Capitolo 17

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Quel pomeriggio, anche se l'aveva capito, avevo spiegato a Louis che purtroppo non avremo potuto trascorrere la serata insieme.

Ero in macchina e mia madre stava guidando al mio fianco. Ero nervoso ma non l'avrei dato a vedere, non quella volta o davvero mia madre avrebbe scoperto che dietro si celava qualcosa.
Arrivammo a casa della famiglia di Sarah e lei non esitò un secondo a scusarsi con tutti e prendermi da parte.

«Mi spieghi che succede?» mi chiese in tono scontroso guardandomi negli occhi. Quella sera aveva tirato i capelli in una coda alta e indossava un vestito nero elegante che le arrivava sopra il ginocchio. Avrei scommesso che si trattasse di una di quelle marche che solo a vederne il prezzo ti viene da svenire.

«Ne so quanto te.»

«Se solo ti sei azzardato a-»

«Sarah, basta. Cosa ci guadagnerei a parlare? Niente. Siamo nella stessa situazione, devo ricordartelo ogni volta?»

«lo so che siamo nella stessa situazione.»

«E allora perché non la smettiamo? Se solo collaborassimo una buona volta le cose sarebbero diverse.»

«Io e te?» mi chiese come se andare d'accordo ormai era una cosa che non stava né incielo né in terra.

«Un tempo, prima di Vladimir non la pensavi così.» pensavo che tutto quello che avrei guadagnato fosse uno schiaffo in pieno volto, ma dovetti ricredermi dal momento in cui mi offrì la sua mano.

«Grazie.» dissi sospirando.

«E ora andiamo a recitare questa pagliacciata.» mi disse prendendomi per mano e dirigendosi in sala dove le nostre famiglie erano sedute attorno al tavolo.

«Allora Harry, come sta andando con la scuola?» mi chiese il padre di Sarah. Quell'uomo era una delle persone che mai avrei capito in vita mia. Era così falso, era ovvio che aveva posto quella domanda per finire chissà solo dove sapeva lui. A lui interessava solo dei soldi e di fare affari, per il resto, tutto sarebbe potuto scomparire che lui nemmeno se ne sarebbe accorto.

«Bene signore.» risposi senza accennare minimamente alla mia piccola decadenza in matematica. Se ne avessi parlato, quelle persone mi avrebbero definito una persona che non riusciva ad apprendere abbastanza. Quella era l'ultima cosa che avrei voluto sentirmi dire.

«Mi fa piacere.» prese il bicchiere di vetro e dopo averne fatto girare il vino rosso ne bevve un sorso.

«Grazie per averci invitato a cena stasera.» disse mia madre sorridendo cordialmente.

«Oh Anne, figurati.» rispose la madre della ragazza. Mi sembrava di esser all'interno di un'abitazione di cristallo, luogo in cui se sbagliavi una mossa, le conseguenze sarebbero state fatali. Odiavo tutto quello, odiavo vivere in una bugia e non poter dire chi veramente fossi o amassi.

«Harry, ormai hai diciott'anni, non ti sembra figliolo che la tua relazione con Sarah debba passare al passo successivo?»

«Come scusa? Che vuoi dire?» chiese Sarah smettendo improvvisamente di mangiare.

«Voglio dire che dovreste fidanzarvi.»

«Ma noi siamo già fidanzati papà.» Sarah era nervosa, troppo nervosa, lo riuscì a capire dal suo sorriso e dal modo in cui batteva ripetutamente il piede sul pavimento.

«No, intendevo dire ufficialmente.»

«Scherzi vero?»

«No.» sorrise l'uomo sicuro di sé.

«Papà, abbiamo entrambi diciott'anni, non quaranta, finiscila una buona volta di decidere per me la vita che dovrei condurre.» suo padre si alzò e le tirò uno schiaffo in pieno volto davanti a tutti.

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