Heart By Heart

By AliciaJk19

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Katherine ha ventiquattro anni, vive a New York e si occupa di una rivista di moda. Shane è un affascinante... More

PREMESSA
Capitolo 1 - In mezzo al nulla.
Capitolo 2 - Dottore.
Capitolo 3 - Un'occasione per rinascere.
Capitolo 4 - Scontro verbale.
Capitolo 5 - Pensieri sbagliati.
Capitolo 6 - Una madre inaspettata.
Capitolo 7 - Imbarazzo mattutino.
Capitolo 8 - Speranze e proposte.
Capitolo 9 - Perdere una scommessa.
Capitolo 10 - Noah.
Capitolo 12- Sensazioni.

Capitolo 11- Saving Katherine.

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By AliciaJk19

«Cominci subito?» 

La voce di Jenna, al telefono, era più intrisa di preoccupazione che di sollievo.

«Sì» confermai mentre mi arrotolavo una ciocca di capelli intorno al dito. «Più tardi puoi passare a trovarmi, se ti va. Mi farebbe piacere, anche perché non conosco ancora nessuno qui.»
 
Parlai a voce non troppo alta per evitare che l'anziano uomo seduto al tavolo mi sentisse. Noah era sparito nel magazzino del locale circa cinque minuti prima e non era ancora tornato.

«E lui com'è? » mi chiese lei dopo un po'.

«Lui chi? » 

Jenna sbuffò, ridendo.

«Noah.» 

Sgranai gli occhi.

«Come sai che si chiama Noah? » 

«Kathie, questo è un piccolo paese. Tutti conoscono tutti. »

«Sì, ma… » tentennai rendendomi conto di quanto avesse ragione. Tuttavia non volevo rivelare a Jenna quanto Noah fosse affascinante. Perché non era bello, no, era qualcosa… Di più.
E i suoi maledetti addominali mi mandavano in tilt il cervello e per questo mi ritenevo dannatamente superficiale.

«Sembra gentile e potrebbe essere un buon capo » mi limitai a dirle.

Quando la sentii ridere ancora fui sul punto di ribattere che era la verità, ma lei non me ne lasciò il tempo perché, dicendo che aveva una commissione urgente da sbrigare, riattaccò.

In quel momento, involontariamente, i miei pensieri volarono a Shane. Pensai a cosa stesse facendo, con chi fosse —anche se avevo una chiara idea— e se avesse intuito che non avevo più intenzione di accettare la sua offerta. Mi sentivo sempre più in colpa ma, per qualche strana ragione, avevo l'impressione che lavorare da Noah mi avrebbe aiutato a farmi passare la cotta che mi ero presa per Shane.
 
Come se mi avesse letto nel pensiero, Noah ricomparve all'improvviso davanti ai miei occhi distratti.

Aveva indossato una camicia che aveva abbottonato solo per metà e, se il fiuto non m'ingannava, si era spruzzato una leggera quantità di profumo. Quell'odore gradevole mi invase piacevolmente le narici.

«È così che il locale va avanti? » azzardai con un risolino. «La clientela femminile è attratta da te e quindi paga per comprare qualcosa che non vuole davvero, quando in realtà tutto quello che desidera è ammirare te?» 

Lui rise. Il suo sorriso era diverso da quello di Shane, più spontaneo e meno luminoso, ma mi incendiò i sensi come non mi era mai accaduto prima.

«In effetti è così » confermò.

«E tu puoi biasimarle, dopotutto?» 

«Certo che sì » mi affrettai a replicare prima che il rossore sulle mie guance parlasse al posto mio.

«Non sei poi tutta questa perfezione. » 

«Oh.» 
Noah si finse offeso, ma io intuii che non lo era davvero.
Si sistemò il colletto della camicia e mi fece segno di seguirlo nel magazzino da cui era poco prima uscito.
Prima che lo facesse, l'ultimo cliente gli lasciò delle banconote sopra al bancone e ci salutò infilandosi il cappello in testa.

«Tra poco arriveranno gli altri » mi annunciò Noah prendendomi per un braccio e trascinandomi nel retro.

Quel tocco inaspettato mi fece desiderare di strattonarmi, ma fu solo questione di un attimo. In un primo momento avevo pensato che lui avesse cattive intenzioni data l'assenza dell'ultimo cliente, ma quando arrivammo nel magazzino mi lasciò andare e mi rivolse un sorriso.

«Ti servirà una divisa e questa » indicò una specie di grembiule smunto e dall'aria poco professionale, «è quello che fa per te.» 

«Sembra un grembiule che indosserebbe mia nonna » ribattei incrociando le braccia al petto.

«Apparteneva alla mia, di nonna» spiegò lui senza dare l'impressione di essersela presa.

«Purtroppo è l'unico che ho a disposizione, ma confido nel fatto che potrai fare un sacrificio e indossarlo.» 

Mi strizzò l'occhio e io sospirai.

«Farò uno sforzo.» 

«Be', ti ringrazio, Katherine Stevenson.» 

Si abbassò facendo una specie di inchino con aria galante. Scoppiai a ridere e gli sfiorai la spalla per farlo rialzare. Nel frattempo lui sganciò il grembiule dall'appendiabiti e me lo porse.

«Puoi indossarlo anche davanti a me.» 

«Senti, Noah, devo dirtelo: io non ho mai lavorato prima, perciò potresti pentirti molto presto di avermi assunta» dissi mentre mi facevo scivolare il capo addosso e mi allacciavo i nodi dietro la schiena.

Noah si appoggiò alla porta del magazzino, facendomi segno di uscire.

«L'avevo  immaginato, visto il tuo aspetto da bambolina » replicò con aria sorniona.
«Ma non preoccuparti, ti insegnerò tutto quello che c'è da sapere. Sarà una passeggiata, vedrai. » 

Se lo dici tu, pensai mentre lo sorpassavo.

