Light Academy - L'accademia d...

By Joey_Tre

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[Sequel di Dark Academy] Una ragazza scomparsa, un potere instabile, una confraternita piena di segreti. Ci s... More

Trailer + Preludio
Characters aesthetics
Alina's POV
Alina - Verso la voragine
Alina - Come un virus - 1/2
Alina - Come un virus - 2/2
Zoe - Interludio I - 1/2
Alina - Primi passi nervosi - 1/2
Alina - Primi passi nervosi - 2/2
Alina - Ricerche - 1/2
Alina - Ricerche - 2/2
Zoe - Interludio II - 1/2
Zoe - Interludio II - 2/2
Lucilla - Un macchinario rotto - 1/2
Lucilla - Un macchinario rotto - 2/2
Lucilla - Il piano - 1/2
Lucilla - Il piano - 2/2

Zoe - Interludio I - 2/2

60 10 92
By Joey_Tre


Annuisco e lascio che la scatola finisca nelle tue mani. Il peso, sproporzionato rispetto al volume, ti fa vacillare per un breve attimo.

«Hai per caso un taglierino? Voglio aprirlo subito» affermo con sicurezza, la stessa che mi spinge a compiere il primo passo verso la tua stanza. Un odore di cannella e vaniglia mi avvolge. Mi guardo intorno e il troppo ordine salta subito all'occhio. Sento la delusione bruciare: speravo di cogliere qualsiasi altro elemento che potesse raccontarmi di te prima che sia tu stesso a farlo. Invece l'appartamento è la copia speculare del mio, ma sembra tu non ci abbia vissuto affatto. 

Mi volto e noto che hai poggiato la scatola sul piano cottura accanto il bollitore, che è già acceso e rilascia un borbottio gradevole, decorando così il silenzio in cui siamo tornati senza che questo ci faccia sentire in imbarazzo. 

«Prima volta a Tokyo?» mi chiedi mentre sei di spalle e con un movimento deciso tagli la parte superiore del cartone. 

«Sì, è per il Mineral Show; il mio relatore voleva che rappresentassi l'università dell'Arizona e lo studio che ho elaborato per la tesi del mio master». 

Mi avvicino in punta di piedi guardando oltre le tue spalle. Una nuvola di profumo mi avvolge: è il tuo odore, un misto di resina e legna. È dolce, sembra miele. Ma c'è una nota un po' stonata che lo rende ancora più intenso e voluttuoso. 

«Ecco perché risiedi qui all'isola di Odaiba» ribatti in un sussurro, sollevando lo strato di cartone ormai ridotto a una semi poltiglia a causa della pioggia. Il residence studentesco è il più vicino al luogo in cui si terrà l'evento e a giudicare dal quartiere ultra moderno, anche di recente costruzione. L'interno della scatola è sommerso di minerali di varie forme e dimensioni, alcuni dal taglio netto, altri dai contorni più smussati. 

«Perfetto, è tutto integro».

Mi lascio andare a un sospiro di sollievo. 

«Mi pare proprio il contrario, sembrano tutti frammenti e schegge» farfugli mentre ti pieghi alla ricerca delle tazze e della scatola del tè in un ripiano del mini angolo cottura. 

«Credimi, ho avuto a che fare con questi minerali così a lungo che ognuno di loro nella mia testa ora ha un soprannome, quindi direi di conoscerli fin troppo bene». 

«Tipo?».

«Quel pezzo di quarzo rosa è Babe».

«Come il maialino coraggioso?».

Annuisco, serissima. 

Le tue spalle sussultano ancora, sei incapace di frenare una risata e sono felice di ciò: voglio vedere il tuo volto illuminarsi ancora, a costo di rendermi ridicola più e più volte. 

«Parlami del tuo studio: di che cosa si tratta?». 

La tua voce ha cambiato tonalità, ora è più bassa. Ti osservo immergere la bustina di tè nero nell'acqua bollente che hai versato in due tazze di ceramica bianca, le stesse che ho trovato io nel mio appartamento. Viviamo in due stanze speculari, con lo stesso mobilio e la stessa vista sul Rainbow Bridge, eppure non ci conosciamo affatto. Questo pensiero mi dà un senso di smarrimento. 

«Prima tu, Theo. Di che cosa ti occupi?». 

Sollevi un sopracciglio, colpito dalla mia abilità di spostare l'attenzione su di te. 

«Studio psicologia». 

Con questa risposta sprofondi di nuovo in un alone di mistero. Mi allunghi una delle due tazze e quando l'afferro le nostre dita si sfiorano. La mia mente imprime la sensazione dell'averti toccato per la prima volta e ciò ha il potere di imbambolarmi. È l'ovulazione, è decisamente quella. O magari il fatto che io non esca con un ragazzo da più di sei mesi a causa dello studio di questi stramaledetti minerali a cui sono legata in modo quasi anomalo. 

Ma tu non sei un ragazzo, sei un uomo. La tua barba, il tuo odore, le tue movenze, tutto di te me lo ricorda. 

«E di cosa ti occupi, esattamente?» riprendo, portando la tazza alle labbra e bevendo un sorso di tè. Poggio un fianco sul piano cottura e incrocio le gambe per ostentare sicurezza, guardandoti dritto negli occhi. Poi mi tocco i capelli, spostandoli sulla spalla con un movimento fin troppo lento. Oddio, mi sento una stupida. Che sto facendo?

Tu distogli lo sguardo, sembri voler temporeggiare, forse stai solo cercando le parole giuste. 

«Voglio specializzarmi nello studio della sindrome post traumatica da stress e per fare questo mi sono interessato all'attentato nella metropolitana a Tokyo del 1995». 

Deglutisco, ricomponendomi. Ricordo bene quell'evento, la tv locale di Phoenix ne aveva parlato per settimane. 

«Quello con il gas nervino sarin?».

Ovviamente ricordo i dettagli che mi avevano colpito di più. Molte vittime, raggiunto il primo ospedale disponibile, avevano ricevuto dai dottori una diagnosi errata, così che gli effetti dell'intossicazione erano peggiorati drasticamente. 

Tu annuisci, scuro in volto. Non hai ancora toccato la tua tazza di tè. 

«Da un paio di anni studio i racconti delle vittime e i sintomi che hanno sviluppato anni dopo l'attacco. In realtà, mi interessa anche molto la storia del responsabile, Shoko Asahara». 

«Non so nulla di lui, né del movente» mormoro, arrossendo. Mi vergogno un po' di non sapere, ma voglio continuare a parlarti. Il fatto che io sia rimasta bloccata fuori dal mio appartamento inizia a svanire, è diventato un dettaglio inutile perso da qualche parte nella mente. Non voglio smettere di ascoltarti. 

«Era il capo dell'organizzazione religiosa Aum Shinrikyo, una setta che ha sincretizzato diverse religioni. La loro credenza era di poter... diciamo alterare la mente degli adepti, di creare degli individui sempre più illuminati».

Il mio sguardo si dilunga troppo sulle tue labbra. Sono sottili, rosee, perfette. Tu sollevi gli occhi, cogliendomi in flagrante. È così ovvio? 

«Andiamo, ora tocca a te» riprendi poi, bevendo finalmente un sorso di tè e nascondendo a fatica un sorriso malizioso dietro la tazza che sollevi sul tuo viso. 

Oddio, hai capito tutto. 

Sono una stupida.

Voglio sprofondare.  

«Ho portato avanti uno studio sulla formazione di minerali da parte di alcuni batteri nelle comunità microbiotiche naturali».

Parlo in modo meccanico, se mi guardassi da fuori mi farei una pena immensa. Mi nascondo dietro la tazza di tè, che tracanno a velocità sostenuta. 

«Molto più interessante del mio, non c'è dubbio» mormori. 

Il successivo sorso rischia di soffocarmi. 

«Scusami?! La psicologia è una scienza tanto più affascinante dei mostriciattoli che passo a fissare al microscopio». 

«Sei molto giovane, Zoe» dici - colpendomi con lo sguardo più cupo e intenso che io abbia mai visto - «devi ammettere che questo è un traguardo accademico notevole». 

«Beh, ecco, io...» farfuglio, confusa. È un complimento oppure mi stai dando dell'ingenua? Non sono così giovane, poi. Ho venticinque anni, la metà delle mie amiche a Phoenix è sposata e ha un figlio. Sono io quella sbagliata, che cerca di trovare un senso alla vita nascondendosi dietro la microbiologia e la medicina e illudendomi del fatto che queste possano rispondere davvero a tutte le domande.  

Ti allunghi verso di me e afferri la tazza vuota che ho ancora in mano, scrutandomi in silenzio. I tuoi occhi marroni sono così grandi che riesco a intravedere il riflesso delle mie guance arrossate. 

Non lo so ancora, quante volte ancora li rivedrò. 

Non in te ma nella figlia che non ti dirò di aver deciso di tenere. 

E in questa foto che ora mi ha ricordato di una cosa tanto banale quanto scontata: sei stato un adolescente anche tu. 

E qui, a Ladby. Alla Grand Chilton. 

Il suono della tua voce torna a tormentarmi e coccolarmi: è lì che mi sono rifugiata in tutti questi anni di assenza. Ma ora fa male, non riesco a sopportarla. 

«Che dici, dottoressa Harper, andiamo a recuperare le chiavi?». 

Spazio autrice

Cari accademici,
terzo Lucilla Day per voi!
Come vi è sembrato questo cambio POV?
Incontreremo diversi intermezzi simili nel corso della storia. Io ho amato fare ricerca per questo (lo studio portato avanti da Zoe esiste davvero, così come tutte le vicende che riguardano l'attentato a Tokyo).
Io intanto vi saluto da Edimburgo: proprio qui nei dintorni ho ambientato la storia di Dark e Light Academy e devo dire che sono due giorni che urlo "oh mio dio è proprio come l'ho immaginato" ogni cinque metri. A parte il meteo: di solito piove sempre ma ho beccato i due giorni più soleggiati dell'anno (mi sono anche scottata la faccia). Gli scozzesi sconvolti mi hanno detto: hai portato il sole dall'Italia! ☀️
Chi glielo dice che vivo in Germania? 👀
La vostra,
Joey Tre

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