Malore

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Mia madre chiede più volte al cocchiere di far andare quel cavallo più veloce ma, giustamente, l'uomo non può fare più di tanto. Giungiamo a casa solo dopo una quindicina di minuti, seguiti dalla domestica che era venuta ad avvertirci in groppa ad un cavallo. Scendiamo dalla carrozza ed entriamo subito in casa, arriviamo davanti alle scale. Lo zio Julius ferma Elisabeth proprio ai piedi di quest'ultima, io continuo a salire seguendo mia madre. La porta della camera dei miei è chiusa e Barnabus è fuori da essa, ci avviciniamo ma l'uomo ci ferma venendo verso di noi.

"Il medico lo sta visitando."

"Da tutto questo tempo?" chiede mia madre con tono triste "Ditemi la verità, Barnabus, è grave?"

"Io non sono un dottore, non saprei cosa dirvi. Avrete risposta a tutte le vostre domande, non temete."

Tengo lo sguardo basso, ascolto ma non parlo. Non so cosa dire, iniziano a passarmi per la testa tutte le immagini dei momenti felici con mio padre. Devo calmarmi, magari ci stiamo solo preoccupando troppo. Potrebbe essere un malore da niente, una carenza di zuccheri o un calo di pressione. Qualcosa che può essere risolto in poco tempo e con la giusta medicina. Quale medicina? Non so neanche a che punto sono con la scienza in questo posto pieno di matti! Lui è un uomo forte... ce la farà, non può abbandonarmi né nella realtà né in un fottutissimo sogno! Sento una lacrima solcare il mio viso, una mano si appoggia sulla mia spalla.

"Zelja... forse dovreste scendere di sotto e farvi fare una tisana dalle domestiche." Barnabus attira la mia attenzione con questa frase.

Lo guardo senza provare alcun sentimento "Io non mi muoverò da qui finché il dottore non aprirà quella porta."

"Non volevo essere sfacciato, il mio voleva essere un buon consiglio." mi accenna un sorriso.

Mia madre guarda Barnabus "Non prendetevela, Zelja è fatta così. Non scenderà senza avere notizie."

Annuisco "No, non lo farei mai." mi avvicino a lei, la vedo sorridermi e mi porge la sua mano che prendo e stringo. È pur sempre mia madre.

Prima che quella porta si apra, passano almeno altri dieci minuti. Quando viene aperta, tutta l'attenzione viene portata sul dottore che esce dalla stanza: è un uomo anziano, ha capelli e baffi bianchi, è vestito con uno abito marroncino, una camicia bianca e una cravatta dello stesso colore dell'abito. Sta posando lo stetoscopio nella sua borsetta di pelle marrone. Ci guarda da capo a piedi, prima mia madre e poi me.

"Siete la signora e la signorina Von Moose?"

Mia madre annuisce "Si dottore, la prego, non fateci penare. Come sta mio marito?"

L'uomo inspira profondamente e con il pollice e l'indice ben allargati si aggiusta il baffo "Pare che non sia nulla di grave, almeno per ora. Dalla visita da me eseguita, sembra che sia un brutta influenza."

Barnabus lo ferma "Ma dottore, ha tossito sangue per poi perdere i sensi."

L'uomo annuisce "Ne sono a conoscenza ed è stata quella la cosa che più mi ha preoccupato. Ma, purtroppo, non sono riuscito a trovare altra spiegazione se non questa. Ascoltatemi bene: i sintomi, come stavo dicendo, sembrano essere quelli di una forte influenza. Il respiro corto, le poche forze, lo stesso sangue di cui avete parlato potrebbe essere causato dal continuo tossire del signor Von Moose. Da quanto tempo è in queste condizioni?"

Mi ricordo di quella sera a tavola "Credo sia una settimana. La prima volta è stata la sera in cui eravamo a cena tutti insieme, giusto?"

Mia madre annuisce ma la voce di mio zio corregge le mie parole. "In realtà sono quasi tre settimane."

"Tre settimane? Julius, mi stai dicendo che me lo avete tenuto nascosto?!" lo guarda mia madre.

"Sorella, non arrabbiarti. Tuo marito non voleva preoccuparti."

"Non dovrei arrabbiarmi? Cosa aspettavate? Che finisse all'altro mondo?!" dice guardandolo male.

"Calmatevi, vi prego." li guardo entrambi, poi porto gli occhi sul dottore "Ci rassicuri. Avete una cura per mio padre?"

L'uomo annuisce "Ho lasciato delle gocce sul comodino nella stanza, non più di dieci gocce mattina e sera. Adesso, se permettete, ho altri pazienti da visitare."

Mia madre gli annuisce "Certo, la ringrazio di tutto." guarda la domestica "Ignes, accompagna il dottore alla porta." la donna annuisce e accompagna l'uomo, quando sentiamo la porta richiudersi, mia madre si volta verso suo fratello "Questo non dovevi farmelo! Avresti dovuto dirmelo. Io sono sempre stata onesta con te!"

"Kery, lasciami spiega-"

"Non osare parlarmi. Non ora. Ho mio marito a cui prestare attenzioni." entra nella camera, vedo mio padre ancora riposare prima che la porta si chiuda.

Non è il caso di entrare ora. Lo avrei fatto più tardi o l'indomani quando si sarebbe svegliato. Mi avvicino a mio zio "Non prendetevela, è sconvolta."

Lui mi accenna un sorriso "Non temere, nipote. Le passerà." guarda Elisabeth "Andiamo di sotto?"

"Certo padre." annuisce "Venite anche voi, signor Ermandei?"

"Vi raggiungo." a quelle parole, loro iniziano a scendere "Voi? Avete intenzione di restare qui?"

"Sarebbe inutile, mio padre sta riposando e mia madre non lascerà entrare nessuno sino al suo risveglio. Il che, potrebbe essere anche domattina."

Lui annuisce "Avete ragione." mi prende una mano, accarezza il mio dorso con il suo dito "Vi chiedo ancora scusa per prima, non volevo essere insolente o offendervi."

Scuoto la testa "Non lo siete stato. Sono io a dovermi scusare, ero spaventata ed agitata, non era mia intenzione rispondervi in modo sgarbato. Anzi, dovrei ringraziarvi per aver aiutato mio zio a portare mio padre a casa e per aver chiamato il dottore."

Lui mi sorride "Ho fatto quello che qualsiasi gentiluomo dovrebbe fare. In più, sono un caro amico di vostro padre, non lo avrei mai lasciato in quelle condizioni." porta l'altra sua mano sulla mia guancia, la accarezza dolcemente "Non scusatevi, posso immaginare lo spavento che avete subito. Una giornata bella come questa trasformata in un incubo." rimuove la mano dal mio viso e lascia la mia.

Gli sorrido lievemente "La sensazione è anche peggiore di quella di un incubo. Almeno da quello ci si può risvegliare." proprio quello che vorrei fare anche io in questo momento.

"L'ho letto nei vostri occhi, da quando vi ho conosciuta non avevo mai visto così tanta angoscia e paura in essi. Neanche quando voi stessa stavate per perdere la vita. Dovete tenere molto a vostro padre."

Lo guardo dritto negli occhi "Chi non terrebbe alla propria famiglia?"

Il suo sguardo cambia per un breve attimo "Molte più persone di quante possiate immaginare." poi ritorna a sorridermi "Che dite? Seguiamo vostro zio e vostra cugina?" mi porge il braccio.

"Si, credo sia la cosa migliore."

Sorrido e poggio la mano sul suo braccio per scendere le scale. Guardo un'ultima volta la porta alle mie spalle per poi guardare avanti abbassando, lo sguardo sui miei piedi. Perché è tutto così reale? Perché sembra sempre meno un sogno? Dove sono? E come ci sono finita? Sospiro. Spero che il dottore non si sbagli, spero che sia solo una bruttissima influenza e basta. Voglio che mio padre si riprenda, voglio che lui viva in ogni posto, reale o fittizio che sia. Non ho più intenzione di provare un dolore simile. Domattina parlerò anche con lui, deve curarsi di più. Per stasera... lo lascerò riposare e io cercherò di pensare ad altro... spero che stanotte Terence non noti la mia poca lucidità.

Vivere in un sognoWhere stories live. Discover now