Good Positions II

By Margherita_Fossena

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🔴***Questa storia contiene linguaggio volgare e scene esplicite***🔞 Emma dovrà affrontare il ritorno alla I... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
🔴Capitolo 11🔴
🔴Capitolo 12🔴
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22

Capitolo 17

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By Margherita_Fossena

Emma uscì dall'aula con il cuore palpitante d'ansia dopo aver dato il suo ultimo esame della sessione, il più difficile. Avrebbe dovuto aspettare ancora qualche giorno per il risultato poiché si trattava di un test scritto e salutò in fretta i colleghi. Sapeva che, come di consueto, gli studenti si sarebbero riuniti per confrontare le loro risposte, ma lei si dileguò perché aveva imparato a sue spese che quel momento le creava ancora più ansia della prestazione e dell'attesa del voto messe insieme. Non aveva la minima intenzione di sapere quando meglio o peggio avessero fatto i suoi compagni di corso, piuttosto preferiva tornare in camera e confrontare i suoi dubbi con i testi che aveva studiato. Per evitare distrazioni o ulteriori preoccupazioni, aveva lasciato come di consueto il suo cellulare in camera. Si fermò per la strada a riempire la sua borraccia ad una fontanella, bevve un sorso di acqua fresca e si diresse verso i dormitori. 

Fuori dall'ingresso trovò una sua compagna con cui aveva parlato un paio di volte e con cui si era passata degli appunti. Era una ragazza cordiale e solare dai capelli castani e gli occhi verdi e luminosi come smeraldi. Le sorrise mentre posava la sigaretta finita nel posacenere; Emma non ricordava il suo nome, non era nemmeno sicura che ci fossero mai davvero presentate e non credeva di averle mai detto il suo. 

"Ehi! Come va? Hai dato l'esame?" le chiese la ragazza. 

"Si, adesso. Tu?"

"No, io ho rimandato alla prossima, non mi sentivo pronta. Secondo te è difficile?"

"Non troppo, ma chiede tante cose sulla grafica." 

"Capito, grazie!" rispose l'altra, si scambiarono velocemente un saluto e un sorriso sincero, poi Emma si congedò e entrò nella sua camera. 

Lasciò lo zaino a terra e appese  cappotto e capello dietro la porta. Si cambiò con calma infilando la sua felpa larga e della biancheria pulita poggiando i vestiti sullo schienale della sedia. Riordinò le cose che aveva portato con se per dare l'esame. Appena ebbe finito si lasciò cadere sul letto e accese il suo cellulare. Il cuore le si gelò nel petto non appena vide le notifiche. Sullo schermò gli avvisi di innumerevoli chiamate perse da Mattia e diversi messaggi:

-Emma rispondi, per favore.

-Ho bisogno di parlarti. 

-Ti prego Emma, rispondimi. 

-Appena vedi i messaggi richiamami per favore, è urgente. 

Emma rispose immediatamente ai messaggi e subito dopo provò a chiamarlo ma non ricevette nessuna risposta. Fece per vestirsi perché aveva deciso che sarebbe andata a prenderlo nella sua stanza. Si era preoccupata da morire ed era decisa a capire cosa stesse succedendo, ma prima ancora che potesse infilarsi i pantaloni sentì bussare alla sua porta con insistenza. 

"Arrivo!" disse lei, poi si nascose dietro la porta ricordando di essere in mutande. 

Il suo amico biondo piombò dentro la sua stanza senza preoccuparsi di salutare o altro. Si guardò attorno per cercare Emma; lei chiuse immediatamente la porta e si mise spalle al muro. Quando lui si voltò e la vide, lei rimase sconvolta. Gli occhi di Mattia erano gonfi e rossi, le labbra screpolate sotto il metallo del piercing e le occhiaie pronunciate. 

"Che succede?" domandò immediatamente lei avvicinandosi al ragazzo. Lui si lasciò cadere sul letto a gambe larghe, piegato su se stesso che si teneva la testa fra le mani. 

Emma si precipitò vicino a lui e si inginocchiò così da essere alla sua altezza: "Scusami, stavo facendo un esame, avevo lasciato il telefono in camera, non ho visto i messaggi. Cosa è successo?" 

Mattia sospirò e aspettò a lungo prima di rispondere: "Torno a casa. Starò via per un bel po' credo."

"Cosa?"

"I giornali stanno rovinando la vita a mia madre. Mio padre sta rovinando la vita a mia madre. Devo tornare a casa, devo stare con lei. Non so per quanto, non ho idea di cosa succederà, so solo che devo starle vicino: è devastata."

Emma restò senza parole per qualche secondo, incapace di realizzare appieno. Poi si gettò su di lui e lo abbracciò stretto a se facendogli poggiare la testa sul suo petto e accarezzandogli i capelli. Lui si sciolse in un pianto disperato e lei lasciò che Mattia si sfogasse. 

Il ragazzo era scosso da tremiti e sussulti, le lacrime scendevano copiose lungo le guance per poi cadere sulla felpa di Emma che le raccoglieva con la stessa pazienza e lo stesso affetto con cui lei continuava ad accarezzarlo. Per un tempo che le parve infinito, Mattia non disse nulla e non si mosse da quella posizione. Non fece altro che piangere. Emma cercava di confortarlo con tocchi gentili e delicati e parole dolci, ma sapeva che nulla di tutto quello sarebbe bastato a colmare la tristezza e il vuoto che l'amico si portava nello stomaco e nella testa. 

"Ti prego non dirlo agli altri..." supplicò lui fra i singhiozzi. 

"Non lo dirò a nessuno, promesso. Non ci pensare adesso."

Lui continuò a piangere e strofinarsi gli occhi e il naso con le mani, ma nulla pareva calmarlo. Doveva essersi temuto dentro quel malessere per così tanto tempo, Emma si commosse nel vederlo tanto vulnerabile, delicato, fragile. Emma continuava ad accarezzargli i capelli e la schiena, eppure nulla stava realmente avendo l'effetto sperato dalla ragazza. Emma gli prese il viso tra le mani: "Guardami, Rae, guarda me. Respira."

Mattia cercò di annuire e ascoltare quel comando, ma i singhiozzi gli smorzarono il fiato nei polmoni e nella gola. 

"Respira piano, con me" disse lei e lui le diede finalmente ascolto. Emma prese a respirare profondamente e lentamente e Mattia tentò di seguire il suo ritmo fino a quando non riuscì a calmarsi. Dopo un po' di silenzio, Emma si alzò e corse a portargli dei fazzoletti e dell'acqua fresca. Aprì la finestra noncurante delle regole che vietavano di fumare nelle stanze. Salì velocemente su una sedia che posizionò al centro della stanza e coprì con dei calzini l'allarme antifumo come era capitato che facesse in precedenza. 

"Bevi un sorso d'acqua. Vuoi andare a sciacquarti un po' il viso?"

Mattia restò in silenzio e fece come lei aveva ordinato. Poi annuì e si allontanò per darsi una sistemata in bagno. Tornò che aveva il viso completamente rosso. Si soffiò il naso un paio di volte prima di palare: "Scusa."

"E di cosa?"

"Di essermi infilato in camera tua e averti pianto addosso. Ti ho bagnato la felpa."

Emma sorrise e gli accarezzò le spalle sedendosi accanto a lui: "Non fa niente, me la ricomprerai" disse e gli strizzò l'occhio. Il biondo accennò un sorriso e si accese una sigaretta sporgendosi fuori dalla finestra. Il gesto istintivo del fumare gli permise anche di regolare il respiro e di evitare affanni. La finì in fretta a causa dello stress molto elevato e della paura di essere scoperti da qualcuno. Si sentì poco più leggero. 

"Non sei obbligato a parlarne, però sappi che se vorrai ti ascolterò e ci sarò sempre. Va bene?"

"Lo so, grazie" rispose lui con un sorriso, poi abbassò lo sguardo e scosse la testa "Non è che ci sia così tanto da raccontare, sono convinto che verrò a sapere di più una volta tornato a casa. La situazione è sempre la stessa, i giornali di gossip seguono mia madre e lei è spaventata e si sente minacciata dai paparazzi e dalle interviste. A mio padre sembra non fregare assolutamente nulla. Gira in macchina con la sua nuova fidanzata e si fa fotografare, ci va a cena, sembra vivere questa nuova... relazione...alla luce del sole. In tv vogliono mia madre. Non hai idea dei soldi che le offrono per le interviste, ma lei è persa, distrutta. Si sente sola e io voglio stare con lei. Devo assolutamente. Spero che non sia così tragica come me la immagino..."

"Fai bene a tornare a casa. Vi serve del tempo per stare insieme. Sicuramente andrà per il verso giusto e vi farà bene. Prendetevi il vostro tempo, non pensare al resto e non avere fretta."

"Quanto vorrei che quell'uomo-" iniziò Mattia, ma si interruppe ed Emma gli lasciò un bacio dolce sui capelli. 

"Se tu dovessi aver bisogno, io ti raggiungo e torno a casa, capito?" 

"Non te lo chiederei mai."

"Infatti, è per questo che lo sto dicendo io. Capito?" ripetè lei e alla fine Mattia annuì ringraziando ancora e ancora. 

"Shh, smettila" sussurrò lei dolcemente. Lui le poggiò la testa sulla spalla mentre era seduto affianco a lei e lei continuò a mostrargli supporto e affetto come meglio poteva. La situazione era così tanto più grande di lei che non aveva la minima idea di come comportarsi per cercare di alleviare, almeno il minimo, la sofferenza di Mattia. 

"Parto domani. Vado con la macchina, non mi porto tanta roba, lascio molte cose qui. Spiegherò poco agli altri. Se ti chiedono nemmeno tu sai nulla, ok? Per favore."

"Assolutamente, non devi preoccuparti. Posso fare altro per te? Vuoi che ci facciamo un giro, hai voglia di un caffè o cose così?"

Mattia le sorrise e la strinse in un abbraccio: "Hai fatto tantissimo, va bene così. Grazie di tutto."

"Vuoi che ci vediamo domani, prima che parti?" chiese lei sperando in una risposta affermativa, ma Mattia strinse gli occhi lasciando cadere una lacrima solitaria e scosse la testa. 

"Sarebbe un saluto troppo doloroso" mormorò. Emma non insistette perché , in fondo, Mattia aveva ragione. 

"Tornerai però. Ti prego, fatti sentire quando puoi..."

"Sarai sempre la prima che chiamerò. Mi farò vivo ogni volta che riuscirò a prendere il telefono in mano, te lo prometto, lo giuro."

Emma annuì e i due restarono stretti l'uno all'altra per un po'. 

La ragazza gli propose di guardare un film insieme per distrarlo almeno un poco e Mattia accettò, ma appena finita la prima metà i due crollarono in un sonno profondo, stretti in un comodo abbraccio che serviva a tranquillizzare Mattia per il suo malessere ed Emma per l'assenza indefinita di lui. 


La mattina dopo Emma aprì gli occhi presto, svegliata dalla luce che penetrava dalla finestra che aveva scordato di oscurare con le tapparelle. Nonostante l'ora, Mattia aveva già sparito lasciando come ricordo del suo passaggio solo un bigliettino poggiato sopra ad una felpa firmata IUR. Emma si guardò intorno mentre si stropicciava gli occhi stanca e si accorse che aveva la sua indosso. 

Si alzò e lesse il biglietto: -Ti lascio la mia felpa così potrò ripagarti di quella su cui ti ho pianto. Ti aggiorno il prima possibile. Ti voglio bene, grazie. 

Un sorriso amaro le affiorò sulle labbra, sparì subito dopo al ricordo dell'assenza del suo amico; neanche lui sapeva quando sarebbe tornato, quanto grave avrebbe trovato la situazione e quanto avrebbe potuto sentirla. Emma era rattristata da quella prospettiva, peggio si sentiva pensando a Mattia che stava male e piangeva lontano, da solo. Alla fine, con un sospiro, lei infilò il biglietto dentro la custodia del suo telefono per tenerla con sempre con se, si spogliò e indossò velocemente la felpa che le aveva lasciato il suo amico con la speranza di trovarci il suo profumo. 


La prima settimana passò; tediosa, lenta, noiosa. Per minuto che trascorreva indolente Emma sperò di ricevere una chiamata, un messaggio da Mattia. Gli amici, quando li aveva incontrati, sembravano sereni per quella partenza poiché, con altissime probabilità, Mattia non aveva davvero spiegato il motivo della sua assenza. Edoardo, però, con un cenno del capo ed un'occhiata decisamente eloquente, le fece intuire che lui sapeva tanto quanto lei. Emma fu tentata di chiedergli se avesse aggiornamenti, ma riflettendo si rese conto che Mattia avrebbe informato anche lei in caso. Si chiese se fosse il caso di scrivere un messaggio direttamente a lui, ma preferì aspettare pensando che il messaggio avrebbe potuto mettergli pressione. Durante quei giorni comprò quanti più quotidiani di gossip le fosse possibile cercando di scoprire cosa si diceva della separazione dei genitori di Mattia, tutti, però, davano le stesse notizie che Mattia le aveva riportato nel tempo, alcuni anche meno. Sul web le voci erano le stesse: molta gente parteggiava per la moglie che chiedeva il divorzio, tanti altri per la nuova coppia. Un articolo accusava Raele di evasione fiscale e rendeva la moglie complice. Emma lasciò perdere quelle sciocchezze e aspettò, fra studio e lezioni, che lui si facesse vivo. 

La seconda settimana terminò allo stesso modo di quella precedente, con la differenza che ansia e preoccupazione crescevano nel petto e nello stomaco di Emma, specialmente dopo aver cercato di contattare Mattia e non aver ricevuto risposta. Non parlò comunque con Edoardo, non gli chiese nulla e non lo confrontò per avere un chiarimento o una consolazione. Continuò a comprare giornali, ma nulla le schiariva le idee. Le passò dalla testa l'idea di chiamarlo, ma ancora una volta preferì evitare. 

Durante la terza settimana Emma iniziò a sentire davvero la sua mancanza. Le mancava studiare con lui, incontrarlo per un caffè dopo le lezioni e bearsi di quel sorriso che era in grado di farle scordare la pesantezza della vita. Poi passò a sentirsi egoista pensando a quanto potesse essere una pessima amica: si era concentrata più suoi suoi sentimenti che su quelli dell'amico che sicuramente stava passando il momento più brutto della sua vita, lontano e solo. Fu quando provò a chiamarlo un paio di volte senza ricevere risposta che ebbe il suo primo crollo: non solo non poteva sentirlo, non poteva nemmeno stargli vicino in quel momento così difficile. Si sentiva sola in quel periodo duro anche per lei, poiché non aveva nessuno con cui parlarne e sicuramente non sarebbe andata da Edoardo. Si aggiustò i capelli per distrarsi. 


Emma era in pausa studio che si sgranchiva il collo e la schiena dopo aver passato una mattinata sui libri. L'assenza di Mattia era diventata un'abitudine. Finalmente, le notizie tanto attese arrivarono e le venne la tachicardia quando vide che Mattia la stava chiamando. 

"Pronto?" rispose subito Emma. La voce di Mattia non tardò a rispondere.

"Scusami se non mi sono fatto sentire! Mi dispiace un sacco, avrei dovuto farmi sentire molto prima, puoi odiarmi se vuoi, hai ragione" parlò lui ridacchiando "lo so che ti ho fatto preoccupare."

"Tantissimo! Come stai?"

"Molto meglio devo dire, quando sono arrivato a casa la situazione era peggio di quanto mi aspettassi: mamma sta male anche fisicamente."

"In che senso?" domandò Emma preoccupata. 

"Sta soffrendo di emicranie fortissime e si è praticamente rovinata lo stomaco. Ma adesso va meglio, lei sta bene e io anche, sicuramente più di prima."

"L'importante è questo. Sono contenta."

Ci fu un attimo di silenzio: Emma non voleva chiedere maggiori informazioni e non volle accollargli tutta la sua preoccupazione nel non averlo sentito per tutto quel tempo. Non si sentì, però, di cambiare argomento così dal nulla e preferì lasciare che fosse lui a parlare di altro. 

"Mi mancate" disse poi lui con sospiro "soprattutto tu. Mi manchi un sacco." 

