Kidnapping / Leltra (Leo & Be...

By goldxn_arrow

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Betra si ritrova a dover chiedere aiuto ad una vecchia amica per ottenere ciò che desidera per sé e per Leo. ... More

Parte 1
Parte 2
Parte 3
Parte 4
Parte 5
Parte 6
Parte 7
Parte 8
Parte 10
Parte 11
Parte 12
Parte 13

Parte 9

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Bertra sceglie di girare intorno al paese prima di imboccare l'autostrada verso Milano.

Ora, mi opporrei, dato che questa mossa ci lascia per decisamente per troppo tempo nei pressi della zona d'azione.

Ma l'adrenalina nel mio sangue si è ormai consumata del tutto e ha lasciato spazio ad una stanchezza impediente.

Per tenermi vigile, cerco di intrattenere un minimo di conversazione.

«Com'è andata a te?» chiedo a Bertra, concentrato sulla guida attraverso le strette e tortuose stradine di paese.

«Che importa?» chiede impassibile.

Jeez. Ho appena rapito una bambina per lui, il minimo che può fare è concedermi un po' di chiacchiere.

«Mi importa e basta.» ribatto facendo spallucce.

Bertra sospira pesantemente.

«Diciamo solo che ho avuto un bel po' di tempo per pensare.
Eventualmente ho individuato Marta, la bambina più grande, ma era restia a seguirmi. Quindi, quando una guardia ha notato che stavo cercando di allontanare una bambina dalla scena, mi ha ordinato di starle lontano e di rientrare.
Un uomo adulto che cerca di attirare una bambina verso di sé non deve fare una bella impressione ad un occhio esterno e inconsapevole di ciò che sta accadendo.»

Bee liquida la cosa con lo sventolare di una mano.

«Oddio era la stessa che ha fermato me? La troia con i capelli biondi?»

Bee annuisce e fa una smorfia.

«Fa niente, abbiamo Giorgia, è più che sufficiente.» aggiunge.

«Suoni davvero come un rapitore. Per cosa è "sufficiente"? Per un riscatto?» scherzo.

Bertra mi guarda dallo specchietto retrovisore e per un attimo temo il peggio.

Ovvero venire sbattuta fuori dalla macchina.

Poi diverte lo sguardo e prende un respiro profondo.

«È che... Finchè sono nomi su un pezzo di carta sembrano irreali. Poi le vedi dal vivo e la realtà cambia.» spiega.

No, non spiega.
Perché ancora non capisco cosa intenda dire.

«Ti stai pentendo?» chiedo a bruciapelo.

Bertra mi deride, esalando dal naso e scoprendo i denti in una smorfia amareggiata.

Aggrotta le sopracciglia e mi fissa, quasi ferito, dallo specchietto retrovisore.

«Nominami una sola volta in cui mi sono pentito di una mia decisione diretta.»

Lascia passare una manciata di secondi prima di rifissare gli occhi sulla strada e di aggiungere.

«Non sono pentito di avere adottato una bambina. Anzi. Il contrario. Avrei voluto adottarne di più.
Ma le hai viste? Tutte con quell'espressione spenta.
Quasi spaventate.
Non osavano andare a giocare, fare un passo più in là delle maestre, dire una parola in più per paura di chissà cosa.
Appena sembravano sciogliersi, si riuchiudevano a riccio.»

Picchietta le dita sul volante mentre parla.
È nervoso e arrabbiato.

«Mi sembra di avere fatto troppo poco.»

E non posso fare a meno di capirlo.
Comprendo il sentimento e il senso di sconfitta, nonostante l'apparente vittoria.
Ma non posso nemmeno permettergli di trascurare ciò che abbiamo ottenuto.

«Hey.»
Mi allungo, cercando di non fare del male a Giorgia nel movimento, e gli metto una mano sulla spalla.
Gliela stringo un po'.
«Per oggi è sufficiente.
Ti giuro che se vorrai adottare anche le altre, te le prenderò barra rapirò una a una fino a che non mi scopriranno.»

Qui sorride, e già la considero una vittoria.

«Ma per oggi.
Oggi, 30 settembre alle 15.53, hai fatto abbastanza.
Questa piccola bambina non finirà mai di dirti grazie, lo sai vero?»

