Heart By Heart

由 AliciaJk19

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Katherine ha ventiquattro anni, vive a New York e si occupa di una rivista di moda. Shane è un affascinante... 更多

PREMESSA
Capitolo 1 - In mezzo al nulla.
Capitolo 2 - Dottore.
Capitolo 4 - Scontro verbale.
Capitolo 5 - Pensieri sbagliati.
Capitolo 6 - Una madre inaspettata.
Capitolo 7 - Imbarazzo mattutino.
Capitolo 8 - Speranze e proposte.
Capitolo 9 - Perdere una scommessa.
Capitolo 10 - Noah.
Capitolo 11- Saving Katherine.
Capitolo 12- Sensazioni.

Capitolo 3 - Un'occasione per rinascere.

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由 AliciaJk19

Katherine.

Avevo sempre pensato che i medici fossero attraenti. Probabilmente guardare tutti i giorni gli episodi di Grey's Anatomy aveva incentivato quest'opinione. Ma Shane… Lui era totalmente lontano dall'idea di dottore che avevo avuto fino a pochi minuti prima. Eppure, mentre lo osservavo da lontano, con la schiena appoggiata nell'angolo di quella stanzetta dalle pareti in mogano che ospitavano vari quadri e dipinti di paesaggi (che immaginai essere il suo studio personale) capii che non sempre l'abito fa il monaco. Avevo visto poche persone, nella mia vita, prendersi cura di altre nella maniera minuziosa e delicata che Shane stava dimostrando. E su poche persone, nella mia vita, ero rimasta concentrata tanto a lungo come in quel momento.

Il ragazzo steso sul tavolo al centro dello studio doveva essere all'incirca sui diciassette anni, ma le sue urla da ragazzina lo rendevano molto più infantile.
—Fai piano!— gemette digrignando i denti mentre sua madre, la signora Jenna, si portava le mani al viso e scuoteva la testa affranta. È solo una caduta, pensai tra me e me. Perché si disperano così tanto?
Shane doveva pensarla come me, perché, dopo aver applicato un bendaggio sulla caviglia del ragazzo, sospirò sorridendo e io rimasi incantata da quel sorriso. Dentatura perfetta, bianca, sembrava risplendere nella penombra di quella piccola stanza. Mi ripresi non appena lui posò lo sguardo su di me. Durò solo un istante, talmente breve che sarebbe facilmente potuto essere uno scherzo della mia immaginazione, eppure io mi sentivo messa inevitabilmente a nudo. Tornò a rivolgersi al giovane. 
Per fortuna, pensai.

—Va tutto bene, Will, è una semplice slogatura. Guarirà completamente in un paio di giorni.—
Il suo tono di voce era caldo, rassicurante; la quiete dopo la tempesta. All'improvviso la signora Jenna si voltò verso di me, piantandomi addosso un paio di occhi angosciati.

—Perdonami — ansimò, e io vidi il senso di colpa trasparire dal suo sguardo nocciola.

—Con tutto questo trambusto mi è completamente passato di mente. Lei chi è?—
Sfoggiai la mia migliore espressione cordiale.

—Katherine Stevenson, piacere di conoscerla.—
Allungai una mano verso di lei e, quando Jenna me la strinse, mi stupii di quanto la sua pelle fosse consumata e callosa. Doveva essere una casalinga che lavorava troppo. Mi sorrise a metà tra la preoccupazione e la gentilezza.

— Si è appena trasferita?— mi chiese lanciando uno sguardo da sopra la spalla a suo figlio, che Shane stava aiutando a scendere dal tavolo.

— Oh, no. — Scossi la testa. —Ho avuto un imprevisto e sono rimasta a piedi, così Shane è stato tanto gentile da darmi un passaggio fino alla città più vicina. Ma oggi torno a casa, a New York, sperando di trovare un autobus.—

—Oh!— Jenna mi lasciò la mano, all'apparenza delusa. —Speravo ti saresti fermata un po' di più... —
Schiusi le labbra, colpita da tanta gentilezza.

