Un po' di follia in primavera

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«Diamoci del tempo» propone infine. Ma è sfatto, anzi, disfatto.

«Il tempo ci servirà per ricominciare... ognuno per conto proprio» ribatto, con una lucidità che non mi sarei mai aspettata da me stessa.

Da: Un po' di follia in primavera- Alessia Gazzola

Arthur è appena uscito dalla porta, ma è come se fosse uscito dalla mia vita. Sono distrutta. Mi sento come un pesce fuor d'acqua, sono confusa e terribilmente delusa da me stessa. Mi sono illusa che potesse funzionare, ma in fondo lo sapevo che non eravamo destinati a durare. Io con un costante debole per Claudio e lui in viaggio chissà dove con quella Saadia Sabir. Non c'erano i presupposti per un buon matrimonio né quelli per una relazione sana.

Il Cagnino arriva ai miei piedi sculettando e in un istante capisco che io devo uscire da questa casa. Troppe volte Cordelia ci ha messo del suo per farci tornare insieme e io non ne posso più. Lascio il pollo fritto sul tavolo, prendo un cappotto, le chiavi e mi chiudo la porta alle spalle almeno per questa notte. Guardo la mia mano, è ancora ornata da quel gioiello considerato per me prezioso. Infilo la chiave nella toppa, giro e in un secondo l'anello è sul tavolo e non più sul mio dito.

È stato difficile non cadere in tentazione per una serata gelato davanti a qualche programma spazzatura, ma ho bisogno d'aria e Roma a quest'ora ne regala molta.

Non è troppo tardi, la metro è ancora aperta, ma io ho bisogno di camminare senza una meta. Cammino mentre l'aria fresca e frizzante mi pizzica le gote e un venticello stranamente piacevole, mi sposta le ciocche castane sul viso. Gli occhi mi bruciano e il mascara è colato rovinosamente, le poche persone in giro mi guardano male, alcune addirittura con compassione. Il mio cappottino fluttua leggermente in sincronia con la brezza e l'unica cosa che fa compagnia ai miei pensieri è il vagare per la città, vuota con solo l'orizzonte illuminato che dà un senso di malinconia al quadro complessivo che già di per sé critico.

Sento freddo, ma non mi importa. Cerco di capire che mi succede, perché questa mia reazione e realizzo che la mia vita non ha più un vero senso, perlomeno in ambito sentimentale. Mi sono raccontata la solita storiella del fatto che lui sarebbe cambiato e ho perso solo tempo credendo ad un uomo che mi ha comprato con le parole per pensare solo a sé stesso. Tremo al solo pensiero di tutto il tempo che ho perso inutilmente. Tutto quello in cui ho creduto è stata soltanto una mera illusione.

Alice da domani si cambia. Eh, facile a dirsi.

Mi siedo su una panchina, una di quelle dove le madri si siedono e vedono i loro bambini giocare. Ho bisogno di conforto, di qualcuno che mi voglia bene anche se non lo dà a vedere: ho bisogno di Claudio.

Mi alzo velocemente e un giramento di testa mi fa riposizionare dove ero. Troppa irruenza per la mia condizione penosa. Sono stanca, triste e a stomaco vuoto, ma sinceramente non ho appetito.

Mi rimetto in piedi lentamente e i miei piedi mi guidano senza che io possa decidere dove. In realtà il mio subconscio lo sa già dove voglio andare.

Passeggio per un'ora buona, ritrovandomi ad un passo da quel palazzo che conosco a memoria nonostante io lo abbia frequentato poco. Premo il pulsante del citofono mentre mi fermo ad osservare la targhetta che riporta il nome Conforti un po'scolorito e ingiallito. Non ricevo risposta e considerata l'ora non mi aspettavo niente di diverso. Non provo neanche a suonare di nuovo e perciò mi fermo vicino al citofono e rimango immobile godendomi l'aria fresca. Respiro lentamente ad occhi chiusi

"Si, chi è?" le palpebre si rialzano di scatto e mi avvicino di fretta al citofono per poter rispondere.

"Alice! Claudio, posso salire?" ho la voce rotta dalle poche lacrime che mi sono rimaste in corpo.

L'allieva- One Shots 🤍Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin