Mend the Broken [Italian Tran...

By pezharls

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La storia dell'incontro tra una ragazza piena di paure e un ragazzo pieno di rabbia. ______________________ ... More

Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
Capitolo 10.
Capitolo 11.
Capitolo 13.
Capitolo 14.
Capitolo 15.
Capitolo 16.
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Capitolo 17.
Capitolo 18.
Capitolo 19.
Capitolo 20.
Capitolo 21.
Capitolo 22.
Capitolo 23.
Capitolo 24.
Capitolo 25.
Capitolo 26.
Capitolo 27.
Capitolo 28.
Capitolo 29.
Capitolo 30.
Capitolo 31.
Capitolo 32.
Capitolo 33

Capitolo 12.

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By pezharls

Avete mai dormito talmente male che sembra quasi che non abbiate dormito affatto e il giorno dopo avete girato come degli zombie?

Vi è mai capitato di non dormire proprio la notte e di sentirvi come avvolti da un cupo manto di confusione e debolezza il giorno dopo? Tanto stanchi da promettere a voi stessi che avreste dormito come un sasso la notte dopo?

Già, era quello che stavo pensando anche io. A parte che nonostante promettessi a me stessa che avrei dormito, sapevo che anche se ci avessi provato non ci sarei riuscita. Semplicemente non riuscivo. Avevo provato a stare distesa sulla schiena, bere latte caldo, ascoltare rumori calmanti. Nulla aveva funzionato. Continuavo solo a pensare a quella notte alla festa e quando chiudevo gli occhi, e l'incoscienza cercava di raggiungermi, una vivida immagine di quell'uomo che mi assaliva mi offuscava la mente, ma Harry a differenza delle altre volte, era lì che guardava tutto. Mi fissava mentre io lo supplicavo di aiutarmi, ma lui scuoteva la testa e mi sussurrava solo una parola.

"Nulla."

Solitamente, immaginavo Harry che mi salvava, mi aveva sempre aiutata, sia quelle notti che mi era stato accanto fisicamente ma anche solo il pensiero di lui faceva effetto. Ma adesso mi rifiutavo di cercare conforto in un uomo che considerava il nostro rapporto come il 'nulla'. Non mi interessava se non dormivo per un'altra notte, non lo avrei pensato.

Erano passati quattro giorni da quando mi aveva riferito il suo pensiero. Quattro giorni da quando avevo lottato per me stessa e me ne ero andata da lui. Quattro giorni dall'ultima volta che gli avevo parlato. Quattro giorni durante i quali non avevo dormito, dopo quel piccolo periodo di tentato svenimento.

Lui mi aveva scritto, ma io non avevo risposto. Aveva tentato di avvicinarsi al campus, ma lo notavo sempre prima che riuscisse ad avvicinarsi ed ero riuscita sempre a scappare alla lezione successiva. Non avevo dovuto lavorare molto negli ultimi giorni, quindi ero riuscita a non incrociarlo anche là.

Sapevo che ignorandolo l'avrei fatto imbestialire, ma onestamente non me ne importava. Voglio dire, perché avrei dovuto? L'unica volta che permettevo a qualcuno di entrare nella mia vita, questo la considerava nulla. Non mi importava cosa dovesse dirmi, nulla poteva cancellare le parole che mi aveva gettato addosso l'altro giorno. Non l'avrei perdonato, mi avrebbe reso ancora più stupida.

Quindi nonostante fossi a conoscenza che lui fosse l'unico in grado di tranquillizzarmi abbastanza da farmi dormire, o che fosse l'unica persona che riuscisse a proteggermi da ... beh, tutto; cercai di dimenticarmi di lui e come gli angoli della sua bocca si sollevassero quando gli rispondevo a tono o come i suoi chiari occhi verdi mi fissassero ogni volta che gli ero vicino, dandomi l'impressione che fossi l'unica cosa importante per lui.

Ma dimenticare qualcuno che era così importante era più facile a dirsi che a farsi.

Quando raccontai a Rose ciò che era successo, lei grugnì e apoggiò la testa al tavolo, sibilando un 'quel stupido, affascinante ragazzo tatuato'. Poi chiese cosa intendesse con ciò che aveva detto, e poi mi rimproverò perché non gli avevo permesso di spiegarsi meglio. Ma non volevo sapere cosa avesse da dire. Probabilmente mi avrebbe rifilato qualche bugia e mi avrebbe persuaso a farmelo piacere di nuovo.

Aspetta, mi piaceva? Forse, mi piaceva davvero?

No, no, non poteva essere. Era solo ... la prima persona oltre a Rose che mi trattava con gentilezza e mi stava affianco, mettendo da parte stupidità e arroganza. Tutto qua. Ci stavo pensando troppo.

Ero uscita più spesso con Austin, eravamo usciti a prendere un caffè e fare due chiacchiere. Era molto carino e divertente. Si, era un po' imbarazzante ma ispirava tenerezza e la cosa mi faceva sorridere. Era il ragazzo gentile che tutte le ragazze vorrebbero come amico, quello che ti fa tanti complimenti e ti fa ridere.

Rose mi aveva colpito dietro la testa e mi aveva detto "Gli piaci, idiota," ma ero quasi certa che si stesse sbagliando. Non mi sarei spiegata come avrei potuto piacere a qualcuno.

Oggi, dopo una bella conversazione con Austin con caffè e the, tornai in classe e lo rincontrai quando la lezione finì.

Uscimmo dall'ala di scienze insieme, i suoi passi opposti ai miei.

"Allora, com'è stato psicologia dello sviluppo? Hai scoperto i misteri mentali del mondo?" Austin sogghignò e mi osservò. Scrollai le spalle e alzai gli occhi al cielo.

"Certo che n-no. Sono passate solo due settimane. Di so-solito lo faccio verso la quarta se-settimana," scherzai e lui rise, facendomi sorridere al mio in qualche modo commento divertente.

"Beh, non vedrò l'ora di scoprire queste scioccanti scoperte allora. Io, d'altra parte, mi aspetto un Nobel per la chimica molto presto."

Ridacchiai e scossi la testa. "La mo-modestia è la chiave."

Sorrise e scrollò le spalle, il suo sguardo gentile su di me. Ci avviammo alla fermata del bus, che era proprio fuori dal campus, così che riuscissi a tornare a casa per un po' e andare a lavoro. Quando arrivammo alla nostra destinazione, sospirai e mi feci cadere sulla panchina, cercando di ignorare la stanchezza che prevaleva sulla mia mente e sul mio corpo. Avevo cercato di nascondere tutto il giorno il fatto che rischiassi di svenire da un momento all'altro, e immaginai di esserci riuscita. Alzai lo sguardo vedendo Austin mordersi un labbro, con le mani nelle tasche e lo sguardo puntato al suolo.

"Che c'è?" chiesi e la sua testa scattò in alto.

"Cosa? Oh, niente." Lasciò andare il suo labbro inferiore e tossì, raddrizzando la schiena. Io scossi il capo.

"Se-Sembri proprio il modello di a-ansia." Sollevai le sopracciglia e lui ridacchiò debolmente.

"Già, immagino di si, huh?" chiese con tono calmo e spostai lo sguardo alla sua destra, osservando velocemente la strada prima di riposarlo su di lui. "Ok, cercherò di essere onesto con te. Stavo cercando il modo migliore per chiederti, uh, di uscire con me dopo lavoro," ammise e i miei occhi si spalancarono. "Sai, magari al mio dormitorio. Potremmo ordinare una pizza e guardare qualcosa su Netflix," aggiunse con timidezza e sollevò lo sguardo su di me. Io velocemente abbassai il capo e cercai di metabolizzare il tutto.

Qualcuno mi aveva chiesto di uscire?

"Ma solo se vuoi!" disse, nervoso dall'assenza di risposta. "Voglio dire, uh, è venerdì e sai nessuno dei due è una persona festaiola, così ho semplicemente pensato che forse avremmo potuto ... non so, tipo, uh ... uscire insieme come amici," blaterò agitato.

"O-ok," risposi finalmente e lui sorrise.

"Ok?" ripeté e io annuii, sorridendo.

Perché no? Era sempre gentile e divertente, e comunque non avevo altro da fare quella sera, nemmeno dormire.

"Fantastico!" esclamò. "Allora, vivo nei domitori Johnson, stanza 256. Incontrami lì, non so, alle otto?"

Annuii. Avevo un'ora per prepararmi dopo lavoro e prendere l'autobus.

Sembrava che la faccia di Austin stesse per esplodere per quanto cercasse di nascondere un sorriso e quando l'autobus si fermò di fronte a noi, ci salii, lui mi salutò e si voltò allontanandosi.

Quel ragazzo era davvero un personaggio.

Il lavoro fu il solito noioso ripetersi di azioni e mi trovai a fissare l'orologio, pronta a tornare a casa.

Quando finii alle sette, salutai il mio manager che stava alla cassa e uscii dal bar avviandomi verso casa, non molto lontana. Quando entrai, mi fiondai in camera e mi tolsi l'uniforme, rindossando vestiti normai, socialmente approvati. Andai in bagno e sciolsi i capelli e prestai attenzione al trucco che doveva nascondere le borse nere che avevo sotto gli occhi per la mancanza di sonno.

Non presi altro sapendo che non sarei rimasta là a dormire, così afferrai la borsa e raggiunsi la fermata del bus. Fortunatamente per me, sarebbe arrivato a breve un autobus e fui sulla strada verso il campus in meno di cinque minuti.

Dieci minuti dopo fui fuori dal bus e mi avviai verso il lato ovest del campus dove c'erano i dormitori Johnson dei ragazzi. Entrai e presi l'ascensore fino al piano delle stanze dalla 200 in poi, uscii e osservai tutte le porte a cui passavo di fronte.

Il corridoio era tranquillo, tranne per una stanza poco distante da dove proveniva musica dei Fall Out Boy. Continuai a camminare, contando mentalmente per arrivare alla 256.

Ero di fronte alla 230, quando la porta della stanza con la musica alta si aprì di scatto e un ragazzo molto familiare dai capelli viola ne uscì.

"Te lo dico amico, mi sento fortunato stanotte. Penso che mi farò una del primo anno. Mmm, carne fresca," ghignò ampiamente e io deglutii spaventata, il mio piede strofinò una porzione di pavimento, mentre osservavo uno degli amici di Harry. E per mio orrore, l'altro uscì ridendo e scuotendo la testa.

Ma aspetta, non era finita: uscì anche Harry, con il viso distorto in un ghigno arrabbiato. Oh mio dio.

Avevano tutti le schiene rivolte verso di me, mentre il ragazzo dai capelli viola chiudeva la stanza a chiave e parlava all'altro di come le ragazze del primo anno fossero facili.

Dovevo andarmene.

Mi voltai verso l'entrata, da dove ero arrivata ma era troppo lontana e lui mi avrebbe beccata di certo, così cercai di sorpassarli silenziosamente, pregando l'alto cielo che riuscissi a evitare il ragazzo che si era preso la mia fiducia e l'aveva calpestata con i piedi. Riuscii a passare ed ero alla 240 quando una voce bassa e roca fece sobbalzare il mio cuore in gola, ordinando ai miei piedi di fermarsi.

"Elizabeth?"

Abbassai la testa e camminai più veloce, sentendo il battito pulsarmi nelle orecchie, ma sentii il suono di stivali contro il pavimento e una sua mano mi afferrò per il polso, fermandomi. Deglutii e chiusi gli occhi, pregando me stessa di stare calma e non dare di matto mentre mi voltavo.

Lui mi osservò, con uno sguardo curioso e la sua bocca si aprì confuso.

"Ay, Harry! Chi è il bocconcino?" Il ragazzo con i capelli viola fischiò alle nostre spalle. Harry chiuse la bocca e si accigliò, le sopracciglia quasi a fare ombra sui suoi occhi. Si voltò verso i suoi amici.

"Andate in macchina senza di me," disse velocemente e tornò a guardarmi.

"Perché? Vai a letto presto stanotte?" L'altro fece l'occhiolino e boccheggiai strappando il mio braccio dalla sua presa, allontanandomi velocemente.

"Dannazione," sibilò Harry. "Andate senza di me!" gridò e sentii i suoi amici borbottare delle imprecazioni ma apparentemente se ne andarono. Stavo ancora cercando la stanza, ma lo feci il più velocemente possibile. "Elizabeth aspetta!" mi chiamò e mi raggiunse correndo. La sua mano toccò la mia spalla e io mi allontanai di scattò voltandomi verso di lui.

"Cosa?!" strillai. "Co-Cosa vuoi da me?!"

Lui si accigliò e abbassò la mano. "Voglio che mi parli e mi lasci spiegare."

Gli lanciai un'occhiataccia e feci un passo indietro. "Non voglio a-avere niente a che fare co-con te," sussurrai e i suoi occhi si scurirono mentre faceva un passo in avanti raggiungendomi.

"So che non è quello che vuoi davvero."

"Invece sì."

"No, invece no." Scosse la testa e si avvicinò ancor di più. "Perché nonostante provi a starmi lontano, troviamo sempre un modo per ritrovarci. Ovviamente." Ci indicò prima di riposare lo sguardo sul mio volto. "E la cosa mi porta a chiederti che cazzo ci fai nei dormitori dei ragazzi?"

"Non è nulla che ti ri-riguardi," sussurrai debolmente e i suoi occhi si assottigliarono.

"Invece sì. Perché quando la ragazza, che è terrificata dal stare in mezzo alla gente, e il suo peggiore incubo è stare da sola con un ragazzo, è in un fottuto dormitorio per ragazzi, diventa un mio problema," ringhiò.

"Beh è stra-strano perché ri-ricordo che tu abbia detto qualcosa lunedì che ri-riguardasse il fatto che non te ne fregasse nulla di me," risposi e lui serrò gli occhi chiudendo le mani in due pugni e prendendo un profondo respiro.

"Ti ho già detto che non era ciò che intendevo." Stava faticando a mantenere calmo il suo tono di voce.

"Non mi interessa," Scrollai le spalle, cercando di sembrare veramente disinteressata, ma fallii miseramente. "Comunque, devo a-andare." Perché dovrei dirgli di Austin e rischiare di farlo arrabbiare? Non mi avrebbe lasciata in pace.

"Dove?" chiese, aprendo gli occhi. "Perché sei qui?" Incrociò le braccia.

"Io ..." Cavolo. Menti, menti, menti,menti! "Uno dei miei compagni di corso che vive qui ha dei m-miei a-appunti. Devo riprendermeli per un progetto p-per lunedì." Ooh, bella scusa.

Rimase in silenzio, i suoi occhi fissi su di me mentre interpretava le mie parole. "Mi stai mentendo," disse a voce bassa. Come faceva a capirlo sempre?!

"No, non è vero." Cercai di mantenere un'espressione normale ma lui scosse la testa.

"Bene. Puoi non dirmelo, ma voglio parlarti più tardi."

"No grazie," dissi e mi voltai con l'intendo di andarmene.

"Che cazzo ti ho detto riguardo a non andartene quando ti parlo?" mi avvisò e io mi voltai di nuovo.

"Non so, probabilmente me ne stavo andando mentre lo dicevi," risposi a tono e me ne andai veramente. Potevo sentire la sua rabbia,ma sentii anche i suoi passi svanire e poi le porte dell'ascensore aprirsi e chiudersi.

Beh, è andata bene.

Finalmente trovai la 256 e presi un respiro profondo cercando di calmare il mio cuore e tentai di fermare le mie mani dal tremare, mentre ne sollevavo una con l'intendo di bussare. Immediatamente sentii dei passi e la porta si spalancò, mostrando un Austin con dei pantaloni da tuta e una t-shirt aderente che delineava i muscoli delle sue braccia, che non pensavo avesse, visto che lo avevo sempre visto con maglioni con maniche lunghe. I suoi capelli erano un po' disordinati ma gli stavano bene. Sembrava un ragazzo come tutti gli altri e onestamente, era davvero attraente.

"Ellie!" sorrise e fece un passo indietro, facendomi entrare. Gli sorrisi di ricambio.

"E-Ehi." Gli feci un cenno con la mano, entrando nella sua stanza, e lui chiuse la porta facendomi segno di avvanzare, raggiunse il letto e si sedette tirando il compuetr a sé.

"Ok, ho collegato il compuetr alla tv così possiamo guardare netflix su uno schermo più grande." Sorrise mentre la schermata iniziale di Netflix faceva la sua comparsa sullo schermo della grande TV posta sulla parete. "Allora, cosa vuole vedere signorina?"

Scrollai le spalle e rimasi in piedi a disagio, non sapevo dove sedermi. Non c'erano sedie, a parte quella della scrivania, ma era occupata da dei libri e di certo non mi sarei seduta nel lato del suo compagno di stanza, visto che la sua igiene era alquanto discutibile.

"Oh, andiamo! Cosa ti piace guardare?" mi spronò.

"Uh, qualsiasi cosa pe-penso," mormorai. Non volevo essere rude imponendogli qualcosa che volevo io, e se non gli piaceva la mia scelta? Sarebbe stato imbarazzante.

Austin rise e scosse la testa. "Ok. Vediamo ..." Scorse lo schermo verso il basso e cliccò sui Più Popolari prima di scrollare ancora. "Ah! Ti piace Drake and Josh? Per favore di di sì," scherzò e io annuii.

"Certo, a chi non piace?" Ridacchiai e lui esultò prima di cliccarci sopra e scegliere un episodio a caso.

"Bene, perché è il mio piacere segreto." Sorrise e io feci il segno di serrarmi la bocca con una zip, a dimostrazione che avrei mantenuto il suo segreto. "Grazie, Ellie," e scoppiò a ridere, indicandomi il suo letto.

Lo raggiunsi e mi sedetti lentamente. Oh dio, era da tanto che non era vicina al letto di un ragazzo. Non giudicatemi.

Austin si spostò verso la parete e tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni da tuta. "Allora, è tempo della pizza. Hai preferenze?" mi osservò, seduta a filo del letto. Di nuovo, non volevo scegliere qualcosa che non gli piacesse così scossi la testa. "Dio, due persone indecise, non funzionerà," scherzò e io ridacchiai, togliendomi la borsa di dosso e poggiandola a terra. Tornò a concentrarsi sul suo telefono. "Va bene, allora andrò a comando di questa missione," disse distrattamente e alzò lo sguardo quando iniziai a ridacchiare. "Perché stai ... oh dio, comando," scoppiò a ridere e si coprì il volto con le mani. Si morse il labbro e mi guardò. "Non intendevo dire ... ugh, non importa!" ('go commando' in inglese significa 'andare a comando di una missione' oppure 'non indossare le mutande' per questo hanno riso, ma in italiano non è possibile la traduzione letterale)

Finì per ordinare una pizza ai peperoni da Domino. Non dissi nulla riguardo al fatto che detestassi i peperoni, visto che sembrava amarli così tanto. Bastava che li togliessi, non era nulla di che.

"Allora," disse mentre riagganciava e metteva via il suo cellulare, "Hai trovato facilmente il dormitorio? Sei stata attaccata da un tasso? Rapita dagli alieni?"

Sorrisi e alzai gli occhi al cielo. "No, ma sono stata attaccata d-d-da un orso mentre venivo q-qui."

"Ah, odio quando accade." Annuì capendomi prima di sorridere. E io scossi la testa alla sua risposta.

"Beh, in verità, non è andato tu-tutto liscio ..." ammisi e lui si accigliò lievemente sporgendosi in avanti.

"Davvero? Che è successo?"

"Non sa-sapevo che Harry vi-vivesse in questo corridoio," dissi lentamente e Austin corrugò le sopracciglia.

"Infatti non è così. Vive fuori dal campus ma i suoi amici hanno la stanza in questo corridoio, a volte passa a prenderli per uscire o altro. Oh aspetta ... è venerdì sera, probabilmente sarà venuto qua per prenderli e andare a qualche festa," disse e poi sospirò. "Allora l'hai visto, huh?"

Annuii. "Sì, e-e non è stato molto pia-piacevole."

"Che intendi dire?" chiese preoccupato e poi i suoi occhi si spalancarono. "Aspetta, ti ha detto qualcosa? Ti ha fatto male?!" chiese in fretta e io scossi la testa.

"Io e lui ... beh, non a-andiamo mo-motlo d'accordo," dissi con voce tranquilla e lui sollevò le sopracciglia.

"E' successo qualcosa fra di voi?"

Non volevo raccontare l'intera storia così gli rifilai il riassunto: Harry mi aveva aiutato ed era stato molto gentile con me, ma avevo scoperto che di me non gliene fregava molto, non tanto quanto lui fregasse a me.

Austin si accigliò e abbassò il capo. "Si, è da lui." Si morse il labbro e risollevò la testa. "Non hai bisogno di lui, lo sai vero? Ti meriti di stare accanto a persone che ti fanno sorridere, non piangere."

Fissai il suo lenzuolo. "Sta diventando se-sempre più ve-vero," sussurrai.

Quando la pizza arrivò, lui si alzò e pagò il fattorino, poi tornò indietro e si risedette sul letto. Tirò fuori dei piatti di carta e prese due coca dal suo mini frigo, posto accanto alla scrivania. L'episodio di Drake and Josh era ormai finito, così Austin ne scelse un altro e insieme mangiammo e ridemmo alle battute dello show.

