Capitolo 4 - Scontro verbale.

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Katherine.

Non sapevo che cosa avessi in mente quando le mie labbra avevano pronunciato le parole resto qui. La mia impulsività sembrava aver colpito ancora, ma non aveva centrato il segno: nella mia Mulberry erano rimasti solo cinquanta dollari e un buono sconto per la nuova boutique che avevano da poco aperto a Madison Avenue. Buono sconto che, naturalmente, adesso non mi serviva più a niente.
Dannata la mia cocciutaggine. Come diavolo avrei fatto ad affittarmi una casa se avevo solo cinquanta dollari in tasca e non sapevo fare altro che parlare di moda e cosmetica? Non potevo nemmeno prendere in considerazione il lavoro che mi aveva offerto Shane, dal momento che anche il più misero graffio mi faceva venire i conati di vomito. Shane. Il medico più... attraente che avessi mai visto nei miei quasi venticinque anni di vita. Ci stavo pensando più del dovuto, e la cosa mi terrorizzava, perché non ero in grado di controllare le mie pulsioni e molto spesso finivo per fare la cosa sbagliata. E poi aveva una fidanzata. Di New York, ricordavo. Come me.

Il fatto che io condividessi con la fidanzata di Shane la città d'origine mi lasciava giusto un pizzico di amaro in bocca. Speravo vivamente di non incontrarla troppo presto, perché non avevo idea di come avrei potuto reagire. Anzi, speravo proprio di non incontrarla mai.

Adesso mi trovavo davanti all'entrata dello studio, seduta sugli scalini con la gonna che  lasciava scoperte le cosce più di quanto avrebbe dovuto. Shane chiuse la porta e sentii girare la chiave nella serratura, poi mi oltrepassò diretto alla sua auto. Rimasi a fissare il suo fondoschiena coperto dai jeans scuri come se fossi un adolescente alle prime armi. Quando lui si voltò feci appena in tempo a distogliere lo sguardo, sollevandolo verso i suoi occhi.

-Credo tu non abbia un posto dove stare- commentò mentre alza gli occhi al cielo. L'aria di questo primo pomeriggio è calda, leggera, e gli spostava delicatamente i capelli all'indietro.

-No- risposi alzandomi e scrollandomi di dosso la polvere inesistente. Avevo sempre avuto troppe manie ossessive per la pulizia e l'igiene.
Shane tornò a rivolgermi lo sguardo.

-Andiamo, ti offro il pranzo e poi cerchiamo una sistemazione- propose con disinvoltura.

Lo fissai interdetta. Aveva appena detto che voleva offrirmi il pranzo senza alcuna traccia di ironia?
Mi schiarii la gola.

-La tua fidanzata non si ingelosirebbe se sapesse che mi hai appena invitata a pranzo fuori?-

-Non preoccuparti, Katherine. Lei pranzerà con noi- mi rispose con la stessa disinvoltura di prima.

Giusto, pensai.
Chissà che strambe idee mi ero fatta.
A quanto pare le mie speranze di non conoscerla si erano appena infrante. Avrei sempre potuto rifiutare, era vero, ma a dirla tutta non avrei saputo davvero a chi affidarmi se fossi rimasta da sola. L'idea di un pranzo con due fidanzati mi rendeva estremamente agitata, però potevo farcela.
Almeno speravo.

-Sì, certo. Mi farebbe piacere- risposi, sfoggiando il mio migliore sorriso forzato.

-Perfetto, allora!

Shane sorrise e io mi sforzai di non perdermi ad ammirare troppo quel suo dannato sorriso perfetto.
Lo raggiunsi e mi misi le mani sui fianchi.

-E la tua ragazza quando dovrebbe arrivare?- chiesi, fingendo di non dare troppa importanza alla cosa.

-Cinque minuti al massimo - rispose lui. Ma i suoi calcoli non erano esatti, perché circa mezzo minuto dopo vedemmo arrivare da lontano la figura snella di una ragazza.

Mi sembrò di intravedere dei capelli scuri, delle movenze delicate, particolari che riuscii a confermare quando ci raggiunse. I suoi capelli erano della stessa tonalità di quelli di Shane, indossava un vestito giallognolo su cui erano ricamate delle farfalle, che le arrivava al ginocchio, e un paio di stivali marroncini che lasciavano scoperta solo una striscia di pelle sotto il ginocchio. Portava un paio di occhiali da sole, perciò non vidi subito il colore degli occhi se non quando se li sfilò
Verdi. Un verde quasi accecante.

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