La Guerra degli Dei - La Pres...

By Letizia_Writer

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Quando la madre di Selene si ammalò, ella si dedicò con anima e corpo a prendersene cura, determinata a non p... More

Introduzione/Cast
Prologo
Il Patto degli Antichi
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By Letizia_Writer

Quella mattina, mentre Selene percorreva di nuovo la strada che l'avrebbe portata nello studio della signora Fiona, Selene fu sorpresa da una visione inaspettata: il volto di Aron era stato affisso sugli alberi e sulle facciate delle case, con sotto la scritta "SCOMPARSO".

Le viscere si annodarono tra loro.

Lo sguardo di Aron, catturato in quelle immagini, sembrava fissarla da ogni angolo, come se volesse entrare nel suo animo e leggere ogni pensiero celato.

Il vento leggero ondeggiava il suo ritratto. Non poteva evitare il ricordo delle sue mani avide sul suo corpo e delle sue urla. Era un ricordo doloroso, un nodo che avrebbe voluto sciogliere da tempo. Invece, si trovò a considerare quanto poco sentisse la sua mancanza. Era grata a chiunque lo avesse tolto di dosso, a chiunque l'avesse liberata da quella tortura.

Raggiunse la bottega della signora Fiona, e non appena varcò la soglia, fu avvolta dalla sua presenza.

«Sei arrivata» disse con uno sbruffò. «Devi iniziare subito con questi abiti.»

Le indicò un tavolo ingombro di tessuti e disegni, e il suo cuore si fece più pesante. Quel giorno, come se non bastasse, avrebbe dovuto lavorare il triplo.

«Ecco i tuoi compiti» disse, porgendole i fogli con i disegni e scrutandola con occhi critici. «Questi clienti sono esigenti, quindi niente errori. Non voglio che rovini il mio buon nome con le tue incapacità.»

Le sue parole pungenti la attraversarono come lame affilate. Accettò il lavoro con un cenno sommesso e si diresse verso la sua stanza, richiudendo la porta alle sue spalle, mettendo una barriera tra lei e quella donna.

Le ore trascorsero lente, un'ombra alla volta che si allungava e si sfumava nell'atmosfera dello studio. Mentre si accingeva a raccogliere le sue cose per la giornata, la voce tagliente della signora Fiona risuonò attraverso la stanza.

«Selene!» la sua voce stridula e acuta interruppe i suoi movimenti.

Dovette abbandonare gli abiti che stava lavorando e precipitarsi fuori dalla sua stanza, solo per trovarsi di fronte alla signora Fiona in conversazione con qualcuno. Il suo corpo bloccava la vista dell'altro individuo, rendendo impossibile per lei vedere chi si nascondesse dietro di lei.

«E-Eccomi» balbettò, nervosa, mentre si portava le dita alle labbra, cercando un po' di conforto dalle pellicine.

La signora Fiona si voltò verso di lei, e i suoi occhi penetranti sembravano scrutare ogni sua espressione.

«Selene» disse di nuovo. La sua voce tagliente come sempre. «Lui è Damyan Drancurthen.»

Non appena pronunciò il nome, un brivido le attraversò la schiena. Guardò l'uomo di fronte a lei, cercando di trattenere la sorpresa che stava bollendo dentro di lei.

Era lui.

L'uomo che aveva incontrato nel bosco quella notte misteriosa. Il suo sconosciuto dalle profonde e affascinanti parole.

Le sue fattezze erano ora illuminate dalla luce della bottega, e tutto le tornò alla memoria. I suoi occhi smeraldo che brillavano con un'intensità enigmatica, la mascella tagliente che conferiva un'aria di mistero al suo volto, il suo sguardo che sembrava scavalcare ogni barriera.

Si sentì come se il tempo si fosse fermato mentre rimaneva lì, a fissarlo.

Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi faccia a faccia con lui, lì, nello studio della signora Fiona.

«È un piacere rivedervi, Selene» pronunciò Damyan con un tono che sembrava portare con sé un'aura di mistero e una sottintesa comprensione.

Un brivido le attraversò ancora una volta mentre i loro sguardi si incrociavano.

«Il piacere è mio, signor Drancurthen» fece un leggero inchino, nascondendo le sue guance arrossate con i capelli, che ricaddero davanti al viso.

Era difficile ignorare l'effetto che la sua presenza aveva su di lei.

Fiona guardò entrambi con confusione, ma non proferì parola, piuttosto batté le mani.

«Ora che vi siete rivisti» sottolineò, riportandola con i piedi per terra, «il Signor Drancurthen desidera che tu cucia un completo su misura per lui» continuò, facendola sbarrare leggermente gli occhi. «Anche se, come gli ho già detto, tu non cuci abiti maschili, ma sembra che preferisca lo stesso che sia tu ad occupartene, per qualche strana ragione» mormorò infine, guardandola con disprezzo.

In quel momento, una sensazione di imbarazzo e curiosità si mescolarono dentro Selene.

«Ho visto gli abiti cuciti da Selene indossati da molte donne del villaggio, e devo dire che ne sono rimasto piuttosto sorpreso» intervenne lui, gettando una luce inaspettata sulla situazione.

La signora Fiona sembrò quasi sconvolta dalle sue parole, quasi come se avesse rubato le parole dalla sua bocca. L'interesse che Damyan dimostrava per i suoi abiti la sorprese, eppure non riuscì a nascondere un brivido di emozione. Era una sorta di riconoscimento che la toccava profondamente.

«Davvero?» domandò la signora Fiona, la sua voce tremante di curiosità, come se volesse sentire di più.

«Sì, davvero» ribatté Damyan con fermezza. «Ho notato che riesce a catturare la personalità di chi indossa i suoi abiti. Non è una qualità comune tra i sarti.»

Le sue parole la toccarono nel profondo. Era un complimento che andava oltre la maestria tecnica, un riconoscimento della sua capacità di trasmettere emozioni attraverso i suoi abiti. Nessuno mai si era complimentato con lei per il suo lavoro.

Damyan la osservò con uno sguardo penetrante, come se cercasse di scoprire qualcosa di più profondo dentro di lei. «È un dono straordinario, e sono sicuro che potrà tradursi anche in un abito maschile.»

Così come la Signora Fiona, Selene rimase senza parole. Le parole di Damyan e la sua attenzione la colpirono in modo inaspettato.

Damyan sembrava avere una conoscenza sorprendente dei dettagli della vita di Selene, suscitando in lei una sensazione di meraviglia e sconcerto. Era difficile capire come avesse ottenuto queste informazioni così precise e personali. Aveva forse interrogato la signora Fiona? O forse aveva dedotto alcuni elementi dalle sue osservazioni?

Quel che era certo, per Selene, era che c'era qualcosa di misterioso e enigmatico in tutta questa situazione, qualcosa che andava al di là delle apparenze.

Con una risolutezza rinnovata, incrociò lo sguardo di Damyan, sentendo il calore delle sue parole risuonare dentro di lei. Sentì il desiderio ardente di mostrare la sua gratitudine e la sua determinazione di onorare l'opportunità che le stava offrendo.

«Farò del mio meglio» dichiarò con fermezza, lasciando trasparire la fiducia che cresceva dentro di lei.

«Ne sono certo.»

Il sorriso di Damyan, radioso e rassicurante, sembrava illuminare l'ambiente intorno a loro, sciogliendo le tensioni e creando un'atmosfera di intesa.

«Bene, ora che siete d'accordo, dobbiamo discutere i dettagli, dei requisiti del completo e delle misure» intervenne la Signora Fiona, riportando l'attenzione sulla questione pratica.

«Adesso ho un importante incontro di lavoro» annunciò Damyan, con un tono che trasmetteva un senso di urgenza. «Se a Selene va bene, domani farò in modo che una delle mie carrozze la venga a prendere e la porti a casa mia, così da poter discuterne con calma.»

Selene rimase sorpresa dall'offerta di Damyan, un gesto inaspettato e generoso che rivelava la sua attenzione e il suo interesse nei suoi confronti. Sentì un calore diffondersi dentro di lei, alimentato dalla gentilezza di quell'uomo affascinante.