La pizza finì velocemente e ci guardammo episodio dopo episodio. Quando guardai la sveglia sul suo comodito e vidi l'ora, sussultai e mi tirai su a sedere.

"Sono le 10?! Devo alzarmi presto domani mattina!" Cominciai ad agitarmi e mi tolsi di dosso la coperta che Austin mi aveva passato due episodi prima.

"Co-?" Austin sbatte le palpebre un paio di volte alzando lo sguardo, la sua voce era un po' intontita.

"Stavi dormendo?" chiesi incredula e lui sorrise con imbarazzo e scrollò le spalle. Scossi la testa e sorrisi, abbassandomi per afferrare la mia borsa da terra. "Gra-Grazie per stasera, mi sono di-divertita."

"Già, nessun problema." Si alzò e si avvicinò alla sedia, prendendomi la giacca e passandomela.

"G-Grazie." La afferrai e la indossai, portandomi poi la borsa sulla spalla. "De-Devo davvero a-andare." Sorrisi e lui annuì. Quando mi voltai lui parlò.

"Aspetta, Ellie." Tornai a guardarlo. "Volevo solo ... volevo solo farti sapere che so che non siamo amici da molto tempo, e non sono ricco, e non ho una macchina, ma se ti serve qualcosa, devi solo dirmelo, ok?" Mi osservò, i suoi occhi dolci fissi sui miei. Lo guardai confusa e lui sospirò. "Le cose che hai dovuto passare qui, la festa, e Harry ... non deve essere stata una passeggiata. Volevo solo farti sapere che io sono qui per te se hai bisogno di parlare con qualcuno o mangiare una pizza." Sorrise di nuovo e io ricambiai.

"Grazie, Austin. Vuol di-dire tanto per me."

Lui annuì e si mise le mani in tasca, mordendosi il labbro. "Nessun problema. E la prossima volta, ti prometto che terrò le mutande," (stessa storia di prima) scherzò e io scoppiai a ridere, facendo ridere anche lui. Mi coprì la bocca con una mano e arrossii quando la sua risata scemò piano piano, lasciandolo con in viso un sorriso genuino. Il suo sguardo incontrò il mio e questa volta, non distolti lo sguardo per due secondi. Fu tutto, fino a quando non sentii un leggero bussare alla porta.

Mi voltai verso la porta d'ingresso. "L'hai se-sentito?"

Austin fece il broncio e scosse la testa. "No. Cosa?"

"C'è qu-qualcuno alla po-porta." Mi accigliai ma lui non sembrò darci peso.

"E' un dormitorio. Era probabilmente un ragazzo ubriaco che avrà sbagliato porta."

"Sono contenta di non vivere nel campus." Scossi la testa e lui ridacchiò.

Lasciai la sua stanza poco dopo e mi avviai verso la fermata del bus. Onestamente, ero molto nervosa perchè era venerdì sera ed ero da sola al buio, ma riuscii ad arrivare alla fermata tutta intera e riuscii a prendere l'ultimo autobus. Il viaggio, che di solito durava dieci o quindici minuti, ne durò trenta perché salì un sacco di gente, quindi rimasi fuori più del dovuto e mi senti esausta, sapevo che non sarei riuscita a dormire a meno che non fossi proprio stanca da cadere nel sonno per due o tre ore massimo.

Quando arrivai alla mia fermata, scesi e raggiunsi il mio condominio, salendo le scale. Sussultai quando vidi un foglio ripiegato di fronte alla porta del mio appartamento, mi avvicinai e mi abbassai per prenderlo, pensando fosse una nota da parte del proprietario, che mi informava di qualche lavoro. Invece ciò che c'era scritto non me lo sarei mai aspettato.

Elizabeth,
Mi dispiace. Mi dispiace davvero molto per aver detto quelle cose. Capisco perché tu sia furiosa e hai ragione nell'esserlo, ma devi sapere che non intedevo dire ciò che hai capito tu. Raggiungimi alla mia auto nel parcheggio domani a mezzogiorno. Fidati di me.
-H

***
Scrivo per chiedervi un favore enorme, ho pubblicato una nuova traduzione, la storia è fantastica, vede Harry come principe, quindi ho già detto molto; si chiama The Harvest e se avete tempo mi farebbe piacere se riusciste a passare a leggerla, grazie.

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