Capitolo 12- Sensazioni.

416 30 10
                                    

Noah.

Katherine Stevenson si stava rivelando più interessante di quanto avessi pensato in precedenza.
Insomma, a primo impatto l'unico pensiero era stato quello di trascinarla nel magazzino e di possederla come un animale, perché era quello che la forma dei suoi seni in discreta evidenza avevano suggerito alla mia libido incontrollabile.

Poi, però, lei mi aveva guardato con quell'aria smarrita e innocente e io non avevo potuto fare a meno di provare tenerezza. Il desiderio, allora, si era tramutato in senso di protezione. In particolare quando quel tipo tarchiato aveva cercato di adescarla nel mio locale.
Non glielo avrei permesso, tutti i presenti avevano dovuto saperlo perché si erano solo limitati a trattenere i respiri. La mia unica regola, il solido principio morale che mandavo avanti da tutta la vita, era il rispetto verso il genere femminile. Se qualcuno lo oltrepassava in mia presenza diventavo semplicemente il Noah che nessuno avrebbe voluto conoscere.

In quel momento, mentre camminavo sotto il cielo stellato a fianco a Katherine, la rabbia cominciò a sbollire. Non ero niente per lei, se non il suo nuovo datore di lavoro, e non avevo alcun diritto di sentirmi arrabbiato perché un tipo borioso le aveva quasi messo le mani addosso.

Doveva essere a causa della sua aria persa, decisamente. Non era esattamente il mio prototipo di ragazza ideale, anche perché non ero mai rimasto troppo a lungo con qualcuna e perciò, probabilmente, non ne avevo un tipo specifico. Era piuttosto bassa, un po' troppo in carne sui fianchi e dio,quei capelli del biondo più triste che esistesse mi facevano venire voglia di strapparglieli. Aveva la pelle lattea, e io stravedevo per le ragazze abbronzate, aveva gli occhi scuri e io non li apprezzavo. Era tutto ciò che non avrei mai voluto desiderare, ma quando mi guardava mi sentivo confuso. Più confuso e strano di quanto fossi mai stato. E la sensazione, per quanto insolita e indecifrabile, non mi dispiaceva affatto.

«Che ci è venuta a fare, una ragazza come te, in questa città sperduta nel nulla?» le chiesi mentre percorrevamo la stradina sterrata fuori dal locale. Era buio, forse erano le due o le tre, e immaginai che lei dovesse essere stanca. Da quando avevamo chiuso la porta mi ero accorto di un particolare: continuava a rigirarsi tra le dita il ciondolo che portava al collo, sembrava agitata, silenziosa.

«Katherine?» insistetti con un mezzo sorriso incoraggiante. Aveva sciolto i capelli e ora le ricadevano morbidamente lungo una spalla.

«Mh?» fece lei.

«Ah, sì. Non è stata una mia scelta, in realtà» rispose.
«Due giorni fa ero in viaggio con la mia amica Roxi e, a un certo punto, ha deciso di scaricarmi lungo una stazione di servizio.»

Lessi una smorfia d'amarezza sulle sue labbra.

«Dev'essere proprio un bel tipo, questa Roxi» commentai ridendo.
«Chissà perché, ho l'impressione che voi due andreste molto d'accordo» replicò Katherine scuotendo la testa. Smise di torturare il ciondolo e incrociò le braccia sul petto.

«Tu che cosa vorresti fare nella vita?» mi domandò dopo un po' di punto in bianco.

Io alzai le spalle, non capendo dove volesse andare a parare.

«Non so. Ho il mio locale, ma non credo di volerne fare la mia unica ragione di vita.»

«Mh» sussurrò lei, meditando.

«E tu, invece?» la apostrofai abbassandomi verso il suo orecchio. Mi resi conto che profumava di rosa.
Quell'odore gradevole mi inondò lievemente le narici.

