Alive || The 100

By iamintothestorms

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La sto revisionando, perciò se notate un modo "diverso" o migliore/peggiore di scrivere da un capitolo all'al... More

The beginning of everything
Hands
A new start
Waterfall
Mistery
Rain Purification
Hurt
Love triangle
Ultimatum
Charlotte
Atom
Rules
Unbiological Family
You didn't know
Kidnapping
Lincoln
Trip
Can I trust you?
Murphy
Illness
The Calm
The Final Battle
SURVIVORS

You make me crazy

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By iamintothestorms

Alexis si era svegliata di soprassalto quella notte, spaventando tutti i suoi compagni di tenda. Erano diversi giorni che non riusciva a dormire bene, probabilmente per lo stress provocatole dalla morte di Wells.

D'altronde i due avevano un buon rapporto e, essendo stata Alexis a ritrovare il cadavere due giorni fa, ne era rimasta a dir poco sconvolta. Sopratutto quella mattina si notavano perfettamente le occhiaie, che sovrastavano gli occhi verde smeraldo. Tuttavia lei continuava ad insistere di non avere nulla, nonostante, chiunque in quel campo, avesse capito quanto fosse stanca ed esausta, sia mentalmente che fisicamente.

Decise quindi d'inoltrarsi nel bosco, sgattaiolando fuori dal campo, in cerca di pace e serenità. Cercò anche di farsi vedere da meno gente possibile: non voleva essere disturbata da nessuno. Fu fermata inizialmente da Jasper e Monty, ma riuscì a toglierseli di torno con la promessa di tornare prima che facesse buio.

Si diresse quindi alla fonte d'acqua che aveva scoperto il primo giorno che erano arrivati sulla Terra: aveva bisogno di un bagno rilassante. Ormai erano giorni che non si sentiva parlare di terrestri, perciò non si curò nemmeno del fatto che potessero attaccarla: quel dannato bagno era più importante della sua stessa incolumità.

Si tolse i vestiti, rimanendo in intimo, e s'immerse completamente in acqua. Socchiuse gli occhi, mentre stringeva tra le mani la preziosa collana della madre. Il suo ciondolo era a forma di cuore, del medesimo colore dello zaffiro. Era un tesoro molto prezioso per la famiglia Campbell, tramandato di generazione in generazione. Da quanto sua madre raccontava, i suoi trisnonni sapevano lavorare bene questi metalli preziosi e avevano fabbricato questo gioiello unico, apposta per la loro famiglia.

Era come una specie di simbolo dei Campbell. Era il loro simbolo di forza, unico al mondo; tramandato di generazione in generazione, solitamente sempre alla figlia femmina. Quello era quindi il solo ricordo materiale che possedeva di sua madre ed era anche l'unico oggetto che, solitamente, riusciva a donarle forza, speranza e al contempo calma.
Ma in quel momento, non funzionò granché.

Se avesse trovato il codardo che aveva ucciso Wells, gliel'avrebbe fatta pagare cara. Si chiedeva il motivo per cui fosse capitato proprio a lui e non magari a Murphy, la persona più disonesta e spregevole che aveva incontrato in quel campo.
Solo i buoni ci rimettevano, era una vita ingiusta. Come anche sua madre, che era leale e gentile con tutti, ma fu tradita dallo stesso uomo con cui aveva deciso di passare il resto della sua vita. Ecco spiegato il motivo per cui si era promessa di non cascare mai nell'inganno dell'amore e di non fidarsi di nessuno, a parte che di se stessa.
L'amore era una debolezza per lei, come lo era la fiducia. Dovevi contare solo su di te, perché gli altri prima o poi avrebbero sempre preferito loro stessi. Gli essere umani sono tutti così: lottano da sempre per la proprio auto sopravvivenza, non per quella degli altri.

«Alex, io vado. Ci vediamo stasera, cerca di non fare tardi.» Marcus tentò, per la milionesima volta, di lasciare un dolce dolce bacio sul capo della figlia, ma questa si scansò come sempre.

«Non toccarmi.» ringhiò.

«Ne abbiamo già parlato, Alex... mi dispiace per ciò che ho fatto, ti ho già spiegato come è andata un milione di volte almeno...» sospirò Marcus, guardando sofferente la figlia. Quella però non si degnò nemmeno di voltare lo sguardo verso il padre, prendendo a camminare in direzione della sua stanza.

«Si vede che non bastano.» dichiarò fredda.

«Alexis! Ti prego non fare così.. Te l'ho spiegato mille volte perché ho dovuto farlo! Io non ho mai voluto che la donna che amavo morisse! Io ti voglio bene Alex.. non voglio perderti.» controbatté quindi l'uomo, ormai disperato.

Alexis si fermò di colpo, voltandosi verso di lui: aveva gli occhi lucidi, con un sorriso nervoso sulle labbra. «Non vuoi perdermi, eh? — nel mentre che parlava, si avvicinò maggiormente al padre — Però intanto hai fatto uccidere mia madre... la donna che amavi. Lei è morta e non tornerà. Mi hai tolto mia madre, papà.»

Marcus abbassò di colpo lo sguardo, colpito profondamente dalle parole della figlia.

«Non pensare che io ti compatisca, che io ti perdoni. Non importa per quale ragione tu l'abbia fatto.. che tu l'abbia anche fatto per "salvarmi", come dici sempre, non importa. Mia madre non c'è più. E questo fatto non cambierà.»

«Io.. Alex.. io amavo tua madre. E l'amo tutt'ora. Come amo te. Sei la persona più importante per me, darei la vita pur di vederti felice. Io non ho mai voluto che la mamma morisse. È stata una sua scelta.. io ho provato a fermarla ma..» cercò di difendersi Marcus, ma invano.

«Ma è morta.» disse quelle tre parole con così tanto disprezzo e dolore, che divennero gli occhi lucidi persino a Marcus.

Alexis cacciò indietro le lacrime che stavano per uscire, recandosi a passo svelto nella sua stanza. Marcus la guardò andarsene, mentre cercava di trattenere anche lui le lacrime.

La sua amata figlia si stava allontanando, ogni giorno di più. E lui non poteva fare nulla per evitarlo. Sapeva che sarebbe successo, ma non sapeva avrebbe fatto così male.

***

Entrata in camera sua, la ragazzina andò subito verso la scrivania e aprì di scatto un preciso cassetto. Non appena trovò ciò che voleva, si buttò sul letto. Si asciugò velocemente quelle poche lacrime che non era riuscita a trattenere, per poi aprire il piccolo quaderno. Era pieno di disegni fatti da sua madre e miti trascritti sempre dalla madre: era un qualcosa di speciale per lei.

Si perse in poco tra i mille ricordi che avvolgevano quell'oggetto, fin troppo significativo per lei. Sfogliò le pagine fino ad arrivare ad una in particolare, che era tagliata nel suo mezzo a forma di quadrato, abbastanza profonda da poter nascondere una collana.

Quel girocollo era rimasto lì da quando sua madre era morta, nascosto appunto da lei stessa. Stava per estrarre la preziosa collana dal suo nascondiglio, quando bussarono alla porta. Di corsa, prese l'oggetto e lo nascose in tasca, mentre buttava il quaderno sul letto. Sentì anche delle voci, che chiamavano imperterrite il suo nome. Non fu difficile riconoscerle: erano quelle di Monty e Jasper.

Andò frettolosamente ad aprirgli, facendoli entrare. «Come sta la nostra cara sorellina?» disse Jasper, andando a scompigliarle i capelli.

Alexis sbuffò, esasperata da quel nomignolo.
Andò poi a sedersi sul divano, insieme agli altri. «Come mai quel muso lungo?» chiese Monty, notando lo sguardo perso di Alexis.

Lei non rispose, emettendo solo un lieve sospiro. I due avevano capito che era probabilmente colpa del padre, ma vollero prenderla sul ridere.

«Okay okay indoviniamo.» annuì Jasper.

Entrambi si portarono le mani sotto al mento, facendo finta di riflettere. Già con quel piccolo gesto, la ragazza li guardava con un mezzo sorriso.

«Ti sei fumata un po' di ganja?» propose Jasper. Ma Alexis scosse la testa, ridendo.

«Orsù, Jas, lei non è mica una fattona come noi.» esordì Monty.

«Giusto giusto..»

