Capitolo 9

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«Eccolo là.» dissi notando attraverso il finestrino della macchina un ragazzo moro seduto su una panchina di un parco del tutto isolato. Quel giorno mi sarei davvero divertito tanto. Infondo quelle persone meritano solo di soffrire.

«Vladimir, veniamo con te?» mi chiese Blake, uno dei miei amici, iniziando a sorridere perché anche lui, come me, vedeva la futura fine per quel ragazzo.

«No, andrò io inizialmente, ma voi state fuori dalla macchina così che quando vi chiamerò, potrete venire.»

«Va bene.»

Scesi dalla macchina con un sorriso del tutto recitato sulle mie labbra e pian piano mi avvicinai al ragazzo. Non appena mi vide, il suo sguardo si rabbuiò per un secondo, ma l'attimo dopo deve aver per forza collegato le cose perché un sorriso apparve sulle sue labbra.

«Ei.»

«Ciao, come ti chiami?» fu questa la prima cosa che gli dissi.

«Alexander.» rispose arrossendo quasi. Patetico, non potevo davvero credere che al mondo esistessero persone del genere.

«Pensi davvero che io sia come te?»

«Cosa intendi, scusa?»

«Che sia un fottuto frocio?»

«Ma-»

«Ma nulla. Dove cazzo hai la testa? Sei per caso stupido?»

«Perché mi parli in questo modo? Io non ti ho fatto niente.»

«Ti parlo così perché mi fai schifo. Sei un mostro e persone come te non dovrebbero nemmeno esistere a questo mondo.»

«Non ci posso credere che tu stia dicendo queste cose...» disse iniziando ad indietreggiare evidentemente impaurito da ciò che gli avrei potuto fare.

«Ragazzi, guardate, qua abbiamo un frocio.» dissi richiamando gli altri che in men che non si dica circondarono quel ragazzo intimidendolo sempre di più. Esso provò a scappare via, ma prima che potesse far qualsiasi cosa, lo presi per l'orlo della maglietta e lo spinsi conto la ringhiera dietro di lui. Notai che stava iniziando a piangere e non potei davvero trattenermi dallo sputargli in faccia, cosa che fece aumentare il suo pianto.
Blake e Jacob furono subito lì a tenerlo fermo tenendolo per le braccia, mentre io e gli altri miei due compagni iniziammo a picchiarlo come era giusto che fosse.

«L-lasciatemi stare, vi prego.»

«Ti ho detto che puoi parlare?» gli chiesi tirandogli i capelli. Lui scosse la testa negando e dopodiché gli tirai un calcio nello stomaco così forte che gli fece perdere la poca forza che aveva nelle gambe per potersi tenere in piedi. Cadde a terra, ma di certo non l'avrei lascito libero. Infatti il secondo dopo ordinai a Blake e a Jacob di fermargli le braccia standoci semplicemente sopra in piedi. Il ragazzo urlò in preda al dolore, ma non mi fece nessun effetto, anzi, mi fece davvero ridere. Continuai a dargli ripetuti calci, non solo al suo stomaco, ma anche al suo fiso. Continuai finché non notai una gran pozza di sangue attorno a noi e il ragazzo privo di sensi. Il suo viso era del tutto inguardabile.

«Mi fai schifo, spero che brucerai all'interno. O per lo meno, che dopo tutti questi colpi che ti abbiamo dato, tu riuscirai a tornare normale come lo eri una volta.»

Io e gli altri ci mettemmo a ridere, come facevamo al nostro solito ogni volta che picchiavano o facevamo del male a persone come loro. Infondo, avrei voluto ridurlo peggio, ma non ero mai arrivato ad uccidere una persona, forse negli anni a venire sarei anche arrivato a quel punto, ma per il momento non c'ero ancora arrivato. Quelle persone devono capire una volta per tutte che se continueranno ad essere così, bruceranno dritte all'inferno, perché non sono nient'altro che dei peccatori. Perciò l'unico modo per farglielo capire, è facendogli del male.

Stranger in MoscowWhere stories live. Discover now