«Certo che le va bene» confermò la signora Fiona, ma Selene notò che Damyan non le rivolse nemmeno uno sguardo. I suoi occhi erano fissi su di lei, aspettando la sua risposta.

Il cuore di Selene batté più forte, ma annuì con decisione. «Con gioia, mio signore», rispose con un filo di emozione nella voce.

Un sorriso appena accennato danzò sulle labbra di Damyan, come se avesse previsto la risposta di Selene.

«Ottimo», disse infine, distogliendo lo sguardo da lei e rivolgendosi alla signora Fiona. «Allora così sarà. Grazie, Selene.»

La signora Fiona sembrava sorpresa dall'attenzione esclusiva di Damyan verso Selene, non abituata a essere messa da parte. Tuttavia, si sforzò di mantenere un sorriso cordiale mentre lo salutava.

Damyan lasciò la bottega, chiudendo la porta alle sue spalle, ma il suo sguardo continuava a bruciare nella mente di Selene, proprio come l'ultima volta.

Immersa nei suoi pensieri, fu scossa da un improvviso strattono al braccio.

Davanti a lei, la signora Fiona la guardava con uno sguardo feroce. «Vedi di non farmi fare brutte figure, altrimenti ritieniti senza lavoro», disse con voce severa.

Dopo quel breve scambio, la signora Fiona rilasciò la presa sulla manica dell'abito di Selene, che si ritirò nella sua stanza. Lì, la aspettavano gli altri abiti da preparare. Nonostante fosse immersa nel lavoro, non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine di Damyan e l'ansia che cresceva dentro di lei.

Sperava con tutto il cuore di riuscire a creare l'abito esattamente come lui desiderava. Non poteva permettersi errori o intoppi.

Con un sospiro, Selene riprese a fissare gli orli degli abiti, cercando di mettere da parte le distrazioni e concentrarsi.

Terminò il lavoro come al solito a un'ora tarda, riponendo gli strumenti, sistemando i tessuti e uscendo dalla stanza, sentendo la stanchezza e il mal di schiena invaderla.

Una volta fuori, però, non trovò la Signora Fiona. Era solita scomparire in un lampo quando meno te l'aspettavi.

Appena oltrepassò la soglia, fu sorpresa da una presenza inaspettata. Brika la guardava con le braccia conserte e un'aria assorta.

Selene si avvicinò, guardandola confusa e strofinandosi le mani sulle braccia per riscaldarsi.

«Che ci fai ancora in giro?» chiese incredula.

Brika non era solita restare in piedi fino a tardi. Se avesse potuto, sarebbe andata a letto anche prima del tramonto.

«Sono qui solo per vedere come sta la mia amica», disse, cercando di mantenere un tono innocente.

Selene alzò un sopracciglio. Era evidente che Brika stava mentendo. Conosceva quei suoi piccoli segreti tanto quanto lei conosceva i suoi. Era evidente che quella fosse solo una scusa improvvisata.

Accortasi della sua espressione scettica, Brika sbuffò e ruotò gli occhi al cielo. «Eh, va bene, te lo dirò. Ma promettimi che verrai con me», aggiunse, guardandolo intensamente.

«Per andare dove?» domandò confuso. Chissà quale piano contorto avesse elaborato nella sua testa.

Brika si leccò le labbra secche, evidenziando la sua indecisione su come procedere.

«Brika, sto morendo di freddo», lo esortò a muoversi, tremando come una foglia.

«Voglio chiedere ai Guardiani di Aron», dichiarò infine, lasciandolo completamente senza parole.

«Cosa vuoi fare?» chiese, con l'incredulità che traspariva chiaramente dal tono della voce.

«So che mi hai detto che sarebbe stata una pazzia chiederglielo, perché di certo non rivelerebbero nulla a me, una semplice ragazzina. Ma sto andando fuori di testa. Nessuno sa nulla di lui, nessuno sa dove cercare. Perciò voglio fare un ultimo tentativo!» esclamò, gesticolando con fervore.

«Brika», Selene cercò le parole giuste per dissuaderla dall'andare avanti con quella follia. Nessun Guardiano avrebbe mai rivelato nulla su un ragazzo scomparso. «È da pazzi chiedere a loro», affermò, non trovando altre spiegazioni da offrire.

«Lo so, ma voglio farlo comunque», affermò. «E voglio che tu lo faccia con me», aggiunse, mettendo il labbro inferiore all'infuori e guardandolo supplicante. «Ti prego», concluse, unendo le mani come in preghiera.

Brika era davvero testarda quando si metteva in testa qualcosa.

«Bri, sono stanca. Ho lavorato tutto il giorno», sospirò quasi disperata.

«Ti supplico. Tu sei l'unica su cui posso contare», strinse le mani a mo' di preghiera, guardandola con occhi da cerbiatto.

Stringendo le labbra, sospirò rumorosamente. «Va bene», affermò, sentendo il pentimento crescere in sé non appena pronunciò quelle parole. «Ma che sia una cosa veloce.»

Brika sorrise soddisfatta e batté le mani. «Grazie!», esclamò.

Selene scosse la testa, nascondendo un sorriso divertito.

«Dove possiamo trovare un Guardiano? Sai che non ci è permesso andare nel loro Palazzo», le ricordò.

Il Palazzo dei Guardiani era un luogo non accessibile per gli umani, o meglio, solo per gli innocenti. Per coloro che avessero trasgredito le leggi o il Patto degli Antichi, sarebbero stati portati lì e puniti, sempre se la magia rimanente degli Antichi non li avesse già giustiziati.

«Infatti noi non andremo al Palazzo», disse.

«E dove?»

«Nel villaggio sento spesso dire che il Guardiano Tristan, durante la notte, si diverte con alcune compagnie femminili, se capisci quello che intendo», la guardò maliziosamente.

«Stai dicendo che va al bordello del villaggio?» chiese senza mezzi termini.

«Non volevo essere così esplicita, ma sì. Lo frequenta», confermò.

Selene la guardò confusa, cercando di capire dove volesse arrivare, ma non ci volle molto per capire.

«Assolutamente no!» esclamò scioccata. Se credeva che lo avesse fatto, era una pazza.

«Abbassa la voce,» esclamò sussurrando, guardandosi intorno, ma non c'era nessuno, vista l'ora tarda della notte.

«Brika, io non andrò in un bordello,» ribatté.

Brika sospirò. «Hai detto che saresti venuta con me,» ribadì.

«Sì, ma non in un bordello!» ripeté per la terza volta. «E poi come vorresti entrarci? Non ci è consentito l'accesso,» disse con ovvietà.

«Ho un piano,» la sua espressione non prometteva nulla di buono. Non avevo idea di cosa avesse in mente.

Non seppe come, ma mezz'ora dopo si ritrovò appollaiata dietro a un cespuglio, a spiare la finestra del bordello, dalla quale però non si vedeva molto, data la tenda che copriva ciò che stava accadendo all'interno.

«Adesso che vuoi fare?» le chiese sottovoce, attenta a non farsi sentire.

Il chiasso proveniente da dentro era alto, ma era meglio non rischiare.

Brika, accanto a lei, fissava il luogo con occhi ben aperti, intenta perlustrare l'intero edificio.

«Entriamo dalla finestra,» mormorò a bassa voce con fare pensieroso.

Selene sbaragliò le palpebre, guardandola sconvolta. «Stai scherzando, spero,» disse incredula.

Oh, Dei, perché aveva accettato?

«No,» affermò con nonchalance. «Forza andiamo,» si alzò in piedi dandole una leggera spinta.

«Cos- Brika! Brika non fare cavolate!»sussurrò-urlò, cercando di afferrarle la gonna, ma ormai era troppo tardi. Era già sotto la finestra e spiava al suo interno.

La ragazza camminò con la schiena ripiegata in avanti, guardando attenta in ogni direzione. La vide voltarsi verso di lei e fare un cenno con la mano, invitandola a seguirla.

«Cosa ci fai lì impalata? Muoviti!» esclamò sempre con tono moderato.

Selene imprecò mentalmente il momento in cui aveva acconsentito a quella situazione. Se le avessero scoperte sarebbero finite nei guai.

Sbruffò ferocemente, ma poi si alzò e copiò i suoi movimenti, guardandosi attorno, attenta che nessun Guardiano, passante o il padrone del bordello fosse nei paraggi. Aveva abbastanza problemi e non aveva intenzione di crearne altri.

Arrivò al suo fianco e le lanciò un'occhiata trucida. «Sappi che ti sto odiando» la informò.

«Non lo trovi eccitante?» sorrise elettrizzata.

«No! La trovo una cosa stupida! Avresti potuto aspettare domani mattina e parlare con qualsiasi Guardiano.»

Brika scosse la testa. «Tristan non esce mai la mattina e non si vede mai da nessuna parte per il resto della giornata, tranne per eventi importanti» spiegò. «Non aspetterò un'altra Festa della Liberazione per parlargli.»

Capì subito il perché. «A te non basta parlare con un semplice Guardiano. Vuoi Tristan.»

«Lui è l'unico che sa con certezza quello che è accaduto. Non affiderò le mie ricerche a un sempliciotto creato dagli Dei da poco» ribatté.

Ruotò gli occhi al cielo, ancora incredula. Era stata una sciocca a seguirla in questa pseudo avventura. Solo perché voleva che fosse Tristan a parlarle e nemmeno sapeva con certezza se fosse nel bordello o meno. Ma anche se ci fosse stato, non le avrebbe detto niente.

Senza aspettare una risposta, la ragazza camminò velocemente e si arrampicò sulla finestra.

«Cosa stai facendo?» domandò scioccata. Non poteva credere ai suoi occhi, e a quello che l'aveva costretta a fare.

«Vieni» disse e poi ricadde all'indietro, entrando nel bordello.

Spalancò gli occhi. Era tutta pazza. Non c'era altra spiegazione.

Guardandosi intorno, Selene prese in considerazione l'idea di scappare e lasciarla sola in quel posto, ma non poteva farlo. Non le avrebbe più rivolto la parola ed era un tipo di amica che non voleva essere.

Selene chiuse gli occhi e si fece coraggio. Copiò nuovamente i movimenti della sua amica e si arrampicò dalla finestra. Per fortuna, essendo a piano terra, non fu difficile farlo. Si mise a cavalcioni sulla finestra, con ancora la tenda che le copriva la visuale, e cadde in avanti.

L'impatto della sua guancia sul pavimento duro le fece digrignare i denti dal dolore.

«Ce l'hai fatta» sussurrò Brika, seduta al suo fianco.

Selene aprì gli occhi ritrovandosi di fronte allo schienale di un divano. Il chiasso all'interno stava rompendo i suoi timpani. Uomini e donne ridevano, e c'erano altri suoni, passi, bicchieri che tintinnavano, musica che suonava e l'illuminazione delle candele che animava tutto.

Si sforzò con le braccia e cercò di mettersi seduta. «Tu sei matta» disse a Brika quando si sedette sulle ginocchia.

«È per questo che mi vuoi bene» rispose Brika con finta innocenza.

Gli occhi di Selene la trucidarono e, per evitare di strangolarla con le proprie mani, cambiò argomento.

«Che si fa ora?» fece una smorfia quando un frantumo di bicchieri rotti cadde proprio accanto al divano, riversando tutta la birra all'interno sul legno.

«Ci dividiamo» sentenziò Brika.

«Tu vuoi essere uccisa stanotte» la minacciò Selene, assottigliando gli occhi e incendiandola con essi.

«Il bordello è grande, se restiamo insieme ci impiegheremmo il doppio del tempo per trovarlo.»

«Sempre se è qui» le ricordò.

Brika la ignorò e si diede un'occhiata attorno. «Tu va a sinistra, io a destra. Incontriamoci tra tre ore fuori» disse, poi se ne andò, lasciandola confusa e piena di domande.

«Brika!» la chiamò, ma lei non si voltò.

Benissimo. Ora doveva nascondersi tra tutti quei corpi sudati per cercare un Guardiano che probabilmente non era nemmeno lì, e anche se lo fosse, avrebbe avuto altre priorità. E poi, cosa avrebbe dovuto dirgli? Era Brika che voleva parlargli, non lei. Per quanto la riguardava, in quel momento avrebbe potuto essere a casa a dormire.

Non poteva restare nascosta dietro quel divano per sempre. Doveva muoversi, in modo discreto, e cercarlo.

Camminò a quattro zampe, uscendo dal nascondiglio, passando sotto i tavoli e le sedie. Perlustrò l'ambiente e rimase sconvolta da ciò che vide.

Uomini su donne, donne su uomini. Nudi, completamente.

I loro volti erano espressioni di piacere, le loro mani si toccavano, e si udivano urla ansimanti che sapeva le sarebbero rimaste impresse nella mente per sempre. Come potevano fare quelle cose così intime davanti a tutti? Non che gli altri non facessero altrettanto.

Lo trovava rivoltante.

Scosse la testa e continuò a zampettare come un cane. Nessuno sembrava così attento da accorgersi di lei. Avrebbe potuto alzarsi e camminare come se niente fosse tra quei corpi sudati, ma non poteva rischiare.

Mi fermò in un angolo della stanza, osservando attentamente il luogo. Era vasto, con una scalinata che portava a un lungo corridoio circondato da numerose stanze, da cui si udivano altre grida.

Oh, Dei, dove si era cacciata?

Cercò tra la folla la chioma rossa della sua amica, ma non riuscì a scorgere nessun segno di lei. Sembrava essere scomparsa nel nulla.

Sospirò pesantemente e rivolse lo sguardo di nuovo alle scale, cercando di decidere il da farsi.

«Me ne pentirò» mormorò tra sé e sé, quindi si alzò.

Riguardò intorno, assicurandosi che nessuno la stesse osservando, quindi iniziò a salire le scale, facendo attenzione a non fare rumore. Il legno scricchiolò sotto il peso del suo corpo, ma sembrò passare inosservato. Si voltò di nuovo per controllare, fortunatamente senza essere notata.

Continuò ad avanzare, trovandosi presto nel corridoio. L'illuminazione era fioca, con poche candele appese che stavano per esaurirsi. I muri erano screpolati e le porte, di legno, erano rotte e lasciavano intravedere ciò che accadeva al loro interno.

Si scandalizzò nel vedere tre corpi, privi di abiti, che si muovevano ritmicamente su un letto cigolante attraverso una fessura. Un uomo e due donne, intrecciati in un intricato balletto di gambe e braccia. I loro volti erano contorti dal piacere mentre si contorcevano sinuosamente.

Restò sbalordita dalla scena.

Selene non aveva mai visto nulla del genere prima. Da bambina aveva sentito i suoi genitori, ma non li aveva mai sorpresi nell'atto, per fortuna.

Fu quel momento che la colse di sorpresa e la lasciò scioccata.

Sentì un formicolio tra le gambe, una sensazione mai provata prima, e il suo respiro si fece affannoso. Il cuore le batteva così forte che sembrava volesse uscire dal petto.

Sfiorò con la mano il legno della porta, allungando il collo per scrutare meglio l'interno. La scena si era ribaltata: l'uomo giaceva sotto, mentre una donna si muoveva rapidamente sul suo bacino e l'altra sul suo viso, mentre lui massaggiava loro le natiche.

Il suo cuore sembrava esplodere nel petto e il bruciore tra le sue cosce si intensificò.

Non riusciva a capire cosa le stesse succedendo.

«Non è educato spiare», risuonò una voce profonda dietro di lei.

***

E chi sarà ora a parlare con Selene? Forse Damyan? Lo scoprirete più avanti ;P.

Spero che i capitoli successivi vi siano piaciuti e, come sempre, vi invito a lasciare una stellina e un commento. Seguitemi sugli altri social per rimanere sempre aggiornati.

Tanti saluti dalla vostra Letizia. 😘

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