***

Un'ora dopo cercavo di non pensare ai jeans aderenti di Noah mentre serviva le bevande a una ragazza sulla ventina con aria ammaliante, o alla sensazione che la vicinanza con lui, nell'ora precedente, mi aveva procurato.
O a quella fastidiosa che stavo provando in quel momento, mentre osservavo la disinvoltura con cui quella ragazza faceva gli occhi dolci a Noah e a come lui stesse a quel gioco di sguardi in maniera naturale.
Non che m'importasse, naturalmente, eppure non potevo fare a meno di chiedermi perché a me, lui, non avesse rivolto quel tipo di sguardo quando mi ero presentata.

Un uomo tarchiato mi chiamò al suo tavolo, mentre la musica più strana che avessi mai sentito si irradiava per tutta la stanza, dalla radio posta nell'angolo del locale.

Ero un tipo ansioso, perciò sulle prime non seppi come comportarmi, ma quando vidi Noah strizzare l'occhio alla ragazza, mi schiarii la gola e mi aggiustai la coda di cavallo, avvicinandomi al tavolo.

«Non ti ho mai visto da queste parti » mi disse l'uomo allargando le gambe sotto al tavolo. Indossava un paio di occhiali rettangolari e che avevano un assoluto bisogno di essere puliti. La camicia grigio bianca chiedeva clemenza di essere sbottonata per far respirare gli strati di grasso che conteneva a stento.

Sfoggiai il mio tipico sorriso tirato.

«Sono la nuova cameriera» mi presentai educatamente.

«Desidera ordinare qualcosa? » 

L'uomo scosse la testa.

«E allora che cosa le serve? » domandai inarcando un sopracciglio.

«Sei proprio sicura di voler fare questo tipo di lavoro? » 

Quella domanda mi stupì.

«Sì » mi affrettai a rispondere. «Sì, direi di sì. » 

Lui si aggiustò gli occhiali sporgendosi verso di me.
Non potei fare a meno di abbassarmi a mia volta.

«Mi sembri più il tipo di ragazza che aspira a qualcosa di più.» 

Fece un pausa, mentre cercavo di elaborare quanto stava dicendo.

«Sono un avvocato» continuò rivolgendomi uno sguardo penetrante. «E ho bisogno di un assistente giovane e... Di bell'aspetto.»

Capii all'istante a cosa volesse arrivare e indietreggiai mentre il respiro diventava affannoso.

«Se deve ordinare qualcosa, signore, lo faccia ora. Altrimenti non vedo il motivo della mia permanenza al suo tavolo.» 

Cercai di mostrarmi più determinata di quanto in realtà mi sentissi.

«Dovresti riflettere su quello che ti sto offrendo» mi ignorò con un sorriso. «Essere l'assistente di un avvocato è un'ottima opportunità per una ragazza giovane come te.» 

«Sappiamo entrambi che non è questo che le interessa » replicai con serietà.

«Spero che abbia fortuna altrove.» 

«Sentimi bene.» 

Il suo tono di voce cambiò istantaneamente.
Prima che avessi il tempo di rendermene conto, si alzò in piedi e mi afferrò il polso tirandomi verso di lui.

«Mi lasci andare!» strillai, cercando di divincolarmi.
Sentii la presenza di qualcuno alle mie spalle dopo nemmeno due secondi. Ancora prima di voltarmi, seppi di chi si trattava.

«La lasci andare» gli intimò Noah severo, mentre nel locale giungeva un terrificante silenzio.

«Subito» chiarì avvicinandosi a lui. Lo superava in altezza di svariati centimetri, imponente sopra quell'uomo basso e tarchiato che, avevo cominciato a sospettare, era solo un impostore.
Sentii la presa attorno al mio polso allentarsi per poi lasciarmi del tutto. Mi massaggiai la pelle, osservandolo con sguardo truce, mentre Noah mi faceva scudo con il suo corpo.

«Fuori di qui» gli ordinò all'istante.

L'uomo rise, scosse la testa.

«Sei tu a perderci» sussurrò verso di me con aria strafottente.

Poi si avviò verso la porta d'ingresso e sparì all'esterno.

La gente attorno a noi emise un sospiro di sollievo, e pian piano un brusio leggero tornò a riempire il silenzio.

«Stai bene?» mi chiese Noah voltandosi verso di me.
Mi mise due dita sotto al mento sollevandolo.

«Mh?» 

«Sì» balbettai cercando di riprendermi.

«Non credo avrebbe fatto qualcosa in mezzo a tutta questa gente.» 

«No, infatti» disse lui allontanandosi dal mio mento.

«Ma avrebbe potuto farlo fuori, motivo per cui è meglio se, quando avrai finito il turno, ti riaccompagni io a casa.» 

Tentai di organizzare i pensieri nella mia testa, e riflettei che aveva ragione: non era sicuro, per me, andare in giro a quell'ora tarda della sera da sola. Anche se il fatto che sarebbe stato Noah a riaccompagnarmi mi rendeva estremamente agitata oltre che piacevolmente sollevata.

«Va bene» acconsentii tentando un sorriso.
«Grazie» aggiunsi quando lo vidi sorridere incoraggiante, a sua volta.

«Dai, torniamo al bancone. Li sarai più al sicuro.» 

Spazio autrice: sto già attuando una revisione, e ho deciso di cambiare il tempo di narrazione. Passerò quindi dal presente al passato, perché ho notato che mi trovo molto meglio. Spero che la scelta non vi dispiaccia!

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una storia sulla ship migliore di questa edizione, sarah x liljolie. non credo abbia bisogno di una descrizione, le conoscete fin troppo bene