I wanted to tell you all my s...

By dearangelharry

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Louis si vede come un'anima nera, dalla quale contiene soltanto tristezza e paura; Harry invece è un'anima bi... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo 22

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By dearangelharry

"What hurts the most was was being so close and having so much to say, but watching you walk away."

Anne era davvero intenta a leggere un libro, ma dal momento in cui si accorse che dovette rileggere la stessa frase per cinque volte consecutive, allora capì che aveva la testa completamente altrove. Così chiuse il libro, Guerra e Pace di Tolstoj, e sospirò seduta sulla sua sedia a dondolo del suo porticato. Si portò due dita al mento e guardando dinnanzi a sé, iniziò a pensare. Da quando Harry la sera precedente era ritornato a casa piangendo, aveva capito che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Ma non fu quello a farglielo sospettare, bensì anche Louis stesso. Non poteva fare a meno di pensare e ripensare alla sera precedente e alla discussione con Harry.
«Harry, cosa sta succedendo?» gli chiese prendendolo per un braccio prima che potesse correre su in camera sua. Harry non si volse, anzi continuava a nasconderle il viso, ma Anne da buona mamma che era, sapeva che suo figlio stava piangendo.
«Lasciami.» cercò di parlare in tono duro, ma un singhiozzo seguito dalle lacrime lo tradì e mentalmente imprecò.
«No, finché non mi dici cosa sta succedendo.» ribadì in tono duro. Non avrebbe voluto rivolgersi così ad Harry, ma forse infondo era l'unico modo per poterlo spronare a dire qualcosa.
«Niente.» rispose voltandosi, ma oramai il suo piano di tener duro e non piangente era fallito.
«E allora perché stai piangendo?» Harry si morse il labbro inferiore e dopodiché si lasciò andare cadendo sulle sue ginocchia senza più forze. Si portò le mani in volto e senza ritegno di chi fosse in casa iniziò a piangere. Fortuna che suo padre era al piano superiore con sua sorella, altrimenti non ne sarebbe uscito vivo quella sera. Anne subito si precipitò al suo fianco terribilmente preoccupata e con il cuore vuoto e allo stesso tempo più pesante che mai.
«Harry, so che c'è qualcosa che non va con Louis, te lo leggo negli occhi e lo vedo che voi due non vi parlate più.»
«Ma se continua a scappare da me!» Harry era davvero fuori di sé e davvero, quella volta avrebbe parlato sfogandosi, non ne poteva più di tacere in silenzio e tenersi tutto dentro.
«Prendilo con calma e parlagli.»
«No! Non vuole lui. Ogni volta che mi vede, cambia strada, scappa o trafila una stupida scusa. Sono tutte scuse le sue. E non lo capisco mamma, non lo capisco.»
«Harry, tu lo ami vero?» chiese ed Harry alzò lo sguardo terribilmente terrorizzato da quello che da lì a dieci minuti sarebbe potuto accadere. Ma Anne non lo stava guatando né male, né schifata, anzi aveva un sorriso dolce e del tutto consapevole in viso.
«Sí.» rispose Harry con coraggio. Una volta si ricordò di aver letto su un libro di poesie che tutti coloro che erano coraggiosi, a loro volta erano persone libere. Ed Harry sorrise leggermente nel ricordare quella frase.
«Ne ero certa, una mamma non sbaglia mai!» rispose abbracciando Harry di slancio. Quest'ultimo rimase completamene immobile. In quel momento realizzò di essere una persona completamente fortunata. Non capita spesso che i tuoi genitori ti accettino per quello che sei, è davvero raro. La maggior parte delle volte quando riveli loro chi veramente sei, essi non fanno altro che ripudiarti e guardati male per il resto della tua vita. Sarebbe bello trascorrere una vita a non nascondersi sempre, un persona dovrebbe vivere in libertà non in una gabbia per colpa delle persone, una persona dovrebbe essere libera di amare la persona di cui si innamora, indipendentemente dal fatto che essa possa essere del tuo stesso sesso. Forse le persone che non accettano questo, credo che non sappiano cosa sia l'amore e dopotutto credo fermamente che Dio ami tutti.
«Non ti faccio schifo?» chiese titubante scostandosi dalle sue braccia e guardandola leggermente, beh diciamo, stupito.
«Harry, tu sei mio figlio e non importa chi ami o di chi ti innamorerai, la via è tua e se ti rende felice non è mai sbagliato, ricordatelo. E dopotutto farò il possibile per aiutarti e consigliarti al meglio quello che dovresti fare.»
«Oddio... Grazie.» Harry per tutta risposta si rigettò tra le sue braccia e la strinse forte a sé.
«Tuo padre non deve saperlo. Mi raccomando Harry, ti prego.»
«Lo so.»
«Ascolta, ora vai a dormire, è stata una giornata impegnativa e piena di rivelazioni, riposati e domani se vuoi sono qua così che possiamo parlare.»
«Va bene, grazie ancora mamma.»
«Figurati, non mi devi ringraziare.»
«Mamma?»
«Sì?»
«Ti voglio bene.»
«Ti voglio bene anch'io.»
E così Anne ci pensava e ci ripensava in continuazione. Insomma, se una persona ti dice che non prova nulla per te, allora perché continuare a scappare? Quella storia non aveva senso, ma Anne sentiva dentro di sé che qualcosa non stava andando per il verso giusto, qualcosa che non era stato ancora detto, qualcosa di così grande che non avrebbe portato a nulla di buono.

Kendall percorreva le strade di Parigi continuando a guardarsi intorno. Da quando aveva in qualche modo obbligato Max a parlare con Louis, la sua vita aveva assunto una piaga diversa. La notte, per qualche strano motivo non riusciva a dormire con tanta facilità di prima e il giorno sentiva qualcosa dentro che la stava divorando e forze assomigliava tanto al senso di colpa. Forse avrebbe dovuto capirlo già da molto tempo prima che non avrebbe mai e poi mai potuto forzare Harry ad amarla. Eppure lei era così dannatamente certa che prima la amasse, pensava che togliendo di torno Louis le cose sarebbero tornare come una volta, come i giorni prima in cui lui partisse, quei giorni che ormai sembravano tanto lontani. Ma non avrebbe mai e poi mai pensando che quei due prima o poi potessero innamorarsi l'uno dell'altro. Questo era fuori discussione. Ma lei lo amava ancora nonostante tutto e se non lo poteva avere lei, allora nemmeno Louis lo avrebbe avuto e doveva trovare una soluzione al più presto. Perché si sa, due persone che sono destinate a stare insieme prima o poi si ritroveranno sempre. Alzò lo sguardo per vedere se quello era il locale in cui Max gli aveva detto di recarsi e sospirò dandosi coraggio per entrare dopo aver constato che sì, era quello. Non appena era entrata, si chiese in che razza di posto era finita. Il tetto era basso e l'aria era impregnata per la maggior parte di fumo. C'erano tantissime persone che giocavano a carte o a biliardo e la maggior parte di esse si volse a guardala, molto probabilmente non essendo abituati ad avere persone di sesso femminile all'interno di quel posto. Un uomo le si avvicinò con Dio solo sa quali intenzioni, ma poco prima che potesse solo sfiorarla, Max apparve da chi sa dove e la prese per mano.
«Non ci provare nemmeno, amico.» gli disse allontanandosi guardandolo male e portando con sé Kendall.
«Oh meno male che sei arrivato tu.» gli disse mentre si sedevano ad un tavolo lontano da tutti quegli sguardi indiscreti.
«Di cosa mi volevi parlare?»
«Innanzi tutto: ti sembra un locale adatto ad una persona come me?» Max alzò gli occhi al cielo e anzi di rispondere bevve un sorso della sua birra che si era fatto portare poco prima che Kendall entrasse nel locale.
«Non importa. Ad ogni modo mi serve un consiglio.»
«Sono così stufo di quei due ragazzini.» rispose Max, avendo subito capito che quella ragazza sarebbe finita con il parlare a proposito di Harry e Louis.
«Io solo di Louis.» disse con fare ovvio.
«Kendall, perché non li lasci vivere in pace?»
«No, se io non avrò Harry al mio fianco allora nemmeno Louis lo avrà.»

«Ma allora ti sei proprio fissata per quel ragazzo eh.»

«Sì.» rispose subito senza forse neanche pensare a ciò che stava dicendo.

«Guardati attorno e smettila di correre dietro a chi non ti ama.»

«Cos'è adesso, stai dalla loro parte?»

«Non sto dalla loro parte, cerco solo di farti ragionare. Kendall sei grande ormai, e ti prego non comportarti da bambina.»
«Ma che stai dicendo?»
«Sto solo dicendo che ho visto come piangeva quel dannato ragazzo quando gli ho detto che avrebbe dovuto separarsi da Harry. Ho sentito dalle tue parole quanto Harry sia triste da quando ciò è successo e fidati, nessuno si può mettere tra di loro. Il loro amore é così forte che nemmeno Dio riuscirebbe ad allontanarli.» Kendall rimase a bocca aperta per quelle parole. Dentro di sé sapeva che Max aveva perfettamente ragione, sapeva che avrebbe dovuto una volta per tutte finirla con questa storia e mettersi da parte, perché se amava davvero Harry, allora avrebbe dovuto sapere come allontanarsi da lui. Ma invece non fece niente di tutto ciò.
«Se tu non mi aiuterai, allora ci penso io.» rispose alzandosi dalla sedia con tutte le intenzioni di uscire da lì dentro e andarsene da qualsiasi altra parte.
«Dove stai andando?»
«Da Harry.»
«Ti accompagno io in macchina, andiamo.» rispose Max anche se avrebbe tanto voluto che lei dicesse che sarebbe andata a casa ma a quanto pare le sue parole erano come volate via. Aveva parlato per niente e aveva l'impressione che forse un muro lo avrebbe ascoltato di più.
Quando era giunto finalmente davanti all'abitazione di Harry, aveva scorto Anne seduta su una sedia a dondolo e Harry seduto negli scalini del loro porticato. Il suo viso era triste e aveva uno sguardo perso e pensieroso allo stesso tempo.
«Guardalo. Ti sembra felice?» chiese Max restando con la macchina dall'altro lato della strada mentre era intendo a guardare Harry. Non avrebbe mai pesato che la vicenda di quei due ragazzi potesse rimanergli così tanto impressa nella mente.
«Nessuno in questa vita può avere sempre tutto ciò che desidera.» rispose aprendo poi la portiera della macchina e uscendo via incamminandosi verso il cancello della casa di Harry.
«Signora Anne?» la richiamò Kendall agitando una mano per farsi vedere. Non appena i loro occhi si incontrarono ebbe come l'impressione di aver interrotto qualcosa e un sorriso del tutto finto si fece strada sulle labbra di Anne, ma alla ragazza non gliene importò più di tanto, tutto quello di cui gli importava era Harry.
«Kendall.» disse a mo' di saluto aprendole il cancello e lasciandole spazio per entrare. «Sei venuta per Harry?»
«Uh sì, avevo voglia di stare un po' con lui.»
«È seduto nella scale, va'.» Anne alzò gli occhi al cielo e non volendo vedere quella ragazza un minuto di più prese velocemente il suo libro che avrebbe voluto leggere e dopo aver lasciato uno sguardo di conforto a suo figlio, uno di quello della serie "Sei forte, ce la farai." decise di tornare dentro.
«Come stai?» gli domandò abbassandosi per dargli un bacio sulle labbra, ma prima che potesse accadere, Harry si alzò di fretta e si sedette sulla sedia in cui prima vi era sua madre e così Kendall restò in piedi a guardalo. Non era stupita dal suo comportamento, non poteva e non doveva esserlo, infondo Max l'aveva avvisata.
«Bene, tu?»
«Bene.» gli rispose sorridendo, ma Harry guardava altrove e la conversazione cadde all'istante, nessuno dei due aveva più niente da dire all'altro. Dopo quelle che parvero ore, ma che in realtà erano stati minuti, Harry parlò.
«Vado dentro, vieni o torni a casa?» Kendall avrebbe voluto prenderlo a schiaffi per come si stava rivolgendo nei suoi confronti, ma invece tirò su un sorriso finto e lo seguì mentre entravano in casa.
«Mamma, c'è Louis su?» chiese Harry mentre sua mamma era intenta a dare una pulita alla sala. Dal momento in cui era entrato in casa aveva sentito qualcuno suonare il piano e c'era soltanto una persona in grado di suonarlo così bene e Harry avrebbe riconosciuto il tocco di Louis sui tasti di un pianoforte anche in una competizione tra mille pianisti.
«Sì, sta facendo lezione con Amélie.»
«Posso andare a vedere?»
«Ma certo.» gli rispose con un sorriso dolce e allo stesso incoraggiante, voleva infondo che le cose tra lui e Louis andassero a finire bene, e non che rimanessero così come erano al momento.
«Posso andare an-» stava per dire Kendall ma Anne la interruppe.
«Oh stavo giusto per chiederti di venire a preparare il tè con me, cara.»
«Ma-»
«Come ti piace il tè? Con poco zucchero o non so...» le chiese prendendola a braccetto e portandola in cucina. Harry sorrise divertito per sua mamma, le avrebbe voluto sicuramente costruire un statua. Salì le scale e quando arrivò decise di non entrare subito. D'altronde non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi lì, senza contare il fatto che aveva completamente ignorato Kendall e l'aveva lasciata da sola. Ma dopotutto nessuno l'aveva invitata, era stata lei ad andare a casa sua, perciò non si doveva preoccupare più di tanto. E infondo c'era pur sempre sua mamma a farle compagnia, anche se nemmeno lei ormai riusciva a sopportarla. Una delle tante cose che amava di Louis, era quando suonava una composizione di Chopin, lo amava di più di quanto facesse ogni giorno. Anche se, Harry ogni giorno amava Louis, più di ieri e meno di domani, questo non sarebbe mai cabinato. Vide Amélie volteggiare graziosamente e non poté fare a meno di pensare a quando fosse brava a ballare, sicuramente allo spettacolo avrebbe fatto una bellissima figura.
«Bravissima!» le sorrise Louis terminando quella dolce melodia per cui Harry si stava lentamente incantando.
«Grazie Lou, ora però ho tanto sonno.» rispose strofinandosi un occhio con un dito e chissà da quante ore ballava. Harry decise di farsi coraggio ed entrare. Non sapeva nemmeno il motivo per cui si trovava lì, sapeva solo che stare ancora un altro po' lontano da Louis gli avrebbe causato ulteriore dolore. E piuttosto si accontentava di non parlargli e di guardarlo da lontano. Molte volte credo che amare una persona in silenzio sia un po' come contemplare un tramonto: lo si fa da lontano e in silenzio, guardando quel sole allontanarsi da te per poter illuminare la giornata a qualcun'altro.
«Harry!» esordì Amélie saltandogli in braccio. Con la coda dell'occhio vide Louis sospirare e abbassare lo sguardo.
«Come sta andando il balletto?»
«Bene, anche se sono davvero stanca oggi.»
«Vuoi riposare?»
«Ehm scusate, io tra poco dovrei andare, perciò vado a dire una cosa ad Anne e tolgo il disturbo.» disse Louis leggermente rosso in viso. Avrebbe voluto restare lì con loro. Avrebbe voluto suonare qualcosa per Harry. Avrebbe voluto abbracciarlo. Ma non fece niente di tutto ciò, se non alzarsi da quello sgabello e scendere le scale per dirigersi in cucina. In realtà non aveva niente da dire ad Anne, quella era stata solo una semplice scusa per non stare nella stessa stanza con Harry. Ma gli si bloccò il respiro in gola quando entrando vide Kendall prendere il tè con una Anne intenta a guardarla male, aveva persino uno sguardo sofferente, come se non volesse davvero trovarsi con quella ragazza e beh, infondo la capiva.
«Oh Louis, tutto bene?»
«S-sì, avevo solo bisogno di... Un po' d'acqua.»
«Ma certo prenditela pure, io intanto salgo su a sistemare la camera, fai con calma.» è detto questo la vide uscire dalla cucina e trarre in seguito un profondo sospiro.
«È inutile che fingi.» disse Kendall alzandosi e raggiungendolo incrociando le braccia al petto, atteggiandosi come se fosse una bambina di dieci anni e sul serio? Aveva diciott'anni o cosa?
«Cosa vuoi?» rispose Louis perdendo la pazienza, sbattendo così il bicchiere sul bancone in marmo.
«Dovresti smetterla di stare attorno ad Harry.»
«Devi essere caduta davvero in basso per aver chiesto aiuto al tuo amico, come se non sapessi sistemare da sola le cose.»
«Sarai tu a cadere in basso se non ti levi.»
«Almeno io Harry l'ho fatto innamorare, non ho mica comprato il suo amore come ha fatto qualcuno.» Kendall stava per ribattere qualcosa ma rimase per un momento in silenzio e rossa per la rabbia. La conversazione non si sarebbe conclusa bene. Louis iniziò a camminare verso di lei e quest'ultima indietreggiò non capendo le sue intenzioni.
«I-io non ho comprato il suo amore.» ribadì Kendall, ma il suo tono la tradì.
«È come se tu mi avessi detto di non aver mai mandato Max a minacciarmi.»
«Oh taci.»
«Togliti di mezzo per piacere, ho di meglio da fare che stare a discutere con te.» le disse lanciandole un'occhiataccia e uscendo dalla cucina, ma poi Kendall riparlò.
«Ricorda, io vinco sempre. Harry non tornerà.» disse posando le mani sui fianchi e alzando un sopracciglio con aria di superiorità. Louis era di spalle ma parlò lo stesso.
«Tu stai solo giocando ad un gioco nel quale sei destinata a perdere. Io amo Harry e non gli farei mai del male. Perciò se per farlo stare bene, devo allontanarmi, lo farò. Ma ti prego non fargli mai del male.» non appena pronunciò quelle parole camminò lentamente raggiungendo le scale per poter recuperare le sue cose. Quello che non avrebbe mai saputo è che Kendall a quelle parole rimase a bocca aperta e il senso di colpa ormai la stava divorando. Ma non le importava, questo non lo avrebbe mai detto a nessuno.
Louis entrò nella sala da ballo con la sola intenzione di uscire al più presto da quella casa, ma il suo piano fallì quando vide Harry e Amélie distesi sul parquet a dormire. Dovevano essere entrambi davvero stanchi per addormentarsi così in fretta e per di più per terra. Posò accanto al pianoforte la sua borsa e avvicinandosi senza far rumore, prese Amélie in braccio e la distese sul suo letto in camera sua. Era indeciso se fare la tassa cosa anche con Harry. Non sapeva se era la cosa giusta da fare. Ma più lo guardava lì fermo a dormire, più si convinceva di quello che avrebbe fatto. Tanto stava dormendo, non lo avrebbe visto nessuno, ne tantomeno Harry stesso, perciò. Lo prese delicatamente dal pavimento mettendogli una mano dietro la schiena e una sotto le ginocchia ed infine lo strinse al petto. Gli era mancato stare così vicino ad Harry, era una di quelle cose che ormai gli sembravano essenziali nella vita, una di quelle cose senza le quali non puoi vivere e quel ragazzo ormai era diventato una di quelle. Varcando la soglia della camera di Harry, il più piccolo si lamentò nel sonno. Dopodiché lo adagiò nel letto e si volse per andare via quando però Harry parlò.
«Non lasciarmi cadere.» disse sognando. Louis si fermò e prima di uscire camminò verso di lui, si abbassò alla sua altezza e dopo avergli rivolto un sorriso dolce che nessuno avrebbe mai visto, gli lasciò un bacio sulle labbra, accarezzandogli poi una guancia.
«Mai, non ti lascerò mai cadere.» gli sussurro all'orecchio e forse il sorriso che spuntò sulle labbra di Harry quando Louis aveva lasciato la stanza, era dato dalle parole del più grande.

«Mamma, ieri chi mi ha portato a letto?» chiese Harry nel frattempo che stava facendo colazione in compagnia di sua sorella e sua mamma. Suo padre era a lavoro.
«È vero, anch'io mi sono ritrovata in camera mia.» disse Amélie inzuppando un biscotto nel latte caldo.
«Io, non sono stata. Tuo padre nemmeno. Quindi penso che sia stato Louis.» Harry arrossì e sorrise senza un motivo preciso. Il sol pensiero che Louis lo aveva preso tra le sue braccia gli riscaldava il cuore perché andiamo, Louis lo aveva preso in braccio, era stato di nuovo così tanto accanto a lui e si maledisse per il fatto che non riusciva a ricordare niente di ciò che era successo.
«Harry?»
«Sì?»
«La mamma ti sta chiamando da due ore.» disse Amélie ridendo.
«Grazie tesoro.» disse a sua figlia, poi si volse verso Harry. «Puoi accompagnare tua sorella al parco? Si deve incontrare con Toby.»
«Oh sì certo.»
«Perfetto, allora fate colazione e andate.»
«Va bene.»
Il parco non era davvero così tanto affollato, perciò decise di restare seduto su una panchina nel frattempo che guardava Toby insegnare giocare a calcio ad Amélie. Sorrise nel vederli insieme, erano perfetti per l'un l'altro, come se in quel modo formassero una squadra. Quei due sarebbero cresciuti sicuramente insieme e tutto grazie ad un incontro del tutto casuale. O forse no, forse era già predetto che alcune persone si sarebbero incontrare prima o poi e il suo pensiero non poté che andare rivolto a Louis. 

