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COPYRIGHT
EXTENDED SUMMARY
TRAILER
ACT ONE: THE NUTCRACKER
PROLOGUE
CHAPTER ONE
CHAPTER TWO
CHAPTER THREE
CHAPTER FOUR
CHAPTER SIX
CHAPTER SEVEN
CHAPTER EIGHT
CHAPTER NINE
CHAPTER TEN
CHAPTER ELEVEN
CHAPTER TWELVE
CHAPTER THIRTEEN
CHAPTER FOURTEEN
CHAPTER FIFTEEN
CHAPTER SIXTEEN
CHAPTER SEVENTEEN
ACT TWO: COPPร‰LIA
PROLOGUE
CHAPTER ONE
CHAPTER TWO
CHAPTER THREE
CHAPTER FOUR
CHAPTER FIVE
CHAPTER SIX
CHAPTER SEVEN
CHAPTER EIGHT
CHAPTER NINE
CHAPTER TEN
CHAPTER ELEVEN
CHAPTER TWELVE

CHAPTER FIVE

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"Hai la cravatta storta Potter. Sei un vero macello"

9 dicembre 1993

"PERCHÉ HO DECISO DI DIVENTARE PIÙ GENTILE E DISPONIBILE? PERCHÉ?"-non faceva altro che chiedersi Giselle, mentre camminava a passo sostenuto tra i corridoi del castello. Quel giorno la scuola era vuota e silenziosa e molto probabilmente, Giselle era l'unica ad essere rimasta lì, invece che andare a divertirsi ad Hogsmeade. Suo padre le aveva in realtà firmato l'autorizzazione e le sue amiche non facevano altro che provare a convincerla ad unirsi a loro, ma la Corvonero si era sempre rifiutata. Tra lo studio, il quidditch e la danza, a malapena le rimaneva il tempo per dormire e mangiare, quindi di certo non poteva permettersi di andare a bighellonare per il villaggio. Inoltre, l'esame invernale di sua madre era sempre più vicino e più l'ansia aumentava, più Giselle sentiva il bisogno di studiare ed allenarsi in ogni momento disponibile.

Con gli appunti per Cedric e una copia della Gazzetta del Profeta stretti al petto, Giselle aumentò il passo, desiderando di arrivare in infermeria il prima possibile e chiudere definitivamente quella storia:"perché ho accettato? Perché?"-si chiese per la milionesima volta, conoscendo in realtà benissimo il perché di quell'improvviso slancio di gentilezza. Vedete, quando circa due settimane prima, c'era stata la tanto attesa partita Grifondoro vs Tassorosso, Cedric era stato letteralmente colpito da un fulmine e quindi era da allora, che se ne stava segregato in infermeria in via di guarigione. Ovviamente, il ragazzo aveva fatto spaventare tutti quanti, compresa Giselle, che era piuttosto sicura di aver perso otto anni di vita quando l'aveva visto precipitare. Ovviamente nessuno se ne era accorto, ma la nostra protagonista sapeva che quell'incidente aveva avuto il suo bell'effetto su di lei, perché infatti, dopo la caduta, aveva combattuto contro un pesante attacco d'ansia.

Per fortuna, a migliorare il suo umore ci aveva pensato Potter, che aveva deciso di cadere poco dopo Cedric, portandosi appresso la sua scopa, che era finita sul Platano Picchiatore. Ovviamente, la scopa ne era uscita completamente distrutta e Giselle era certa di non aver mai amato tanto quell'albero. Per quanto riguarda Potter, il ragazzo si era ripreso prima di Cedric e aveva lasciato l'infermeria circa una settimana prima. A quanto pare, a farlo svenire e poi cadere dalla scopa, era stato un dissennatore, che si era avvicinato un po' troppo.

Il pensiero dei dissennatori, fece subito rabbrividire Giselle, che si assicurò di tenersi il più lontana possibile dalle finestre. Quelle orribili creature erano le guardie di Azkaban e adesso si trovavano ad Hogwarts, perché il tanto temuto criminale e pluriomicida Sirius Black, era riuscito ad evadere e tra tutti i posti in cui sarebbe potuto andare, aveva scelto proprio Hogwarts. In particolare, Black era stato avvistato nella scuola circa tre settimane prima e proprio per questo, tutti gli studenti erano stati obbligati a dormire per una settimana nella sala grande, mentre il castello veniva ispezionato da cima a fondo. Giselle aveva odiato ogni secondo di quelle sei notti, perché dormire a terra e appiccicata a qualche sconosciuto, non faceva proprio per lei. In qualsiasi caso, era stato tutto inutile, perché Black non era mai stato trovato, eppure, i dissennatori erano ancora lì.

Con sguardo turbato, Giselle lanciò un'occhiata fuori dalla finestra, riuscendo quasi a percepire l'energia angosciante e spaventosa dei dissennatori. Nonostante la Corvonero fosse molto difficile da spaventare, Giselle doveva ammettere che i dissenntori l'avevano messa alla prova sin dal primo giorno. Non li sopportava e proprio per questo, la ragazza aveva preso l'abitudine di stare il più possibile all'interno del castello, così da essere sicura di evitarli. Non è che le facessero paura i dissennatori in sé, ma piuttosto a farla andare fuori di testa era l'effetto che avevano su di lei. La loro energia negativa e la loro capacità di far sentire chiunque completamente a pezzi, avevano portato ad un incremento dei suoi attacchi d'ansia e adesso che la loro oscurità aveva praticamente inghiottito il castello, Giselle si era abituata ad avere due o tre attacchi alla settimana. Era orribile e le faceva venire voglia di ingoiare tutte le sue pillole in una volta sola, ma di fatto, la nostra protagonista non poteva fare niente per cambiare le cosa. Doveva imparare a conviverci e basta.

Arrivata davanti all'infermeria, Giselle si fermò di fronte alle porte chiuse più rigida di un paletto di legno. Strinse di più i quaderni, comandandosi di smetterla di comportarsi come un'insicura ragazzina di tredici anni. Tredici anni li aveva, ma insicura non lo era affatto, eppure, a volte la sua personalità inflessibile veniva seriamente messa in crisi da Cedric Diggory. Era l'unico capace di farla sentire in quel modo e adesso, l'idea di stare da sola con lui, la stava facendo innervosire in modo fastidioso ed era tutta colpa di Cho.

Quel giorno, Giselle si era fatta un programma preciso: mattinata e primo pomeriggio sessione di studio in biblioteca e poi, il resto della giornata allenamento nella sua aula, per il quale Kiki l'avrebbe quasi sicuramente raggiunta, visto che, chissà per quale motivo, adorava farle compagnie durante i suoi allenamenti. Sarebbe stato tutto perfetto, se poi Cho non le avesse chiesto di portare a Cedric gli appunti che i suoi compagni avevano preso per lui, visto che stava saltando un sacco di lezioni. Solitamente, Cho glieli avrebbe portati lei stessa, ma quella era l'ultima giornata ad Hogsmeade prima delle vacanze di Natale e l'unico regalo che Cho doveva ancora comprare, era proprio quello per il bel Tassorosso. La sua compagna di stanza l'aveva quindi pregata più di una volta di fare la consegna al posto suo e alla fine, Giselle aveva accettato e lo aveva fatto, prima di tutto perché era stata Cho a chiederglielo e poi, perché era di Cedric che si stava parlando. Quando si trattava di lui, era davvero molto difficile dire di no.

Dopo un ultimo respiro profondo, Giselle alzò per bene il mento e poi, entrò. Senza mai abbassare lo sguardo, camminò lungo tutta l'infermeria quasi del tutto vuota, fino ad arrivare infondo, dove si trovava Cedric. Arrivata di fronte al suo letto, lo trovò completamente immerso nella lettura di un libro e quindi, per rendere nota la sua presenza, si ritrovò costretta a schiarirsi la voce.

Il ragazzo alzò subito lo sguardo e nel momento in cui i suoi occhi grigi si posarono su di lei, Giselle sentì quella stana sensazione farsi spazio nel suo petto, come succedeva ogni volta che Cedric era coinvolto. I suoi occhi erano sempre così accoglienti e gentili, tanto che a volte a Giselle veniva il sospetto che il Tassorosso provenisse da un altro pianeta. Lui era troppo puro per una terra corrotta e malata come quella che noi tutti conosciamo.

"Ciao ballerina"-disse curvando le labbra e probabilmente, se Giselle non avesse avuto le braccia occupate, si sarebbe portata una mano al cuore. Lo faceva sempre, quando le emozioni diventavano troppe e in particolare, quando a scuoterle e a dargli vita era proprio Cedric Diggory-"che ci fai qui?"

La rossa si raddrizzo per bene:"ti ho portato gli appunti delle ultime lezioni. Qualcuno dei tuoi compagni li ha presi per te"-fece qualche passo avanti, posando il tutto sul comodino-"lì in mezzo c'è anche una copia della Gazzetta del Profeta di oggi"-concluse, decidendo di non specificare il fatto che quell'aggiunta era stata una sua idea. Aveva pensato che forse gli avrebbe fatto piacere leggere le ultime notizie, visto che lì in infermeria non aveva un granché da fare e quindi, aveva semplicemente ceduto la sua copia del giornale a lui.

"Grazie"-disse, afferrando il plico-"ma non doveva venire Cho?"-chiese, sinceramente curioso.

Giselle cercò di ignorare la delusione nei suoi occhi. Non era strano il fatto che Cedric avrebbe preferito vedere Cho, perché insomma, quei due erano innamorati e lei non poteva e non voleva fare niente al riguardo, ma questo non cambiava il fatto che faceva male vedere Cedric guardare e parlare di Cho con tutta quell'adorazione. Spesso, Giselle si chiedeva se un giorno qualcuno avrebbe guardato lei in quel modo. Si chiedeva se sarebbe mai arrivato il suo turno di amare ed essere ricambiata, perché aveva la sensazione che si trattasse di qualcosa di davvero bellissimo, qualcosa che forse lei nemmeno meritava.

"Aveva davvero bisogno di andare ad Hogsmeade"-spiegò la Corvonero-"per gli ultimi acquisti prima delle vacanze di Natale."

"Capisco."

Dopo quella risposta, un silenzio leggermente imbarazzante calò su di loro e Giselle prese quel cambio di atmosfera come un segno di doversene andare e anche il più velocemente possibile:"bene, adesso è meglio che vada. Ho molto da fare"-fece per andarsene, ma Cedric la bloccò.

"So che sei sempre molto impegnata, ma se vuoi puoi restare qui a farmi un po' di compagnia"-disse, indicando la traballante sedia affianco al letto-"sono quasi sempre qui da solo e devo ammetterlo: mi sto annoiando a morte"-concluse abbozzando un sorriso troppo bello per essere vero.

Giselle strinse le labbra. Sapeva di avere un sacco di cose da fare e che il tempo era poco, eppure, neanche quello fu abbastanza per fermare il suo cuore, che decise di rispondere al posto della testa:"qualche minuto posso restare."

"Ottimo"-rispose allargando il sorriso.

La rossa si accomodò sulla sedia, lisciandosi per bene la gonna per assicurarsi che non si formassero pieghe indesiderate. Poi, puntò lo sguardo su Cedric, che adesso era impegnato a sfogliare la Gazzetta tutto corrucciato:"Sirius Black sa proprio come non farsi trovare. Quello che non capisco è perché ha deciso di venire proprio ad Hogwarts."

"Sicuramente c'entra qualcosa Potter"-disse Giselle, incrociando irritata le braccia.

"Come fai a dirlo?"-chiese curioso.

"Beh, quando succede qualcosa in questa scuola, c'è sempre di mezzo lui. Forse Black è addirittura evaso proprio per uccidere lui, anche se, se fossi in lui, rinuncerei. A quanto pare nessuno riesce a compiere il tanto desiderato miracolo"-disse, sentendo ogni parte del suo corpo fremere dalla rabbia. Durante l'ultima partita che avevano giocato l'uno contro l'altra, Potter l'aveva battuta e quindi era da un po' che la ragazza era più suscettibile del solito all'argomento "Potter". Il maledetto, si era anche assicurato di mettersi il boccino tra i denti quando aveva afferrato la vittoria e Giselle aveva sentito il bisogno fisico di strangolarlo.

Alla prossima partita, si sarebbe assicurata di batterlo nel modo più epico di sempre, su questo non c'erano dubbi.

Accorgendosi che Cedric non le aveva ancora dato una risposta, Giselle si girò a guardarlo, scoprendo che il ragazzo la stava guardando divertito:"che c'è?"-chiese sulla difensiva.

"Niente"-scosse la testa-"è solo che sei la persona più composta che io conosca, ma quando si comincia a parlare di Potter, ti scomponi in modo...inaspettato."

"È uno dei motivi per cui lo detesto tanto"-pensò, stringendo fortemente le labbra-"è un ragazzino arrogante, presuntuoso ed irritante, quindi sì, sa perfettamente come "scompormi."

"Beh, potresti provare a conoscerlo meglio. Magari scopriresti che in realtà non è poi così male"-le propose incoraggiante.

Giselle si impegnò moltissimo per non alzare gli occhi al cielo. I Tassorosso e la loro eccessiva bontà...la ragazza spesso si chiedeva se tutti i Tassi fossero così disgustosamente mielosi.

"Potrei, ma non lo farò."

"Perché?"

"Perché non mi interessa"-rispose alzando appena le spalle. Non le importava nulla di conoscere Potter più profondamente o di entrare in contatto "con il suo vero io". Farlo sarebbe stata una terribile perdita di tempo.

"Sei una persona molto diretta ballerina"-disse Cedric alzando un angolo della bocca.

"Sempre"-rispose lei, lanciando un'occhiata all'orologio appeso al muro. Ancora pochi minuti e sarebbe stata costretta ad andarsene. Aveva troppe, troppe cose da fare.

"Oggi devi andare ad allenarti?"-le chiese curioso.

Stupita da quella domanda, Giselle tornò a guardarlo:"sì. Mi alleno tutti i giorni."

"È vera passione allora"-si raddrizzò per bene sul letto, come se si stesse preparando per chissà cosa-"perché ami tanto la danza?"

Giselle incrociò le caviglie, stringendo appena il bordo della gonna tra le dita. Non lo avrebbe mai ammesso, ma anche dopo quei tre anni ad Hogwarts, mantenere viva una conversazione e rispondere a delle domande, la faceva sentire inadeguata. Non era abituata a socializzare e per questo, preferiva stare zitta ed osservare, piuttosto che buttarsi in un'attività in cui sapeva che non sarebbe riuscita ad essere perfetta e lei doveva essere sempre perfetta.

"Beh, mia madre era una ballerina molto famosa prima che io e mio fratello nascessimo e quindi..."

"No, non è questo che voglio sapere"-la interruppe subito Cedric, facendola irrigidire. Odiava essere interrotta, ma il sorrise accogliente del Tassorosso la calmò subito-"l'ho già sentita mille volte questa storia, sia da te, che da Cho e le altre, ma penso che questa sia più la storia del perché tua madre ama la danza. Io voglio sapere perché TU ne sei tanto appassionata."

Le sue parole la lasciarono di stucco. Sin da quando ne aveva ricordo, aveva sempre dato la stessa risposta alla domanda:"perché danzi?" e col tempo, era diventata una sorta di discorso fisso e non aveva mai provato a cambiarlo o a scavare più a fondo, ma adesso Cedric le stava chiedendo di fare proprio quello.

Per un secondo, pensò di provare a cambiare discorso, oppure di rifiutarsi direttamente di parlare dell'argomento, ma poi si accorse della gentilezza che emanavano gli occhi di Cedric. Lui era lì, pronto ad ascoltarla senza giudizio e questo, la face sentire terribilmente al sicuro.

Puntò lo sguardo fuori dalla finestra alle spalle di Cedric e poi, disse la prima risposta che le attraversò la mente. Di solito, era una che ci pensava almeno dieci volte prima di parlare e che programmava ogni sua parola, ma quella volta non lo fece:"prima di qualsiasi cosa, c'era la danza"-disse, rimanendo in un certo senso distaccata da ciò che stava dicendo. Non voleva mostrare a Cedric quanto quelle parole le stavano smuovendo il cuore e lo stomaco-"è la prima cosa che ricordo. È la prima parola pronunciata e il primo movimento che ho memoria di aver fatto"-continuò, pronunciando quelle parole pensando non agli anni di danza fatti con la madre, ma agli ultimi tre in cui si era quasi sempre allenata da sola. Adesso che aveva la possibilità di ballare in piena solitudine, la danza aveva cominciato a diventare quasi più un piacere, che un dovere e questo cambio, aveva rivoluzionato tutto. Adesso amava davvero quella disciplina e di tanto in tanto, si prendeva qualche minuto per improvvisare, senza regole e senza passi codificati e in quei momenti intensi e fugaci, i macigni che le sembrava di avere sulla schiena da tutta la vita, svanivano. Al loro posto, sputavano delle ali.

"Prima di essere "Giselle", sono sempre stata una ballerina"-continuò e a quel punto, i suoi pensieri si fecero più oscuri. L'immagine delle sue improvvisazioni fuori programma sparì e al suo posto, apparve lo sguardo severo di sua madre-"e non potrò mai essere qualcos'altro."

Cedric inclinò il viso, osservandola come se fosse davvero interessato a ciò che gli stava dicendo e alla debolezza che lei stava cercando di nascondere:"la danza sembra essere davvero molto importante per te e si vede che la ami profondamente, ma niente ti impedisce di intraprendere un'altra strada"-si sporse in avanti, cercando il suo sguardo con insistenza, tanto che la Corvonero proprio non poté sfuggirgli-"tu puoi essere qualsiasi cosa desideri."

Giselle trattenne il respiro e per un paio di secondi, continuò a guardarlo negli occhi, sentendo il cuore velocizzare sempre più. C'era qualcosa nel consiglio che le aveva appena donato e nella morbidezza della sua voce, che in qualche modo, ebbe lo stesso effetto su di lei dei suoi ansiolitici, solo che l'influenza di Cedric era pura e gentile, mentre quella dei suoi medicinali era tossica ed invasiva.

La rossa si portò una mano al cuore, staccandola poi velocemente:"te l'ho detto: non potrò mai essere qualcos'altro"-si alzò. Adesso doveva proprio andare via-"dopotutto, anche tu mi chiami sempre "ballerina."

"Allora da oggi in poi ti chiamerò "Giselle". Solo "Giselle"-le propose.

La ragazza, che gli aveva già quasi voltato le spalle per andarsene, si girò abbastanza per incrociare il suo sguardo. Mantenne il contatto visivo e poi, gli regalò un sorriso debole, ma sincero. La gentilezza e i buoni propositi di Cedric non avrebbero cambiato il suo destino, ma lei non riusciva a non apprezzarli.

"Ciao Giselle"-la salutò e lei, dopo l'ennesimo battito sincopato di cuore, decise di lasciare definitivamente l'infermeria.

Una volta fuori, cominciò a camminare freneticamente per i corridoi. Per un secondo, pensò di star avendo un altro attacco d'ansia, ma poi si rese conto che quello che le stava succedendo era molto diverso. Era strano, perché quando Cedric era coinvolto, il suo corpo cominciava sì a comportarsi come durante un attacco d'ansia, ma intriso di un qualcosa di più piacevole. Il suo stomaco andava in subbuglio, il suo cuore impazziva e ogni sua certezza la lasciava sola, eppure, quando era Cedric a farla sentire così, quelle sensazioni diventavano improvvisamente positive. Poi, allo stesso tempo, era anche lo stesso in grado di farla sentire calma e a suo agio. In sostanza, quel ragazzo aveva un effetto parecchio confusionario su di lei.

Colma di troppe emozioni, Giselle desiderò di trovare qualcosa, qualsiasi cosa su cui sfogare tutta quella frustrazione. In pochi secondo, le sue preghiere vennero esaudite. Arrivata in un corridoio abbastanza buio e deprimente, scorse Harry Potter seduto a terra con la schiena appoggiata al muro, intento a non fare...niente. Sembrava immerso nei suoi stessi pensieri e aveva un'aria leggermente abbattuta e allo stesso tempo aveva le spalle tesissime, come se fosse pronto a scattare da un momento all'altro. Inoltre, aveva addosso solo la camicia stropicciata e la cravatta di Grifondoro allacciata storta. Alla vista di tutto quel disordine, Giselle cercò di non andare fuori di testa.

Raddrizzandosi per bene, la rossa gli passò di fronte senza nemmeno guardarlo:"wow Potter, sembri più patetico del solito"-disse, sperando di provocarlo abbastanza. Aveva davvero voglia di litigare, perché aveva la sensazione che sarebbe stato molto terapeutico.

Potter alzò subito la testa e con gli occhi già pieni di fastidio e qualcosa di molto simile all'ira, si alzò di scatto e senza esitazione, cominciò a seguirla. A quanto pare, anche lui aveva un po' di tensione da smaltire:"wow Volkova"-disse lui, decidendo di utilizzare il suo stesso tono e ovviamente, questo non fallì nell'irritarla di più-"vedo che hai deciso di strisciare fuori dalla tua tana."

Giselle si girò e senza smettere di camminare all'indietro, inclinò appena il viso:"tana" Potter? Questo mi sembra un modo un po' banale per descrivere l'inferno e tu lo sai che io vengo da lì."

"Credimi, lo so."

La rossa ghignò appena. Trovava davvero divertente il fatto che il Grifondoro la considerasse il diavolo reincarnato o qualcosa del genere. Non lo vedeva come un insulto, anzi, la faceva sentire potente e superiore a lui. Dopotutto, prima di diventare il diavolo, anche Lucifero era un angelo e quindi, sempre di perfezione celeste si parlava:"beh, stavo proprio torturando qualche bambino, quando ho pensato che sarebbe stato più divertente venire a torturare te"-concluse, decidendo di fermarsi e lui la imitò, tenendosi ad alcuni passi di distanza.

"Buono a sapersi Volkova, ma ho avuto davvero una brutta giornata, quindi se potessi andartene il più lontano possibile, sarebbe meraviglioso"-disse e alla ragazza, sembrò di scorgere una scia di dolore negli occhi smeraldo del ragazzo e fu così che Giselle capì: Potter non era solo arrabbiato...era proprio turbato ed effettivamente, la nostra protagonista ci aveva azzeccato.

Il Grifondoro, aveva infatti appena scoperto che Sirius Black era una volta il migliore amico dei suoi genitori e che era stato lui a consegnarli a Voldemort. Già le cose non andavano bene quando aveva scoperto che quel criminale voleva farlo fuori, ma adesso la situazione era diventata ancora più ingestibile ed è proprio per questo, che la fastidiosa presenza di Giselle Volkova non era ciò di cui aveva bisogno in quel momento, anche se forse, sfogare un po' della sua rabbia su di lei, gli avrebbe fatto bene.

La rossa alzò le sopracciglia:"non so se te ne sei reso conto, ma sei tu che mi hai seguita."

"È vero, ma solo perché tu mi hai insultato per prima."

"Il mio non era un insulto: era un dato di fatto"-gli rivolse un sorriso freddo e di scherno-"adesso, se non ti dispiace, devo andare."

"Dove? A torturare qualche altro bambino?"-chiese, sistemandosi gli occhiali sul naso.

"No, pensavo di costruire qualche collana con le loro dita adesso"-disse, con un sorrisetto ironico-"ti chiederei di unirti a me, ma immagino che il tuo complesso da eroe ti impedisca di intraprendere attività tanto spregevoli e divertenti"-gli diede le spalle, soddisfatta degli insulti lanciati durante quella conversazione. Si sentiva già più rilassata-"adesso vai a farti ammazzare da Sirius Black o da chiunque altro ne abbia voglia"-lo liquidò, cominciando a camminare.

"Cosa hai detto?"

Giselle si arrestò, non perché le interessasse spendere altro tempo con Potter, ma perché la sua voce l'aveva stupita. Di solito, si rivolgeva a lei sempre con rabbia o con l'intenzione di prenderla in giro, ma questa volta, nella sua voce aveva sentito solo tensione e qualcosa di molto simile alla paura e quindi, proprio per questo, la Corvonero si girò con un sopracciglio alzato. Nel momento in cui posò gli occhi su di lui, si rese conto che aveva la mascella serrata e i pugni stretti.

"Come fai a sapere che Sirius Black mi vuole uccidere?"-le chiese, quasi agitato.

Lei inclinò il viso:"in realtà non lo sapevo"-rispose, ma lui nemmeno la sentì. Si avvicinò di alcuni passi, arrivandole un po' troppo vicino per i suoi gusti.

"Te l'ha per caso detto qualcuno, o hai visto Black da qualche parte?"-le chiese frenetico e con una strana luce negli occhi. Sembrava voler trovare Black, solo per strozzarlo con le sue stesse mani ed effettivamente, era esattamente ciò che voleva fare. Era furioso...così tanto furioso.

"Certo Potter, l'ho visto nel mio armadio, dove lo nascondo per aiutarlo nel suo piano di ucciderti"-disse sarcastica e poi, si rigirò, più che convinta ad andarsene una volta per tutte, ma Potter aveva altri piani. Le afferrò un polso e poi, in modo sorprendentemente dolce, la costrinse a girarsi verso di lui. La forza di quella presa, la portò a fare qualche passo in avanti e così, i due si ritrovarono davvero vicini.

"Stai parlando seriamente Volkova?"-le chiese fermo. Sentire la Corvonero nominare il criminale che aveva ammazzato i suoi genitori e alludere ad una loro alleanza, l'aveva subito agitato e fatto sospettare di Volkova. Dopotutto, lui e la rossa si odiavano a morte, quindi Harry non sarebbe di certo rimasto stupito nello scoprire che lei e Black avevano deciso di collaborare o chissà cos'altro. Qualcuno doveva aver fatto entrare Black nella scuola e per quanto ne sapeva il Grifondoro, quella persona poteva proprio essere Giselle Volkova.

Giselle si sforzò davvero molto per non scoppiare a ridere:"pensa che io sia davvero in combutta con quel criminale? Esilarante"-pensò, accorgendosi poi che il ragazzo le stava ancora stringendo il polso. Abbassò lo sguardo fino al punto in cui la loro pelle si toccava e subito si irrigidì. Odiava essere toccata-"stavo scherzando Potter. Sapevo che eri stupido, ma neanche così tanto. Adesso lasciami."

Lui non la lasciò:"sei certa di non sapere niente?"-disse, sempre più fermo e serio. In quel momento, sembrava essere cresciuto di dieci anni in pochi secondi. Aveva un'aria troppo matura e tormentata per la sua età. Per un attimo, a Giselle sembrò di guardarsi allo specchio.

"Non so niente Potter, ma ti assicuro che se dovessi incrociare Black, non esiterò a indicargli la strada per trovarti. Alla fine, desideriamo la stessa cosa noi due"-disse, serrando per bene la mascella e alzando poi per bene il mento per guardarlo negli occhi e questo gesto, la destabilizzò per mezzo secondo. Fino all'anno prima, era lui che doveva alzare il mento per guardarla negli occhi, ma adesso i ruoli si erano invertiti. Potter era cresciuto e anche tanto e Giselle se ne era accorta solo in quel momento. Il ragazzo si era alzato ed era chiaramente maturato molto e in più, i suoi capelli erano cresciuti rigogliosi e senza una vera logica. In sostanza, non era più un bambino e questo cambiamento l'aveva fatto diventare...bello.

Giselle si sentiva disgustata al solo pensiero, ma Harry Potter era davvero bello e i suoi occhi intensamente verdi, non facevano che peggiorare il tutto.

Il ragazzo intensificò appena la stretta intorno al suo polso, senza però farla mai diventare aggressiva e dolorosa. La sua presa era infatti controllata e sorprendentemente delicata, nonostante i suoi occhi stessero fremendo di rabbia.

"Vuoi vedermi morto Volkova?"-chiese, a voce davvero bassa. Si avvicinarono ancora un poco e a quel punto, la nuova differenza di altezza tra i due, diventò ancora più evidente. In pratica, Giselle arrivava a sfiorare le labbra di Harry con la fronte.

La rossa non rispose subito. Fece un po' di forza e finalmente il ragazzo le lasciò il polso, ma nessuno dei due si mosse.

"Perché siamo così vicini?"-si chiesero entrambi e in particolare, Harry rimase focalizzato su quel pensiero un po' più a lungo, rendendosi poi conto a sua volta della nuova differenza di altezza. Essere più alto di Giselle Volkova era una bella sensazione, anzi, era meravigliosa, ma allo stesso tempo, sembrava che niente fosse cambiato. La Corvonero rimaneva ancora una presenza dirompente e il suo sguardo, era ancora pericolosamente penetrante.

Senza mai abbassare lo sguardo, Giselle afferrò la cravatta del ragazzo e senza mai rompere il contatto visivo, cominciò a rigirarsela tra le dita. Quel gesto lasciò interdetto il Grifondoro, che in un secondo, sembrò rendersi effettivamente conto del fatto che si trovavano naso contro naso, in un corridoio buio ed isolato. In un secondo, il suo corpo si fece bollente.

Giselle studiò a fondo quel viso non più bambino e sempre più adulto, non provando timore nel concentrarsi sui suoi occhi verdi. Poi, disgustata, o forse sopraffatta dalla sua vicinanza, tirò appena la sua cravatta, ma non abbastanza da farlo avvicinare di più:"hai la cravatta storta Potter. Sei un vero macello"-e detto questo, fece un passo indietro e nel momento in cui gli diede le spalle, non si voltò più indietro.

Harry, completamente pietrificato, la osservò allontanarsi lungo il corridoio e nel momento in cui svoltò l'angolo, si rese conto che alla domanda:"mi vuoi vedere morto Volkova?", lei non aveva mai risposto.

Giselle invece, una volta fuori dal campo visivo di Potter, riprese a camminare velocemente e solo nel momento in cui arrivò in biblioteca, smise di trattenere il respiro. Le sembrava di averlo trattenuto per tutto il tempo in cui lei e il Grifondoro erano stati vicini.

Scuotendo la testa, la rossa cominciò ad aggirarsi tra gli scaffali. Aveva un sacco di lavoro da fare e non avrebbe di certo permesso a Potter e al suo primo approccio con la pubertà di distrarla. Aveva già perso abbastanza tempo in quel corridoio e il fatto che il Grifondoro l'avesse anche accusata di complottare con un pluriomicida, la faceva davvero fremere dalla rabbia. Per un secondo, pensò addirittura di tornare indietro per dirgliene quattro, ma alla fine si trattenne. Aveva davvero troppo da fare.

Dopo aver sistemato le sue cose su un tavolo vuoto, cominciò a cercare i testi che aveva da leggere per quella settimana. Recuperò quello di trasfigurazione, ma quando arrivò nella sezione di Aritmanzia, rimase a mani vuote. Con le labbra strette e infastidita da quell'imprevisto, cominciò a guardarsi intorno, fino a quando l'occhio non le cadde su un tavolo poco lontano. Lì appoggiato, si trovava proprio il libro di cui aveva bisogno e di fianco, era seduto un ragazzo, intento a leggere un altro libro con la testa bassa.

Giselle buttò la testa all'indietro. Se c'era una cosa che odiava, era socializzare più del dovuto.

Sistemandosi per bene i capelli, si avvicinò al tavolo, sperando che il ragazzo le cedesse il libro subito e senza troppe storie. Dopotutto, nemmeno lo stava leggendo:"ehm ehm"-si schiarì la voce, nel momento in cui gli arrivò davanti. Adesso, a separarli c'era solo il tavolo.

Lo sconosciuto alzò subito la testa. Aveva i capelli ricci e castani e gli occhi di un azzurro così chiaro, da sembrare quasi trasparenti. Aveva il viso particolarmente squadrato e solo dall'aspetto, sembrava dimostrare qualche anno in più di Giselle, ma osservando i libri di testo che lo circondavano, si rese conto che era del terzo anno come lei. Infine, si soffermò sulla cravatta:"un Grifondoro..."-pensò, non provando nemmeno a non partire prevenuta.

"Avrei bisogno di quel testo di Aritmanzia"-disse indicandolo con un cenno del mento.

Lui dischiuse le labbra e per un secondo, si limitò ad osservarla con una ridicola espressione da pesce lesso:"Certo"-rispose lui, porgendole il libro e lei lo afferrò subito, irrigidendosi nel momento in cui le loro dita si sfiorarono.

Giselle distese appena gli angoli della bocca, ma quando fece per andarsene, il ragazzo la fermò:"tu sei Giselle Volkova, non è vero?"-le chiese. Aveva una bella voce, notò la Corvonero. Era profonda e leggermente graffiata.

"Sì, sono io."

Lui sorrise e la rossa rimase stupita. Si sarebbe aspettata un sorriso timido o qualcosa del genere, invece il suo era un sorriso smagliante, quasi audace. Era molto bello ed ipnotico.

Assomigliava ad una trappola bellissima, ma pericolosa.

"Scusami"-disse scuotendo la testa riccia-"ma ti guardo sempre giocare a quidditch e avrei sempre voluto parlarti."

Giselle alzò le sopracciglia:"mi guardi anche quando è Grifondoro a giocare?"-chiese, indicando con un gesto veloce la sua cravatta.

Lui ridacchiò:"sinceramente, sei molto più interessante da guardare di Potter"-disse e la rossa alzò appena un angolo della bocca. Solitamente i grifoni le stavano antipatici, invece quel ragazzo le stava facendo una buona impressione. Era anche riuscito a farle quasi dimenticare che avrebbe dovuto mettersi a studiare-"sei una giocatrice straordinaria."

"Lo so"-rispose e quella risposta, se possibile, lo fece sorridere anche di più.

"Io sono Jareth Spike"-disse, allungando una mano-"in realtà facciamo un paio di lezioni insieme, Aritmanzia compresa"-concluse, indicando con un cenno della testa il libro tra le mani della ragazza.

Dopo qualche secondo di esitazione, lei gli strinse la mano e poi, convinta che la conversazione non sarebbe proseguita oltre, cominciò ad allontanarsi, ma lui si alzò subito e la seguì. Nel momento in cui Jareth la affiancò, Giselle si rese conto che il ragazzo era parecchio più alto di lei ed era anche piuttosto muscoloso e massiccio. Ad un certo punto, Giselle pensò che avrebbe potuto sollevarla senza troppa fatica e lanciarla dove più desiderava. Non sapeva se la cosa fosse positiva o meno.

"Per la cronaca"-disse, cercando di starle dietro mentre lei continuava a camminare-"in realtà sei anche più bella di Potter da guardare, non solo più interessante"-concluse e lei, gli lanciò subito un'occhiata leggermente scettica-"perdonami"-si passò una mano tra i capelli-"è che era da davvero tanto tempo che volevo parlare con te, ma non trovavo mai il coraggio di farmi avanti."

Giselle si fermò davanti ad uno scaffale e percependo la presenza di Jareth appena dietro di lei, iniziò a cercare un altro libro di cui aveva bisogno. Sapendo che il ragazzo non poteva vederla, sorrise un pochino tra sé e sé, afferrando poi il testo di rune antiche alzandosi sulle punte. Solitamente evitava di iniziare conversazioni con gli sconosciuti, ma Jareth Spike le aveva fatto moltissimi complimenti in pochi minuti e lei amava essere elogiata. La faceva sentire un po' più vicina all'ideale di perfezione che cercava di raggiungere ormai da tutta la vita.

"Sei un Grifondoro"-disse, girandosi con i tre libri stretti al petto-"non dovresti essere fastidiosamente coraggioso ed impulsivo?"

"Dette da te, sembrano delle cose negative."

Giselle lo superò, tornando così al tavolo dove prima aveva lasciato le sue cose:"coraggioso" è molto spesso sinonimo di "stupido"-disse, appoggiando i libri sulla superficie di legno.

Lui ridacchiò:"beh, se ti può consolare, non sono proprio l'esempio del Grifondoro perfetto"-aggirò il tavolo e una volta davanti a Giselle, appoggiò le mani su di esso per sporgersi un poco verso di lei-"sono seriamente spaventato dal buio. Imbarazzante, lo so"-sussurrò e lei abbozzò un sorriso.

"Immagino che Godric Grifondoro si stia ribaltando nella tomba in questo momento"-commentò la rossa.

"Sicuramente"-disse, continuando a fissarla sorridente per un po' e lei fece lo stesso, sentendosi quasi rabbrividire sotto il suo sguardo. Sembrava sinceramente preso ed affascinato da lei. Era...gratificante essere guardati in quel modo-"ascolta...so che Aritmanzia è l'unica classe che segui senza le tue amiche e ho notato che spesso sei seduta da sola, quindi, se ti va, domani potremmo sederci vicini."

Giselle si irrigidì appena, perché diciamo che non era proprio abituata ad interagire con i ragazzi. Aveva spesso a che fare con Cedric, ma lui era un'altra cosa e poi c'era Potter, con cui aveva un rapporto...complicato. In sostanza, non aveva una gran esperienza e fare qualcosa per cui non si era preparata alla perfezione, la faceva sempre andare un po' in crisi. Allo stesso tempo però, Jareth era così affascinante e le aveva detto che era bellissima...solo pensarci la faceva sentire maledettamente bene.

"Beh, parteciperò alla lezione di domani solo quando avrò fatto tutti i miei compiti alla perfezione"-disse, alzando il libro di Aritmanzia-"quindi..."

"Oh, certo"-fece un passo indietro-"ti lascio al tuo studio, ma spero tanto di vederti domani a lezione."

Lei lo studiò per qualche secondo con le labbra strette:"ti avverto: non mi piace parlare durante le lezioni."

"Me ne farò una ragione"-le regalò un altro di quei sorrisi ultraterreni-"ci vediamo domani allora?"-chiese, cominciando a camminare all'indietro e nel momento in cui lei non gli rispose, si limitò ad alzare una mano in segno di saluto e a ridacchiare appena. Poi, nel tempo di un battito di ciglia, sparì tre gli scaffali.

Una volta rimasta sola, Giselle si prese qualche secondo per osservare il punto in cui Jareth Spike era sparito. Chissà se il giorno dopo si sarebbero davvero seduti vicini o se quel ragazzo era semplicemente uno che si divertiva a provarci con chiunque. Detto in tutta sincerità, la Corvonero non vedeva l'ora di scoprirlo.

Si sedette e dopo essersi raccolta i capelli, scosse la testa, per eliminare dalla mente ogni traccia di Cedric Diggory, Jareth Spike ed Harry Potter. Aveva bisogno di avere la mente libera e concentrata, per riuscire a finire di studiare prima delle cinque. Dopotutto, aveva ancora il suo allenamento serale da fare e quel giorno, aveva già perso abbastanza tempo per i suoi gusti.

***

Come da programma, Kiki era tornata prima delle altre da Hogsmeade e aveva raggiunto Giselle nella sua aula, per farle compagnia durante il suo allenamento. Come al solito, si era seduta a terra e l'aveva osservata durante tutta l'esecuzione della sbarra e degli esercizi al centro, facendole anche qualche domanda di tanto in tanto.

Kiki era forse la persone più curiosa che Giselle avesse mai conosciuto ed era per questo, che quando la sua amica sosteneva "di essere finita nella casa sbagliata", la rossa si trovava sempre in disaccordo. Solo la sua curiosità, rendeva Kiki mille volte più Corvonero di molti altri che facevano parte della casa dei corvi.

Adesso, Giselle aveva appena finito di eseguire per la decima volta "L'uccellino Azzurro" da "La Bella Addormentata", che era la variazione che avrebbe dovuto presentare a sua madre durante l'esame invernale di quell'anno.

Dopo aver tenuto la posa finale per qualche secondo, Giselle tornò in una posizione neutra e passandosi il dorso della mano sulla fronte sudata, ruotò un po' le caviglie per sciogliere i muscoli. Ormai, aveva le punte ai piedi da più di quattro ore e le sue povere dita, stavano seriamente cominciando a protestare, ma ormai la ragazza ci era abituata. Più gli anni passavano, più la sua sensibilità ai piedi sembrava sparire.

"È stato incredibile!"-esclamò Kiki e Giselle quasi sorrise. La sua amica era davvero strana, perché anche quando la vedeva sbagliare o eseguire un passo non alla perfezione, le diceva sempre e comunque che era stata incredibile. Era come se sapesse che Giselle dava sempre il massimo e che quindi, quello era abbastanza per considerarla "incredibile"-"quando balli, è come se la forza di gravità si dimenticasse di te per qualche minuto. È da matti, ma strabiliante!"-concluse, portandosi poi le mani alle tempie fingendo un'esplosione e finalmente, Giselle abbozzò un sorriso.

"Posso fare meglio"-commentò la rossa, avvicinandosi alla sbarra. Prima di concludere l'allenamento, doveva assolutamente allungare le gambe e allenare la tenuta del développé avanti, dietro e di lato.

"Lo dici sempre"-disse dispiaciuta, che nemmeno quella volta la sua migliore amica fosse soddisfatta. Ma dopotutto, Giselle Volkova non era mai soddisfatta.

La rossa alzò la gamba destra in avanti, poi, passando per il passé, la sviluppò dietro, raggiungendo così un'arabesque che superava di parecchio i novanta gradi. Finalmente, raggiungendo nuovamente il passé, sviluppò la gamba di lato, permettendo così al ginocchio di sfiorarle l'orecchio. Arrivata a quel punto, staccò la mano sinistra dalla sbarra, allungando poi le braccia in alto nella terza posizione. Da quel momento in poi, la ragazza non si mosse per innumerevoli minuti, tenendo la gamba sempre alla stessa altezza. Non un centimetro di più, non un centimetro di meno.

"Questa è proprio una cosa che non capisco"-disse Kiki dopo cinque minuti. Con la schiena appoggiata al muro e le gambe allungate in avanti, aveva gli occhi fissi sulla complicata posizione in cui si trovava la sua migliore amica-"come fai a tenere la gamba così in alto? E...e come hai fatto ad impararlo?! Deve fare un male tremendo!"

"Fa male e ha fatto male impararlo"-disse Giselle, tenendo lo sguardo dritto davanti a lei e il mento alto-"mia madre mi ha insegnato a non mollare usando un accendino. Quando dovevo imparare a tenere le gambe alte e a non lasciarle, si metteva accanto a me e dopo aver acceso l'accendino, posizionava la fiamma esattamente un centimetro sotto la mia gamba. In questo modo, ero costretta a non abbassarla, perché se lo avessi fatto, mi sarei bruciata."

"Ma è orribile!"-esclamò Kiki, alzandosi da terra chiaramente sconvolta.

"Lo è"-disse Giselle, come se se ne fosse effettivamente resa conto solo in quel momento. In realtà, era la prima volta che raccontava a qualcuno dei severi metodi di insegnamento di sua madre-"ma adesso non abbasso mai la gamba. Solo una volta, la fiamma dell'accendino ha raggiunto la mia pelle e da quel momento in poi, non ho mai più mollato la presa"-concluse, ricordando alla perfezione quando era successo, circa cinque anni prima. Aveva fatto un male tremendo ed era stato uno dei pochi momenti in cui Giselle ricordava di aver quasi pianto.

Giselle cominciò a ripetere gli stessi movimenti con la gamba sinistra, cercando di ignorare lo sguardo preoccupato di Kiki. Non aveva bisogno della sua pena o della sua compassione, perché alla fine di tutto, i metodi di sua madre l'avevano resa più forte.

Kiki raggiunse la cattedra infondo all'aula e dopo essersi seduta su di essa con un piccolo balzo, tornò a guardare l'amica:"forse con tua madre non puoi e non potrai mai mollare la presa, ma con me puoi farlo Giselle."

La rossa abbassò anche la gamba sinistra e dopo aver raggiunto la cattedra a sua volta, si sedette affianco a Kiki, pronta a togliersi le punte dai piedi:"questo ti spingerebbe soltanto a considerarmi debole e vulnerabile, due cose che io non sono."

"Stai scherzando?"-chiese basita e girandosi poi su un fianco. Con entrambe le ginocchia appoggiate alla cattedra, cercò il suo sguardo, ma Giselle era troppo concentrata a slacciare i nastri delle punte per ricambiare-"non potrei mai considerarti debole! Sarebbe assurdo tanto quanto iscrivere Vitious ad una gara di salto in alto!"-esclamò, portando Giselle a soffocare una risata-"e per quanto riguarda la vulnerabilità, noi due siamo amiche Giselle, migliori amiche e beh, tra amiche è normale mostrarsi vulnerabili."

Con i piedi finalmente liberi e una sola gamba piegata contro il petto, la rossa appoggiò il mento al ginocchio, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento:"non so come si fa ad essere vulnerabili"-disse, non sapendo bene cosa l'aveva spinta a fare quella confessione. Le succedeva di aprirsi in quel modo, solo quando Kiki era nei paraggi. Era come se quella ragazza avesse il potere di farla parlare contro la sua volontà.

Giselle non lo sopportava, ma allo stesso tempo, non riusciva a farne a meno.

La verità era che abbassare le difese, essere vulnerabile, erano cose che non facevano per lei. Era molto più facile tenersi tutto dentro e basta.

"Beh, io posso insegnartelo se vuoi"-disse Kiki, gonfiando il petto orgogliosa-"o ancor meglio: posso mostrartelo! Perché sai...in realtà è da un po' che ti devo chiedere una cosa e beh, farlo mi renderà decisamente vulnerabile."

Con un accio, Giselle recuperò la sua scatoletta di cerotti e poi, cominciò a medicarsi le dita dei piedi gonfie e sanguinanti:"va bene, dimmi"-disse, senza distogliere l'attenzione dal suo lavoro.

"Beh...a te piacciono i ragazzi?"

Giselle si bloccò, presa sinceramente alla sprovvista da quella domanda:"che razza di domanda è?"-chiese, girandosi a guardarla, ma lei distolse subito lo sguardo.

"Rispondi e basta!"

Giselle concluse l'ultima medicazione e poi, lasciò penzolare entrambe le gambe dalla cattedra:"sì, mi piacciono i ragazzi"-rispose, pensando ovviamente a Cedric, sorprendentemente a Jareth e poi, anche Harry Potter in persona decise di unirsi a loro. Quando il suo viso più maturo le apparve nella mente, lei lo  scacciò via con disgusto. Doveva smettere di pensarci.

"Qualcuno in particolare?"-chiese Kiki curiosa.

I tratti del viso di Giselle si indurirono all'istante:"no."

Kiki si avvicinò un po' di più:"se si tratta di Cedric, puoi dirmelo"-disse e quello, spinse la rossa a girarsi di scatto verso di lei e dopo mezzo secondo, Giselle si rese conto che si era appena tradita. Non avrebbe dovuto reagire così velocemente e con così tanta agitazione.

"No, non si tratta di Cedric. Non c'è nessuno che mi piace e basta."

Kiki inclinò il viso e osservandola, lasciò che i suoi occhi si addolcissero. Giselle si rese conto che la sua amica la guardava spesso così e, detto sinceramente, preferiva la Kiki scherzosa e irresponsabile, a quella dolce ed apprensiva, perché quella sua versione "più seria" la metteva quasi in soggezione:"so che si tratta di Cedric, ma so anche che non lo ammetterai mai, ma va bene così. Sappi solo che trovo davvero dolce il fatto che tu ti stia facendo da parte per Cho, perché io so che lo stai facendo per lei."

La rossa non rispose, soprattutto perché Kiki aveva ragione. Da una parte, c'era il fatto che Giselle sapeva di non avere nessuna possibilità con Cedric, ma dall'altra c'era Cho, che mai e poi mai Giselle avrebbe voluto far soffrire. Il solo pensiero, la faceva stare fisicamente male ed era strano, perché nonostante la nostra protagonista avesse ormai accettato l'amicizia delle sue tre compagne di stanza, l'effetto che quelle tre avevano su di lei, ancora la spaventava e la destabilizzava.

"Stai ancora cercando di rendermi vulnerabile"-le fece notare Giselle-"e non so se ti ricordi, ma sei tu quella che doveva abbassare le difese, non io."

"Hai ragione"-ammise lei, prendendo poi un respiro profondo-"vedi, il motivo per cui ti ho fatto quella domanda prima, è che...è che a me i ragazzi non piacciono. Penso, anzi, sono sicura, che mi piacciano le ragazze."

Giselle si girò a guardarla e dopo aver studiato lei e la sua espressione tesa per qualche secondo, tornò a guardare in avanti:"ok."

Kiki sbatté più volte le ciglia:"ok? Questa è la tua reazione?"-chiese basita.

La rossa tornò ad incrociare il suo sguardo con le sopracciglia alzate:"come avrei dovuto reagire scusa?"

"Beh, mi ero immaginata qualcosa di un po' più enfatico"-spiegò, cominciando a gesticolare nervosa-"insomma, non sei sconvolta o schifata, o..."

"Schifata?"-la interruppe subito con la fronte aggrottata-"detto sinceramente, mi importa poco di cosa ti piace o non ti piace. Puoi amare, baciare e toccare chiunque tu voglia e se qualcuno avesse qualcosa da ridire al riguardo, elimina immediatamente quelle persone dalla tua vita. Mi hai capita?"-le chiese con un che di minaccioso, tanto che Kiki si ritrovò ad annuire subito e più volte, anche se aveva la sensazione, che alla fine sarebbe stata proprio Giselle ad eliminare quel tipo di persone dalla sua vita per lei.

"Ok, disgustata non sei..."-inclinò il viso-"ma non sei nemmeno sconvolta?"

"Non ci trovo niente di sconvolgente, quindi non vedo perché io debba essere sconvolta"-rispose, alzando le spalle.

Kiki tirò un sospiro di sollievo:"beh, è andata meglio di quanto mi aspettassi!"-esclamò, lasciando che i suoi occhi si riempissero di felicità e serenità-"sai...sei la prima persona a saperlo."

"Davvero?"-chiese stupita e sentendo subito quel familiare calore farsi spazio nel suo stomaco. Si sentiva così onorata che Kiki avesse scelto lei e solo lei come prima persona a cui fare quella confessione.

"Nel momento in cui ho finalmente accettato questa cosa di me, ho pensato:"ho bisogno di dirlo a qualcuno" e tu sei stata la prima persona che mi è venuta in mente"-ammise con un piccolo sorriso-"non so quando lo dirò a Cho e a Lu...insomma, alle altre"-si corresse velocemente-"quindi, per il momento ti devo chiedere di..."

"Non lo dirò a nessuno"-la rassicurò subito-"puoi stare tranquilla."

"Lo so"-disse e poi, in modo totalmente inaspettato, le sue guance si tinsero di rosso-"perché sai, c'è anche un'altra cosa. C'è...c'è una ragazza in particolare che mi piace"-confessò, puntando gli occhi direttamente nei suoi.

Giselle ricambiò lo sguardo e per un tempo un po' troppo prolungato, continuarono a guardarsi in silenzio, tanto che ad un certo punto, Giselle si ritrovò costretta a fare una domanda molto specifica:"sono...io?"-chiese alzando un sopracciglio.