—Vorrei, davvero, ma non ho nessun conoscente qui, signora. Tutta la mia vita è a New York. La mia migliore amica, i miei amici, mia… madre, sono tutti lì. Devo per forza tornare a casa, altrimenti si preoccuperanno.—

In realtà non sarei mancata a nessuno e nessuno si sarebbe nemmeno accorto che io fossi sparita, eccetto per Roxi, forse. Sempre che non mi avesse già sostituita con qualcuna meno complicata e frivola di me. Mi sentivo talmente sola in quel momento che avrei voluto cadere in ginocchio sul pavimento e dare sfogo a tutto il tormento che provavo nel cuore, ma avevo ancora una dignità e non lo avrei fatto, non davanti a degli sconosciuti. Ero certa che anche loro, come tutti quelli che avevo incontrato nella mia vita, mi avrebbero derisa costringendomi a tessere la mia corazza strafottente ancora una volta.

—In realtà — intervenne Shane mettendosi le mani sui fianchi e assumendo un'aria vagamente colpevole, —ho dimenticato di dirti che non puoi andartene, oggi.

Gli piantai addosso due occhi indagatori.

—Non credo di aver capito.

—A me serve un assistente— spiego lui avvicinandosi alla signora Jenna. —E tu sei esattamente la persona che fa al caso mio.—
Lo fissai negli occhi per alcuni istanti, rimanendo in silenzio, poi scoppiai a ridere. La mia risata vera, autentica, quel tipo di suono che ti fa desiderare di sotterrarti per quanto risulta essere imbarazzante, ma che non potei fare a meno di esibire.
Un medico mi aveva appena chiesto di essere la sua assistente di studio. A me, la persona meno indicata sulla faccia della Terra. Ma cosa diavolo aveva in testa?

—Spero che tu stia scherzando— dissi quando riuscii a prendere fiato.

—Sono di New York, tutto quello che ho fatto finora è stato occuparmi di una rivista di moda, il sangue mi impressiona. Come ti viene in mente di propormi questa specie di lavoro?—

Lo sguardo di Shane sembrò volermi mettere a nudo, per quanto era intenso. Avevo forse sbagliato qualcosa? Mi rendevo conto che la mia impulsività mi aveva giocato un brutto scherzo per la seconda volta, ma la sua proposta mi era sembrata tanto improvvisa quanto assurda.
Non avevo potuto evitarlo.
Inspiegabilmente, le labbra di Shane si incurvarono in un sorriso.

—Naturalmente stavo solo ironizzando.

—Su cosa?

—Sul fatto che vuoi andartene da qui il prima possibile.
—Ehm, noi andiamo— si intromise Jenna facendosi passare il braccio del figlio attorno alle spalle robuste. —Grazie infinite, Shane.— Gli sorrise prima di trascinare fuori un Will zoppicante.

—Piacere di averti conosciuta, Katherine— aggiunse sulla soglia e io le mostrai un sorriso gentile.

Shane tornò a rivolgermi l'attenzione.

- Allora? - m'incalzò.

—Voglio andarmene, è vero— confermai incrociando le braccia sul petto. —È forse un problema?—

—Io non ti conosco, Katherine— replicò lui avvicinandosi ancora di più. Sentivo il suo respiro a un centimetro dal viso, e mi si formò un groppo in gola. Dovevo mantenere la calma. Perché diavolo mi faceva questo effetto? Lo conoscevo da poco più di un'ora e mi aveva già fatto mettere in dubbio tutto ciò che ero.

—Ma so che sei spaventata— continuò fissandomi con occhi penetranti. —Sei spaventata perché per te è tutto nuovo: l'abbandono della tua amica, se così vogliamo chiamarlo, il passaggio in auto da uno sconosciuto, questa città che è tanto diversa dalla tua amata New York. Lo capisco, Katherine, credimi.—

Fece una pausa, appoggiando la mano sulla parete dietro di me e osservando per qualche istante i raggi aranciati del sole fuori dalla finestra.

