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Metà febbraio.
Il cielo era sempre grigio, proprio come a gennaio, ma la pioggia non sembrava volersi far vedere.
Fernando finalmente aveva preso una decisione: avrebbe incontrato Gioia per dare una fine a quella tragedia che da anni continuava a ripetersi. Decise di aspettarla all'angolo di casa sua. Erano le nove di mattina e si disse che prima o poi sarebbe uscita e a quel punto l'avrebbe fermata e costretta a parlargli. Intanto fumava una sigaretta dietro l'altra. Il pacchetto da dieci in una mezz'ora si dimezzó facendolo sospirare per la frustrazione "Devo darmi una regolata" si disse, che altrimenti le avrebbe finite e a quel punto sarebbe diventato troppo nervoso da poterle parlare. Di tornare in città non se ne parlava. L'avrebbe aspetta anche tutta la giornata, se fosse stato necessario.

Gioia all'improvviso aveva deciso di iniziare a correre. Le avrebbe fatto bene e poi così la sua mente sarebbe stata troppo concentrata per soffermarsi anche sui suoi pensieri nostalgici. Da circa due settimane si alzava la mattina presto, verso le sette e correva per ore, senza fermarsi mai. Adorava sentirsi i polmoni bruciare, la gola secca e il cuore pulsare al massimo. La faceva sentire viva, anche quando le gambe la avvertivano che avrebbero potuto cedere sotto il suo peso, se non avrebbe rallentato il passo. Ma lei non rallentava. Anzi, correva più veloce sostenuta dal vento a ogni suo salto, mentre piccole gocce di sudore le colavano sulle labbra, sul collo e sulla schiena. Era una sfida con se stessa e voleva assolutamente vincerla.
Quella mattina era di ritorno dalla solita corretta mattutina. Stava già pregustando la colazione che avrebbe mangiato da lì a pochi minuti: tè caldo e biscotti. Ormai la fatica non la percepiva nemmeno e quindi si prese il lusso di aumentare la sua andatura. "Dai l'ultimo sforzo" si incitó mentalmente quando, girando l'angolo della sua via per poco non finì addosso a un ragazzo appoggiato al muro.
"Ma che diavolo ... " ebbe il tempo di dire lui spostandosi di qualche centimetro, quando si accorse che la ragazza che lo stava per travolgere era lei, Gioia.

Gioia indietreggió di qualche passo per vederlo negli occhi e capì di chi si trattasse: Fernando.
Aveva poggiato le mani sulle ginocchia inarcando la schiena e respirando a fondo per riprendere fiato. Con la manica della tuta si asciugó il sudore che le imperlava la fronte e si sistemò le ciocche di capelli che le erano sfuggite dalla coda, dietro le orecchie.
"Nando. Che ci fa qui?" Si chiese, e poi si disse che avrebbe potuto chiederlo direttamente al sottoscritto piuttosto che domandarlo a se stessa.
Boccheggiando e cercando di riprendersi dalla fatica gli chiese
"Che ci fai qua?"
Nando la guardó come si guardano le rondini svolazzare nel cielo. La vedeva respirare affannosamente cercando di regolare il respiro e portare il cuore al suo battito regolare. Era sudata. Rossa in viso, con gli occhi lucidi e i capelli disordinati in quella che all'inizio doveva essere una coda ben fatta. Tuttavia, nonostante la debolezza, la  voce di lei era tagliente come sempre e l'azzurro dei suoi occhi più brillante che mai. Non potè non ridere della situazione e pure così pensó che gli piaceva comunque.
"Buon giorno - le disse con ironia - anche io sono felice di vederti"
Gioia, sentendo le sue parole riflettè che forse le sue erano state troppo poco cortesi. Fece l'ultimo respiro, abbassó la testa e poi con una leggera spinta tornó alla sua postura naturale. Da quell'altezza, il sorriso di Nando, sembrava molto più divertito. Era immobile, di fronte a lui, ma le sue gambe erano più attive che mai: i muscoli pulsavano, incapaci di capire che la corsa era finita. Gioia ricambió il sorriso di Fernando, sentendo gli occhi cambiare aspetto e diventare furbi come quelli di una volpe.
"Mi stavi aspettando?" Gli chiese incrociando le braccia sul petto.
Nando si mise le mani in tasca sorridendole, reprimendo l'impulso di strapparle quello sguardo felino a morsi. "Beccato" le disse.
Gioia lo guardó appena e lo sorpassó mentre si dissetava bevendo lunghi sorsi d'acqua dalla bottiglia di plastica rovinata. Nando la seguì, a qualche passo di distanza, fino al cancello di casa sua. Gioia, raggiunse la porta di casa aprendola leggermente. Poi si voltó verso l'amico che la fissava con noncuranza. Lei schioccó la lingua e sorrise.
"Vuoi entrare?" Gli domandó
"Si"
"Bene, allora entra. Tanto sarebbe stato inutile chiederti di andartene vero?"
"Esatto" e con ció Fernando entró senza aspettare che Gioia potesse chiedergli di accomodarsi. Lei rimase un attimo sul pianerottolo a guardarlo avanzare con sicurezza, come se quella casa la conoscesse da sempre, pur non essendoci mai stato. La stanchezza era sparita lasciando spazio a un velo di serenità. Si tolse le scarpe da ginnastica lasciandole davanti alla porta che richiuse alle sue spalle con energia.

