Good Positions II

By Margherita_Fossena

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🔴***Questa storia contiene linguaggio volgare e scene esplicite***🔞 Emma dovrà affrontare il ritorno alla I... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
🔴Capitolo 11🔴
🔴Capitolo 12🔴
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22

Capitolo 13

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By Margherita_Fossena


La loro permanenza in Francia arrivò presto agli sgoccioli. Emma si trovò a interrogarsi e con amarezza si arrese al fatto che sarebbe stata dispiaciuta di abbandonare quello scenario familiare così accogliente. Già le si stringeva il cuore al pensiero di dover abbandonare i paesaggi, il calore di quelle mura che sentiva come casa, le risate di Valentin mentre chiacchierava e giocava con loro stringendo fra le braccia il peluche donatogli dal padre, i sorrisi amorevoli di Agnese che era solita rivolgere ai ragazzi in ogni occasione. Avrebbe sentito la mancanza del camino, delle tendine, della camera mansardata con la finestra, del cortile e degli animali.  

Emma preparò le sue valigie solo all'ultimo secondo, dopo essersi lavata per bene e aver lanciato un'occhiata sconsolata a quella vita che non avrebbe vissuto per un po'.

"Sei triste?"

Alle spalle le piombò Mattia, già pronto per uscire. Cappotto, cappello, e valigie alla mano. Stava chiaramente aspettando il via di Emma che avrebbe dovuto prepararsi e raggiungerlo per salutare e dirigersi a prendere l'aereo. 

Emma si volto a guardarlo e si concentrò sullo sguardo del suo amico. Era intenso, profondo, i suoi occhi erano lucidi, ma Emma non riuscì a interpretare quel bagliore. La ragazza annuì con un sospiro e un sorriso tirato e lui le poggiò una mano sulla spalla come incoraggiamento, poi l'avvisò che le avrebbe lasciato qualche minuto aspettandola al piano di sotto. 

Emma si voltò a contemplare quelle pareti come se ci dovesse lasciare il cuore, un pezzo di anima. Lanciò l'ultimo sguardo al letto dove aveva passato la vacanza sperando di trovare un'altra occasione per tornare, il prima possibile. Quando le affiorarono i ricordi con Mattia scosse la testa e decise che era l'ora di andare. Prese il suo cappotto nero e lungo e ci si bardò dentro, si avvolse la sciarpa attorno al collo, bagagli alla mano e si diresse verso il piano inferiore  senza curarsi di chiudere la porta. Affacciandosi trovò Agnese che parlava con Mattia mentre la donna aveva una mano sul braccio del ragazzo che teneva in braccio il piccolo Valentin. Il bimbo giocherellava con il suo peluche e cercava di interpretare i loro discorsi mentre guardava prima sua madre, poi l'amico di sua cugina. 

Valentin fu il primo ad accorgersi di Emma, quindi si fece posare a terra dal ragazzo e corse verso di lei facendo voltare anche gli altri.  Emma gli sorrise e si abbassò per poterlo guardare negli occhi. Lui allargò le braccia per chiederle un abbraccio e lei lo strinse a se scompigliandogli i capelli con affetto. 

"Emma...reviens" le sussurrò lui e la ragazza lo abbracciò con più forza. 

"Oui" rispose lei "tornerò."

Valentin si staccò dall'abbraccio con un sorriso per poi correre in giro a inventare storie insieme ai suoi giocattoli nuovi. 

Emma raggiunse l'amico e la zia, giusto in tempo per far si che i due si sciogliessero dal loro abbraccio e la zia si fiondasse ad abbracciare lei. 

"Sono così contenta che tu sia venuta" le disse stringendola a sé. 

"Anche io. Mi ha fatto tanto bene stare di nuovo con voi" rispose lei con un sorriso. 

"Non sai quanto ha fatto bene a noi. Valentin è rinato e io con lui. Spero di rivederti presto" continuò lei, poi sciolsero la stretta ed Emma notò che la donna era commossa. Si asciugò una lacrima prima che questa le solcasse il viso rendendo visibile a tutti la sua tristezza. Poi le poggiò una mano sulla testa e la strinse per qualche momento ancora. 

"Dai il meglio di te e fammi sapere del concorso. Noi siamo qua sempre, non ti scordare che siamo la tua famiglia. Ti vogliamo bene" le mormorò accanto al viso così che questo fosse il loro personale e privato saluto. Le lasciò una pacca sulla spalla e le due si scambiarono un sorriso di tacito accordo. 

Quando lasciarono la casa e uscirono definitivamente dalla casa infilandosi nella macchina con cui l'autista li avrebbe portati all'aeroporto, Emma si stropicciò gli occhi con le dita per cercare di trattenere le lacrime di dispiacere. Mattia le poggiò una mano sul ginocchio, come a volerla confortare, ma non incontrò il suo sguardo poiché era impegnato a guardare fuori. Dopo qualche istante Mattia ritrasse la mano e tornò a smanettare col suo cellulare. Emma prese un respiro profondo e decise che avrebbe dormito durante il volo. Scrisse un messaggio a sua madre per dirle che sarebbe tornata quel giorno, che sua zia le mandava i saluti. Sua madre rispose velocemente dicendole che non si sarebbero visti dato che loro avevano approfittato della sua assenza per godersi una vacanza. Emma infilò il telefono in tasca e mantenne il silenzio fino all'arrivo. Mattia, durante il volo, ascoltò musica, Emma rilesse gli appunti che aveva portato con sé. 

L'autista del ritorno li lasciò davanti a casa della ragazza, dove Mattia aveva lasciato la sua auto. 

"Allora..." azzardò lui "ci vediamo domani?" 

Emma si guardò alle spalle e contemplò casa sua, poi tornò a guardare Mattia che le sorrideva e annuiva. 

"Se vuoi posso aiutarti a portare dentro i bagagli" si propose lui. 

Emma annuì e i due si diressero verso casa. Lei fu contenta di stare altro tempo con lui, anche perchè sapeva che stando sola sarebbe stata inondata dai suoi amari pensieri. 

Quando le porte dell'ascensore si chiuse, Mattia si avvicinò a lei. 

"So che forse non serve, ma vorrei parlare di quello che è successo in Francia" disse lui tutto d'un botto. 

Ad Emma scappò una risata: "Ti riferisci al sesso, suppongo."

"Esattamente" le rispose lui con un sorriso mentre abbassava la testa timidamente. 

Emma aprì la porta e Mattia lasciò le sue valigie all'ingresso e si poggiò allo schienale del sofà, reggendosi con i palmi delle mani. Emma si spogliò lasciando le sue cose sul dorso dei una sedia, poi restò in piedi davanti a lui a braccia conserte. 

"Dimmi" lo incalzò. 

"Non fraintendere le mie parole" iniziò lui " ma preferirei che rimanesse tra di noi. Non perchè non voglio che si sappia, è solo che non vorrei che fosse sulla bocca di tutti. Vorrei conservarlo come ricordo...nostro."

"Aurora lo sa già" ridacchio lei alzando le spalle. 

"Di lei mi fido" sorrise lui "però non vorrei che diventasse una questione di stato. Tipo con Edoardo e Viola."

"No, ovvio" annuì lei trovandosi completamente d'accordo. 

Mattia, con un cenno del capo, sancì quel loro patto intimo e non aprì più bocca fino a quando, dopo qualche momento di silenzio, lui si avvicinò, le lasciò un bacio sula guancia e si diresse verso la pota dandole appuntamento al giorno dopo per festeggiare il Capodanno anche con gli altri amici. 

"Comunque" disse poi lui, già fuori dalla casa "è bella la Francia" concluse, le rivolse un sorriso e chiuse la porta di ingresso lasciandola con un sorriso mieloso e nostalgico sulle labbra e tanti bei ricordi di quella vacanza. Mai come in quel momento fu felice di non avere i genitori a casa con lei, mai era mai stata così spensierata nel non sapere dove fossero e quando sarebbero tornati. Sperò di godersi il Capodanno con tranquillità, senza esagerazioni, e di non vederli fino al prossimo rientro dal campus a casa. Non le sarebbero di certo mancati e non si sarebbe dispiaciuta nel tornare all'università senza salutarli, anzi: si sarebbe tolta un bel peso emotivo che non aveva nessuna voglia di portarsi a lezione o nella stanza nell'anno nuovo. 


Emma teneva stretto fra le dita il lungo bicchiere di vetro che conteneva alcool e soda al limone. Lo aveva in mano da circa dieci minuti e non ne aveva ancora bevuto neanche un sorso. Le goccioline di condensa scivolavano lungo la superficie fino a raccogliersi sul fondo e poi cadere sui suoi pantaloni lasciando un alone di umido di cui lei non si era accorta. 

Aurora, si accarezzava una ciocca di capelli biondi che aveva raccolto in una coda alta, mentre parlava con Mattia. Sembrava una discussione interessante perchè, parlando, i due si sorridevano e annuivano di continuo, ma lei non era attenta e non seguiva la loro conversazione. Alessandro e Viola parlottavano tra loro, spesso, però, si voltavano verso gli altri e ridevano delle loro battute. 

Gli amici erano seduti sui divani di Emma, disposti in modo che si affacciassero l'uno sull'altro, mentre lei era sulla poltrona che di solito occupava suo padre mentre leggeva il giornale o ascoltava le ultime notizie sulla televisione a parete del soggiorno. Non c'erano pensieri che le occupavano la testa, ma Emma era incantata sulla porta di ingresso che aveva davanti a se, con le orecchie schermate dai rumori dei ragazzi che parlavano e dalla musica che aveva scelto Mattia. Aveva la testa vuota, si sentiva pesante sulle spalle e distratta. Si riprese solo quando una goccia di condensa fredda le bagnò la mano. Emma guardò il suo bicchiere e decise che si sarebbe destata da quel sonno ad occhi aperti iniziando a bere dal bicchiere che aveva ormai da un po'. 

L'intruglio era disgustoso e le bruciò la gola facendole storcere il naso. Aurora lo notò e ridacchiò indicandola agli altri amici. Il gruppo rise sonoramente insieme a lei ed Emma scosse la testa divertita mentre si alzò per lasciare il bicchiere sul tavolo della cucina abbandonando ogni idea di berne ancora. 

"Prendi qualcos'altro!" la incoraggiò Viola indicandole il frigo dove era contenuta la spesa che avevano fatto e che le avevano lasciato nel frigo e sparsa sui banconi della cucina. 

"No, penso che mangerò qualcosa" rispose lei con un sorriso andando ad aprire una busta di patatine. 

Tornò a sedersi con il sacchetto in mano e fu assalita dagli amici così che anche loro potessero mangiare. 

"Prendetevi le vostre!" rise lei scansando il pacco. 

Il gruppo di amici rise ed Emma strinse le sue patatine fra le gambe in modo che non fosse raggiungibile per nessuno di loro e continuò a mangiarle mentre gli altri si perdevano nuovamente in chiacchiere frivole. Emma si chiuse nel suo cellulare finché Aurora si spostò accanto a lei sedendosi sul bracciolo della poltrona facendo voltare la ragazza. 

"Mi sembra che tu sia un po' giù...tutto bene?" le chiese ed Emma le sfoderò un sorriso. 

"Si, si. Sono solo stanca" parlò a bassa voce per non farsi sentire dagli altri, Aurora annuì cogliendo la sincerità nelle parole dell'amica e le disse che, se avesse voluto, l'avrebbe accompagnata a fumare ed Emma accettò. Le due lasciarono in gruppo e si appartarono. 

Emma seppe dal primo momento che le due avrebbero affrontato la questione dei rapporti fra lei e Mattia, ma fu contenta di sapersi molto più tranquilla rispetto alla prima volta. 

"Mattia sa che tu lo sai" iniziò subito la ragazza e Aurora sgranò gli occhi "ma non è un problema.  Vuole solo che non si sappia in giro."

"Beh...non lo direi a nessuno. Non ne parlerei nemmeno con lui, al massimo con te" alzò le spalle lei ed Emma annuì.

"Non c'è molto altro da dire, credo. Abbiamo parlato, più o meno, e mi ha chiesto di lasciar stare e considerarla come una cosa nostra intima per non ingigantirla e farne parlare." 

"Non ha tutti i torti. Però mi fa piacere che tu sia molto più tranquilla. Evidentemente ti ha fatto bene anche chiacchierare con lui" la bionda prese un attimo di pausa per poi continuare "ora che pensi di fare?" 

Emma continuò a fumare in silenzio per qualche momento godendosi il fumo che le entrava nei polmoni, poi scosse la testa, buttò fuori il fumo e alzò le spalle: "Niente. Cioè non c'è niente da fare. Faremo finta di nulla, penso: è successo e basta" rispose lasciandosi sfuggire una risatina. 

Aurora annuì trovandosi d'accordo con l'amica e sentendosi sollevata nel vederla pragmatica. Cambiò argomento non volendosi soffermare sui particolari e sui dettagli, soprattutto sapendo che non ne avrebbe mai parlato con lui. Fu soddisfatta di sapere che non sarebbero sopraggiunti problemi. Chiacchierarono della serata e, quando Emma terminò la sigaretta, le due si riunirono al gruppo e si integrarono alla conversazione come se nulla fosse accaduto. 

La mezzanotte scattò e gli amici brindarono al nuovo anno lanciandosi in discorsi motivazionali fra loro, coperti dai botti dei fuochi d'artificio che venivano sparati al di fuori della casa. 

"E prometto anche di studiare di più" concluse Mattia scatenando un applauso da parte degli amici e un brindisi solo per lui e per quel suo buon proposito. 

Fu una serata piacevole, ma niente di eclatante. Il gruppo continuò a parlottare del più e del meno, alcuni di loro parteciparono a dei giochi da tavolo; Viola passò molto tempo al cellulare, probabilmente per scrivere qualche messaggio ad Edoardo. 

Quando arrivò il momento di andare a dormire, le ragazze si ritirarono nella stanza di Emma che, per l'occasione, aveva piazzato un letto singolo in più così che loro potessero dormire nel suo e lei in quello più piccolo; i ragazzi andarono nella stanza dei genitori. Emma si era già raccomandata con loro nel fumare, nel cercare di tenere pulito e di non fare danni. Mattia, che meglio di chiunque altro conosceva la sua situazione e il rapporto che la ragazza aveva con i suoi, si prese tutte le responsabilità e assicuro che si sarebbero comportati benissimo. 

Data l'ora tarda e la stanchezza di quel giorno e quella arretrata dei giorni precedenti, Emma si addormentò subito godendosi il sonno ristoratore e profondo che non le fece nemmeno ricordare ciò che aveva sognato. 


La mattina dopo, come da programmi, i ragazzi fecero colazione tutti assieme. Poi Alessandro, Aurora e Viola lasciarono la casa salutando e ringraziando per la serata e per l'ospitalità. Mattia, che a differenza degli altri non aveva partecipato alla spesa, aveva il compito di restare a pulire insieme ad Emma. 

I due si guardarono attorno e, con molto piacere, constatarono che ci fosse ben poco da fare. Emma si dedicò alle stanze da letto ponendo particolare attenzione a quella dei suoi genitori per fare in modo che fosse perfetta, poi pulì i bagni. Mattia, invece, dopo aver sistemato salone e cucina, aiutò Emma a spostare il letto singolo, smontarlo e metterlo al suo posto. Emma lo ringraziava in continuazione per essere rimasto ad aiutarla. 

"Figurati! Non preoccuparti, lo faccio con piacere" le diceva lui con un sorriso, ma Emma, per qualche motivo sconosciuto, si sentiva in debito con lui e in dovere di ricambiare la sua disponibilità. 

"Ti fermi per pranzo?" gli chiese poi ad un certo punto quando la pancia iniziò a brontolarle. 

"No, devo uscire" rispose lui scuotendo la testa, poi le sorrise "grazie comunque." 

Emma lo vide lasciare la sua casa con la consapevolezza che i ragazzi si sarebbero rivisti tutti tra circa una settimana per tornare nuovamente all'università. Sommersa dai pensieri, prese in mano il cellulare e rispose a tutti i messaggi di auguri che aveva ricevuto durante la notte dell'anno nuovo. 

Scorrendo tra le notifiche trovò quella di Jacopo e aggrottò le sopracciglia restando immobile a guardare il messaggio. Non rispose nulla e archiviò la notifica così che non le apparisse più sullo schermo del cellulare e scosse la testa. Era stata una parentesi abbastanza superflua e insignificante nella sua vita, in momento in cui si sentiva confusa e sopraffatta dallo studio e dalla sua famiglia. Era durato poco e non sarebbe mai tornata a viverlo. Dovette ammettere che in quell'occasione Mattia l'aveva fatta parecchio arrabbiare, ma le spuntò un sorriso sulle labbra nel ripensare a quando si erano chiariti e lui aveva esternato il suo malessere nel vederla uscire con un ragazzo di quel tipo, assolutamente non adatto a lei. L'aveva infastidita, ma era stato protettivo e aveva dimostrato di interessarsi a lei. Forse Jacopo era servito a qualcosa, a far comunicare meglio i due amici. Era contenta che il loro legame si fosse stretto molto di più col passare del tempo. Emma si poteva dire fiera e orgogliosa di avere un amico come Mattia al suo fianco. 

Si lasciò cadere sul letto e prese il suo pc per cercare qualcosa con cui impegnare il tempo che avrebbe trascorso felicemente da sola. 


Emma aprì gli occhi beandosi della pace e della tranquillità della sua stanza singola. Lanciò uno sguardo sulla montagna di libri che aveva lasciato sulla scrivania e che, ovviamente, erano rimasti lì in attesa di essere sfogliati e studiati. La ragazza controllò l'orario e scoprì di aver dormito più del previsto. Aveva deciso, la sera precedente, che non avrebbe frequentato le lezioni quel giorno perchè si sarebbe trattato di un approfondimento svolto per cui aveva bisogno di migliorare nel corso in vista della sessione di esami. Si programmò la giornata in mente: avrebbe studiato tutta la mattina, avrebbe pranzato al volo e poi avrebbe incontrato un professore, un collega della professoressa che l'aveva seguita durante il concorso.

Il professore aveva espressamente chiesto di vederla per un colloquio, ma la donna non le aveva spiegato quali fossero le sue intenzioni. Emma era ansiosa di sapere e, al contempo, emozionata di aver un colloquio con un altro professore. Il qualche modo voleva dire che, nel bene o nel male, il suo lavoro aveva interessato qualcuno.

Ci tenne a vestirsi bene per aumentare le sue possibilità di fare una buona impressione: indossò dei sartoriali neri che la rendevano elegante e professionale, ma soprattutto, erano perfetti per risaltare le sue forme e ciò la rendeva sicura di se. Completò il tutto con una camicia bordeaux e il suo cappotto nero e penante. Col trucco si tenne leggera, calcò la mano solo quando applicò eye-liner e mascara. legò i capelli in una coda alta fissata con del gel per renderla ordinata. Quando aggiunse la borsa con dentro quello che riteneva opportuno portare in più per quel colloquio, si guardò allo specchio contenta del risultato: sembrava una donna in carriera, pronta ad una giornata di affari e ricchezza.

Si diresse verso la facoltà di design e cercò l'ufficio del professore. Essendo arrivata con leggero anticipo, Emma volle fumare una sigaretta per distendere i nervi. Prima di varcare la soglia della struttura si schiarì la gola e di ricompose. Bussò un paio di colpi alla porta all'orario stabilito e una voce solida e robusta le concesse di entrare.

Emma restò incollata alla maniglia per qualche istante osservando il professore alzare lo sguardo dai foglio sparsi sulla sua scrivania e posarlo su di lei. Per poco Emma non sgranò gli occhi e allargò la bocca.

Il professore era giovane, più degli altri che insegnavano al campus. Emma non lo aveva mai visto ne a lezione ne in giro per l'università.

L'uomo indossava una camicia bianca e una cravatta blu scuro. La giacca, probabilmente in completo ai pantaloni, era poggiata sullo schienale della sedia girevole su cui si poggiava. Aveva i capelli pettinati con cura, scuri e mossi, gli occhi di un verde che le ricordava il colore del veleno. Le labbra erano carnose e rosee, sembrano morbide.

Emma restò incantata dalla bellezza di quell'uomo e solo quando lui sfoderò una file di denti candidi per invitarla a prendere posto davanti a lui lei fu in grado di annuire e muoversi. Il professore le porse un mano che Emma strinse con piacere beandosi della sua stretta forte. Forse il professore era sulla quarantina, ma li portava decisamente bene. Era piacente, una bellezza rara. Emma iniziò a sentire caldo e fu sicura di avere le guance rosse.

"Lei deve essere la signorina Cadeo. Io sono il professor Desti, ma può chiamarmi Davide. Come sta?" domandò lui avviando la conversazione con un sorriso.

"Solo Emma. Tutto bene, la ringrazio" rispose lei cercando di mantenere un contegno. Cercava di essere professionale, non una ragazzina che aveva visto un uomo stupendo.

"Allora Emma" iniziò lui con un sorriso poggiando le mani sui fogli poggiati sopra il tavolo "l'ho chiamata perché volevo personalmente discutere con lei dei suoi progetti. Io sono uno dei direttori del concorso che lei ha vinto e insegno design in un'università francese. Mi sono permesso di reperire i progetti che lei ha consegnato lo scorso anno e ne ho qua alcuni che mi hanno molto incuriosito. Le andrebbe di spiegarmi meglio?"

Emma annuì e spiegò in breve il suo interesse e la sua passione nell'ambito della moda e del design, si soffermò a raccontare della sua cura per le esigenze della clientela e, infine, raccontò le sue idee parlando dei progetti passati che aveva consegnato a fronte degli esami. Durante il suo discorso, Davide Desti la ascoltava attentamente annuendo quando si trovava d'accordo con la sua visione. Fortunatamente accade spesso.

"Le spiego, Emma. Io faccio parte di un progetto che sostiene gli emergenti. Vorrei che lei si formasse con noi, le andrebbe? Funziona così: per candidarsi e selezionarla vogliamo un bozzetto, il più innovativo che le viene in mente. Lo accompagnerà con un testo che ne spiega la funzione e l'idea. Verrà prodotto da noi, a nostre spese. Se venisse selezionato, cosa che spero davvero, potrà decidere di formarsi con noi e proseguire insieme ad altri emergenti. Siamo in contatto con diversi fornitori e diversi esperti nel settore e, ovviamente, noi proponiamo i nostri studenti per lavorare nell'ambiente con loro. Che ne pensa?"

Emma riflettè qualche secondo, poi sorrise e annuì: "Mi sembra ottimo!"

"Lei è una ragazza sveglia e talentosa, Emma. Spero davvero che potremmo collaborare insieme. Se mi lascia il suo numero le farò sapere entro questa settimana le date e le scadenze."

Emma accettò di buon grado e prese in mano la penna a sfera che le porgeva il professore per segnare il suo numero su un foglietto. Alla fine i due si strinsero le mani ed Emma venne accompagnata dal professore alla porta, poi prese un respiro profondo e il cuore le esplose nel petto dalla gioia. Si diresse verso il chiosco e si prese un caffè, poi scrisse una e-mail alla professoressa che l'aveva seguita per farle un sunto del colloquio. Contattò anche le amiche per dar loro la bella notizia e le ragazze risposero subito, contente per lei. Emma, con loro, aggiunse anche che il professore era un tipo davvero niente male e loro vollero i dettagli, ma lei posticipò invitandole a prendere un caffè nel fine settimana.

Scrisse anche a Mattia e lui fu il più entusiasta di ricevere quella notizia. Si propose di accompagnarla al prossimo incontro, ma lei lo frenò rispondendo che non aveva idea di come si sarebbe dovuta organizzare per il futuro. La ragazza fece rientro in stanza, talmente allegra che pareva che i suoi piedi non toccassero il suolo, soddisfatta ed emozionata per la piega che stava prendendo la sua passione e contenta, in parte, di poter dimostrare ai suoi genitori i frutti che stava iniziando a cogliere. Decise che una volta ricevute indicazioni dal professor Desti avrebbe fatto ricerche sul suo conto e sul conto di quel progetto di cui lui aveva parlato, nel frattempo avrebbe cercato di spremersi le idee nella testa per realizzare altri prototipi da consegnare.

A cena incontrò Viola ed Edoardo, ma non si fermò al tavolo con loro. Prese qualcosa di veloce e comodo da portarsi in camera e tornò nella sua stanza con in mano la matita e una gomma da cancellare a portata per iniziare a buttare sui fogli qualche idea. Ispirata dal colloquio e dal sostegno che aveva ricevuto da parte dell'insegnante, Emma riuscì a tirare fuori un paio di progetti interessanti.

Le informazioni da parte del professor Desti arrivarono poco prima del weekend: il professore si presentava formalmente dando delle referenze sue e del progetto di cui faceva parte insieme ad altri esperti, le allegava il regolamento per le selezioni e, infine, le annunciava le scadenze. Avrebbe dovuto presentare la sua idea entro e non oltre dieci giorni lavorativi, poi avrebbe dovuto attendere fino a quando non avessero controllato tutti i progetti degli altri. L'uomo le disse che ci sarebbe voluto un bel po' prima di ricevere una risposta, ma Emma, speranzosa, rispose che andava bene, che avrebbe partecipato con piacere. Passò una settimana intensa a riflettere, immaginare, cercare e controllare. Alcune volte, quando era nel pieno della fase creativa dove le idee le fluivano nella mente, coglieva il momento appieno e saltava le lezioni per dedicarsi a quella occasione che era decisa a non farsi scappare. 

Consegnò il progetto un paio di giorni prima della scadenza dopo averlo completato anche del testo richiesto e dopo averlo fatto supervisionare dai suoi amici, in particolare Aurora e Alessandro che furono i più attenti alla correzione del testo. La versione finale fu approvata anche dalla professoressa che l'aveva seguita durante il concorso. Quando fu certa di avere in mano l'idea perfetta, o semplicemente di non poter più revisionare nulla, mandò il progetto finito al professore e si preparò ad attendere. 

Quello fu il momento in cui tutto tornò come al solito: Emma dovette faticare un po' per tornare al passo con quello che aveva perso durante le lezioni, ma alla fine recuperò ciò che aveva lasciato da parte e si mise in pari. Gli incontri con Mattia, in cui i due studiavano insieme, si interruppero. Emma non se ne preoccupò troppo dando priorità al suo studio individuale. Mattia, d'altra parte, si faceva sentire spesso per messaggio e non aveva mai manifestato il desiderio di riprendere a studiare insieme, quindi Emma lasciò correre preferendo aspettare che fosse lui a chiederle una mano, ritenendo invadente andarlo a chiedere in prima persona. Anche se, in fondo, le mancava passare del tempo insieme.

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