— Ma questa città ha tanto da offrire, tanto da dimostrare. E come ti ho già detto, se il destino ha voluto farti arrivare qui significa qualcosa. Puoi scegliere di arrenderti e tornare indietro, tornare alle tue riviste di moda, al lusso e agli svaghi della vita che hai condotto fino a stamattina. Oppure puoi scegliere di restare qui e di dare prova di quanto vali. Rimboccati le maniche, ambientati e ti assicuro che troverai una vera casa in questa città e dei veri amici tra le persone che la popolano. Non sono nessuno, Katherine, per dirti questo e lo so. Ma nei tuoi occhi ho visto una profonda tristezza e so che, nel profondo della tua mente, mi stai dando ragione.

Mi sentivo la bocca secca. La lingua sembrava essersi attorcigliata su se stessa e si rifiutava di pronunciare qualunque suono. Non avevo davvero la più pallida idea di come sapesse certe cose, di come fosse riuscito a guardarmi dentro in soli due minuti e a capirmi più di quanto avesse mai fatto nessun altro. Sapevo che quello che aveva detto era giusto; avevo passato tutta la mia vita a cercare un modo per farmi valere, per evitare che tutti (mia madre compresa) mi mettessero i piedi in testa, per dimostrare che valevo qualcosa, tanto, nonostante le lacrime che non potevo fare a meno di versare nelle situazioni complicate. Però non ci ero mai riuscita. C'era sempre stato qualcosa che mi bloccava, che mi impediva di aprirmi e di mostrare la vera me, e il mondo mi sembrava talmente opprimente da soffocarmi. Adesso, invece, davanti a lui, in questa piccola e nuova cittadina, mi sembrava di respirare aria pulita dopo tanto tempo. Forse era così, il paradiso, anche se io non ci credevo più di tanto.

Sbattei le palpebre, sentendo le ciglia umide. Non mi ero accorta di star piangendo.
Shane mi stava guardando con dolcezza, senza timore di mostrarsi per la persona gentile che era. Perché ero sicura che lo fosse, e ne avevo già avuto più di una dimostrazione.

A New York nessuno mi aveva mai guardata nel modo in cui lo stava facendo lui. Tutti esibivano i loro sguardi magnetici, libertini, accalappiatori. Sguardi da cui mi tenevo ben alla larga, perché erano un chiaro messaggio di arrivare a qualcosa che io non avevo mai voluto.
Il modo in cui Shane mi guardava era diverso.  Dolce, premuroso, nonostante non mi conosesse praticamente per niente, non aveva secondi fini o intenzioni maliziose e lo riconobbi quando tolse la mano dal muro e si diresse alla finestra, appogiandocisi contro.

— Puoi prendere la decisione che vuoi, Katherine— disse senza voltarsi.
— Però devi promettere a te stessa che poi non te ne pentirai. Che non piangerai, soprattutto, che non mostrerai la tua fragilità.

Avanzai lentamente verso la porta e appoggiai la mano sopra la maniglia, indugiando appena un istante prima di aprirla.
Il calore del primo pomeriggio mi avvolse il viso, riscaldando ogni anfratto del mio corpo. Osservai le case che si estendevano leggiadramente davanti ai miei occhi, queste case tanto strane rispetto a quelle che ero abituata a vedere, e gli abitanti che, quando mi passarono davanti, mi salutarono anche se non avevano idea di chi io fossi. Era tutto così diverso, qui, così insolito che facevo fatica ad abituarmi al cambiamento. Eppure, nonostante la diversità, sentivo che era la cosa migliore che potesse capitarmi.

—Katherine?
La voce gentile di Shane mi chiamò alle mie spalle. Percepii la sua vicinanza dietro di me.
—Ho scelto— sussurrai determinata, mentre osservavo un paio di bambini in bicicletta percorrere il vialetto davanti a me, ridendo come se non avessero altro pensiero in testa. Sorrisi, quasi senza accorgermene. Anch'io, come loro, avrei voluto farlo tante volte. Ma ero stata costretta a crescere prima del dovuto. Non ne facevo una colpa a mia madre, però non potevo dire che gliene fossi grata. Avevo perso tante opportunità a causa sua, avevo rinunciato a divertirmi con gli altri bambini, non ero mai andata a una festa di compleanno, non avevo mai riso a crepapelle con nessuno per paura che lei mi guardasse storto dalla soglia di casa.

—Resto qui.

Questa, pensai con un sospiro, è la mia occasione per rinascere.

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