Alive || The 100

Od iamintothestorms

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La sto revisionando, perciò se notate un modo "diverso" o migliore/peggiore di scrivere da un capitolo all'al... Více

Hands
A new start
Waterfall
Mistery
Rain Purification
Hurt
Love triangle
Ultimatum
Charlotte
Atom
You make me crazy
Rules
Unbiological Family
You didn't know
Kidnapping
Lincoln
Trip
Can I trust you?
Murphy
Illness
The Calm
The Final Battle
SURVIVORS

The beginning of everything

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Od iamintothestorms

[La sto revisionando, perciò se notate un modo "diverso" o migliore/peggiore di scrivere da un capitolo all'altro è per quello. Buona lettura❤️ ]

Le celle dell'Arca erano talmente inospitali per i giovani ragazzi, imprigionati al loro interno, che era a dir poco straziante viverci. L'unica visuale che avevi dell'esterno era da un piccolo oblò, tuttavia potevi semplicemente vedere qualche cella di fronte alla tua e la gente che passava nel corridoio, nulla di più.

Nella maggior parte delle celle non avevi nemmeno una vista sullo spazio, cosa che per molti di loro sarebbe stata come una specie di consolazione: avrebbero almeno potuto vedere il luogo dove nascevano, vivevano e crescevano.

Alexis era infatti sempre più tormentata dalla sua convivenza in quella prigione, anche se sapeva di esserselo meritato; era una criminale e si vergognava di ciò che aveva fatto, nonostante le sue ragioni fossero tutt'altro che maligne. Sapeva anche che la sua punizione era giusta per il reato da lei commesso, ma aveva una voglia matta di uscire da lì dentro.
Stava quasi per impazzire.

Peccato che avesse fatto degli errori fatali e che non avrebbe mai potuto tornare indietro per rimediarli. L'unica sua consolazione era che, tra un anno, avrebbe compiuto i diciotto anni e l'avrebbero quindi sottoposta al processo; ovviamente non l'avrebbero perdonata — in realtà, non si sarebbe perdonata nemmeno lei —, quindi l'avrebbero giustiziata a morte, secondo le leggi dell'Arca, e sarebbe finalmente potuta essere libera. Libera da quella straziante vita che la teneva rinchiusa in un'orribile e angusta cella.

Tutt'un tratto la porta scorrevole si aprì e all'interno della stanza vi entrò un uomo sulla quarantina, dai capelli ondulati e mori, e gli occhi marrone chiaro.

Alexis gli diede solo un accenno di sguardo, continuando a giocherellare con una pallina da tennis. L'uomo tirò un pesante sospiro, tentando di nascondere la sua seccatura per il solito disinteresse nei suoi confronti; proprio per questo, le sfilò semplicemente la pallina dalle mani e subito dopo fece cenno ad un ragazzo di entrare. Quest'ultimo aveva la carnagione olivastra, mentre i capelli erano neri e gli occhi altrettanto scuri. Avrà avuto più o meno trent'anni o qualcosa di meno.

Alexis ridusse gli occhi a due fessure, mentre guardava l'uomo con astio, avendola privata del suo prezioso gioco; poi volse lo sguardo sul ragazzo appena entrato.

«Se non vi dispiace stavo beatamente facendomi gli affari miei.» ringhiò lei.

I due uomini si lanciarono uno sguardo di rammarico, aspettandosi entrambi quella reazione da parte di Alexis, soprattutto l'uomo. Il ragazzo più giovane si avvicinò a lei, sedendosi su di uno sgabello, posto vicino al letto della carcerata.

«Posso?» indicò con lo sguardo il braccio di Alexis, che subito gli rivolse uno sguardo confuso.

«Perché? Cosa vuoi fare, Eric?» chiese lei, alquanto preoccupata per la sua stessa incolumità.

Non sapeva se fidarsi del ragazzo, nonostante i due si conoscessero fin da quando lei era una bambina di appena un anno. In quel momento era troppo frettoloso nel fare e i suoi occhi traboccavano di ansia, mista a preoccupazione: c'era sicuramente qualcosa sotto e lei avrebbe scoperto cosa, a qualsiasi costo.

«Fidati di me, non ti accadrà nulla. Non ti farei mai del male Alex, lo sai benissimo.» cercò di convincerla Eric, anche se l'altra continuava ad essere titubante sul da farsi.

Alexis gettò poi uno sguardo sull'uomo che, con autoritario silenzio, stava osservando la scena. Il suo sguardo era severo, imperturbabile e non lasciava trasparire alcuna emozione. La ragazza non riusciva quindi a capire nulla di quello che stava accadendo, sembrandole solo tutto troppo strano e affrettato.

Tuttavia, si fidava ciecamente di Eric, sapeva che non le avrebbe mai fatto del male, anche se in quel momento mille dubbi le affollavano la mente. In ogni caso, decise di affidarsi al suo istinto e quindi di fidarsi ancora anche questa volta, nonostante tutto le sembrasse così sospetto e insolito.

Gli porse il braccio con un po' di incertezza e chiuse gli occhi, non volendo sapere cosa gli stesse per fare.
Il dottor Jackson le prese il braccio, tastandoglielo in cerca della vena. Non appena la trovò, la sua stretta si fece più forte, e a quel punto Alexis si sentì pungere il polso come da mille sottilissimi aghi.

«Fatto.» Il tono del giovane medico era molto calmo, cercando così di trasmettere anche alla ragazza un po' di serenità e tranquillità. Alexis aprì di scatto gli occhi e il suo sguardo andò subito a posarsi sul suo polso, che era fasciato da un bracciale metallico.

«Che diavoleria è?» chiese, non riuscendo a comprendere il motivo di quello strano oggetto e di tutto quel silenzio che si era creato dopo la "puntura".

«È un transponder di parametri vitali.» finalmente Eric si decise a parlare. «Serve a monitorare la respirazione e la composizione del sangue e a raccogliere tutta una serie di informazioni utili.» aveva un tono discretamente calmo, che riusciva a celare la sua infinita preoccupazione. Alexis non sapeva cos'altro dire, ancora non riusciva a capire il motivo di tutto questo, ma presto sarebbe riuscita a comprenderlo. Vedendo la confusione balenare nei suoi occhi, l'uomo si scambiò qualche parola col medico, che poco dopo uscì dalla stanza, rivolgendo però prima un sorriso alla ragazza, la quale ricambiò gentilmente. Erano mesi che qualcuno non le sorrideva.

Ma quando rimasero da soli lei e l'uomo, si iniziò a respirare un clima di ostilità.

«A chi servono queste informazioni? E perché mi avete messo questo bracciale? Cosa diavolo sta succedendo?» subito Alexis tempestò di domande l'uomo, il quale prese un bel respiro prima di rispondere.

«Potresti intuirlo, dato che hai letto i miei documenti qualche anno fa.»

Lei voltò di scatto lo sguardo: come ne era venuto a conoscenza? Pensava che non se ne fosse mai accorto, pensava di non aver lasciato alcuna traccia in quella stanza, dopo essersene andata; ma a quanto pare si sbagliava, aveva fatto qualche errore e ora l'uomo era al corrente della sua violazione. Odiava però ammettere i suoi sbagli, dal tanto che era orgogliosa e avrebbe negato tutto anche di fronte all'evidenza, cosa che l'uomo sapeva molto bene. Tuttavia stavolta aveva i polsi legati: lui l'aveva colta in flagrante e lei non aveva niente con cui difendersi. La colpa era stata tutta sua e lei ne era consapevole, fin troppo.

Alexis aveva tredici anni quando scoprì l'amara verità, che il Consiglio nascondeva a tutti i cittadini dell'Arca.

«Ci vediamo stasera, Alex.»

Il padre provò a lasciare un dolce bacio sui morbidi e setosi capelli della figlia, ma quella si ritrasse freddamente come ogni volta.

Ormai era sempre così: da quando era morta la madre, la ragazzina aveva attribuito la colpa al padre e a quest'ultimo rivolgeva la parola solamente quando era strettamente necessario. Padre e figlia erano come due calamite uguali, accumunate solamente dal dolore verso la morte di chi amavano.

Si deve dire che erano però passati anni dalla morte della donna e l'uomo aveva sempre provato a spiegare alla figlia il motivo per cui aveva agito in un determinato modo, ma i suoi tentativi di riconciliazione erano ogni volta vani; la figlia si allontanava ogni giorno di più dal padre e non appena avrebbe potuto, si sarebbe allontanata anche fisicamente, e lui non poteva fare ormai nulla per cambiare questo inevitabile evento.

Lasciò quindi l'appartamento con amarezza, mentre lei prese a giocare col suo nuovissimo tablet. Lui la viziava in qualsiasi modo, cercando perdono, ma non era il modo giusto per ottenere perdono, sopratutto da una ragazzina così in gamba come sua figlia: avrebbe potuto regalargli qualsiasi cosa, ma non avrebbe mai riportato indietro sua madre. Ci voleva qualcosa di più, oltre che i regali. I regali possono darti una felicità momentanea, ma dopo un po' finiscono anche quelli, mentre una madre ti può dare una felicità che potrebbe sfiorare persino l'eternità.

Dopo qualche ora che giocava al tablet, prese ad annoiarsi e decise quindi di girovagare per l'appartamento. Le piaceva scovare luoghi in quella grande abitazione, di cui nemmeno lei era a conoscenza.

Tuttavia, la stanza che quel giorno più la attrasse fu lo studio del padre, nonostante lo conoscesse già. Il fatto era che vi entrava di rado, dato che il padre glielo vietava categoricamente. Aveva anche inserito una password per poterci entrare.

Ma lei ne era sempre stata incuriosita e quella era forse l'unica occasione in cui avrebbe potuto frugare nelle cose di suo padre: l'uomo era sempre così misterioso riguardo al suo lavoro e alla sua intimità. Alexis sapeva che era sbagliato farlo, ma la sua curiosità prevalse sul resto.

Si avvicinò all'entrata dello studio e provò diverse password. Di solito il padre usava dei nomi di persone a cui teneva molto per le sue password, perciò, come primo tentativo, provò ad inserire Vera. Era il nome di sua nonna e sapeva che, nonostante lui sostenesse che fosse una pazza, la amava.
Ma era sbagliata.

Allora, si prese un attimo per pensare ad una possibile password, non volendo rischiare di sbagliare nuovamente per la troppa fretta.

Ad un tratto un lampo le attraversò la mente: Sarah. Era il nome di sua madre, cioè la moglie dell'uomo e la ragazzina si ricordò che molto spesso che lui usava quel nome nelle sue password. Provò quindi ad inserire Sarah e infatti la porta si aprì.

Sei un genio Alexis. Si ripeté nella testa lei, orgogliosa di esserci riuscita al solo secondo tentativo.

Non appena entrò nello studio, restò stupefatta dal disordine che vi era al suo interno: suo padre era una persona fin troppo ordinata, tutto quel casino la spaventava. Cercò di non spostare nulla, non volendo far notare al padre che qualcuno era entrato nel suo studio; si diresse quindi verso il portatile che vi era sulla scrivania, pensando che magari ci avrebbe trovato qualcosa di interessante, tuttavia quello che trovò al suo interno fu tutt'altro che interessante.

La ragazzina non poteva credere ai suoi occhi, tanto che si diede un pizzicotto per constatare che non fosse un sogno. Il pizzicotto le aveva provocato dolore, perciò.. No, non era un sogno. Era tutto vero: l'Arca sarebbe morta nel giro di qualche anno. E nessuno ne era a conoscenza, a parte il Consiglio. Perché ancora nessuno lo aveva detto? La gente meritava di sapere che tra qualche anno sarebbe probabilmente morta.

Troppo sconvolta da quella tragica notizia, non ebbe il coraggio di leggere altro. Sgattaiolò fuori dallo studio come una saetta e uscì dall'appartamento. Correva, correva, correva. Voleva solo scappare, ma sapeva che non poteva farlo.

Da quel momento odiò ancora di più suo padre e il Consiglio, che chissà cos'altro stavano nascondendo al loro amato popolo. Solo che, per la troppa fretta di uscire da quel maledetto studio, si era dimenticata di fare una cosa molto importante: non aveva chiuso quel file.

«Non mentire, Alex. Ti sei dimenticata di chiudere il file.» ammise l'uomo, mentre lei non lo degnava di uno sguardo. Non sapeva come controbattere, la sua mente vagava solo nel ricordo della mancata fiducia del padre nei suoi confronti.

«Ti ho.. ti ho odiato ancora di più quel giorno! Come hai potuto nascondere persino a me che l'Arca stava e sta tutt'ora morendo?!» scoppiò, quasi urlando.

L'uomo non proferì parola, sapeva di meritarsi tutta la ramanzina della figlia. D'altronde le aveva nascosto la dura verità, non fidandosi di lei, pur sapendo che la figlia bassasse ogni rapporto sulla fiducia reciproca.

«Non mi servivano regali per perdonarti, non mi avrebbero mai ridato mia madre. Io mi ricordo chiaramente che stavo anche iniziando a perdonarti, stavo iniziando a farmene una ragione della morte della mamma. Ma poi.. — arrivati a questo punto, le lacrime rigavano le guance della ragazza come piccole lame taglienti — Poi tu.. tu hai commesso l'errore peggiore: non fidarti di me, nascondermi la verità. Che fosse una verità pericolosa o meno, avevo il diritto di saperlo! Tutti hanno il diritto di saperlo! Ma tu.. tu e quegli altri sbruffoni del Consiglio l'avete nascosta a tutti! — fece un respiro profondo e si asciugò le ultime lacrime, concludendo poi il discorso — Grazie alla tua mancata fiducia in me, non sono mai riuscita a smettere di odiarti e mai smetterò.»

Una volta che Alexis smise di parlare, l'uomo era ormai alquanto sconvolto già da un pezzo. Sapeva che la figlia lo odiava, ma non in quel modo. Era stata così fredda nel pronunciare quelle parole, che pensava che non sarebbe mai più riuscito a farsi perdonare. Non avrebbe mai pensato di poterlo dire ma.. si era scavato la fossa da solo. Avrebbe così tanto voluto tornare indietro, tuttavia non era materialmente possibile; non si può riavvolgere il tempo, neanche volendolo con tutto il cuore, nemmeno se moriresti pur di farlo. Gli sbagli che hai commesso non puoi cancellarli, sono come segni indelebili sulla pelle ed entrambi lo sapevano molto bene.

L'uomo si avviò verso la porta, ma prima di andarsene si voltò verso la figlia: voleva almeno avvisarla di ciò che l'avrebbe aspettata l'indomani. «Presto verrai mandata sulla Terra, insieme ad altri novantanove giovani criminali. È il motivo per cui Eric ti ha messo il bracciale. Non morire, Alex.»

Avrebbe voluto dirle molto di più, avrebbe voluto dirle che le voleva bene, nonostante lei lo odiasse, avrebbe voluto dirle che l'avrebbe protetta sempre anche da lassù.. avrebbe voluto dirle tante di quelle cose, che non ne ebbe il coraggio. La situazione tra i due era già in bilico, non voleva rischiare di peggiorarla ulteriormente.

Non si avvertì più nessun rumore nel corridoio e la ragazza si lasciò andare in un pianto liberatorio. I ricordi iniziavano a tagliare più delle lame e facevano sempre più male, ogni secondo che passava.

•••

[ Piccola nota dell'autrice: come avete potuto notare i ricordi/flashback saranno messi in grassetto, i pensieri in corsivo e le cose importanti messe in corsivo e sottolineate. Detto questo, spero che vi sia piaciuto questo inizio eee ringrazio chiaraflash per avermi incoraggiata (?) a pubblicarla💘 ]

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