Chapter seventy
"Black and white"
ALICE'S POV
"State indietro ragazzi! Non c'è niente da vedere qui!" urlò uno dei tanti poliziotti, spostando alcuni studenti che si accanivano attorno ai nastri gialli.
Io e Harry rimanemmo a scuola per tutta la notte. Anche se era per un omicidio, dormii perfettamente tra le sue braccia e dentro alla sua auto. Però, purtroppo, dovetti subire le innumerevoli telefonate di mio padre che non voleva che restassi da sola a notte fonda. Gli avevo specificato tantissime volte che avevo Harry al mio fianco e che non sarebbe mai successo qualcosa di spiacevole, ma questo non cambiò la situazione.
Mi stavo convincendo sempre di più che a mio padre non piacesse molto Harry. Lo dimostrava con moltissimi comportamenti scorretti nei suoi confronti.
Doveva solo rendersi conto che Harry è l'amore della mia vita e non lo avrei mai lasciato per nessuno, specialmente per lui.
"Hai freddo?" mi chiese Harry, distogliendomi dai miei pensieri.
In realtà l'unica cosa di cui avevo bisogno era lasciare quel luogo. Cominciava a spaventarmi quella situazione. Dovevo tornare a casa, ma qualcosa me lo impediva.
Non so di preciso qual'era il motivo, ma continuavo a pensare che fosse tutta colpa mia. Adoravo quel professore e adoravo il modo in cui trasmetteva la sua materia agli altri alunni, ma non lo conoscevo. Era solo un mio insegnate e comunque continuavo a pensare che centrassi in tutto quello che gli era successo la scorsa notte. Strano.
"No, grazie" sospirai.
Harry mi guardò negli occhi, prima di sfilarsi la giacca che indossava e avvolgermela intorno al corpo, tutto con estrema dolcezza.
All'improvviso fui invasa da uno strano profumo che prese il monopolio di tutto il mio setto nasale. Lo conoscevo fin troppo bene e ogni volta che lo sentivo una strana calma mi prendeva e mi faceva rilassare più di un miliardo di docce fatte. Il profumo dolce e roseo di Harry.
Mi strinse la mano e ci alzammo dal marciapiede, dove eravamo stati seduti per delle intere ore.
Il cortile della scuola era ancora recintato e molte persone continuavano a calcarsi. Non mollavano proprio.
Tra la folla intravidi una giacca bordeaux, contornata da tantissimi pois bianchi. Hope.
Dopo la nostra litigata, ignorai tutte le sue continue chiamate durante la notte. Ero troppo arrabbiata per tenere una conversazione con lei e per essere la ragazza matura che sono. Era capace solo di criticarmi. Non sapeva fare altro. Per fortuna me ne ero accorta appena in tempo.
Il suo viso si posò sul mio. All'inizio ero certa che mi sarebbe corsa incontro e mi avrebbe offerto le sue scuse, ma non fu così. Mi guardò con indifferenza e poi ritornò alla disperata ricerca di riuscire ha vedere qualcosa al di là delle transenne.
Quel suo gesto mi offese. Era arrabbiata anche lei e conoscendo bene queste situazioni, so per certo che passeranno giorni prima che una delle due riuscirà a scusarsi. Colpa del nostro stupidissimo orgoglio.
"Senti, io vado un attimo dai ragazzi. Devo parlare con loro. Tu resta qui. Quando torno voglio trovarti in questa stessa posizione, ok?" mi disse, indicando la postazioni in cui si trovavano quei quattro bastardi.
Adoravo la iper prottettività di Harry. Per tutta la vita nessuno si era mai interessato a me. Mio padre mi diceva di stare attenta solo quando li faceva comodo. Lui no. Lui lo faceva sempre e di questo ne ero infinitamente grata.
"Si, signor capitano" scherzai portandomi una mano sulla fronte in stile militare.
Prima di andarsene, mi lasciò un dolcissimo bacio sulla fronte e mi sussurrò un "ti amo" all'orecchio.
Io, ovviamente, non riuscii ha fermare l'innefrarabile istinto di sfoggiare un sorriso lumonoso e pieno di felicità. E tutto grazie a due semplici parole che mi avevano cambiato la vita pochi giorni prima.
I miei pensieri vennero interrotti dal rumore di un motore che eccheggiò nell'aria. Una Ferrari nera si era fermata di fianco al marciapiede davanti alla scuola.
Nessuno sembrò notarlo, ma io si. Quella macchina aveva qualcosa di familiare, forse un po' troppo.
Con uno scatto veloce, la portiera si aprì facendo intravedere due uomini in giacca e cravatta. Erano abbastanza alti e robusti. Portavano dei Ray Ban, anch'essi neri. Li avevo già visti. Su questo ne ero sicura. Ma dove?
"Non può essere..." sbottai incredula.
Erano gli uomini che avevano rapito mio padre quella sera. Ma che ci facevano qui?
Superarono la folla, dando forti spintoni a chi intralciava il percorso e si avvicinarono ad uno dei poliziotti.
Continuavano a sussurrare qualcosa, ma non capivo cosa. Ero sempre stata una frana a leggere il labiale. Cercai di raggiungerli, ma più mi muovevo e più quella folla mi schiacciava letteralmente.
Vidi solo uno di loro tirare fuori una banconota da cento sterline e vidi che la porse nella tasca dei pantaloni del poliziotto. Lo avevano corrotto. Ma per cosa? Forse per riuscire ad entrare senza permesso.
Dopo poco, i due uomini in giacca e cravatta si avviarono verso il retro della scuola. Avevo promesso ad Harry che sarei rimasta lì, ma non potevo non seguirli. C'era in gioco la vita di mio padre e io non mi sarei tirata indietro.