«Io lavoro per una rivista di moda » mi spiegò allontanandomi con un mezzo sorriso. «Cioè, non è che sia un vero e proprio lavoro... Più che altro è un hobby. Mi piace l'ambiente della moda, e tutto ciò che ne concerne e spero un giorno di raggiungere un livello più alto di quello a cui sono ferma adesso.»

«Io credo che ci riuscirai.»

«Come lo sai?»

Alzai le spalle.

«Lo sento.»

Lei mi guardò appena un istante. In quel momento pensai che i suoi occhi, nonostante il nocciola spento, fossero magnetici.

«Quindi sei un sensitivo» rise.

«No, sono solo un povero ragazzo che si diverte a sperare di avere una possibilità di rimorchiarti con delle frasi filosofiche.»

Katherine mi pestò il piede prima che avessi il tempo di rendermene conto.

«Lo sapevo che eri uno di quei tipi » sogghignò con una smorfia, superandomi. Il mio sguardo venne inevitabilmente attirato verso il suo fondoschiena.

Mi riscossi, aumentando il passo e raggiungendola.

«Andiamo, stavo scherzando!»

«Sono piuttosto stanca» commentò ignorando la battuta.

«Comunque, riguardo alla domanda di prima, vorrei sposarmi, un giorno. Costruire una famiglia, avere dei bambini che corrono per tutta la casa, un giardino grande e un cavallo. Oh Dio, giuro che sarebbe stupendo!»

Pensai che doveva essere veramente stanca per aver cambiato espressione da un momento all'altro e mi scappò una risata, involontariamente.
Bambini. Anch'io avrei tanto voluto dei bambini. Sì, davvero. Però c'era un problema, un problema di cui non potevo parlare con nessuno. E...

«Un giorno ti sposerai, incontrerai l'uomo giusto, quello dei tuoi sogni, e sarà amore a prima vista. Allora saprai che sarà arrivato il momento di entrare in chiesa.»

Evitai di accennare all'argomento bambini, perché mi provocava dolore e non volevo fargliene mostra.
Katherine lasciò andare un sospiro.

«Lo spero, davvero.»

Fece una pausa.

Un gufo bubulò, in lontananza.

«Ti ringrazio, per prima » aggiunse in modo mesto, rivolgendomi un sorriso.

«Non sopporto la gente che cerca di approfittarsi di una ragazza indifesa» dissi accostandomi di più a lei.
Quel contatto mi procurò una scarica di calore in tutto il corpo. Mi affrettai a nasconderla schiarendomi la gola.

«Io non sono indifesa.»

«Era quello che sembrava.»

Mi rifilò un'occhiata di sbieco.

«Comunque l'avrei fatto per chiunque» chiarii, sollevando il mento e sogghignando.

«Non solo per te.»

«Oh, non l'ho sospettato nemmeno per un momento» mi ammiccò, sollevando lo sguardo verso il cielo.

«Dalle mie parti non lo avrebbe fatto nessuno, o quasi» mormorò. «New York è così diversa... »

«O forse sei tu ad esserlo, e per questo vedi anche le cose in modo diverso» replicai.

«A volte succede. Cambiamo senza accorgercene.»

Lei si strinse nelle spalle.

«Sì, forse. Il cambiamento però è così repentino che mi spaventa.»

Era normale, pensai, ma evitai di risponderle e decisi di lasciar correre la conversazione.

Presto, inaspettatamente, scoprii che la sua compagnia mi faceva piacere e che parlare con lei mi rendeva tranquillo.

La rabbia per quello che il tipo aveva cercato di farle stava finalmente scemando altrove, ed era tutto merito di Katherine.

La osservai, mentre raggiungevamo casa sua, della signora Jenna, e sulla soglia la salutai con un cenno della mano.

Pensai che fosse bella, in quel momento, sotto le stelle, con i tratti vagamente illuminati dalla luce biancastra sopra di noi.
Lei si fermò davanti alla porta e infilò la chiave, sorridendomi e poi sparendo nell'ombra all'interno.

Quando tornai indietro, diretto a casa mia, il suo profumo di rosa era ancora insieme a me.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 01, 2017 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Heart By Heart Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora