Capitolo 19

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Mi sveglio nella mia stanza, ma non dalla parte del letto dove dormo di solito. Infatti appena apro gli occhi vedo il mio armadio bianco, quando invece dovrei vedere la tenda che copre la finestra. Mi alzo lentamente, resto seduta sul bordo per qualche minuto, con la testa che cerca di collegare gli avvenimenti di questa notte al mio stato d'animo in questo momento. Vado in bagno, quello collegato alla camera, e mi guardo un attimo allo specchio. Il mio riflesso mi fissa, immobile, non riconosco chi sia la ragazza nello specchio. Mi hanno insegnato a essere forte, a non abbattermi e i fatti accaduti mi fanno solo pensare il contrario. Le mie emozioni sono così sballate, come se di giorno fossi in un modo e di notte in un altro. Mi vesto lentamente, con tutta la calma del mondo, poi a passo trascinato cammino fino in cucina. Nel corridoio però, un profumino raggiunge le mie narici e un secondo dopo il mio stomaco brontola affamato. Svoltato l'angolo, Antonio, con una maglietta bordeaux a maniche corte e un paio di boxer, mette su due piatti un paio di pancakes. Sposto lo sguardo sul tavolo, pronto per una colazione con i fiocchi.

"Non sapevo sapessi cucinare" gli dico con gentilezza.

"Tengo le cose speciali per persone speciali" mi dice per poi baciarmi.

"Saper fare dei pancakes è una cosa speciale?" lo provoco accennando un sorriso malizioso.

"Stavo cercando di farti un complimento e hai rovinato tutto"

"Come sempre..." gli rispondo sovrappensiero.

Lui sembra notarlo e infatti quando si siede di fronte a me mi prende una mano.

"Parlami, sono qui per questo"

"Ho fatto una cazzata enorme e ora ho paura di affrontare le conseguenze" cerco di introdurre il discorso senza fargli subito capire di cosa parlo.

"Capisco che sia difficile, ma devi prenderti le tue responsabilità. Che hai fatto?"

Guardo per l'ultima volta il suo viso comprensivo e dolce, pronta a vederlo deluso e arrabbiato. Poi prendo un bel respiro e spiego tutto:

"Sebastian Johnson è venuto da me, minacciandomi che se non fossi entrata nei DarkPhoenix al posto di James, avrebbero fatto del male alle persone vicine a me. Io ho avuto paura, finalmente ho trovato una caserma adatta a me e non volevo metterli in pericolo. Men che meno te, che sei sempre così carino nei miei confronti, o la tua unità. Così ho deciso di stare alle loro regole e ieri sera l'altra spalla di James mi è venuto a prendere alla 51, voleva insegnarmi a sparare. Siamo andati al Silo, ma poi ho riconosciuto le vostre auto e mi si è gelato il sangue nelle vene. Alexander mi ha prestato la sua felpa e siamo scesi dall'auto... il resto lo sai già"

Abbasso lo sguardo sulle mie mani, che tremano incontrollate e non ho nemmeno il coraggio di giustificarmi. Il silenzio che arriva dall'altra parte del tavolo mi fa preoccupare ancora di più.

"Ti prego, se hai qualcosa da dirmi fallo, urlami contro, ma non farmi la tortura del silenzio" dico a testa bassa.

"Tu... hai rotto il naso a Halstead lo sai?" cerca di dirmi con tono autorevole, riesco però a sentire la sua insicurezza.

"Lo immaginavo"

Alzo la testa solo un secondo, per vederlo fissarmi con un'espressione che non riesco a decifrare. Delusione? Rabbia? Stupore?

"Perché non lo hai detto a qualcuno? A me, a Casey, a Severide, perfino a Burgess.. perché non hai detto nulla?"

"Lo sarebbero venuti a sapere, loro sanno sempre tutto. Se parlavo mi avrebbero scoperta e non si sarebbero risparmiati, non lo faceva James, figurati la sua gang. Hanno un codice, mi avrebbero classificata come traditrice e vi avrebbero fatto del male. Avevo paura per voi, Antonio, non per me"

𝐆𝐢𝐫𝐥 𝐀𝐧𝐝 𝐅𝐢𝐫𝐞 // 𝕆𝕟𝕖ℂ𝕙𝕚𝕔𝕒𝕘𝕠 //Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin