Area 3-13

By PaolaFerrero9

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All'inizio erano solo John e Jane, due perfetti sconosciuti ritrovati in una zona di contagio. Infetti ma non... More

Notte
Fuoco
Sole
Musica
Azione
Sesso
Dopo
Mesi
Alba
Jack
Ancora
Vicino
Allerta
Soli
Recupero
Tramonto
Squadre
Arte
Sorprese
Immagini
Appendice 1 - Colonna sonora
Rivelazione
Voci
Junior
Rischi
John
Sogno
Lacrime
Memoria
Imbrunire
Incubi
Aurora
Battaglia
Chiusura
Inverno
Rientri
Caduta
Dolore
Tramonto II
Pensieri
Lontano
Contatto
Rabbia
Adam
Via
Arrivo
Appendice 2 - Mid-fazione
Avanti
Labirinto
Devon
Pattuglia
Joanne
Addii
Caldo
Lauren
Gocce
Schegge

Jill

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By PaolaFerrero9

Seconda Parte

Jill

Quando si accorsero che era sparita, dalla base inviarono la squadra più vicina in meno di cinque minuti. Il concerto era quasi al termine, una folla urlante e apparentemente non infetta saltava sotto il palco al ritmo della musica, cantando all'unisono parole che si confondevano in quell'aria carica di energia.

Agli altri cacciatori fu dato l'ordine di convergere al locale, per aiutare nelle ricerche. Forse, Jill aveva trovato qualcosa.

Con ansia crescente, si resero conto che non c'era traccia di Persuasori né di infetti in quel posto. Mostrarono a qualcuno la foto di Jill, ma nessuno sembrava averla notata.

Alla discoteca risultava un solo infetto, quello trovato da Jane, che la squadra aveva preso e fatto trasportare alla base. Avevano seguito le tracce di Jane fino a un certo punto, per poi perderle.

Fu allora che si resero conto che anche lei era come volatilizzata. Le comunicazioni si fecero sempre più concitate.

Jane non era tornata alla moto.

Stava correndo per le strade verso un indirizzo preciso. Aveva rimesso la pistola nella fondina e guardava a malapena intorno a sé mentre seguiva le istruzioni di David.

Era vicina. Un posto tra la discoteca e il concerto, edificio poco abitato, lo aveva visto nella sua mente.

Jill era con lui, parzialmente rivestita e con l'espressione docile e inebetita. Ma camminava e sembrava ancora presente, forse non era troppo tardi.

Giunse al palazzo, un edificio d'epoca, non male. L'atrio, vuoto e scarsamente illuminato, mostrava un'apertura poco più avanti; probabilmente si trattava della porta che conduceva all'alloggio del custode, ma nulla lasciava pensare che ci fosse vita in quel posto, sembrava abbandonato ormai da tempo. Jane salì le scale, ben cosciente del fatto che David si trovasse al secondo piano e fosse parecchio nervoso: qualcosa non stava andando secondo i suoi piani.

Jane si bloccò di colpo. David era più che nervoso, ora. Sembrava contrariato e infastidito da qualcuno... Aidan. Lui era lì e non era stato invitato, era lì per controllare David.

Con la dovuta calma, Jane salì l'ultimo piano di scale. Voleva sentire il più possibile prima di andare a donarsi al nemico.

Non estrasse la pistola, David non le aveva mai fatto del male e lei non credeva che intendesse fargliene. Camminò lungo il corridoio, raggiunse la porta dell'appartamento ed entrò.

La stanza era immersa nella semioscurità e David era lì in piedi, braccia conserte e schiena appoggiata all'unico armadio presente in fondo alla sala: la stava aspettando. Il pavimento in legno scuro scricchiolò al passaggio di Jane, che piano chiuse la porta e continuò a camminare verso di lui. Non vedeva Jill e nemmeno Aidan, ma sapeva che erano lì.

David allungò una mano in segno di invito e Jane non rifiutò. Il solo guardarlo negli occhi la confondeva, cercò di evitarlo ma non poté fare a meno di notare la sua camicia ancora semi aperta, che lasciava intravedere quel petto che Jane ricordava fin troppo bene, come ricordava fin troppo bene il modo in cui quella stessa camicia cadeva leggera sul suo corpo statuario durante il loro primo incontro. Le era capitato più di una notte di rivivere quel tanto strano quanto magico momento.

Le loro mani si sfiorarono, nessuna immagine, ma la scossa era percepibile. La mano sinistra di lei nella destra di lui. Le mancò il respiro per un istante.

Poi disse: «Jill, mi dispiace» David usò la voce umana, «Aidan aveva fame».

«Cosa?» Jane sembrava confusa, nella sua mente la voce di David stava dicendo altro.

«Non reagire» la voce si insinuava nella sua testa...

«Cosa?» Jane ripeté la domanda. In parte era confusa dalla sensazione del contatto con David, in parte voleva capire cosa stesse succedendo.

Notò che lo sguardo di David stava puntando verso l'altro lato della stanza, seguì la direzione dei suoi occhi e in un attimo si accorse che Aidan si stava dirigendo verso di lei. Lo fissò come se lui stesse camminando al rallentatore.

«Avevo fame» il biondino le parlò con una bella voce umana, «ma ora che sei qui possiamo divertirci».

Fu in quell'istante che Jane avvistò Jill, seduta spalle al muro sul pavimento, gli occhi bianchi e il seno scoperto.

Estrasse la pistola con un gesto talmente rapido che nemmeno Aidan riuscì a bloccare, e fece partire a bruciapelo un colpo dritto in fronte a quella che, oramai, non era più la sua collega Jill. Sapeva che era la cosa giusta da fare, sapeva che era la procedura e sapeva anche che ne andava del bene dell'umanità, ma non riusciva comunque ad abituarsi a quell'amara sensazione di tristezza mista a privazione. Subito Aidan si avventò su Jane, la disarmò e lei lo lasciò fare.

Si sentiva bene, ora. In fondo, per Jill non c'era altro che potesse fare, mentre David era ancora lì, reale come non mai. Tornò a lui con lo sguardo, era talmente magnetico che faticava a levare gli occhi dai suoi. Continuava a tenerle la mano e lei a lasciarglielo fare. Aidan restava a una certa distanza, attento.

Il viso di David era perfetto. La pelle morbida e calda, i capelli setosi. Jane gli posò una mano sul petto e sentì che i suoi muscoli si tendevano appena, non c'era alcuno sforzo apparente a sembrare umano. Era semplicemente bellissimo.

Lui le sorrise, schiudendo le labbra invitanti. Jane si avvicinò ancora, infilando il suo corpo tra le gambe di lui e baciandolo in uno slancio di passione incontrollata. Da quel momento tutto accelerò: i pensieri, il battito cardiaco, il respiro. Una scarica di adrenalina invase Jane, più forte di qualsiasi sensazione avesse mai provato.

Mentre le loro lingue giocavano insieme, Jane non riusciva a pensare ad altro che a lui.

David le prese il volto tra le mani e con un movimento leggero la staccò da sé, per guardarla dritto negli occhi.

«Baciami» Jane parlò alla sua mente, «fallo ancora, non smettere».

Lui le obbedì. Durante quel lungo bacio le loro mani vagarono ed eliminarono ostacoli, mentre Aidan li osservava eccitato e si avvicinava piano, per non distogliere l'attenzione di Jane dal corpo di David.

Le mani di David accarezzavano il corpo di lei con una delicatezza inaspettata, mentre le sue labbra la divoravano, avide. Anche lui sentiva la confusione in testa che sentiva lei, aveva un suo piano, ma non era più importante. David voleva solo continuare quello che stava facendo e non dover smettere mai, non per riprodursi ma per godere di quel piacere che anche per lui era una novità.

Jane, premuta contro di lui, sentiva la pelle bruciare sotto le sue mani. Tentò di spogliarsi, ma non appena Aidan capì cosa stava facendo le si avvicinò per aiutarla. Se Jane aveva perso la testa in quel modo, forse anche lui poteva averne un po'...

La camicia di David finì sul pavimento mentre Aidan le sfilava le maniche dalle braccia. Jane, il petto nudo, si tuffò nuovamente su David.

Sentiva il corpo di lui attraverso il resto dei vestiti, umanamente dotato di pene in erezione: Jane non desiderava altro.

La sua mente le comunicava tutti i dati sui Persuasori, sui ferormoni, sugli studi, sulla base. Troy che le urlava di non avvicinarsi a David. Ma Jane non voleva ascoltare, non ce la faceva.

Anche le mani di Aidan erano calde, Jane le sentiva sulla schiena. Mentre David si faceva strada dentro di lei con le mani, l'amico biondo usava le sue con altrettanta maestria.

Erano eccitati, tutti e tre.

Aidan glielo fece sentire appoggiandosi al suo corpo, ma lei si spinse di più contro David, alzando la gamba destra e poi la sinistra per cingerlo in un abbraccio preparatorio. Si strusciò lussuriosa su di lui, i capezzoli turgidi solleticavano il suo petto glabro, le sue dita si perdevano tra le ciocche morbide di capelli e la sua lingua continuava a giocare vogliosa, mentre Aidan si slacciava i pantaloni.

«Scusa» disse improvvisamente a David, col pensiero.

Gli morse il labbro, strinse i denti e tirò appena, mentre con la mano destra sfoderava il pugnale di riserva che teneva nello stivale.

Stringendo il corpo di David tra le gambe e facendo leva sul suo, si voltò di scatto tagliando di netto la gola ad Aidan, balzando subito su di lui per accertarsi che non sopravvivesse.

David era sorpreso e confuso, il labbro ferito e l'immagine di Aidan che zampillava sangue dal collo gli scivolava davanti.

Aidan cadde a terra, dapprima in ginocchio, poi definitivamente. Morì in pochi istanti, indirizzando a Mahrine l'immagine di David sanguinante e di Jane armata di pugnale.

«Dove eravamo?» Jane non posò il pugnale. Sorrise soddisfatta, lo pulì con un gesto veloce sui calzoni di Aidan, poi tornò a David, che era rimasto immobile dov'era. Non aveva paura di lei, non abbastanza.

Jane leccò provocante un rivolo di sangue dalle labbra di David e continuò a baciarlo. Lo desiderava da morire, anche se sapeva che cos'era in realtà. O cosa era stato.

David non esitò un istante, riprese a baciarla e a carezzarla con più foga di prima: se c'era anche una sola possibilità di possederla, era giunto il momento coglierla.

Continuarono, incuranti di tutto quello che era appena accaduto, come se nella stanza con loro non ci fossero due cadaveri.

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