«Tu sei Harry, vero?» Harry alzò lo sguardo vedendo un ragazzo moro davanti a sé e non avendo la minima idea di chi diavolo fosse, non l'aveva mai visto in vita sua.

«Sì. Perché?»

«Beh, credo che noi due abbiamo qualcosa di cui parlare.»

«Non capisco.»

«Ti spiegherò parlando.»

«Ma non so nemmeno chi sei o quale sia il tuo nome.» gli disse Harry vedendolo sedersi sulla panchina accanto ad egli, ovviamente a debita distanza l'un l'altro.

«Tanto per iniziare, io sono Max.

__________

Note autrice: 

Vorrei chiedervi una cosa prima: mi piacerebbe iniziare a scrivere un'altra storia oltre a queste due che sto scrivendo, anche perché ahimè,  questa storia sta giungendo alla fine e mi mancherà tantissimo. Cosa mi consigliate?

Scusate la lunga assenza, ma sono partita in Belgio per il concerto dei ragazzi e tra una cosa e l'altra alla fine non ce l'ho fatta ad aggiornare prima. Comunque non so come usciranno alcuni dialoghi della storia, ma il computer ormai non funziona bene come prima e spero che regga almeno per la fine di questa storia. Adesso che la scuola è finita posso aggiornare più spesso e ne sono felice perché questo vuol dire passare le mie giornate a scrivere e ad aver tempo per me stessa. Per ora non voglio più pensare alla scuola. Ringrazio come sempre tutti coloro che continuano a leggere la storia e che mi sostengono ogni giorno, ci vediamo al prossimo capitolo, un bacio. 

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