Light Academy - L'accademia d...

By Joey_Tre

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[Sequel di Dark Academy] Una ragazza scomparsa, un potere instabile, una confraternita piena di segreti. Ci s... More

Trailer + Preludio
Characters aesthetics
Alina's POV
Alina - Verso la voragine
Alina - Come un virus - 1/2
Alina - Come un virus - 2/2
Zoe - Interludio I - 1/2
Zoe - Interludio I - 2/2
Alina - Primi passi nervosi - 2/2
Alina - Ricerche - 1/2
Alina - Ricerche - 2/2
Zoe - Interludio II - 1/2
Zoe - Interludio II - 2/2
Lucilla - Un macchinario rotto - 1/2
Lucilla - Un macchinario rotto - 2/2
Lucilla - Il piano - 1/2
Lucilla - Il piano - 2/2
Zoe - Interludio III - 1/2
Zoe - Interludio III - 2/2
Lucilla - Lo scontro - 1/2
Lucilla - Lo scontro - 2/2
Lucilla - La svolta - 1/2
Lucilla - La svolta - 2/2
Evie - Una mina nel cuore - 1/2
Evie - Una mina nel cuore - 2/2

Alina - Primi passi nervosi - 1/2

56 11 75
By Joey_Tre

«Maltempo quindi, eh?»

La voce di mio padre è sempre calma, anche quando gli dico le cose più folli.

Come quando ho versato un bicchiere di succo d'arancia sulla tastiera del nuovo computer portatile o distrutto la statua del Buddha in giardino dopo una retromarcia un po' coraggiosa, il giorno dopo aver conseguito la patente.

«Sì, il volo è stato cancellato» mi azzardo a mantenere sempre lo stesso tono di voce piatto, mentre lancio un'occhiata dall'altra parte del soggiorno.

Zoe è ancora seduta a gambe incrociate sul divano, il mio computer sopravvissuto all'incidente del succo è aperto accanto a lei, con la foto del padre di Nina a tutto schermo. Sento che c'è una correlazione con la scomparsa e con quello che ho visto al Samhain. Forse è stato proprio l'uomo a rapirla.

Che strana parola, mi fa sentire un vuoto che nessun pensiero logico è in grado di colmare. Prendo fiato, poi sollevo gli occhi al soffitto. Prevengo così le lacrime, non è ancora arrivato il momento di lasciarmi andare. C'è ancora tanto, troppo a cui pensare. Devo assicurarmi che i miei genitori non chiamino la compagnia aerea per il rimborso del biglietto.

«Ho già ottenuto un rimborso per il prossimo acquisto del volo».

Mento sapendo di dover mettere da parte un po' di soldi, forse chiedere un prestito a Zoe, anche se la prospettiva mi fa venire il voltastomaco.

«Oh, va bene. Ma va tutto bene? Hai una voce strana».

Non posso davvero nascondergli nulla. Per un po' mi sono illusa di poterlo fare. È stato lo stesso periodo in cui ho deciso di stirare i miei ricci con diversi prodotti chimici, andando contro la mia stessa natura e cedendo al vano desiderio di imitare Zendaya alla fashion week di Parigi. Con mio padre è stato lo stesso. A mia discolpa posso solo constatare quanto come persona sia incredibilmente facile da sottovalutare. Ha speso buona parte della sua vita senza mai prendere decisioni, si è lasciato "accadere" una buona percentuale di eventi in modo più o meno casuale, giustificandosi sempre con strampalate teorie che prevendono un'ottima conoscenza del buddismo e dell'omeopatia. Sì, mio padre è un naturopata. Quando non impartisce lezioni di yoga e di riflessologia plantare, va in giro scalzo per "sentire la natura" sotto i suoi piedi, anche se è l'asfalto del parcheggio del supermercato biologico in cui si ostina a riempire il carrello di pseudo alimenti miracolosi. Per tanto tempo ho fatto l'errore di non vedere quanto sia in grado di percepire il mio umore. Ma adesso che siamo al telefono e a diverse migliaia di chilometri di distanza, finalmente l'ho capito.

«No, papà... Nina è scomparsa, domani la notizia sarà su tutti i giornali».

Sento il labbro inferiore tremare incontrollato.

«Passami Zoe, voglio parlare con lei».

La sua voce è di colpo più profonda. Attraverso la stanza e mi avvicino alla mamma della mia migliore amica per allungarle il telefono. Zoe mi guarda senza capire.

«È mio padre, vuole parlare con te».

La guardo afferrare il mio cellulare dopo essersi passata la manica del largo maglione bordeaux sulla faccia per asciugare in fretta il volto. Delle macchie rosse compaiono sulla pelle.

Qualcuno suona il campanello.

«Ti dispiace andare a vedere chi è?» mi chiede sottovoce, per poi portare il cellulare all'orecchio.

Annuisco, fiondandomi verso la porta in legno da cui sono anche partiti dei colpi rapidi. Dall'altra parte trovo Mark, il collega di Zoe.

«Finalmente, questi cartoni scottano».

Lo guardo piegarsi in avanti e porgermi tre confezioni bianche con la scritta rossa "pizza" a caratteri cubitali. Da sotto il braccio sfila una grossa risma di fogli legati insieme. L'odore della mozzarella sciolta e del pomodoro si mischiano all'inchiostro di stampa. L'occhio corre sulla prima pagina: sono volantini. La foto è, per ironia della sorte, l'ultima che Zoe ci ha scattato insieme. La mia figura è stata ritagliata, anche se sul bordo è ancora visibile qualche sprazzo del tulle rosa che ho indossato. Nina è al centro della foto che è stata ingrandita fino a occupare la maggior parte del volantino. La bassa qualità dell'immagine la rende sgranata ma non cancella il sorriso triste della mia migliore amica.

La parola "scomparsa" campeggia sopra di lei. Sento la testa farsi leggera e l'unico accenno di fame va a farsi benedire appresso al senso di nausea che si avviluppa alla bocca dello stomaco.

«Alina, giusto?» mi chiede Mark.

Annuisco, guardandolo in volto. L'uomo ha qualche anno in più di Zoe, barba e capelli brizzolati e un intenso odore di colonia. Indossa un trench nero e dei pantaloni color cachi. Al collo ha una sciarpa dalla trama scozzese che unisce tutti i colori dell'outfit. Ha un aspetto molto curato, a differenza di ciò che di solito indossa Zoe dopo i turni in laboratorio. Annuisco senza dire nulla, sono ancora molto scossa dai volantini.

«Mi aiuteresti a trovare salviette, bicchieri e posate?» mormora. Si vede che mi parla con l'intenzione di calmarmi.

Mi dirigo verso l'isola di marmo e legno, alle spalle del salotto, per poggiare le tre scatole di pizza. La voce di Zoe si fa sempre più vicina.

«Oh, Tom, grazie davvero. Spero che Alina possa restare ancora qui, almeno fino al ritorno della mia piccola a casa».

Un brivido risale la schiena.

Tornerai mai a casa, Nina?

Zoe mi passa il telefono e anche il suo sguardo crolla sui volantini poggiati accanto le pizze. Il viso si contrae in una smorfia di dolore. La mano cerca in fretta un appiglio, finendo sullo schienale di una sedia accanto. Le ginocchia si piegano appena, minacciando di farle perdere l'equilibrio. Mark scatta verso di lei, le braccia tese sotto le sue. L'uomo l'attira a sé, stringendola in un forte abbraccio. Guardo Zoe rannicchiarsi contro il petto e sparire nella stretta.

«La troveremo, stai tranquilla».

Mi sposto alla ricerca di piatti e bicchieri nella dispensa sopra di me, per un attimo forse mi sento di troppo.

«Forza, dovete mangiare qualcosa e rimettervi in forze».

Questa premura è un balsamo per entrambe; non credevo di averne bisogno, ma ora che lo guardo offrirci la cena e condirla di parole così rassicuranti, mi sento meglio. Anche se gli occhi bruciano ancora, anche se ogni muscolo del corpo sembra fare uno sforzo enorme per muoversi.

