la mia posizione.

Mi rilassai lentamente contro il suo corpo, ed era così perfetto. Come due pezzi di puzzle, ci completavamo l'un l'altro alla perfezione.

"Elizabeth?" disse a bassa voce e io mormorai qualcosa di indefinito. Seguì un attimo di silenzio e pensai che si fosse addormentato ma poi parlò di nuovo. "Mi dispiace," sussurrò.

Non risposi.

Sollevai la mano ed esitante la poggiai sulla sua, ferma sul mio fianco. Sperai che quel gesto esprimesse ciò che non sarei riuscita a dire: che lo avevo perdonato. Che ero grata. Che stavo facendo tutto quello perché forse in qualche modo mi piaceva. Non che lui avrebbe mai ricambiato quel sentimento.

Spinse il naso contro il mio collo, mentre i miei occhi si chiudevano.

Fu la prima notte di sonno dopo due intere settimane.

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