Kiki gonfiò le guance e poi scoppiò a ridere a crepapelle. Si piegò pure in avanti, portandosi una mano allo stomaco:"oh per Merlino! No, no!"-disse con gli occhi lucidi per il divertimento-"no...non sei per niente il mio tipo."

Giselle aggrottò le sopracciglia, come se il suo cervello stesse facendo fatica ad elaborare quell'informazione:"in che senso "non sono il tuo tipo?"-chiese, perché proprio non riusciva a capire. È vero, forse caratterialmente non era proprio la persona più amabile del mondo, ma fisicamente era fantastica! L'idea di non essere "il tipo" di qualcuno, le sembrava semplicemente assurda.

"Beh, sei un po' troppa rossa"-disse, scoppiando poi a ridere alla vista dell'espressione sconvolta che si andò a dipingere sul viso dell'amica.

"Per tua informazione, noi persone con i capelli rossi siamo estremamente rare. Infatti, rappresentiamo soltanto il 2% della popolazione"-disse Giselle con tono solenne-"questo, è abbastanza per renderci più che desiderabili."

Kiki smise di ridere, solo per mettersi a riflettere:"pensi che l'1% siano solo gli Weasley?"-le chiese e dopo qualche secondo, entrambe scoppiarono a ridere, anche se Giselle in modo decisamente più contenuto di Kiki. In generale, la nostra protagonista non rideva spesso. Le succedeva di ridere così, solo quando stava con Kiki-"in qualsiasi caso, è Luna la ragazza che mi piace"-le sue guance si accaldarono nuovamente-"la trovo meravigliosa, con quei suoi capelli biondi e la voce melodiosa. Poi è gentile e le sue idee sono sempre così originali e geniali!"-concluse e Giselle quasi sorrise. La faceva stare davvero bene, vedere Kiki innamorata e con gli occhi così brillanti. Semplicemente, era felice per lei.

"Ti piace davvero molto"-disse Giselle.

"Mh-mh"-annuì-"ma non sono certa di volerglielo dire, perché se non dovesse ricambiare, la nostra amicizia verrebbe sicuramente danneggiata."

"Capisco"-disse con le labbra strette-"sinceramente non so se Luna è interessata a qualcuno o quali sono le sue preferenze, ma penso che voi sareste una coppia...carina"-concluse, sforzandosi di usare un'espressione positiva. In generale, trovava le coppie molto ridicole, ma aveva la sensazione che Luna e Kiki le sarebbero piaciute davvero molto insieme.

"Tu dici?"-chiese entusiasta e chiaramente consapevole che sentire Giselle Volkova definire una coppia "carina", non era di certo una cosa da tutti i giorni-"grazie Giselle! E comunque, forse non sei il mio tipo, ma sono sicura che là fuori ci sono almeno un milione di ragazzi che adorerebbero averti al loro fianco."

Il suo viso si scurì appena:"può anche darsi, ma non penso che nella mia vita ci sarà mai spazio per una relazione."

"Non dire così! Tu sei Giselle Volkova per la miseria! Se lo vuoi, puoi trovare tutto lo spazio del mondo!"-la incoraggiò con un sorriso e poi, i suoi occhi brillarono di iniziativa. Quello era il segno che Kiki aveva appena avuto un'idea potenzialmente impossibile e micidiale e ormai, Giselle aveva imparato che era quasi impossibile fermare Kiki e le sue idee-"facciamo un patto"-girò completamente il busto verso di lei-"se a quarant'anni siamo ancora sole e zitelle, noi due ci sposiamo"-allungò una mano verso di lei-"che ne dici?"

Giselle la guardò come se fosse impazzita e poi pensò, che se avesse dovuto scegliere una sola persona con cui passare il resto della sua vita, quella persona era Kiki Mehta. Era la sua migliore amica e l'idea di averla al suo fianco fino all'ultimo dei suoi giorni, la faceva sentire meno sola e intrappolata:"eh va bene"-le strinse velocemente la mano-"immagino di non poter fare di meglio comunque."

"Eh no"-disse lei con un sorriso soddisfatto e appoggiando poi la testa sulla sua spalla. Inizialmente la rossa si irrigidì, ma poi si lasciò andare-"sei bloccata con me Giselle Mehta."

Dopo un momento di esitazione, Giselle appoggiò la testa su quella dell'amica:"io il mio cognome non lo cambierò mai."

"Nemmeno per l'uomo giusto?"-chiese curiosa.

"No, mi piace pensare che sarà lui a cambiare cognome e a prendere il mio"-disse, alzando appena un angolo della bocca.

"Questo sì che si chiama "potere"-disse Kiki alzando una mano e Giselle, senza nemmeno guardare, le batté il cinque-"comunque "Giselle Mehta" suona bene"-borbottò.

La rossa rimase in silenzio per qualche secondo, sistemando poi per bene l'orecchio sulla testa scura dell'amica:"Luna Mehta" suona anche meglio, non credi?"

"Sì, decisamente"-rispose in un mormorio e Giselle si ritrovò a sorridere debolmente.

Lo sperava davvero tanto, che un giorno Luna e Kiki potessero avere una vita felice insieme. Solo quello, sarebbe stato abbastanza per renderla felice per l'eternità.

***

Dopo anni...eccoci qui!♥️
Mi siete mancatiiii🫶🏻
Come sempre, scrivere questo capitolo mi è piaciuto da matti e boh...veramente non vedo l'ora di andare avanti con questa storia😍
Ma analizziamo velocemente! Si parte con una breve introduzione e poi, Giselle arriva da Cedric🤭
In tutta questa parte, riusciamo a vedere chiaramente la profondità dei sentimenti di Giselle per Cedric. Giselle, anche se solitamente distaccata, non riesce ad ignorare l'effetto che Cedric ha su di lei e a me fa tanta tenerezza...e a voi?🥺
E del discorso di Giselle sulla danza che dite?
Successivamente si passa alla scena #helle del capitolo e beh...eheheh🌝🌝
Io ho amato scrivere questa parte e finalmente, si comincia a scorgere la forte attrazione fisica che Giselle e Harry provano e proveranno sempre l'uno per l'altra😏
Io vi giuro li amo e quando Giselle afferra la cravatta di Harry, è tipo djsjsj🤭
Vi è piaciuta questa scena?
Si passa poi all'introduzione di un nuovo personaggio: Jareth Spike. Se non vi ricordate di chi si tratta, vi consiglio di andare a dare un'occhiata ai personaggi nel primissimo capitolo della storia😉
Non voglio dire troppo al riguardo, ma...che ne pensate di Jareth? Sono troppo curiosa!
Infine abbiamo Giselle e Kiki e che cosa dire, se non che LE AMO! Il loro è uno dei rapporti più importanti dell'intera storia e davvero, io le trovo meravigliose. Voi?💛
E della cotta di Kiki che mi dite? Vi piace la coppia Luna/Kiki?
Detto questo, nel prossimo capitolo ci sposteremo già al quarto anno e per la precisione, al ballo del ceppo!😍
Non vedo l'ora, perché sarà un capitolo molto importante per la #helle e anche per un'altra relazione🏃🏽‍♀️
Fatemi sapere i vostri pensieri sul capitolo!☀️
Vi adoro,
Adele🥀

ฮฃฯ…ฮฝฮญฯ‡ฮตฮนฮฑ ฮ‘ฮฝฮฌฮณฮฝฯ‰ฯƒฮทฯ‚

ฮ˜ฮฑ ฯƒฮฑฯ‚ ฮฑฯฮญฯƒฮตฮน ฮตฯ€ฮฏฯƒฮทฯ‚

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