Vivere in un sogno

By Roxy-00

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"A volte bisogna stare attenti a ciò che si desidera." ~ Zelja Moose è una ragazza di appena vent'anni con un... More

Il regalo
Uno strano risveglio
Ristoro
La grande notizia
L'inaugurazione
Compere e scoperte
Orgogli e ferite
Il ballo
Il patto
Diversi ideali
Passeggiata
In Biblioteca
Paura
Promessa
Regole
Essere pronti a tutto
Nozione base
Attacco e Difesa
La voce della conoscenza
Malore
Piccoli sorrisi
Tecniche di lotta
Polpette di cinghiale
Star meglio
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Timori
Ansie
Una vecchia storia
Aprirsi
Chiedere aiuto
Il piano
Il trenino
Il compleanno
Balli senza regole
Stella Polare
Capitano Jeremia Manto Scuro
Biglietti
Cinematografo

Pirati

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By Roxy-00

Sono a letto da quelle che credo siano almeno due ore, ho sentito rumori di passi e chiacchiericci fino a mezz'ora fa. Qualcuno è venuto anche a controllare se io dormissi realmente, non so chi fosse. Ho dato le spalle alla porta e ho nascosto la testa sotto le coperte, la piccola luce che entrava nella stanza si è presto dissolata. Fortunatamente, chiunque fosse, non ha capito che stessi fingendo. Quando sono pienamente sicura che tutti dormano, mi alzo dal letto e prendo gli indumenti che avevo posto sotto di esso. Tolgo la leggera camicia da notte e la poggio sul letto, indosso la camicia abbotonando bottone dopo bottone, lasciando solo i primi due aperti. Sopra indosso l'abito ormai marroncino che si posa delicatamente sui miei fianchi, prendo anche il vecchio foulard e lo piego a triangolo, dopodiché lo metto sulla mia testa legandolo sotto il mio collo.

Vado verso il mio letto, prendo la mia camicia da notte e la metto intorno al cuscino, alzo le coperte e ce lo infilo sotto. In questo modo, chiunque fosse venuto ad affacciarsi avrebbe continuato a credere che io fossi sotto le mie coperte. Prendo le scarpe fra le mani, non le indosso per evitare di far rumore. In punta di piedi mi dirigo fino alla porta, la apro lentamente. Esco dalla stanza e cerco di richuderla senza fare baccano, piano piano avvicino la porta alla sua chiusura. Quando lascio la manica sento un sonoro 'Clack'. Mi guardo intorno più volte, non vedo nessuno avvicinarsi, forse non mi hanno sentita. Scendo le scale una ad una, ringrazio il cielo non sentendo alcuno scricchiolio. Quando sono in fondo alle scale, sento dei passi. Merda! Mi nascondo dietro il muro che divide il salotto dalle scale.

"Ti dico che ho sentito un rumore." Devono essere delle domestiche.

"Te lo sarai immaginata."

"Ignes non mi immagino certe cose!"

Sento sbadigliare "A quanto pare si, vedi che non c'è nessuno?"

"Sarà... ma se c'è un ladro la responsabilità sarà solo tua."

"Va bene, va bene, ma adesso andiamo a dormire? Altrimenti finirò per far preoccupare mia figlia."

"Si, torniamo alle camere." Sospira l'altra.

Sento i loro passi allontanarsi, quando non sento più alcun rumore aspetto ancora qualche minuto per evitare di essere colta in fragrante. Mi avvicino all'uscita e, solo in quel momento, indosso le scarpette. Mi sistemo l'abito e apro la porta con le chiavi presenti proprio all'entrata poggiate sul tavolino. Esco di casa e la richiudo, grazie alla chiave, la porta non emette alcun suono. Non posso portarmi dietro le chiavi, quindi le appoggio in uno dei due grandi vasi di fiori posti proprio ai due lati della porta. Nessuno le avrebbe mai viste. Mi allontano completamente dalla casa, quando sono abbastanza distante ispiro a pieni polmoni rilassandomi leggermente. Mi è sembrato quasi di essere una spia sotto copertura, ho avuto un'ansia e un'adrenalina inspiegabili. La parte due del piano è stata conclusa, ora devo solo recarmi al porto e successivamente dirigermi a questa strana locanda. Il problema è... come?

L'altra volta abbiamo raggiunto il porto in carrozza, se ci andassi a piedi ci metterei troppo tempo, devo trovare un altro modo. Ci penso attentamente mentre mi guardo intorno, non ho mai sentito tanto silenzio in vita mia. Ho trovato! Se abbiamo una carrozza trainata da cavalli, avremmo sicuramente anche dei cavalli da qualche parte. Deve esserci una stalla nel retro della casa, spero che sia così altrimenti davvero non saprei dove cercarli. Ritorno vicina alla casa dalla quale sono uscita e mi reco al suo retro, non pensavo avessimo tanto spazio. Noto poco lontano un'altra costruzione molto grande, mi ci avvicino. Si, è proprio una stalla! Apro le porte, la luce che entra da fuori fa girare i cavalli che mi guardano. Mi avvicino a loro guardandoli uno ad uno.

Un cavallo completamente nero attira la mia attenzione, mi avvicino a lui. Non voglio spaventarlo, sveglierebbe tutti. Allungo una mano verso di lui, indietreggia leggermente sbuffando aria su di essa. Io ci riprovo ma molto più lentamente, la tengo tesa davanti a lui. Per un primo momento non sento nulla, poi noto che si avvicina e sento il suo muso appoggiarsi sulla mia mano. Sorrido e glielo accarezzo, ha un pelo morbido e lucido. Solo a quel punto apro la stalla e prendo la sella appesa proprio fuori da essa. Gliela poggio sulla groppa, spero di ricordarmi ancora come si fa, la allaccio al meglio. Poggio un piede sulla staffa e una mano sul corno, mi faccio forza e mi siedo sul seggio, porto entrambi i piedi dentro le due staffe laterali. Spero davvero che quegli anni di equitazione da bambina siano serviti a qualcosa.

"Non so come ti chiami, bello. Spero solo che andremo d'accordo in questo nostro piccolo viaggetto e magari, strada facendo, ti torverò un nome."

Alzo le due redini e gli do un colpetto per farlo partire, usciamo dalla stalla insieme. Non ho alcuna intenzione di farlo correre come una furia, une velocità moderata sarà abbastanza. Quanto tempo era che non andavo a cavallo? Direi almeno dieci anni. Mi ricordo le lezioni di equitazione con il signor Benjamin, un omone cicciotto con dei baffoni davvero buffi. Io ed Elisabeth, frequentammo l'equitazione per un po' di anni. Fu un'idea della mamma, voleva che mia cugina si distraesse in qualche modo dalla perdita di sua madre. Diciamo che, fu una delle più belle idee che mia madre potesse avere. Elisabeth creò un profondo rapporto con uno dei cavalli, erano diventati davvero ottimi amici. Io, d'altro canto, ero più imbranata ma riuscii a creare anch'io un bel rapporto di amicizia con uno di loro. Lo chiamavo Spirit, in onore a un vecchio film della mia infanzia.

Quella fu un'altra cosa che abbandonammo del tutto una volta giunti nella nostra nuova città, forse, non avremmo dovuto farlo. Era una delle poche cose che ci rendeva libere e spensierate, proprio come mi sento adesso. Il vento passa fra i miei capelli e prima di giungere a loro mi accarezza il viso, mi mancava questa sensazione di totale libertà. Faccio rallentare il passo al cavallo quando noto che siamo giunti al porto, camminiamo più lentamente cercando quei bassifondi di cui parlava mia madre. Mi reco a Sud del porto, vedo un largo vicolo, un cartello è posto prima di esso. Leggo cosa c'è scritto.

"Via dell'Alba, che strano nome. Non trovi?"

Domando al cavallo. Il cavallo, in tutta risposta, scuote la testa per allentare un po' le redini. Alzo le spalle, d'altronde non era la prima cosa strana che vedevo da quando sono arrivata qui. Entro in questo largo vicolo e nemmeno cento metri dopo, inizio a sentire delle voci. Mentre in città tutto è calmo e silenzioso, qui sembra che la notte non sia mai arrivata. Il vicolo in questione si suddivide in tanti altri piccoli vicoletti, man mano che mi addentro in esso è come scoprire una seconda città. Più povera e misera della prima. Ci sono molti poveracci seduti per terra, cercano l'elemosina oppure bevono da delle bottiglie di vetro. C'è gente di colore ma anche persone bianche proprio come me, vestiti solo di stracci, pelle e capelli completamente sporchi, sguardo stanco e molto magri. Sono così magri che potrei contare le loro ossa, non mi sorprendo se poi uno di loro rischi la vita per un pezzo di pane. Come si fa a lasciare in miseria così tanta gente mentre molte altre vivono nel lusso?

Non mi fermo, vado avanti, vorrei evitare di star troppo a guardare. Qualcuno di loro potrebbe pensare male e io non voglio avere alcun problema, anche perchè, non mi sono portata nulla per difendermi. Su questo sono stata una sciocca, me ne sono proprio dimenticata. La fretta è una cattiva consigliera e io mi sono fatta fregare. Ma va bene così, non deve per forza succedere qualcosa di male, no? Dei rumori attirano le mie orecchie, sento dei gemiti e dei sonori schiocchi che solo dei baci potrebbero causare. Mi volto leggermente guardando all'interno del vicolo da cui mi pare provenga il suono: un uomo tiene poggiata al muro una donna, la gamba di lei è alzata lungo il fianco di lui, le mani della ragazza sono bloccate sulla sua testa dalla presa forte e possente dell'uomo. La bacia con passione e foga, mentre l'altra mano viaggia sulla coscia di lei, poi sul fianco ed infine le strizza il seno. L'uomo mi nota con la coda dell'occhio.

"Ehilà bambolina, sei nuova da queste parti? Vuoi per caso unirti a noi?" Sorride, passa la sua lingua sulle labbra della donna e poi si allontana, porta la mano sul viso di lei, noto la fede sul suo dito "Guarda che pago bene, sopratutto se mi piace quel che vedo ed io amo vedere due donne baciarsi." Ridacchia. Io non trovo nemmeno il coraggio di rispondere, stringo le redini del cavallo e gli do un colpetto per farlo continuare. L'uomo alza la voce "Non sai che ti perdi! Se cambi idea sai dove siamo!"

Li sento ridere entrambi, poi le loro risate vengono soffocate dal rumore dei loro baci. C'è anche questo, donne costrette a dover vendere il loro corpo per soldi, ci sono anche donne che lo fanno per puro piacere e divertimento ma credo che la maggior parte che risiede qui, lo faccia per fame e soldi. E poi ci sono questi uomini, facoltosi o con qualche spicciolo che pagano pur di ricevere piaceri corporei. Magari uomini sposati, come quello di prima, che cerca passione nel corpo di un'altra donna mentre la sua è a casa ad attenderlo, oppure, a dormire ignara di tutto. L'indomani si sveglierà trovandolo al suo fianco, lo bacerà con un sorriso per poi crederlo l'uomo perfetto. Che schifo. Vedo delle luci in lontananza, credo di aver trovato la locanda, quando arrivo fuori da essa leggo l'insegna: 'La locanda del pirata'. Be' nome azzeccato, credo glielo abbiano dato loro stessi, chissà. Scendo da cavallo e attacco le redini vicino a un palo di legno posto proprio davanti alla finestra della locanda.

"Aspettami qui, bello. Capito?"

Lo accarezzo con un sorriso e vado verso l'entrata della locanda, spero di uscirne viva. Poggio la mano sulla maniglia, prendo un profondo respiro e apro la porta. La campanellina posta sopra di essa suona, ma nessuno sembra notare la mia presenza. Un forte vociare, grida e risate, riempiono subito le mie orecchie. Vedo uomini grossi e con lunghe barbe seduti ad ogni tavolo di questo posto. Lascio che la porta si richiuda e mi addentro di più nel locale. Ci sono uomini con addosso una semplice canottiera e un pantalone, lasciando così le loro braccia scoperte e piene di tatuaggi. Altri, addirittura, completamente a petto nudo. Pochi indossano qualcosa che li copra di più. Cerco di apprendere quanti più particolari i miei occhi possano vedere, ci sono anche delle donne, sono poche e non credo facciano parte della ciurma. Ai pirati non piaceva portare donne a bordo, le ritenevano portatrici di guai e sventure. Ne noto due in piedi ai lati di un tavolo, fanno il tifo per due uomini che si stanno sfidando a braccio di ferro. Pare che nessuno dei due faccia muovere di un millimetro l'altro.

Faccio un altro paio di passi avanti, mi immobilizzo sbiancando quando vedo passarmi ad un palmo dal viso la lama di un'ascia. La seguo con lo sguardo fin quando non va a conficcarsi su quello che mi pare un bersaglio, gli uomini in questione se la ridono non avendo notato ciò che stava per succedere. Mi sposto subito da lì. Dio mio, stavo per rimetterci la testa. Altri uomini sono seduti ad un lungo tavolo nel quale, al centro, c'è seduto quello più grosso di tutti. Ha un capello e una grossa e scura pelliccia sulle spalle e tutti sembrano pendere dalle sue labbra. Quello dev'essere il Capitano Jeremia Manto Scuro. Sul tavolo in questione, una donna è in piedi che danza al ritmo dei battiti delle mani degli uomini che la circondano. Riesco a raggiungere il bancone sana e salva, l'uomo dietro di esso continua ad asciugare un bicchiere con uno straccio. Nemmeno mi guarda.

"Vuoi bere qualcosa?" Domanda.

"Si. Gradirei dell'acqua, grazie."

L'uomo alza il suo sguardo su di me, smette di muovere la mano così come il silenzio cala in tutta la locanda. Sento tutti gli occhi dei presenti su di me, la donna che ballava si è fermata con una gamba alzata, i due uomini che giocavano a braccio di ferro sono completamente immobili e le due donne accanto a loro mi guardano con occhi spalancati. Il Capitano mi osserva dalla testa a piedi e gli uomini che giocavano a tiro al bersaglio con le asce si sono bloccati quando stavano per tirarne un'altra. Noto i calici sui tavoli di tutti i presenti, pieno di quel liquido dorato che in fondo conosco.

"U-una b-birra! Intendevo una birra!" Mi corrego.

"Te la servo subito."

Tutti riprendono a fare ciò che stavano facendo come se nulla fosse accaduto, è stato estremamente imbarazzante. Stavo per farmi beccare a causa di una birra, ma scherziamo? Aspetto che il locandiere mi porti la mia, vorrei fargli qualche domanda ma non credo di avergli fatto una buona impressione. Sento qualcosa tirare la mia veste, non capisco subito cosa sia, abbasso lo sguardo notando una piccola palletta di pelo proprio sotto al bancone che tira le mie vesti. Mi abbasso sulle mie ginocchia e lo guardo da vicino.

"Ehi piccoletto, ma io e te ci conosciamo, non è vero?" Il cucciolo mi guarda scodinzolando, è davvero molto piccolo e quella benda sull'occhio lo rende estremamente tenero. "Quindi tu sei il cucciolotto di questi mascalzoni? Ma si che lo sei! Ma si!" Lo accarezzo proprio sotto le orecchie, lui scodinzola e caccia la lingua "Sei proprio un bravo cucciolo, tutte queste coccole te le meriti per avermi aiutata quel giorno. Ti ricordi vero? Ma si che te lo ricordi!" Sorrido mentre faccio delle piccole vocine mentre lo coccolo. Sento qualcuno tossire, alzo leggermente lo sguardo notando delle scarpe, poi un pantalone completamente nero, una camicia bianca, un giacchetto ed infine il viso di colui che ho davanti. "Scusi, è suo?" Dico ritornando subito dritta.

Lui fa un mezzo sorriso "È nostro, come questa locanda del resto."

"Non ne ero a conoscenza, non volevo infastidire nessuno." Dico mentre lo guardo. È giovane, ha un leggero filo di barba nera proprio come i suoi capelli lunghi e raccolti in un piccolo codino. I suoi occhi sono verdi, quasi cristallini e su quello di destra si estende una cicatrice fino a sotto il suo zigomo.

"Sembri piacere molto a Thatch, mi pare di averti già vista. Sicura che è la prima volta che vieni qui?"

Cavolo! Possibile che mi abbia vista al porto? Che fosse lui quel giorno? "Si, sicurissima. Non avevo mai messo piede qui prima d'ora."

Non sembra molto convinto "Mmh mmh... e come ti chiami?"

Va di male in peggio! Non ho pensato a un nome! Non posso dirgli il mio. Cavolo! Che mi invento ora? "Ecco io..."

"Che c'è? Qualcosa da nascondere?"

Scuoto la testa, rido "Ma no, mi hai solo presa alla sprovvista. Mi chiamo... Kira." Davvero? Ho preso il nome della mia domestica? Quanta fantasia!

Non mi pare convinto "Be' allora benvenuta alla Locanda del Pirata, Kira."

Prende in braccio il cucciolo e fa per allontanarsi, lo fermo. È l'unico con cui ho parlato fin ora "Ehi, aspetta."

"Che c'è?"

"Tu come ti chiami?"

"Io sono Terence ma tutti mi chiamano Scar." Mi indica la sua cicatrice. "Questo qui è Thatch ed è un cucciolo anche fin troppo amichevole con gli sconosciuti."

"O forse è solo furbo." Ridacchio.

"Possibile, in fondo si è avvicinato a una bella ragazza. Mica scemo." Fa un mezzo sorriso anche lui.

"Come mai porta una benda sull'occhio? Si è ferito?"

Lui gliela alza "Per niente, è solo estetica e a lui piace." Il cucciolo gli morde la mano facendo piccoli ringhietti "Si, si, te la abbasso." Appena gliela rimette a posto smette.

"Signorina la birra!" Sento urlare.

Ma nemmeno il tempo di girarmi che la vedo sfrecciare proprio accanto alla mia mano, casca a terra rovinosamente "Cazzo!"

Terence scoppia a ridere e il locandiere si batte una mano sul viso "Dovresti prenderla, sai?"

"So bene cosa dovrei fare!" Sbuffo.

"Dagliene un'altra, offro io alla nuova e sbadata arrivata." Ritorna accanto a me. Il locandiere fa come gli dice, questa volta la porta davanti a me sbattendola sul bancone "Non ha molta pazienza lui e odia quando la birra viene sprecata."

"Mi dispiace, non sono tipica di questi luoghi." Prendo il calice dal manico e lo avvicino alla mia bocca, bevo un po' del contenuto e rabbrividisco leggermente. Il sapore amaro della birra scende giù fino al mio stomaco. Non è come quelle moderne ma non è male.

"Da dove sei scappata bimbetta?"

"Bimbetta?" Lo guardo male.

"Si, venire in un posto del genere senza alcuna conoscenza o protezione e da ingenui. Anzi, forse anche un bambino lo capirebbe." Mi indica le labbra "Hai della schiuma."

Mi passo la manica della camicia sulle labbra, se avessi chiesto un fazzoletto sarei caduta ancora più in basso. Thatch si alza sulle zampe e mi da una leccata al viso. Mi fa sorridere leggermente "Sono nuova a queste zone, ricordi? Devo ancora imparare."

"Allora la prossima volta portati un coltello e non legare il tuo cavallo fuori ogni porta. Sei fortunata che nessuno tocca ciò che è posto fuori dalla nostra locanda o ti avrebbero fottuto pure il cavallo." Se la ride, mi sta palesemente prendendo in giro.

"Che simpatico..." Bevo ancora.

"Non ti sarai offesa? Prendili come consigli, bimbetta." Alza le spalle.

"Come ti pare." Sospiro, tra tutti i pirati proprio quello più fastidioso.

"Allora, da dove salti fuori? Non sei nuova solo della zona, pare tu sia nuova proprio a questo stile di vita. Abiti poco consumati, pelle ancora liscia e linda e capelli ancora abbastanza in ordine."

"La mia famiglia è caduta in rovina, siamo passati dal tutto al niente."

"Ohhh, allora sei un'ex bimbetta viziata. Come ci si sente a trovarsi dall'altro lato? Deve essere brutto non è vero? Quello che hai visto qui fuori è solo un assaggio."

"La smetti di trattarmi in questo modo?!" Lo guardo arrabbiata. Thatch poggia il suo muso sulla mia mano, glielo accarezzo.

"Le cameriere e i maggiordomi accomodanti ad ogni tua richiesta qui non esistono. Modera i toni che qui, in mezzo a noi, non sei nessuno." Mi da le spalle.

Ma chi si crede di essere?! "Io voglio parlare con il tuo Capitano!" Volevo davvero trovarmi faccia a faccia con un vero pirata.

"Tu vuoi parlare con Manto Scuro?" Si volta leggermente mentre ride "Bimbetta, davvero, va a casa prima che faccia giorno o i tuoi potrebbero preoccuparsi."

Sto per andargli incontro ma la sua frase mi fa riflettere. Prima che faccia giorno? Perché? Che ore sono? Mi guardo intorno e vedo un'orologio, sono quasi le cinque e mezza. Merda! Esco subito fuori dalla locanda, lascio il boccale di birra ancora mezzo pieno. Slego il mio cavallo e ci salgo subito in groppa, guardo un'ultima volta all'interno della finestra. Scar mi guarda dritta negli occhi, ha ancora Thatch fra le mani che mi guarda con la lingua di fuori. Tiro le redini del cavallo, lui alza la testa e le zampe girandosi nella direzione opposta dalla quale siamo venuti. Questa volta dovrò correre un po'. Non è andata proprio come mi aspettavo ma non è nemmeno stato un buco nell'acqua. Bimbetta... come osa quel tipo chiamarmi bimbetta?! Oh, se pensa che sia finita qui sbaglia di grosso! Vedrà ancora il mio viso, lo vedrà eccome.

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