Lasciando un'occhiata ad Harry, gli inseguii senza farmi notare. Per fortuna erano più occupati ha fare casino che guardare me.
Gli uomini si sedettero su una panchina mal ridotta del retro dell'edificio.
"Controlla se è quello giusto" disse uno di loro, con voce fredda.
Solo in quel momento mi accorsi che tenevano fra le mani una busta marroncina. Come avevo fatto a non accorgermene prima?
"Si, è giusto" disse l'altro dopo aver controllato.
La sua mano si inoltrò all'interno della busta ed estrasse una specie di spada ricurva. Era molto lunga, lucente e il manico era decorato da strisce d'oro. Era l'oggetto più bello che io avessi mai visto.
"Il capo li piacerà molto. Era quello che voleva"
"Lo terrò io. Sono più affidabile di te"
"Cosa? No, il capo vuole che lo tenga io"
In un batter d'occhio i due uomini cominciarono una "furiosa" lite che li trattenne per un po'. Dalla mia postazione non riuscivo ha sentire praticamente niente. Cercai di avvicinarmi, ma involontariamente calpestai delle foglie secche che provocarono un piccolo rumore.
I due uomini si fermarono di colpo e si guardarono confusi.
"Hai sentito?"
"Si e tu?"
"Purtroppo si"
"Credi ci sia qualcuno?"
Stettero zitti per alcuni secondi. Io cercai di non muovermi così non si sarebbero accorti della mia presenza.
"Sarà stato solo uno scoiattolo" rassicurò il più alto fra loro.
"Comunque lo terrò io. Chi è stato ad uccidere quel bastardo del professor Riden? Sono stato io quello che ha compiuto i reati più disgustosi e proprio per questo il capo vuole che lo tenga io"
Allora erano stati loro ad uccidere il professore. Ma perchè lo avrebbero fatto? E chi era questo loro capo?
I miei pensieri furono interrotti dal cellulare che cominciò a suonare rumorosamente. Proprio in quel momento no.
Lo estrassi dalla tasca dei jeans e lessi il nome scritto su displey. Harry.
"C'è qualcuno qui. Prendi le piestole"
Dopo aver sentito quelle parole, la paura mi invase, costringendomi a fuggire goffamente. Infatti il tessuno dei jeans si impigliò in un rametto. Dovetti sforzare molto per liberarmi, ma questo mi procurò una ferita profonda alla gamba.
Uscii da quel posto e cercai di mischiarmi il più possibile tra la folla.
Vidi la figura alta di Harry, che non appena mi notò, mi venne incontro con un andatura furiosa. Che la predica avesse inizio.
"Dove cavolo ti eri cacciata? Ti ho cercato dappertutto. Perchè non sei rimasta nel posto che avevamo stabilito?"
La sua voce era roca e arrabbiata, come tutto il resto di lui.
"Ero andata solo ha prendermi una bottiglietta d'acqua. Avevo sete" mentii, abbassando lo sguardo.
"Non ti credo..."
"Come?"
"Mi stai mentendo. Dimmi la verità, Alice!" urlò ancora di più.
Ormai stavamo diventando un piccolo spettacolino agli occhi degli altri presenti.
"Te l'ho già detta. Sono solo andata a comprarmi da bere"
"Ah, davvero? Allora come ti sei fatta quella ferita alla gamba che per altro continua a sanguinare?" chiese indicandola.
Accidenti. Pensavo fosse una ferita superflua, ma per colpa sua stavo perdendo troppo sangue.
"Mi si è impigliato il tessuto dei pantaloni in un rametto" mentii un'altra volta.
"Smettila di mentirmi! Perchè lo stai facendo? Hanno cercato di picchiarti?"
"Ma che cavolo stai blaterando? Nessuno mi ha fatto del male!"
"Allora perchè non mi vuoi dire la verità? Meno male che la nostra relazione doveva essere fondata sulla fiducia e sincerità!"
E fu proprio in quel momento che persi il controllo di me stessa. Ormai la bomba era stata innescata e nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di fermarla.
"Senti chi parla di fiducia e di sincerità. È da quando ci siamo conosciuti che non hai mai provato ad essere sincero o ad avere fiducia in me. Sono stanca di questo. Sono stanca delle tue continue accuse. Non ti dirò mai cos'è successo proprio perchè tu hai fatto così con me tantissime volte. Ora è arrivato il mio turno"
Non disse nulla. Non reagiva in nessun modo e quello mi faceva impazzire ancora di più.
Gli lasciai un ultimo sguardo, per poi allontanarmi da lì.
"Dove stai andando?" gridò in lontananza.
"Dovunque. Il più lontano possibile da te"
***
La notte cominciò ha farsi sentire. I lampioni si accesero e diffondevano una luce fioca in quel piccolo parco, dove ero entrata ore prima.
Era completamente disabitato. Non si sentiva alcun rumore a parte alcune cicale che, con il loro suono, facevano rimbombare l'intero parco.
Non volevo vedere nessuno. Mi ero rifugiata lì proprio per quel motivo. Ero stanca di tutti e di tutto. Ma avrei avuto una vita normale? Quando non mi sarei più preocupata di qualcosa a parte me?
Il cellulare squillò circa venti volte in una sola mezzora. Tra Harry, Scott e mio padre non sapevo chi era peggio.
Fruscio.
Mi voltai di colpo.
Fruscio.
Non poteva essere. Un altro problema no. Ora basta.
Mi alzai di colpo dall'albero, dove ero precedentemente appoggiata.
Non ero sola. Non più.
Continua…