Un'altra risata scappò dalle labbra di Alexis, seguita da quelle dei due ragazzi. Poi tornarono improvvisamente seri e, dopo qualche altro minuto di riflessione, Jasper alzò di scatto il capo, come se un lampo gli avesse attraversato la mente, scambiandosi uno sguardo con Monty, il quale aveva avuto la medesima illuminazione: i due stavano quasi per dimenticarsi, che non erano venuti lì per delle semplici chiacchiere, ma per mostrarle qualcosa. «Dobbiamo portarti in un posto.» sorrise Monty.

«Eh? Che posto?» chiese confusa Alexis.

I due si lanciarono un'altra occhiata, sorridendo maliziosamente. «Lo scoprirai.» risposero in coro. Lei ancora li guardava spaesata, mentre i due la trascinavano al di fuori dell'appartamento.

Ma i suoi preziosi ricordi furono tutt'un tratto interrotti da un fruscio, proveniente dal limitare del bosco.

«Sai che hai molti punti deboli in questo preciso momento?» la ragazza voltò di scatto lo sguardo e notò che Bellamy si stava avvicinando a lei. Anche se solo per una frazione di secondo, aveva temuto che fosse un terrestre.

Lei scrollò lo spalle, indifferente, rimanendo in acqua. «Non mi interessa.» sbottò.

Lui rise, per poi spogliarsi e buttarsi in acqua. Era fredda come sempre, ma lui sarebbe riuscito a sciogliere quel ghiaccio.

«Nessuno ti ha detto che potevi farlo.» Alexis assottigliò lo sguardo, infastidita dalla presenza di Bellamy. Quest'ultimo ammiccò ad un sorriso divertito, mentre si godeva quella così meritata rinfrescata, non ascoltando minimamente le parole della ragazza.

«Grazie dell'atten..» ma proprio nel momento in cui stava per protestare nuovamente, Bellamy sparì sott'acqua.

Il panico l'assalì: cosa diavolo gli era successo? Non è che c'era una qualche specie di creatura che l'aveva inghiottito o qualcosa del genere?

Si guardò svariate volte in giro, ma l'acqua non le permetteva di vedere molto di ciò che stava sotto. Lo chiamò quindi più volte, anche insultandolo, ma lui la colse completamente alla sprovvista: spuntò improvvisamente sotto di lei e la tirò fuori dall'acqua, tenendola sulle proprie spalle.

La ragazza tirò un sospiro di sollievo, rincuorata dal fatto che Bellamy le avesse semplicemente fatto uno scherzo.

«E dai Alexis! Vivi la vita! Togliti quello stress che ultimamente ti distrugge!» Bellamy aveva il sorriso stampato in volto, cercando in tutti i modi di strappare anche alla solita severa e insensibile Alexis, uno di quei sorrisi.

Iniziò a schizzarle addosso delll'acqua, facendo battute alquanto stupide, e quella non poté far altro se non scoppiare a ridere insieme a lui.

«Sei un imbecille, Bellamy Blake.» confessò infine lei, ma Bellamy non ci badò: accennò ad un sorriso, continuando a divertirsi nell'acqua, senza curarsi minimamente dei pericoli che potevano presentarglisi davanti. L'unica cosa a cui pensavano era divertirsi.

Fu l'unico momento in cui Alexis riuscì veramente a liberare la mente dai soliti pensieri negativi, che ultimamente la tormentavano. Anche per Bellamy fu come una sorta di liberazione: tenere a bada tutta quella gente era stancante, nonostante fosse stato proprio lui a farsi nominare leader.

Passarono qualche ora a ridere e scherzare, quando Alexis notò che si era fatto abbastanza tardi. «Torniamo all'accampamento, qualcuno magari si sta preoccupando di che fine abbiamo fatto...» ammise in tono serio, ma Bellamy scosse la testa: la prese per i fianchi e l'attirò a sé.

«Non ti sei ancora liberata del tuo peso, lasciati andare. Abbiamo riso e scherzato, ma ancora tu hai un macigno dentro. Lo vedo, lo sento. Sfogati di tutto ciò che ti turba. Nessuno qua ti giudicherà.» Bellamy cercava di andare sul sentimentale, ma non avrebbe fregato tanto facilmente Alexis.

I due si fissarono negli occhi per dei minuti interminabili, tanto che Alexis stava seriamente per cedere e confessargli tutto: di suo padre, di ciò che aveva fatto sull'Arca, della morte di sua madre, di tutto ciò che la stressava ultimamente o costantemente.

Stava per raccontargli tutto, quando un lampo le attraversò la mente: mai fidarsi di nessuno. Doveva cavarsela da sola. Bellamy non lo stava facendo perché lo voleva, ma perché voleva qualcos'altro.

Neanche lei stessa si spiegò il motivo per cui, anche se solo per una frazione di secondo, aveva pensato davvero di dirgli tutto ciò che la affliggeva. Forse erano i suoi occhi così incantevoli, forse era il suo tono così sincero. Non lo sapeva. Ma sapeva bene che lei non era una di quelle ragazze che Bellamy conquistava quotidianamente. Non aveva idea del motivo per cui Bellamy fosse venuto proprio lì e nemmeno sapeva com'era riuscito a capire che ancora qualcosa la turbava.

Tuttavia una cosa la sapeva bene: non si sarebbe lasciata ingannare dal suo charme da donnaiolo.

Mai si sarebbe fidata di uno come lui.

Gli eventi successi nella grotta con Charlotte saranno stati solo un caso. S'impose lei, non volendo fidarsi di nessuno, non volendo lasciarsi trasportare da nessun sentimento.

«Non sono affari tuoi, Bellamy.» si liberò freddamente dalla presa dell'altro e uscì dall'acqua. Ma Bellamy aveva colto l'esitazione di Alexis nel confessare tutto, pochi minuti prima: non l'avrebbe lasciata andare così facilmente.

«Alexis aspetta!» le corse dietro, ma lei già si era rivestita e stava per tornarsene all'accampamento. A quel punto si rivestì anche lui, il più in fretta possibile e, non appena riuscì a raggiungerla, la prese istintivamente per il polso.

Lei non si voltò, dandogli la schiena.

«Lasciami.» il suo tono era stranamente calmo, ma si vedeva che celava un velo di rabbia sotto sotto.

«No.» ribatté prontamente Bellamy, sicuro di ciò che stava facendo e dicendo.

«Ho detto di lasciarmi, Bellamy.» ringhiò di nuovo lei, stavolta più furiosa.

«E io ho detto che non lo farò.» rispose ancora lui, sempre con più convinzione e stavolta anche un po' di strafottenza.

Lei sbuffò sonoramente, roteando gli occhi. «Ti ricordo che io non sono una delle tue puttanelle. Perciò vaffanculo, Bellamy Blake.» detto questo, con un pesante strattone si liberò dalla presa di Bellamy e riprese il suo cammino verso il campo.

Un senso di rabbia e irritazione verso quella dannata freddezza, che tanto caratterizzava la ragazza, pervase completamente tutto il corpo di Bellamy. Non le corse più dietro, rimase fermo ad osservarla andarsene. Ogni suo muscolo gli imponeva di non seguirla.

«Vaffanculo anche a te Alexis! Vaffanculo alla tua dannata insensibilità! Vaffanculo alla tua diffidenza! La prossima volta ti lascerò nel tuo stress, da sola. Non ti disturberò più, fottutissima regina dei ghiacci.» urlò lui.

Ma lei non si girò nemmeno, gli fece semplicemente un brutto gesto e se ne tornò al campo. Bellamy ebbe la tentazione di seguirla, di fermarla nuovamente e di ritirare tutto ciò che aveva appena detto, ma il suo cervello, la sua ragione, gli imponevano di rimanere dov'era. Lo stava facendo impazzire, quella ragazza.
***

Tornata al campo, Alexis fu quasi immediatamente convocata nella tenda di Bellamy. All'interno di essa vi trovò Octavia e Jasper. Dissero che dovevano aspettare anche Bellamy. Al sentire quel nome, la rabbia ribollì in Alexis.

Aspettarono ancora qualche minuto e finalmente Bellamy li degnò della sua presenza. Sia Jasper che Octavia notarono che, entrambi i ragazzi, avevano capelli e vestiti bagnati e si rivolsero quindi uno sguardo confuso. I loro pensieri coincidevano: quei due gli stavano nascondendo qualcosa. Decisero comunque di non darci peso al momento, portando l'attenzione di tutti sul motivo per cui li avevano convocati.

«Io e Jasper.. abbiamo trovato questo coltello.» Octavia mostrò di conseguenza l'arma, poggiandola su di un tavolino. «Vicino a delle dita mozzate... Quelle dita erano di Wells.»

Alexis e Bellamy si rivolsero uno sguardo, esterrefatti: non erano stati i terrestri ad uccidere Wells, ma qualcuno di loro.