Emma rimase a bocca aperta, incapace di ricambiare o di rispondere in qualsiasi altro modo, ma fortunatamente  fu lui a toglierla dall'imbarazzo: "Sembra un po' egoista, non fraintendermi, ma mi piacerebbe averti qui. Cioè, non vorrei mai far patire questa situazione di merda anche a te, ma mi piacerebbe che fossi qua."

"Non riesci a stare senza di me, lo so" tentò una battuta lei. 

Mattia sospirò brevemente, dopo si lasciò sfuggire una risatina: "Quanto è vero."

La chiamata non durò quanto Emma avrebbe voluto: parlarono a lungo di studio e università, di come lui stesse studiando da solo, di come procedeva la vita senza di lui per l'amica. Parlarono dei corsi di francese, Emma notò con piacere quanto Mattia fosse migliorato e le venne, per un istante, in mente che se lo avesse riportato da sua zia e suo cugino avrebbe potuto esprimersi meglio. Tornò a concentrarsi su quello che diceva lui quando si ritrovò a scacciare dai suoi pensieri le immagini di loro due che godevano l'una dell'altro durante quella vacanza. Mattia le chiese del suo progetto con quel professore che aveva appositamente chiesto di lei. Emma alzò le spalle anche se Mattia non avrebbe potuto vederla e rispose che non sapeva ancora nulla, che credeva avessero scartato la sua idea. Aggiunse che nemmeno la professoressa l'aveva più contattata. Il biondo le raccomandò di non scoraggiarsi; le ricordò che era brava, la più intelligente e capace nel mondo e che avrebbe sicuramente avuto presto notizie positive. Emma ringraziò di cuore perché quelle parole le avevano fatto davvero bene, sorrise constatando che lui aveva sempre saputo cosa fare e cosa dirle nel momento in cui le serviva. Ironia della vita; Mattia, che passava il periodo più brutto della sua intera vita, aveva trovato il modo di sollevare il morale a lei. Alla fine Mattia ripetè che non aveva idea di quando sarebbe potuto tornare, che se fosse durato tanto avrebbe messo in pausa gli studi visto che già da principio non era interessato all'università e, dopo che Emma si fece promettere di essere richiamata nei giorni seguenti, si salutarono con affetto. 

Emma staccò contenta di averlo sentito, triste che quella situazione non avesse una scadenza. Cercò a lungo di concentrarsi nuovamente sullo studio, ma senza successo. Andò a cena per vedersi con gli altri amici. Mangiò qualche boccone e passeggiò con Alessandro e Viola, poi si ritirò nella sua camera e si stese sul letto a perdere tempo con il cellulare. 


Il pomeriggio seguente Emma, dopo aver terminato la lezione di francese, fece tappa in biblioteca per cercare un volume con cui approfondire lo studio e prepararsi all'esame che le avrebbe concesso l'attestato. Si perse fra gli scaffali a leggere autori e titoli che conosceva ricordando i momenti in cui aveva letto quei romanzi quando qualcuno le picchiettò la spalla con la punta delle dita. Girandosi, Emma, perse quasi il fiato. Davanti a lei un ragazzo alto dall'aria familiare, con i capelli biondi e un sorriso di circostanza, lo zaino sulle spalle, la tuta addosso e un piercing sul sopracciglio. 

"Jacopo?"

"Ciao, non ci si sente da un po'. Come stai?"

"Che ci fai qui?" chiese Emma mentre con lo sguardo cercava una scusa per andarsene. Cercò di incamminarsi verso l'uscita, ma lui le si parò davanti. 

"Ti ho vista entrare" spiegò lui con sorriso soddisfatto.

"Mi hai seguita, quindi. Che cosa vuoi?" 

"Solo chiacchierare! Come sei acida, sei sparita e non ci siamo più visti!"

"Non abbiamo niente da dirci" disse lei provando ancora a passare fra gli scaffali per raggiungere l'uscita "abbiamo già parlato. Ti ho detto che non sono interessata. Ora, se per favore-"

"Dai, Emma, prendiamo almeno un caffè! Mi racconti un po' di cose."

"No, grazie, preferisco tornare in camera mia."

Il viso di Jacopo di incupì e lui fece qualche passo avanti. Emma indietreggiò.

"Lo so che c'entra l'altro tipo, il tuo "amico", ma è da un po' che non te lo vedo intorno, quindi sei liberissima di uscire con me."

"Cosa non ti è chiaro del fatto che ti abbia detto di no? Non voglio parlare con te e ne tanto meno uscire con te. Adesso spostati e fammi passare." 

"Avrei dovuto tirargli un pungo quando ne ho avuto l'occasione..:" rifletté ad alta voce lui. 

"Che cazzo vuol dire?"

"Adesso usciamo insieme da qui e ci facciamo un giro, dammi una seconda possibilità!"

Mentre pronunciava quelle parole, Jacopo si fece avanti ancora poggiando un braccio su uno degli scaffali per bloccarle ancora di più l'uscita, ma Emma colse l'occasione al volo e gli passò sotto correndo verso l'uscita. Jacopo provò a trattenerla, ma Emma gli sfuggì dalle mani. Quando la porta le si chiuse alle spalle Emma si guardò indietro per essere certa che lui non la stesse seguendo. Non si accorse dei sue ragazzi che le andavano contro e sbatté in pieno contro uno dei due. Le spuntò un sorriso contento sulla labbra quando ci accorse che i due erano Alessandro ed Edoardo. 

"Emma! Dove corri così?" le chiese Alessandro mentre si chinava ad aiutarla a raccogliere l'astuccio e le penne riversate a terra. Edoardo era fermò, immobile davanti a loro e lanciava sguardi torvi alla biblioteca come se avesse intuito in una frazione di secondo che Emma non correva per andare da nessuna parte, ma per uscire dalla biblioteca. 

"Scusatemi! Non vi ho proprio visti. Ti ho fatto male?" chiese ad Alessandro e lui scosse la testa. 

"Me ne sono accorto!" ridacchiò lui, poi si alzò e l'aiutò ad alzarsi. Emma sentì i palmi della mani baciare e notò che si era scorticata leggermente sui palmi.  

Poi l'amico guardò l'orologio che aveva sul polso e si accorse che era in ritardo, lasciò frettolosamente due baci sulle guance degli amici e prese la direzione opposta per raggiungere le aule. Edoardo la guardò serio e le tese le mani per controllare le ferite. Emma le sfilò subito dalla sua presa, ma lui la condusse verso una fontanella e gliele fece sciacquare. 

"Chi era che ti dava fastidio?"

"Jacopo" rispose lei seccamente. Non si chiese come l'avesse capito, ne perchè fosse interessato. 

"Quello con cui stavi insieme?"

"Non ci stavo insieme" rispose Emma piccata dalla domanda "siamo usciti insieme qualche volta."

"Da come lo hai presentato non sembrava. Comunque sono contento che tu l'abbia lasciato. Se ti da fastidio ancora avverti qualcuno, ok? Tipo la direzione o la sicurezza. Anche me se vuoi, dove posso ti aiuto."

"Grazie" gli sorrise, poi agitò le mani per cercare di asciugarle constatando che averle passate sotto l'acqua fresca avesse affievolito la bruciatura della botta presa. 

"Dove devi andare? Ti ci accompagno e poi vado a lezione."

"Non ti preoccupare, grazie. Devo solo andare in camera."

Edoardo annuì, le tolse lo zaino dalle spalle e lo portò lui dirigendosi verso i dormitori femminili. Emma fu costretta a seguirlo, ancora grata di averlo accanto mentre il timore che Jacopo tornasse alla carica scemava. Si guardò dietro le spalle un'ultima volta per appurare che lui non la stesse seguendo. Arrivarono in silenzio davanti all'ingresso dell'edificio, poi si salutarono con una stretta di mano leggera per via delle sbucciature che aveva Emma sulle mani e, infine, Edoardo le diede le spalle salutando con la mano mentre raggiungeva Alessandro per la lezione. Emma sperò di non averlo messo in difficoltà, ma fu contenta di averli incontrati e fu piacevolmente sorpresa dall'aiuto che il fidanzato della sua amica le aveva dato. Sospirò, perchè quella situazione aveva enfatizzato l'assenza di Mattia, anche Jacopo se ne era accorto. Decise che non avrebbe detto nulla all'amico e andò a disinfettarsi le mani con il kit di pronto soccorso che la IUR le aveva fornito nel bagno.

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