Bee annuisce e accenna ad un piccolo sorriso.

«E poi, magari ti riveli un genitore di merda e scopri di odiare i bambini.» aggiungo.

Lui ride e mi fa il medio.

Mi ributto contro il sedile e lo guardo guidare.

«Sai cosa mi sconvolge di più di queste bambine?» chiede.

«La puzza?» chiedo.

«Cristo, si! Ma non le lavano?»

«Lasciamo perdere, la sua testa è sulle mie gambe e ogni secondo ringrazio Asmodeo che questi non siano i miei veri vestiti.»

Bertra ride.

Mi rilasso contro il sedile per due secondi.
Addirittura chiudo gli occhi.

Bee inchioda e sono veloce ad afferrare Giorgia perché non schizzi dall'altra parte della macchina.

«ODDIO E SE NON FOSSI UN BUON PADRE?»

«Non lo fARE MAI PIÙ.» gli urlo contro.

Giorgia dorme indisturbata.

Voglio un po' di etere etilico anche io.

Un pensiero nel retro della mia testa mi fa notare che la bambina è in grado di dormire indisturbata sopra le urla e questo mi fa arricciare il naso.

«SIA IO CHE LEO ABBIAMO DADDY ISSUES. NÈ IO NÈ LEO ABBIAMO UN MODELLO GENITORIALE MASCHILE VALIDO. NON VEDO COME POTREBBE ANDARE BENE.»

Controllo la strada.
Siamo ad un semaforo per lo meno, possiamo aspettare che diventi rosso.

«Hai appena parlato come una ragazza con i capelli blu.»

Volevo urlargli
"Dovevi pensarci prima di farmi rapire una bambina".

Ma non posso essere così insensibile.

Bertra ride istericamente.

«IO LA PORTO INDIETRO.»

«NO.» urlo di rimando.
«Entrambi avete due modelli di come non essere.» cerco di farlo ragionare.
«Non sarete come i vostri padri.»

Bee mi guarda dallo specchietto retrovisore, puro panico dilagante ancora nei suoi occhi.

«Promettimelo.» chiede.

Cosa.
Cosa gli devo promettere.
Lo farò, ma devo sapere cosa gli sto promettendo per attuarlo.

«Promettimi che me la porterai via se mai diventerò come loro.»

È come se tutta l'aria che ho nei polmoni mi venga spinta fuori con forza da un pugno dritto allo sterno.

Bertra ha gli occhi lucidi.

«Promettimi che non la obbligherò mai ad essere ciò che non vuole essere. Che non le farò mai passare l'inferno che abbiamo passato io e te per conto dei nostri genitori. Me lo devi promettere, altrimenti io- io-»

Un clacson interrompe il monologo di Bertra e lui sbuffa, asciugandosi una lacrima che si era silenziosamente fatta strada sulla sua guancia e riprendendo a guidare.

Il semaforo era tornato verde.
Oppure non era mai diventato rosso, non lo so.

La mia completa attenzione è su Bee, che guida piano lungo la tortuosa stradina di paese che ci sta pian piano allontanando dalla scena di questa mattina.

Fa di tutto per non piangere, anche se viene lentamente consumato da quel dolore di sottofondo che provo anche io.

Si asciuga le lacrime con una discreta rabbia, mischiata alla consapevolezza di non poter fare nulla a riguardo.

Vorrei essere in grado di piangere anche io.

Non so come farò, non ne ho davvero idea.
«Te lo prometto.» gli sussurro in ogni caso.
Perché farei qualunque cosa in mio potere per impedirgli di provare dolore.

Bee non fa in tempo a sorridere che la sua espressione muta nuovamente in orrore e panico.

Seguo il suo sguardo.

Un posto di blocco a lato della strada.
Un carabiniere fa segno di fermarci.

Bertra accosta.

Va tutto bene, non abbiamo lasciato traccia all'infuori di quella che dorme profondamente sulle mie gambe.

Non può sapere.

Setaccio l'abitacolo con gli occhi, melius abundare quam deficere.

Ed è allora che lo noto.

Un piccolo fazzoletto di stoffa arancione, appallottolato ai miei piedi.

È il mio vestito.

Merda.

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