Ne parlarono anche a Clarke e giunsero tutti alla medesima conclusione: stavolta, non erano stati i terrestri ad ucciderlo.

«C'è un assassino tra di noi.» Alexis sembrò turbata dal tono alquanto disgustato con cui Clarke pronunciava la parola assassino ed entrambi i fratelli Blake lo notarono, ma non gli diedero importanza. Non era quello il problema da affrontare ora.

«Ce ne sono più di uno, tra di noi.» ammise Bellamy, sospirando. «Non è sicuramente una novità.»

«Per ora però, sarebbe meglio non dirlo, almeno finché non avremmo capito chi è il colpevole.» dichiarò ragionevolmente Alexis, più seria che mai.

Ma proprio nel mentre che la ragazza pronunciava quelle parole, un lampo attraversò la mente di Clarke e questa si diresse all'entrata della tenda, con una furia omicida negli occhi: sembrava che la morte di Wells la stesse facendo impazzire.

Bellamy provò a fermarla, ma invano. «Clarke ferma! Usa la testa! Guarda cosa abbiamo raggiunto fin ora.. il muro, le ronde!»

«Togliti!» ringhiò Clarke.

«Che ti piaccia o meno, far credere che Wells sia stato ucciso per mano dei terrestri, è un bene per tutti noi!» ammise lui.

«Vuoi dire un bene per te! Tieni le persone nella paura, cosicché lavoreranno per te. È così che funziona?» i suoi occhi erano pieni di furia e ira.

«Si, è così che funziona.» ma Bellamy non si lasciò spaventare e la fronteggiò al meglio. «Ma è un bene per tutti, alla fine. La paura per i terrestri ha costruito quel muro, la paura per i terrestri ha fatto si che le ronde fossero ben organizzate! E poi, cosa vuoi fare? Andare lì fuori e chiedere che il killer si faccia avanti? Non sai nemmeno di chi sia il coltello. E nessuno confesserebbe, sapendo cosa potrebbe aspettarlo.»

«Ah si?» Clarke mostrò il manico del coltello, su cui erano incise due lettere: J.M. Alla vista di quelle lettere, Alexis non si sorprese più di tanto: Murphy aveva già alluso alla morte di Wells, pubblicamente per giunta. L'unica cosa che la stupiva era che il ragazzo l'avesse veramente ucciso, non pensava fosse così coraggioso.

«La gente ha diritto di sapere!» esclamò lei. E dopo aver saputo chi era l'assassino, anche Alexis aveva le medesime intenzioni di Clarke. Tuttavia continuò ad osservare la scena muta.

Pensò che forse, per ora, era meglio tenere quelle informazioni per sé, magari qualcuno potrebbe averglielo rubato o qualcosa del genere, anche se Alexis dubitava molto di questo. Ma la possibilità c'era comunque.

In ogni caso, Alexis desiderava vendetta esattamente come Clarke e non si oppose alle azioni di quest'ultima. Nuovamente Bellamy invece cercò di far ragionare Clarke, tuttavia questa lo scansò bruscamente e uscì dalla tenda in men che non si dica.

Tutti la seguirono al di fuori, preoccupati da ciò che potrebbe provare a fare e da ciò che di conseguenza potrebbe scatenarsi.

«Sei un lurido bastardo!» Clarke raggiunse in poco Murphy, di fronte a tutti.

«Ma che problemi hai?» le ringhiò lui.

«Lo riconosci?!» gli sbatté il coltello in faccia e Murphy sembrò alquanto confuso.

«Il mio coltello... dove l'hai trovato?» il ragazzo stava per riprendersi il proprio coltello, ma Clarke lo ritrasse di colpo.

«Dove lo hai lasciato, dopo aver ucciso Wells!» Murphy sembrava sorpreso, sembrava che non ne sapesse nulla a riguardo, come se non fosse stato lui ad ucciderlo. Tuttavia le prove erano più che schiaccianti e anche quella sua finta sorpresa non poteva reggere di fronte all'evidenza.

«Ma che stai dicendo! I terrestri hanno ucciso Wells!» provò a difendersi lui, ma invano.

«So quello che hai fatto.. e pagherai.» il tono di Clarke era pieno di disprezzo e disgusto, tanto che stava sorprendendo chiunque si trovasse nei paraggi. Mai avevano visto Clarke inviperita in quel modo. Ciò che stava dicendo doveva essere per forza vero.

«Davvero?» Murphy non sembrava tanto turbato, come se davvero non avesse fatto nulla, ma non si accorse che la folla stava prendendo a scaldarsi: c'erano tutte le prove che dicevano che era lui il colpevole e iniziavano a pretendere vendetta.

«Bellamy, credi davvero a queste stronzate?» Murphy tentò di rifugiarsi nell'amico, ma questo non rispose. Le prove erano inconfutabili. E Bellamy non poteva fare nulla per aiutarlo. Avrebbe messo a rischio il suo ruolo di leader.

«Tu hai minacciato di uccidere Wells! Ti abbiamo sentito tutti! Tu odiavi Wells!» Clarke alzò la voce, così che tutta la folla potesse sentirla e confermare le sue parole.

«Un sacco di gente odiava Wells! Era il figlio del cancelliere, l'uomo che ci ha rinchiusi!» provò a difendersi lui.

«Ma tu sei l'unico ad aver combattuto con lui con un coltello!» ribatté Clarke con decisione.

«Si e nemmeno quella volta l'ho ucciso!»

Ma, sfortunatamente per Murphy, era troppo tardi: la folla ormai lo vedeva come il colpevole della morte di Wells.

«Ha cercato di uccidere anche Jasper!» fu Octavia ad urlare, facendo scaldare ancora di più la folla.

«Andiamo, è ridicolo!» Murphy provò a ridere, tuttavia il nervosismo prese il sopravvento. «Io non devo rispondere a te! Non devo rispondere a nessuno!» voltò lo sguardo verso Bellamy, cercando nuovamente protezione in lui: era a dir poco disperato. «Bellamy, ascoltami. Non sono stato io! Te lo giuro!» ma Bellamy, ora più di prima, non poteva fare nulla per aiutarlo.

«Hanno trovato le sue dita a terra, vicino al tuo pugnale..» rispose Bellamy, tuttavia si notava che il suo tono era più che affranto.

«È questa la società che volete? Dite che non ci sono regole, questo vale a dire che ci possiamo anche uccidere a vicenda, senza alcuna punizione?» Clarke si rivolse nuovamente alla folla, cercando di ottenere la vendetta tanto desiderata. La folla confermò con entusiasmo le parole di Clarke.

«Ho già detto che non sono stato io!» tentò di difendersi, ma tutti i suoi tentativi erano inutili: semplici sprechi di fiato.

«Io dico di appenderlo!» fu di nuovo Octavia a parlare.

Alexis spalancò gli occhi: da dove le era saltata in mente una cosa del genere? Era ovvio che anche lei desiderava vendetta, ma non in quel modo. 

Purtroppo, urla di approvazione si alzarono dalla folla in men che non si dica. Clarke si guardò in giro, terrorizzata: nemmeno lei desiderava vendetta in quel modo, ma non aveva capito che i suoi impulsivi discorsi le si erano ritorti contro.

Clarke era brava ad animare le folle, ma se non guidava i suoi discorsi con intelligenza, calma e sanità di mente, questi sarebbero stati buoni solamente a creare caos e scompiglio, e di conseguenza a ritorcersi contro di lei. Il carisma era un'ottima qualità per essere leader, ma bisognava usarlo nel modo giusto.

«Non è quello che sto dicendo!» esclamò quindi Clarke.

«Perché no? Se lo merita, è giutizia!» ora era Octavia che stava prendendo il controllo sulla folla. Il discorso di Clarke le era servito come spunto, ora ci avrebbe pensato lei ad attuare la sua tanto sperata vendetta su Murphy, che aveva tentato di uccidere anche il suo prezioso amico Jasper.

«La vendetta non è giustizia, razza di imbecilli!» urlò tutt'un tratto Alexis, cercando di far capire alla folla cos'era veramente giusto da fare. Certo, anche lei avrebbe voluto uccidere Murphy, ma chi gliene dava il diritto?

Nessuno comunque ascoltava né Clarke né Alexis. «Invece è giustizia! Appendetelo!» urlò Octavia.

E ormai la folla aveva solo un'idea in testa: impiccare John Murphy. Tutti i tentativi di Clarke e Alexis di smuoverli da quei pensieri erano vani.

«Octavia smettila!» esordì Alexis, tuttavia ormai la folla si era ammassata su Murphy, iniziando a picchiarlo e portandolo nel luogo in cui l'avrebbero presto impiccato.

«Lasciatelo! Questo non è il modo giusto di vendicarsi!» Clarke voltò lo sguardo verso Bellamy, cercando in lui un qualche specie di consenso.

Ma lui era come congelato: non muoveva un muscolo e la sua espressione era impassibile. «Bellamy cavolo! tu puoi fermarli! Loro ti ascolteranno!» Clarke nuovamente tentò di convincere Bellamy a fermarli, ma inutilmente: lui era troppo arrabbiato con lei. Se l'avesse ascoltato prima, ora non sarebbero in quel casino.

«Bellamy! Clarke ha ragione!» Alexis si avvicinò al ragazzo, tentando di guardarlo negli occhi.

«È lei che ha iniziato tutto questo. Se solo mi avesse ascoltato..» sussurrò Bellamy, lo sguardo dritto avanti a sé.

«Lo so, Bellamy. È colpa sua, ma tu puoi rimediare a tutto questo! Loro ti ascoltano, se tu gli dici di fermarsi, lo faranno.»

Bellamy rimase nuovamente impassibile. Alla fine, era arrabbiato anche con Alexis e non solo per ciò che era successo al laghetto.

«Se anche tu avessi provato a fermarla, forse ora non saremmo in questo casino. Ma tu ti fai sempre, beatamente, gli affaracci tuoi.» le ricordò Bellamy freddamente.

Alexis rimase spiazzata. La colpa di ciò che stava succedendo era in parte sua e non se n'era minimamente resa conto. E dopo ciò, Alexis non ebbe più il coraggio di dire nulla, rimanendo in disparte.

«Bellamy dovresti farlo tu!» gridò Connor, uno dei giovani che aveva predisposto il luogo dell'imminente impiccagione. La folla prese a gridare il nome del ragazzo con entusiasmo, volevano fosse lui ad essere il loro eroe, come era il loro leader. Gridavano il suo nome, sempre più forte.

«Ti ho visto nella foresta con Atom! Tu non sei un killer!» Clarke provava a sovrastare le voci e a raggiungere Bellamy, ma questo rimaneva sempre saldo e imperturbabile.

Si diresse quindi verso l'albero, silenziosamente: ormai non poteva fare altro se non uccidere il povero Murphy. Non avrebbe voluto farlo, glielo si leggeva negli occhi, ma era costretto.

Clarke provò a fermarlo, ma lui si liberò con un burbero strattone. «È colpa tua, principessa. Avresti dovuto tenere la tua boccaccia chiusa.»

Alexis osservò la scena muta, inorridita da ciò che poteva essere capace una folla di giovani, scatenata da delle semplici parole. Bellamy calciò la scatola che si trovava sotto ai piedi di Murphy, mentre questo gli implorava pietà.

Alexis era allibita e terrorizzata da quella scena: anche lei voleva vendetta, ma non in quel modo, fin troppo impulsivo. John Murphy avrebbe potuto valere anche meno di zero ed essere una persona spregevole, ma nessuno di loro aveva il diritto di decidere per la sua vita o la sua morte. Nessuno dovrebbe avere il diritto di decidere la morte di qualcun'altro.

Nel frattempo Charlotte si era avvicinata ad Alexis, il viso pieno d'orrore. Le prese la mano un'ultima volta, rivolgendole uno sguardo affranto; subito dopo si fece strada tra la folla.

«Fermatevi! Non è stato Murphy ad uccidere Wells! Sono stata io..!» nei pochi millesimi di secondo che seguirono quelle sconvolgenti parole, chiunque sembrò essere congelato.

Clarke approfittò di quei secondi per accorrere all'albero e tirare giù Murphy. E ora, quello stesso ragazzo che fino a poco prima pendeva da un cappio, stava fissando la bambina con furia omicida.

Merda. Questo qua finisce che la uccide in meno di un secondo. Pensò Alexis, andando a prendere d'istinto in spalle la bambina — a mó di sacco di patate — , correndo via seguita subito da Bellamy.

«Portiamola nella mia tenda! Veloce!» dichiarò Bellamy, scambiandosi uno sguardo d'intesa con Alexis. La situazione iniziava a mettersi molto male.

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