Stranger in Moscow

By dearangelharry

17.5K 1.2K 428

Louis Tomlinson è un'uomo di ventiquattr'anni, il quale apparentemente ha tutto ciò che una persone della sua... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Calitolo 21
Epilogo

Capitolo 5

753 63 24
By dearangelharry

Quella sera, mia madre si vestì come se qualcuno di estremamente importante dovesse venire a cena da noi. Indossava un vestito color rosa salmone, accompagnato da un paio di ballerine dello stesso colore. I capelli neri, che le arrivavano alle spalle, erano stati raccolti in una piccola coda. Dal suo sguardo e dal modo in cui continuamente metteva apposto tutto, potevo vedere che era visibilmente nervosa. Quella sera mia madre, mi impedii di indossare qualsiasi cosa che avesse a che fare con la parola "tuta" o "felpa", perciò mi ritrovai con un jeans e una camicia celeste. Mi guardai allo specchio, cercando in tutti i modi di dare una sistemata ai miei ricci, ma chi volevo ingannare, certe volte credo che i miei capelli abbiano natura propria, anche se tento di sistemarli in qualche modo, vanno dove vogliono loro. Sospirai, non potevo proprio fare nulla per i miei capelli, ma se dovevo essere sincero, mi piacevano nel modo in cui erano. Sobbalzai quando sentii il campanello suonare. Mi guardai allo specchio un'ultima volta, un po' come se stessi soltanto cercando di farmi forza da solo per quella serata, dopodiché scesi le scale. Trovai mia madre di spalle intenta a dar il benvenuto a Louis, Eleanor e Mia.
Mia madre, come al suo solito iniziò a parlare con Eleanor, colei che in quel momento stava accarezzando con una mano i capelli di Mia e aveva lo sguardo preso da qualsiasi cosa le stesse dicendo mia madre. Stavo scendendo le scale quando Louis alzò lo sguardo verso di me. Mi tenni più forte del solito alla ringhiera delle scale per paura di inciampare. Quello sguardo aveva sempre avuto quest'effetto su di me, e ancora dovevo capirne il motivo. Spostai lo sguardo su Louis e forse non lo dovetti mai fare. Sentii qualcosa all'altezza del petto, un qualcosa al cuore che non mi so spiegare, non qualcosa di brutto, anzi. Louis era bellissimo. Avevo una fidanzata, ero etero, ma non capii del perché quel piccolo pensiero si fece largo nella mia mente. Indossava un jeans nero, una camicia bianca perfettamente abbottonata e ai piedi un paio di quelle scarpe che vedo indossare molte volte a quegli uomini che lavorano in ufficio. Non pensate che sia strano, il fatto è che non so come si chiamino e poi non mi sono mai piaciute, anche se indosso a Louis, era tutt'altra storia. Percorsi gli ultimi gradini delle scale guardandoci negli occhi, senza che nessuno dei due distogliesse lo sguardo per primo. Pian piano si avvicinò alla scala sorridendo e come se non potessero mancare le mie solite figuracce, inciampai sull'ultimo gradino. Sarei caduto con la faccia per terra se non fosse stato per lui che mi aveva preso tra le sue braccia.

«Ti capita spesso di scivolare e cadere?» mi chiese con un sorriso sulle labbra. I nostri volti erano vicini, troppo vicini, così posai una mano sul suo petto scostandomi, cercando di mettere un po' di distanza tra noi due. Annuii arrossendo e mordendomi il labbro inferiore, tipico di me. E certo, se non facevo una figuraccia al giorno, non ero io.

«Harry» la voce di mia madre ruppe l'incantesimo che si era creato tra me e Louis. Un po' come se per quel poco di tempo che avevamo trascorso senza lo sguardo di tutti addosso, avessimo vissuto all'interno di una piccola bolla di sapone, bolla che troppo presto venne scoppiata da mia madre. Immediatamente io e Louis ci distaccammo. Lui si passò una tra i capelli nervosamente e io camminai verso Eleanor e Mia.

«Harry!» mi saltò addosso la piccola della casa. Sorrisi prendendola in braccio. Indossava un vestitino bianco con delle rose raffigurate sopra. Sicuramente sapevo chi aveva scelto per lei come vestirsi quella sera.

«Ciao, amore.» le diedi un bacio sul suo piccolo naso e dopodiché volsi lo sguardo su Eleanor, la quale aveva uno braccio stretto attorno alla vita di Louis in modo del tutto possessivo. Avrei alzato gli occhi al cielo, ma siccome c'era mia madre accanto, mi trattenni dal farlo, non volevo ricevere uno schiaffo davanti a tutti. Anch'essa indossava un paio di jeans neri. La maglietta era a strisce bianche e nere, una collana dalle pietre nere al collo e una giacca di pelle attorno spalle. Si vedeva che venivano da tre passi da casa nostra, altrimenti sarebbero venuti con minimo due giubbotti. Quel giorno, i suoi lunghi capelli castani erano sciolti.

«Ciao, Harry.»

«Ciao, Eleanor.»

«Allora,» mia madre stava iniziando a capire che il clima tra me e quella donna non era tra i migliori e pregai che quella sera, dopo che se ne fossero tornati a casa loro, non mi avesse posto mille domande a riguardo. Infondo dopotutto non c'era poi così tanto da capire, io e Eleanor, per ragioni sconosciute, non ci potevamo affatto vedere. «sediamoci a tavola, altrimenti la cena si raffredda.» si sforzò di sorridere quel tanto che poteva e dopodiché li condusse in sala. Mia madre si sedette a capotavola, come d' abitudine; io al mio posto, ovvero alla destra subito dopo mia madre, e Mia accanto a me. Eleanor dall'altro capo del tavolo difronte a Mia e Louis si mise difronte a me. Non so se sarei stato in grado di mandar giù qualsiasi cosa con Eleanor difronte a me. Perciò potevo affermare che le postazioni erano adatte. Mia madre servì la cena a tutti quanti, cena che aveva preparato da quella mattina, voleva dare il meglio di sé, mi aveva confessato e dopo aver augurato "Buon appetito", iniziammo a mangiare.

«Eleanor, cara, come stanno andando i vostri primi giorni qua a Mosca?» fu mia madre a fare la prima domanda della serata e si sa, da quel momento in poi la conversazione sarebbe andata avanti per ore e ore.

«Bene Anne, grazie. Adoro Mosca, è una città molto bella e dalle regole ferree. Qua sì che le persone sanno cos'è l'educazione.» la guardai come se avesse appena detto che era stata sulla Luna un'ora fa. Non era possibile, non poteva aver detto quelle parole.

«Anch'io la penso come te, sai? Credo che Londra era una città fin troppo libera per i miei gusti.»

«Ma se una persona non ha la libertà, non ha vita.» affermai dicendo la mia. Louis alzò per la prima volta lo sguardo dal suo piatto e mi guardò attentamente.

«Come scusa?» mi rispose Eleanor, dopo aver bevuto un sorso di vino bianco.

«È così. Non puoi privare una persona della propria libertà. Ognuno di noi dovrebbe essere libero di scegliere chi essere e di prendere le proprie decisioni, ma a quanto pare, ci sono persone ancora del tutto cieche.»

«Non sono d'accordo con te, caro. Penso che bisognerebbe sempre esserci qualcuno che dica alle persone come doversi atteggiarti in pubblico o cosa è più idoneo indossare. Altrimenti l'immagine della città si rovinerebbe del tutto, non sarebbe perfetta come dovrebbe essere. Ad esempio mi ricordo di Londra, lì ognuno faceva quel che voleva, persone che si vestivano come volevano e uomini che si baciavano con altri uomini o donne che si baciavano con altre donne. Ero sempre costretta a coprire gli occhi di mia figlia per non farle vedere cose simili.» quelle parole mi colpirono dritto al cuore, come se qualcuno mi avesse sparato ma non fossi morto. Non volevo credere che al mondo c'erano ancora persone che la pensavano ancora in quel modo.

«Scusami?» dissi, appunto, stupito.

«Harry, basta. Continua a mangiare.»

«Appunto, non posso memento esprimere un mio parere.» dissi a bassa voce.

«Louis, tu cosa ne pensi di Mosca?» questa volta fui io ad alzare lo sguardo, guardandolo in modo attento.

«Ehm,» abbassò nuovamente lo sguardo sul suo piatto, iniziando a stuzzicare con la forchetta una foglia di insalata. «Mi manca Londra, questa non è la città che fa per me, è come se fossi un'estraneo a Mosca

«Anch'io mi sono sempre sentito un estraneo.» gli sorrisi dicendoglielo, come a volergli far sapere che non era l'unico a sentirsi così.

«Allora, andresti davvero d'accordo con mio figlio.» rise Anne e Eleanor si unì a lei. Io e Louis ci guardammo negli occhi sorridendo.

«Anne, lei come mai si trova qua a Mosca?»

«Non è una storia così avventurosa. Anni fa lavoravo come oncologa all'ospedale di Londra e per un trasferimento sono finita qua.»

«Oh, fa un lavoro interessante.»

«Beh, sì. Diciamo che è il lavoro che ho sempre sognato di fare da quando ero piccola e sono felice di poter svolgere questa professione. E tu cosa fai nella vita?»

«Io sono una modella, infatti la mia agenzia ha deciso che trasferirmi qua sarebbe stata una buona idea. Avrebbe portato nuove offerte alla mia carriera, nuove opportunità, sa? E così è stato.»

«Ma è splendido, spero che la tua carriera vada per il meglio.»

«Grazie Anne, lo spero anch'io.» rispose con aria civettuola, sistemandosi poi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Era davvero buona la cena, Anne.» disse Louis una volta che finimmo di mangiare.

«Grazie caro, sono contenta che vi sia piaciuta.» rispose felice. Il secondo dopo sentii del liquido sul mio braccio e voltandomi vidi Mia con le mani davanti alla bocca e lo sguardo sul bicchiere di vetro versato sul tavolo.
Aveva versato l'acqua sul tavolo.

«Oops.»

«Mia! Guarda che cosa hai combinato!» la sgridò sua madre guardandola male.

«Amore, non è grave, è soltanto dell'acqua.» disse Louis.

«Abbiamo fatto una pessima figura, si che è grave Louis e poi adesso il suo vestito è tutto bagnato.»

«Stai tranquilla, non è successo nulla Eleanor, pulisco in un attimo.» disse mia madre alzandosi e prendendo il necessario per asciugare.

«Scusami ancora e aspetta, ti aiuto a pulire questo disastro.»

«Mia, vieni, ti trovo qualcosa da mettere.» mia con una faccia del tutto mortificata, mi prese la mano e uscimmo dalla cucina. Salimmo le scale, dirigendoci in camera mia. Sarebbe stato davvero difficile trovare qualcosa per lei, soprattutto perché una mia maglietta le sarebbe andata come vestito. Sentii qualcuno tirare su con il naso e non ci misi molto a capire che quella piccola bimba stava piangendo. Accesi la abat-jour che era posizionata sul mio comodino e mi sedetti sul bordo del letto, portandola subito sulle mie gambe, facendola sedere su di esse in modo che potessi guardarla in viso.

«Amore, non piangere, ehi.» tentai di asciugarle le lacrime che a poco a poco scivolavano sulle sue guance, ma lei non me lo permise visto che nascose il viso sul mio petto. Sentii dei passi provenire dalle scale e come immaginavo, pochi secondi dopo qualcuno apparve sulla soglia della porta di camera mia.

Era Louis.

«Mia, amore, perché piangi?» tentò di prenderla in braccio, ma lei si divincolò dalla sua presa, stringendomi più forte. Così Louis si sedette sul bordo del letto, accanto a me.

«Ehm, credo che sia per quello che è successo prima a tavola. Si dev'esser offesa.» gli spiegai a bassa voce accarezzando i capelli di Mia. Louis sospirò.

«Eleanor molte volte non sa come rivolgersi verso di lei. Come se si ostinasse a non capire che ha soltanto sei anni.»

«Poteva semplicemente riderci su e dirle di star attenta la prossima volta.»

«Avresti davvero fatto così?» mi chiese guardandomi negli occhi. In quel momento ebbi paura di aver detto una delle mie cavolate e il tutto perché non riuscivo a tenere la bocca chiusa. Strinsi maggiormente a me Mia, come a volermi proteggere.

«Ehm, sì.» risposi, m forse suonava più come una domanda.

«È quello che avrei fatto anch'io.» sorrise infine distogliendo lo sguardo e in quel momento mi morsi il labbro, reprimendo un sorriso del tutto ebete che stava per formarsi sulle mie labbra.

«Harry, ho freddo.»

«Oh giusto amore, vediamo di levare questo vestito e trovare un cambio.» le misi in piedi sul letto e l'aiutai a sfilarsi il vestito, che sembrava esser attaccato a quella povera bambina da quanto era stretto.

«Aiuto, sono incastrata.» sia io che Louis scoppiammo a ridere vedendola con la pancia scoperta e la testa dentro a quel vestito bagnato.

«Ecco fatto.» dissi dopo esser risulto a liberarla. «Ora vieni, andiamo a scegliere qualcosa da mettere?»

«Sì.» contenta, prese la mia mano e balzò giù dal materasso, correndo verso l'armadio.

«Penso che una mia vecchia maglietta potrà andarti bene come vestito.»

«Questa qua!» disse saltellando e indicandone una tutta blu.

«Ti piace?»

«Sì.»

«Allora deciso. Vieni ti aiuto a metterla.» mi inginocchiai difronte a lei per essere alla sua altezza e aiutai a vestirla. Spostai lo sguardo verso Louis e il mio cuore perse un battito nel vedere che ci stava guardando con un'espressione addolcita in volto e il labbro inferiore tra i denti.

Che stava succedendo ad entrambi?

«Finito!»

«Ma è bellissimo!» io e Louis ridemmo perché era come minimo larga tre volte e toccava terra come niente.

«Puoi portarmi in braccio, Harry?»

«Certo, amore.» la presi in braccio e mentre lei giocherellava con la mia camicia, mi risedetti sul letto accanto a Louis.

«Te la cavi bene con i bambini.»

«Amo soltanto stare in loro compagnia.» gli confessai arrossendo. Sentii Mia appoggiarsi al mio petto, forse dopo quella giornata era davvero stanca. Alzai lo sguardo, vendendo Louis guardarmi a sua volta e siccome non riuscivo a sostenere il suo sguardo fisso su di me, cercai di pensare a qualsiasi domanda da porgli.

«Ehm, Louis, tu come mai sei qua?»

«Qua dove?» non capivo se lo stava facendo per mettermi in imbarazzo o perché si divertiva a farmi arrossire.

«Q-qua a Mosca.»

«Per Eleanor. È mia moglie, se si sposta lei, ci spostiamo tutti.» la parola moglie mi fece tornare completamente alla realtà. Louis era un uomo spostato, aveva una figlia e forse era persino fin troppo sbagliato che avessimo un rapporto come quello che si era creato tra me e lui. Era un adulto, dovevo lasciargli gli spazi che gli servivano, non potevo continuamente soffocarlo. E poi, in quella risposta, fu come se non mi avesse raccontato tutta la verità. C'era ben altro dietro un trasferimento del genere.

«A cosa pensi?»

«Mh? Oh niente.»

«Sembravi così perso oggi.» disse a voce così bassa che averlo sentito era stato un miracolo.

«Come scusa?»

«Con quella ragazza, intendo.» rispose titubante.

«Sarah.» il mio sguardo si rabbuiò per un attimo. In quel momento non avrei voluto pensare a lei, non centrava nulla con noi, nulla. Era stato come se nominando la parola matrimonio e Sarah, mi avesse riportato immediatamente alla realtà. Perché la realtà era questa: Louis era sposato e aveva una figlia. Io avevo diciott'anni e una fidanzata. Qualsiasi altra cosa pensassi, era fin troppo sbagliato. Adesso che ci ripensavo, mi sentivo in colpa persino ad aver pensato che Louis, fosse bello. Non dovevo pensare a certe cose, lui era un uomo spostato e aveva persino una bambina. Come potevo pensare a lui in quel modo?

Dovevo fermare questa cosa che stava nascendo nel mio cuore, prima che potesse essere troppo tardi.

«Harry, c'è qualcosa che non va?» senza rendermene conto, una lacrima mi rigò il viso. «Harry, ti prego non piangere. Cosa succede?» avrei voluto coprirmi il viso, ma avevo Mia in braccio e non potevo fare molto dato che oltretutto si era anche addormentata.

«Posso dirti una cosa Louis?» ero stanco, non ne potevo più di tenermi le cose dentro. Mi fidavo di Louis e infondo sentivo come se per certe cose, potessi parlarne solo con lui, gli altri miei amici non avrebbero capito fino in fondo.

«Certo, puoi dirmi tutto ciò che vuoi.»

«Sono così stanco.» sorrisi, ma l'attimo dopo, piansi più che mai. Era da tanto tempo che non piangevo, talmente tanto che a momenti mi stavo dimenticando come fosse piangere. Louis si alzò, prese Mia dalle mie braccia, sdraiandola piano al centro del mio letto, chiuse la porta a chiave e dopodiché si risedette accanto a me. Non mi accorsi nemmeno che si era avvicinato così tanto fin quando due forti braccia mi circondarono avvolgendo completamente il mio corpo. E da quel momento, diventai sordo nei confronti di tutte quelle voci che urlavano nella mia testa e mi lasciai completante andare. Piansi tante lacrime, lacrime che avevo trattenuto per tutto quel tempo, perché altrimenti la mia immagine da persona all'apparenza perfetta si sarebbe sgretolata immediatamente.

«Non ne posso più.» iniziai a ripetere un infinità di volte.

«Va tutto bene, ci sono qui io.» Louis mi teneva stretto a sé, accarezzandomi la schiena, un po' come un padre farebbe nei confronti del proprio figlio nel momento del bisogno.

Chiudendo gli occhi, tornai a molti anni fa, a quando per mio padre ero ancora importante, quando nelle giornate di pioggia, lui mi abbracciava stretto a sé, perché avevo una tremenda paura dei temporali.
Ora le cose erano cambiate.
Il temporale, lo avevo dentro di me e lui non c'era più al mio fianco.

«Scusami.» mi scostai pian piano dal suo petto, non guardandolo nemmeno una volta negli occhi. Solo per quel momento, perché l'attimo dopo mi lasciò un bacio sulla punta del naso. Arrossì violentemente, alzando lo sguardo.

Era davvero successo?

«Non ti devi scusare, è normale piangere. Tutti piangono, anch'io piango. Nessuno è perfetto Harry.»

«M-ma loro voglio che io lo sia, capisci?»

«Loro chi?»

«Mia madre, Sarah e il resto delle persone che ho accanto.»

«Allora significa che non ti amano davvero.»

«Non capisco.»

«Loro sono quel tipo di persone che io definirei cieche. Loro si basano sull'apparenza, non a quello che c'è dentro una persona. Loro sono il perfetto esempio di ciò che è la società d'oggi.»

«Non so più che fare.»

«Harry, non vivere all'interno di una gabbia. Se non vuoi stare più con quella ragazza, se non stai bene con lei, se non sei felice con lei, allora non starle più accanto. In questo modo fai soltanto del male a te stesso e per di più, la illudi.»

«Ma Louis, io non riesco a trovare la chiave per uscire quella gabbia.»

«Harry, sono sicuro che la chiave è più vicino a te di quanto tu possa immaginare. La troverai.» ci guardammo negli occhi e dopo, seguì un lungo silenzio, un silenzio che parlava più di quanto non avrebbe dovuto.

«È meglio se andiamo di sotto, altrimenti ci daranno per dispersi.» mi sorrise. Alzandosi, prese Mia in braccio e poi aprì la porta di camera mia.

«Andiamo.»

Scendemmo le scale e dopodiché tornammo in cucina. Trovai mia madre e Eleanor coinvolte in una risata, mentre quest'ultima aiutava mia madre ad asciugare i piatti che avevamo usato per la cena e li rimetteva al loro posto.

«Oh Harry, sei qua. Devo dirti una cosa che ti piacerà sicuramente.» mia madre si asciugò le mani bagnate in uno straccio posto sul bancone della cucina e venne verso di me, seguita da Eleanor.

«Eleanor e Louis, da quello che mi ha raccontato, non stanno passando un ottimo periodo. Perciò, ti andrebbe di badare alla loro bambina qualche sera, mentre nelle loro uscite, cercheranno di restaurare un po' il loro rapporto?» schiusi la bocca per quella richiesta. Louis, dal canto suo, aveva la mia stessa espressione stupita. Erano cose private quelle, come aveva potuto essere così schietta e tra l'altro, parlarmene direttamente davanti ai diretti interessati?
Mi sarei immaginato di tutto quella sera, ma non quello. Tutto all'infuori che quella proposta.

Non mi piaceva Eleanor, non era la donna per Louis, lui meritava di meglio.
Meritava qualcuno che lo amasse sul serio.
Qualcuno che amasse tutto di lui.
Qualcuno che non fosse Eleanor.

Ma allo stesso tempo, volevo bene a Louis e quando vuoi bene ad una persona, finisci per far di tutto per essa, affinché sia felice.
Così, la risposta, che si era già formulata nella mia mente, uscì dalle mie labbra senza esitazione.

«Sì, li aiuterò.»

Continue Reading

You'll Also Like

3.1K 146 11
Non dimenticare Non dimenticarmi
11.2K 586 5
[Simuel] Ambientata in un ipotetico futuro dopo l'incidente di Simone. Manuel è deciso ad allontanarlo per non essere più motivo di sofferenza per l'...
43.2K 2.1K 20
[COMPLETA] Può un talent show cambiarti totalmente la vita e farti trovare l'amore della tua vita? Lo scoprirete leggendo questa storia che racconta...
196K 7.4K 69
«"Dimmi che non è un addio", così lontana ma anche così vicina» ⇨♥ «Lo sapevo che non te sarebbe andata bene, non sei il tipo de persona che da secon...