Oltre le nuvole

By Moodymoonclub

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Rebecca Falchi si è appena trasferita all'università, lasciando la sua città, la sua famiglia e i suoi amici... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 21

Capitolo 20

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By Moodymoonclub

"Se si cura una malattia si vince o si perde,
se si cura una persona, vi garantisco che in quel caso,
si vince qualunque esito abbia la terapia!"
(cit. Robbie Williams, Patch Adams)

POV: RICCARDO

Schiudo appena gli occhi, confuso. Li richiudo e affondo la testa nel cuscino, godendomi il tepore tra le lenzuola. D'un tratto il mondo inizia a dondolare, anzi a tremare. Spalanco gli occhi e il mio corpo si alza di soprassalto. In un istante il panico spazza via l'annebbiamento del sonno e sono incredibilmente lucido: un terremoto. Salto giù dal letto e ... le pareti della stanza, il pavimento e il mondo sono immobili. C'è solo Melissa che saltella sul materasso, i capelli biondi che ondeggiano di qua e di là, un' espressione colpevole sul volto.
« Melissa, sei forse impazzita?» Le urlo portandomi una mano al petto « mi hai quasi fatto venire un infarto»
« Scusa, pensavo fosse uno scherzo innocente».
« Come diavolo sei entrata?»
« Con le chiavi?!» Le agita di fronte a me e solleva le sopracciglia come se fosse una cosa ovvia.
Mi scombino i capelli e mi passo una mano sulla faccia «E chi te le ha date?»
«Max» rivela scendendo dal letto.
«Ma lui non vive nemmeno qui! Come fa ad averle?». Lei solleva le spalle per tutta risposta e io dopo il risveglio più strano della storia sono frustrato e nervoso, oltre che disperato.
Mel mi dà una pacchetta sulla spalla, che non è di alcun confronto e si siede sul bordo del letto, nell'istante in cui io mi ci rituffo di faccia.
« Perché sei qui?», le coperte attutiscono la mia voce riducendola a semplici mormorii che Mel capisce lo stesso.
«Te ne sei dimenticato? È il secondo venerdì del mese, i nanerottoli ci aspettano»
«É presto» protesto, mettendomi il cuscino sopra la testa.
«Sono le due, alle tre e mezza dobbiamo essere lì. Quindi muoviti».
Mel inizia ad aprire le finestre facendo entrare nella stanza l'aria gelida e ad aprire l'armadio. Il sole invade la stanza e io strizzo ancora più forte gli occhi.  «Devi vestirti, sei mezzo nudo!» Mi lancia un paio di jeans e un felpa. «Lo sai benissimo che dormo in mutande, sei tu che non dovresti essere qui» le dico sollevandomi, giusto in tempo per acchiappare al volo un paio di calzini , ma i boxer mi finiscono dritto in faccia.
« Ora ti uccido» la minaccio mentre lei scappa via.

Decido di alzarmi dal letto, mi stiro le braccia sollevandole sopra la testa con un movimento fluido. Uno sbadiglio mi sfugge dalle labbra e mi dirigo verso il bagno con passo troppo rilassato rispetto alle aspettative di Melissa. Apro la doccia, regolando la maniglia. Lo scroscio d'acqua esce prima fredda, per poi riscaldarsi gradualmente. Sto per entrare sotto il getto d'acqua, quando l'immagine del viso di Rebecca in lacrime mi compare nella mente. Oddio è successo davvero? I ricordi della notte scorsa riaffiorano tutti insieme, l'attacco di panico in macchina, lei che mi racconta dell'incidente e del coma. Io che le asciugo le lacrime con il pollice, accarezzandole la guancia. Ad un certo punto ho quasi pensato di baciarla e che lei volesse baciarmi, ma per fortuna ho capito che non era il momento adatto. Sarebbe stato terribile! Avevo ragione a volerle essere amico, ne ha già passate abbastanza e io non sono proprio il prototipo del bravo fidanzato. Non ho mai avuto una relazione che possa essere definita tale.
Mi lavo, mi vesto e dopo poco sono pronto ad andare all'Ospedale Sant'Orsola di Bologna.
Alle tre e mezza in punto sono vestito da Mago Barboso, il mio personaggio. Ho una lunga tunica verde, che mi provoca un prurito pazzesco, un cappello a punta e una barba bianca che Babbo Natale scansati. Accanto a me arriva Melissa vestita da Fata Florina, indossa vestito di tulle rosa, una coroncina di fiori le circonda la fronte, mentre i lunghi capelli biondi e ondulati sono sciolti. Sulle spalle spuntano due ali di raso e stringe in mano una bacchetta d'argento piena di brillantini.  Gli occhi color miele sono truccati con un ombretto colorato fuxia, sembra uscita dal cartone animato delle Winx.

« Ciao ragazzi, bentornati» ci accoglie l'infermiere Diego. Un uomo di mezz'età, con un naso importante su cui poggiano gli occhiali e con la pelle ambrata. Penso che si faccia le lampade, perché ha sempre un'abbronzatura perfetta anche d'inverno. Ormai sono due anni che io e Melissa veniamo al reparto di oncologia pediatrica per rallegrare i bambini che sono ricoverati qui. Abbiamo iniziato quando la madre di Melissa, Rosamaria, ci ha lasciati. Soffriva di leucemia, hanno provato di tutto, Mel le ha persino donato il midollo, ma dopo un anno la malattia è tornata, portandosela via. Quando Melissa mi ha chiesto di accompagnarla la prima volta, sapevo che era un modo per sentirsi vicina a sua madre, per provare a fare qualcosa, ad aiutare quando non era riuscita a farlo. E da bravo migliore amico/ cugino/ fratello, insomma non potevo lasciarla da sola ad affrontare questo.
All'inizio l'ho fatto per lei, poi mi sono affezionato ai bimbi e adesso non riesco ad immaginare di abbandonarli.
« Stanno tutti bene?», dalla voce di Melissa traspare un pizzico di apprensione.
Diego si sistema meglio gli occhiali sul naso « Oggi è uno dei giorni buoni. Anche se Gabriele è voluto venire nella sala dei giochi ed è rimasto nella sua stanza».
« Come mai?» chiedo.
«Non lo so, non me lo ha voluto dire»
Faccio per passare una mano tra i capelli, ma la mia mano resta la sua corso bloccata dal cappello da mago. « Le dispiace se ci provo io ? Vorrei parlagli».
L'infermiere acconsente e concordiamo di ritrovarci nella sala giochi.
Vado da Gabriele, mi fermo sulla porta ad osservarlo. Se ne sta sdraiato sul letto, la schiena appoggiata ai cuscini, mentre le sue manine reggono un libro. I riccioli castani gli cadono sulla fronte e dalla finestra filtra una luce bianca. Il destino sa essere davvero ingiusto a volte, quando ad un bimbo di otto anni viene una malattia come la leucemia non puoi fare a meno di pensare che se davvero esiste qualcuno di superiore in questo momento il suo sguardo sia rivolto altrove. Ho visto spesso genitori in preda al dolore, piangere fuori dalle stanze dove sono ricoverati i propri figli. Ma più spesso ho visto genitori arrabbiati, arrabbiati perché sono impotenti di fronte alla vita. Scuoto la testa per scacciare i pensieri cupi che mi affocano la mente. «Gabri» busso sullo stipite della porta. Il bambino solleva lo sguardo dal libro, gli occhi grandi e luminosi, il naso ricoperto di piccole lentiggini.
« Mago Barboso cosa ci fai qui? Non dovresti combattere contro la Fata Florina?»
«Sì dovrei» gli sorrido «Ma la battaglia può aspettare. Perché tu non sei con gli altri a fare il tifo per me?»
Lui mi rivolge uno sguardo imbarazzato « Perché..», sbuffa chiude il libro e me lo porge «Preferivo leggere questo. É pieno di maghi e di incantesimi». Leggo il titolo del libro: Harry Potter e la pietra filosofale. Mi viene da quasi da ridere. « Beh.. questo libro è davvero bello, capisco perché vuoi continuare a leggerlo. Ma che ne dici se oggi sta con gli altri bimbi e lo leggi dopo?» . Lui mi guarda poco convinto, così alzo la posta « Sai che c'è il seguito? Posso portartelo la prossima volta, se vuoi»
«Si!» Afferma saltando sul letto.
« Ok , ora calmati» gli restituisco il libro « Devo andare dagli altri bimbi, decidi tu se venire o restare a leggere». Esco dalla stanza e dopo pochi passi, la sua vocina mi chiama urlando di aspettarlo.

Arriviamo nella sala giochi, dove Melissa sta intrattenendo gli altri bambini raccontando quella volta in cui ha sconfitto il Gatto Puzzolone con dei fiori profumati. Alcuni bambini a gambe incrociate a terra, altri stanno disegnando seduti nelle sedie colorate. Osservo come ormai non facciano caso ai tubicini che hanno sulle braccia o nel naso.  Come nonostante tutto abbiano quell'allegria e quell'innocenza tipica dei piccoletti. Per quanto la stanza sia colorata con le parte gialle e verdi, i volti di questi bimbi, il loro camice e l'odore di disinfettante rendono quasi impossibile dimenticarsi dove si è.  Ed è proprio in quel quasi che ci inseriamo noi, cercando di distrarli o farli ridere.

Mel mi scorge e comincia a gridare «Aiuto! É arrivato il mago Barboso, quello più noioso di tutti!» Io alzo gli occhi al cielo, mentre Gabri corre verso i suoi amici.  « Via! Noi vogliamo divertirci» mi scaccia lanciandomi dei brillantini «Beccati la polvere di fata!» . Ora la uccido, potrebbero vedermi dal satellite per quanto sono luccicante, mi sono finiti anche in bocca. Tutti i bambini ridono, mentre io sto soffocando e quella stronza della mia migliore amica continua a bombardarmi di polvere di fata.  Chiedo l'aiuto del pubblico «In cosa posso trasformarmi per sconfiggerla?».  Con le loro vocine stridule urlano «Drago» e io inizia a muovere la narici e a ruggire come se sputassi fuoco. Anche a Melissa arrivano dei suggerimenti e diventa un cavallo alato che mi da uno zoccolo in faccia, o meglio un pugno che per poco non mi colpisce sul serio.  A seguire divento un leone, lei un serpente e continuiamo così a impersonificare animali. a
«Trasformalo nel Gatto Puzzolone !» Melissa esegue l'ordine recitando una formula magica e io inizio a imitare un gatto. Mi accovaccio, miagolo e mi annuso facendo le smorfie. Si, sono ridicolo ma il suono delle risate di questi bambini ne vale la pena.
«Fata Florina, lavalo!», mi volto e noto che è stato Gabri a dargli l'idea, sorridendo a Melissa incantato.  Piccolo Casanova traditore. Lei ricambia il sorriso e afferra uno dei suoi fiori finti. Lo schiaccia e mi innaffia. Fingo di miagolare tristemente e finisco K.O.

Dopo un'ora, una battaglia e diversi giochi, sto cercando di togliere tutti quegli stupidi brillantini dai capelli, quando Mel si mette in posa, mi aggrego istintivamente a selfie. Non ho più il cappello a punta, ma indosso ancora la barba. Ci stiamo cambiando, nella stanza dove penso si cambino le infermiere e i dottori solitamente.
«A chi l'hai inviata?» Le chiedo mentre cerco di togliermi questa tunica dal tessuto pruriginoso.
Appoggia il cellulare sul tavolino « A Rebecca». Le lancio un'occhiataccia. Perché tra tutte le persone proprio a lei? «Che c'è? Volevo mostrarle quanto sono adorabile vestita da fatina».
Resto immobile, in mutande come un'idiota perché un pensiero si intrufola nella mia mente. «Le hai raccontato perché siamo qui? Le hai detto di tua madre?» Lei scuote solo la testa e abbassa lo sguardo.
Finiamo di cambiarci e sono contentissimo di essere rientrato nei miei jeans. Ci dirigiamo verso l'uscita dell'ospedale, salutando tutti i medici che mi lanciano occhiate stranite. Mi passo una mano tra i capelli e la ritrovo ricoperta di glitter.
« Dovresti andarci piano con questi affari luminosi la prossima volta», apro la porta e gliela tengo aperta.
« Ai bimbi piace. E poi ti donano, sembra che ti sia tuffato dentro una piscina di illuminante».
«Ah si?» Le chiedo con fare minaccioso, sto per scombinarle tutti i capelli , ma Melissa si ferma di scatto e per poco non le fisico addosso. Mi scosto dalla sua spalla alla ricerca della cosa che l'ha bloccata.
« Ciao ragazzi». La donna con i capelli a caschetto neri e gli occhi grigi, mi rivolge un sorriso che mal nasconde la sua irritazione
« Ciao mamma». Cerco di fare il mio sorriso conquistatore.
«Allora te lo ricordi che hai una madre! Sai, spererei che il mio unico figlio ogni tanto mi chiamasse, rispondesse o mi desse qualsiasi segnale di vita». Anche se porta le mani ai fianchi come se mi rimproverasse, la voce tradisce che è felice di vedermi. «Esagerata» dico andando ad abbracciarla. Ha ragione, l'ho evitata ma solo per evitare una gigantesca discussione e rottura di palle cosmica. Questo non vuol dire che non le voglia bene o che non mi sia mancata.
« Ciao Arianna». Mia madre mi libera dall'abbraccio e saluta Mel con un bacio « Venite a pranzo?»
« Vi lascio da soli sembra che abbiate delle cose da chiarire, non voglio intromettermi» declina la mia amica, alla quale sto lanciando un'occhiataccia. Traditrice.
«Dai smettila, sei praticamente di famiglia, possiamo lavare i panni sporchi davanti a te».
Ed esattamente è quello che fa mia madre. Davanti ad un piatto di lasagne, che serve solo a comprarmi, sgancia la bomba che voleva propinarmi al telefono. «Che fai per il ponte del primo di novembre? Stavo pensando che potresti venire con me e Paolo, così potremmo passarlo in famiglia»
«Paolo non è la mia famiglia» me ne pento nello stesso istante in cui pronuncio quelle parole. Noto il lampo di tristezza che attraversa gli occhi di mia madre, gli occhi spalancati di Mel e decido di aggiustare il tiro. « Mi piacerebbe passarlo con voi, ma vado con Melissa e gli altri nella casa al mare».
Un calcio fortissimo mi colpisce lo stinco, ma trattengo il verso di dolore che stava per scapparmi dalle labbra, fulminando la mia amica.
«Cara, vuoi davvero tornare nella casa al mare?»
Melissa per fortuna mi tiene il gioco «Vorrei tanto in effetti, ma non so se ci riesco senza Riccardo. Lo sai Arianna, quella casa è piena di suoi ricordi. Io...» si blocca, gli occhi lucidi. Non ci andiamo da tre anni, non ci siamo mai andati senza Rosamaria.  Mi sento un po' in colpa per averla trascinata nel tiro alla fune con mia madre.
«Tranquilla, capisco benissimo. Anche per noi la casa al mare è importante e tutto ciò che rappresenta» Arianna appoggia una mano su quella di Melissa. Conosco abbastanza la mia migliore amica da sapere che non ama troppo il conforto o la compassione, ma essendo cresciuti insieme la conosce anche mia madre. Solleva subito la mano e si rivolge a me  squadrandomi« Sei perdonato, mi raccomando».
Alzo gli occhi al cielo e mi infilo una forchettata di lasagne in bocca. Mia madre è un dobermann, un cane che rosicchia l'osso finché non c'è più nemmeno un brandello di carne. E quell'osso sono io. Inizia la sua filippica sull'importanza dell'istruzione e della cultura, continua a ripetere che la laurea è un traguardo a cui non posso rinunciare, perché devo pensare al mio futuro. Melissa non fa altro che mangiare, in modo da aver la bocca piena e una scusa per non parlare. Cerco di non guardare mia mamma, tengo lo sguardo basso, non voglio una domanda diretta a cui so già che risponderò in malo modo. Annuisco e respiro, finché al «non farti convincere da tuo padre» esplodo.
«Basta! Lo so che pensi che è solo un hobby, o che papà mi abbia plagiato o forse pensi che non sono abbastanza bravo. Sei mia madre, cazzo. Dovresti credere in me. E sai una cosa? La realtà è che sono bravo, lo sono davvero. Lo sapresti se solo non fossi troppo occupata a farti la tua vita con Paolo». Scanso il piatto davanti a me e mi alzo. Mia madre non replica, non dice nulla. Rimane a guardarmi stizzita. « Scusami, ma ho da studiare. Ci sentiamo». Non aspetto nemmeno la sua risposta, giro i tacchi e vado via.
Sento a malapena Melissa che si scusa con lei, mormora qualcosa e poi mi viene dietro. Che palle spero solo di non beccarvi un'altra ramanzina.

_❣️ Spazio autrice❣️ _

Ciao a tutti! Buona pasqua! 🐣🐣🐣

Lo so, questo capitolo è uno stacco netto ma vorrei farvi conoscere meglio Riccardo, il suo rapporto con Melissa e con i genitori.

Spero che vi sia piaciuto lo stesso.. nel prossimo vi prometto un po' più di calore

Vi lascio comunque un selfie creato con AI di Mel e Riccardo

Ricordatevi di stellinare! Vi adoro ❤️

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