Raccolta OS [Zenzonelli]

By Unissons

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Raccolta di One shot Zenzonelli, inventate da me, quindi poco attendibili con la realtà. I primi due capitoli... More

Pastello bianco
The moral of the story
Col cuore in mano
That's what i like
Il cielo di Roma
I wanna be your boyfriend
Stupidi lovers
Tutta la notte
Francesco
Maledetta primavera
Perso nel buio
Wanderlust!
Mille voci
Farfalle
Sui muri
Solo
Ti dedico il silenzio
Ti amo
Si baciano tutti
Brividi
Raggi gamma (pt.1)
Raggi gamma (pt.2)
Sogno Fragile
C'est la vie
Pornografia
I wanna be yours
Scossa
Vieni nel mio cuore
Una lacrima

Sospeso nel tempo

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By Unissons

Inutile era il sole che batteva fuori dalla casetta. Inutile erano le risate allegre degli altri ragazzi, che tornavano dalle lezioni o dalle prove. Inutile era il tentativo di qualunque persona di provare a tirare fuori Mattia dal buco nero dove era entrato dopo che la maglia gli era stata sospesa. Se ne stava quasi tutto il tempo chiuso nella sua stanza, con le cuffie nelle orecchie ad ascoltare in loop quelle che avrebbero dovuto essere le canzoni delle sue coreografie, come a volersi fare dell'ulteriore male.

Era stato difficile stargli accanto ed osservarlo, sostenerlo, mentre sfogava tutta la sua tensione, su quel divanetto arancione che era diventato il loro posto, e ancora di più era stato complicato accettare che quella settimana l'amico gli avesse parlato poco e nulla dopo quel primo momento di sfogo, dove gli aveva detto con voce arrendevole, quanto gli sarebbe dispiaciuto non fare con lui il loro passo a due.

Christian viveva da una settimana così, con il petto colmo d'ansia e con un costante mal di pancia dovuto al nervoso, che lo distraeva da tutte le lezioni. Ma aveva imparato da ciò che era successo al suo amico, che non potesse mostrare il minimo cedimento, col rischio che il loro professore, Todaro, fosse dietro, da qualche parte, e lo vedesse abbattuto proprio come il giorno incriminato in cui aveva visto Mattia leggermente più svogliato degli altri giorni.

E lui stesso era stato il primo a dire al piccolo che si, era stato svogliato quel giorno, ma non credeva che la punizione dovesse essere così esemplare. Ma Christian lo aveva accettato, perché quella era una scuola e loro erano lì per imparare, per quanto le cose potessero apparire dure e difficili da affrontare per un ragazzo dell'età di Mattia.

Perché c'erano delle volte in cui Christian si dimenticava effettivamente quanti anni avesse il biondo. A volte perché lo vedeva sollevare il morale a persone con cui nemmeno parlava, con un sorriso sempre stampato in volto, altre volte perché lo vedeva affrontare le difficoltà come si doveva ad una persona molto più matura. Ma in quell'occasione il più grande lo aveva visto spegnersi, completamente afflitto, come se dentro di lui Todaro avesse spento una luce, la speranza che brillava nel suo cuore, quella di poter diventare importante in quel programma, per poter fare della sua passione, il suo stesso lavoro.

E proprio per questo motivo, Christian aveva preso la malsana abitudine di controllare Mattia.

Lo guardava girare per la stanza, mentre provava qualche passo di danza, anche se lo spazio era troppo misero; lo guardava mentre sistemava le proprie cose con cura, così da non dover essere sgridato o peggio, messo in sfida, anche per quei dettagli; ma soprattutto, aveva iniziato ad osservarlo mentre dormiva. Mattia, infatti, emetteva un leggero russare mentre se ne stava steso nel letto la notte, cosa a cui Christian non aveva mai fatto caso nei due mesi precedenti, ma da quando Todaro gli aveva tolto la maglia, i suoi sensi sembravano essere stati messi in allerta e quel piccolo rumore, non lo faceva dormire la notte.

La prima volta che lo aveva sentito, aveva cercato di svegliare il ragazzo, per farlo girare di lato e farlo smettere, ma quando non era riuscito ad ottenere il risultato voluto, si era alzato in piedi ed era in quel momento che si era accorto quanto Mattia sembrasse diverso durante il sonno. Diverso, almeno, da quegli ultimi giorni. Il suo volto era sereno, privo del cipiglio che gli aveva visto ultimamente e non vedeva in lui nemmeno quell'ansia di aver perso la chance della propria vita.

Forse erano proprio i suoi diciassette anni a permettergli di dormire sonni sereni, sonni non interrotti da incubi, gli stessi che stava vivendo nella realtà durante il giorno.

E quella era stata la prima notte, di altre cinque, che aveva passato a guardarlo dormire.

Si era ritrovato spesso assonnato durante il giorno, svogliato per il poco riposo, ma nulla lo avrebbe mai allontanato da quella pace, quella quiete che la notte sembrava unirlo al ragazzo, come se vederlo così lo potesse aiutare a sapere che non se ne sarebbe andato, che non gli sarebbe sfuggito tra le dita, che quella maglia gliel'avrebbero ridata e che sarebbero arrivati insieme, felici, al serale, per poi spaccare anche lì.

Perché nonostante sapesse quanto Mattia a volte potesse sembrare infantile, sapeva ancor di più quanto quel sogno per lui fosse importante. Ne aveva avuto le prove durante i mesi passati insieme a provare. Modern, latino, persino classico e i passi a due che il loro professore gli aveva assegnato. In ognuno di essi Mattia lasciava qualcosa di sé stesso, che Christian raccoglieva, come fosse un dono, felice di poter condividere attimi felici con quel ragazzo importante, che era contento di aver potuto incontrare all'interno della scuola, dove sapeva sarebbe rimasto quasi solo se non ci fosse stato lui. Con lui aveva imparato a tirare fuori sé stesso, senza avere paura di essere giudicato e aveva persino accettato che le telecamere potessero riprenderlo, senza scappare tutte le volte che le vedeva accendersi.

Fu nell'ultima notte di quella routine malsana, che si chiese cosa ne sarebbe stato di sé stesso, se Mattia quella maglia non l'avrebbe riottenuta. Aveva cercato di allontanare quei pensieri per tutta la settimana, sicuro in cuor suo che il piccolo fosse un talento, che Maria non se lo sarebbe fatto portare via tanto facilmente, ma quella lontananza da lui, quel parlare poco e nulla durante il giorno, lo avevano portato nel baratro della solitudine, dell'ansia, che lo avevano condotto a quella singola domanda.

Ed era veramente brutto venire a coscienza del fatto che non sapeva come sarebbe stato il suo percorso dopo di lui.

Avrebbe portato avanti il proprio sogno, certo, lo avrebbe fatto anche per Mattia, per poi rincontrarsi fuori e ricominciare insieme il percorso nella danza, ma fino ad allora, come avrebbe fatto a continuare la sua vita in quella scuola senza il supporto della positività, dell'allegria, persino della permalosità di Mattia?

Per l'ennesima volta nella propria vita, Christian tornò a tormentarsi le dita, mentre se ne stava seduto per terra accanto al letto di Mattia e il proprio amico dormiva sdraiato sul lato proprio verso di lui.

Non aveva il coraggio di rispondersi a quella domanda e così sarebbe andata per tutta quella ultima notte, prima della registrazione imminente del mercoledì.

Probabilmente si ritrovava in quella condizione perché non aveva potuto parlare con la madre dalla domenica prima, probabilmente l'ansia lo stava mangiando vivo, proprio come lui si mangiava le pellicine delle dita, ma non aveva avuto la voglia di parlarne con nessun altro. Lo avrebbe volentieri fatto con il diretto interessato, avrebbe parlato delle sue paure, della voglia che aveva di averlo ancora attorno tutti i giorni per tutto il giorno ancora per molto tempo, se solo Mattia non lo avesse ignorato.

Ma non lo biasimò, sapendo benissimo che anche lui si sarebbe comportato nello stesso modo nella situazione opposta.

E poi era arrivata la puntata.

Quel mercoledì maledetto che aspettava da una settimana.

Quando quella mattina si era svegliato, dopo averlo osservato ancora quasi tutta la notte, Christian non aveva trovato Mattia nel proprio letto.

Doveva essersi svegliato prima.

Si era preparato per la registrazione del pomeriggio e per tutto il tempo si era aspettato di veder apparire Mattia alle proprie spalle, tornato da chissà dove, magari avendo discusso con Todaro o Maria per l'esibizione che gli avrebbe fatto riprendere quella maledetta maglia, che gli avrebbe permesso di rimanere con lui ancora per molto tempo.

Ma così non era stato.

Per cui, quando li chiamarono in sala relax per aspettare l'inizio della registrazione, il petto di Christian stava per implodere. L'ansia gli attanagliava le viscere, provocandogli un enorme mal di stomaco e gli faceva mancare il fiato. Non si era mai sentito così nella propria vita, quella sensazione sgradevole non era mai stata parte della sua esistenza, per quanto timido e solitario fosse, e lui la ricondusse ad un solo motivo: l'ansia da separazione.

Non vedeva Mattia da qualche ora e provava già ansia da separazione.

Cosa ne sarebbe stato di lui se non avesse ripreso quella maglia?

La stessa domanda che gli era sorta quella stessa notte. La stessa a cui non sapeva dare una risposta.

Con gli altri ragazzi Christian percorse la strada verso la sala con il solito borsone che conteneva il necessario per le loro esibizioni e fu lì che lo rivide.

Se ne stava seduto sulle gradinate, con la testa china e le cuffie nelle orecchie, concentrato ad ascoltare uno di quei pezzi che, probabilmente, aveva ascoltato per tutta la settimana. Il suo primo istinto era stato quello di correre verso il ragazzo, per chiedergli dove fosse sparito, cosa gli avessero fatto fare, perché ora fosse lì, quando avrebbe potuto fare la sua prova per riprendersi quella maglia, ma la mano di Dario sulla sua spalla lo trattenne.

Quando si voltò verso il ricciolo, quello gli sorrise e gli fece segno di no con la testa, come a dirgli di lasciare Mattia fino alla fine nel proprio brodo, forse alla ricerca di tutta la concentrazione di cui poteva aver bisogno.

Era stato difficile iniziare la registrazione, vedere tutti i suoi compagni esibirsi, nuove entrare, persone a cui lui teneva uscire, ma l'unica cosa che aveva in mente, era solo e sempre Mattia, solo in sala relax, ancora chiuso in sé stesso. E fu a lui che pensò per tutta la sua esibizione, dedicandogliela praticamente, come se quella fosse una sorta di preghiera che faceva per lui, chiedendo che potesse rimanere in quella scuola, che potessero finire insieme di condividere quella esperienza stupenda, perché il piccolo meritava di fare della danza il proprio lavoro, di essere notato da qualcuno che avesse potuto rendere questo suo sogno una realtà.

Ma più la registrazione volgeva al termine, più si rendeva conto che, forse, lui Mattia esibirsi non lo avrebbe visto.

E così era stato.

Li avevano mandati via. Non gli avevano permesso di stare nella stanza quando avevano chiamato Mattia dalla sala relax. L'unico modo che ebbe per constatare che fosse tranquillo fu quando lo intravide mentre il loro gruppo usciva e il piccolo, solo, stava per entrare in studio.

Avrebbe voluto poggiargli una mano sulla spalla, accertarsi che gli sorridesse, ma non fece nulla, ricordandosi ancora il tocco della mano di Dario sulla sua spalla, come un mantra che gli ricordasse di lasciarlo solo per farlo crescere, per permettergli di affrontare le sue stesse paure, così che potesse dire di essersi sudato da solo quella maglia che nessuno avrebbe potuto portargli via mai più. Nonostante ciò, però, si era permesso di guardarlo da dietro, mentre apriva la porta che portava nello studio e poi spariva, lasciando andare un sospiro voltandosi e continuando a camminare per tornare in casetta col resto del gruppo.

E fu mentre se ne stava sdraiato a fissare il soffitto bianco, totalmente privo di qualunque pensiero, come se la capacità della propria mente fosse stata occupata totalmente, che sentì delle esclamazioni provenire dal salone della casa.

Mattia era tornato.

Fu tentato di alzarsi, correre nell'altra stanza, guardare l'amico dritto negli occhi e chiedergli esattamente come fosse andata, ma la paura lo stava tenendo incollato a quel letto, come se fosse fatto di fuoco e il suo corpo fosse cera. Aveva i muscoli in tensione, li sentiva ancora fin troppo caldi dopo la puntata, come se non avesse smesso nemmeno un secondo di ballare. Invece era la sua ansia che si stava accumulando tutta in quei punti, dopo che lo aveva quasi soffocato prima della registrazione.

E poi il piccolo entrò nella stanza, come se avesse sentito il suo richiamo.

La prima cosa che vide fu la maglia grigio azzurra tra le sue mani.

Christian chiuse gli occhi, li strizzò, rischiando quasi di piangere dalla gioia infinita che in un singolo istante, aveva assalito tutto il suo corpo. I muscoli si lasciarono andare, indolenziti e il primo accenno di mal di testa, causata dall'ansia accumulata in una settimana, iniziò a farsi sentire.

"Fratè che fai, non viene qui ad abbracciarmi?"

Mattia si mise proprio accanto al suo letto, con le braccia spalancate e il volto rigato dal nero della matita che il ragazzo usava mettersi sotto gli occhi. Aveva pianto, ma forse, finalmente per felicità, perché poteva continuare quel sogno che aveva visto allontanarsi così velocemente da avere timore di quanto tutta quella felicità potesse essergli portata via in un batter d'occhio. E Christian si era alzato immediatamente da quel letto, lasciando perdere il loro solito saluto, per abbracciare Mattia forte, stringerselo al petto, proprio come avrebbe voluto fare tante volte quella settimana, ma in cui non lo aveva fatto. Forse per paura di poterlo perdere e che quello sarebbe stato il suo ultimo ricordo, ma lui non voleva che di Mattia gli rimanesse solo quello.

Avevano ancora tante esperienze da vivere, coreografie da imparare, cretinate da combinare insieme e di cui ridere insieme.

Lo strinse forte e pensò a quanto fosse bello poter continuare il viaggio insieme a lui, per tutto il tempo che gli rimaneva in quella scuola, breve o lungo che fosse.

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