Ci sediamo attorno all'isola della cucina. C'è poco spazio e ogni angolo sembra precipitato nell'entropia del caos, ma almeno siamo insieme. Mangiamo senza dire nulla, chiudendoci in questo angolo di normalità e lasciando la realtà fuori da questa stanza per un po'. Il vento soffia con rabbia contro il vetro della finestra, invitandomi a sollevare lo sguardo verso il buio fuori.

«L'adrenalina si abbasserà, presto vi sentirete esauste» afferma Mark.

Zoe scuote la testa con decisione. Le dita scorrono frenetiche sullo schermo del telefono acceso, la pizza è ancora intatta di fronte a lei.

«Devo essere sicura che ci sia abbastanza batteria e che la linea funzioni».

«Zoe...»

«Chiamami, ho bisogno di sapere che non ci siano problemi di ricezione».

«La polizia sta facendo tutto il possibile».

«Smettila».

Zoe si porta le mani alle orecchie e strizza gli occhi. La voce è intinta nell'ansia che sembra consumarla sempre di più e renderla immune alla logica. Non la riconosco più.

Ha ragione, è una benedizione il fatto che io non sia salita su quell'aereo. Qualcosa nella pancia mi ha imposto di tornare indietro e non è solo la foto del padre di Nina. Ci sono troppe bugie nell'aria, troppe cose non dette che devo scoprire.

«Va bene, ti chiamo. Ma tu promettimi che manderai giù almeno un pezzo di pizza».

Dal tono assertivo dell'uomo si avverte tutta la sua apprensione nei confronti di Zoe, che ora è chiusa in un cerchio di pensieri ossessivi ed è impossibile distrarla.

«Dopo cena potremmo andare in giro a fissare i primi volantini nel quartiere» propongo.

Zoe solleva gli occhi nei miei, sono privi di luce ma per un attimo li spalanca, come spinta da un accenno di speranza.

«Ottima idea, perché non ci avevo pensato prima?».

«Sono stato alla Grand Chilton e ho già parlato con il preside: domani pomeriggio partirà un corteo di studenti e genitori che vogliono partecipare alle ricerche».

Sento un altro brivido bloccarmi il respiro, è così forte che faccio fatica a frenarlo. Zoe e Mark però sono troppo presi dalla conversazione per notare il tremore che le parole dell'uomo mi hanno provocato.

Non posso fare a meno di tornare con la mente a quella leggenda che mesi fa ho trovato in un vecchio forum, mentre cercavo informazioni sulla storia della Gran Chilton: riguardava la confraternita Omega e una strana dimensione fatta di energia oscura in eccesso, capace di funzionare come una specie di droga distruttiva.

È forse la stessa energia che ho visto travolgere Leonard Hans solo due notti fa, proprio tramite la ferita che Nina ha sempre cercato di nascondere.

Ci dev'essere un collegamento. Cerco di fissare questo pensiero nella mente annebbiata dallo stress accumulato mentre mastico in modo meccanico una fetta di pizza ormai fredda.

«La polizia ci aspetta in centrale domani pomeriggio» mormora Zoe, anche lei ha finalmente addentato il primo spicchio di margherita.

«Vi accompagno io, ovviamente» aggiunge Mark, lanciandomi un sorriso pieno di calore.

Ora sono con voi, sembra voglia dirci.

Non dovrete sentirvi sole.

Zoe annuisce, sembra di nuovo sopraffatta dal peso di tutto.

«Forza» mormoro, versando un po' d'acqua nel suo bicchiere, «finiamo di mangiare e poi usciamo».

Mark osserva i miei movimenti con un'occhiata piena di gratitudine: siamo alleati, in qualche modo.

«Alina ha ragione» dice poi, «finiamo e usciamo, una passeggiata ci farà bene».

Annuisco.

Dormirò sul divano questa notte. L'idea di chiudere gli occhi nella sua camera da letto vuota mi mette i brividi. Non ho nemmeno il coraggio di entrarci.

Non senza di te, Nina.

Non prima del tuo ritorno. 


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