Gli piaceva quella piccola casetta. Non era niente di che, peró dava un senso di calore e sicurezza; aveva un'aria molto familiare. Nando si guardó intorno gettandosi sul divano non appena lo ebbe individuato. Stare fermo, lì fuori, senza fare niente lo aveva stancato.
"Non sei per niente cambiato eh? Ancora non hai rispetto per le cose altrui" lo rimproveró Gioia, ma lui capì che non era offesa e nemmeno arrabbiata. Fernando le sorrise facendole l'occhiolino.
Gioia lo guardó sospirando per la bellezza di quel gesto, e nel suo modo di fare troppo dolce ma anche troppo furbo da poter ignorare.
"Ok, senti. Io vado a farmi la doccia. Non farti venire strane idee o saró costretta a portarmi dietro un mestolo, e sappi che lo useró se solo tu decidessi di sbirciare" lo avvisó inarcando un sopracciglio. Nando scoppió a ridere, promettendole che sarebbe stato buono.
"Per il resto serviti pure. Lì c'è il telecomando e se hai fame nella prima dispensa ci sono biscotti e patatine"

Appena Fernando sentì lo scrosciare dell'acqua della doccia, si alzó dal divano e si mise a fissare le foto appese alle pareti o inserite nelle cornici poggiate sui mobili in legno chiaro.
In ognuna di esse Gioia sorrideva e sembrava divertirsi un mondo. Qualche volta aveva delle facce buffe a cui Nando non poteva non accennare un sorriso. La vedeva con Flavia, o con Mirko e altre ancora con persone di cui non conosceva il nome. Nando guardava quelle storie cercando di immaginarsela in quell'istante preciso. Quanto aveva perso, continuava a pensare. Avrebbe voluto esserci anche lui, in almeno una di quelle foto. Ma di lui, non ce ne era traccia.
Un'ombra di rimpianto gli caló sugli occhi color nocciola, mentre accarezzava il viso di lei imprigionato in un pezzo di carta protetto da un velo di vetro chiaro.

Gioia non riusciva a restare ferma. Sotto l'acqua calda canticchiava e ballava a ritmo di una musica appena inventata. Aveva più energia di prima, incapace di sentire davvero il dolore i crampi ai muscoli.
Si asciugó i capelli in fretta lasciandoli umidi ma non troppo bagnati da farla tremare per il freddo. Fissava il suo riflesso felice mentre ancora non riusciva a credere che Fernando fosse nella stanza accanto alla sua.
Si cambió, indossando un pigiama pulito. Quando uscì dal bagno, la prima cosa che i suoi sensi percepirono fu l'odore avvolgente del cappuccino appena preparato. Poi fu la vista a funzionare per seconda mettendo a fuoco un ragazzo che l'aspettava seduto al tavolo in cucina. La terza cosa che riuscì a sentire fu la risata di Fernando mentre le chiedeva di accomodarsi e di mangiare insieme a lui una gustosa brioche confezionata.
Gioia si avvicinó titubante per poi accasciarsi sulla sedia senza troppa eleganza. La pancia le avvisó che se non avrebbe ingerito qualcosa in fretta, si sarebbe divorata la casa intera. Così lei si avventó su quel ben di Dio gustandone il sapore.
Fernando, che aveva già finito, si stava accendendo una sigaretta ma il dito di lei gli impedì di farlo. Con il boccone pieno Gioia le indicó di andare fuori, in terrazza per evitare di impuzzolentire il salotto e la cucina.
Il ragazzo fece come lei gli ordinó di fare lasciandosi avvolgere la gola dal sapore del fumo acre e amaro, che da anni non poteva fare a meno di apprezzare. Nel frattempo permise all'aria di accarezzargli il corpo procurandogli brividi che partivano dai peli sugli avambracci.
Poco dopo, Gioia lo raggiunse con i capelli ancora non del tutto asciutti che le incorniciavano il viso rendendolo dolce e innocente. Gli si avvicinó mentre tra le labbra stringeva una sigaretta ancora spenta, avvolta da un giubbotto scuro da uomo. Il suo giubbotto.
Fernando la guardó con ironia.
"Beh, non me l'accendi?" Gli chiese lei avvicinando la sua sigaretta a quella di lui quasi spenta. Nando le fece il favore percependo una strana elettricità nascere tra i due all'avvicinarsi dei loro occhi. La sigaretta di Gioia si accese  interrompendone l'incantesimo. Entrambi tossirono piano e si misero a guardare la luce del sole.
"Non eri tu quella che diceva di non voler mai fumare?" Le chiese
"Già. Ma poi come tutti, sono cresciuta anch'io e la pressione della vita non ha fatto altro che cancellare i miei buoni propositi. Dovevo trovare una via di fuga che mi permettesse di sentirmi meno stressata. L'alternativa era tra il fumo e l'alcool. Ed io ho scelto le sigarette"
Nando la ascoltó parlare evitando di guardare la sua espressione. Fece l'ultimo tiro lanciando il mozzicone con due dita. Era cresciuta davvero e lui, nonostante avesse sempre adorato la sua innocenza, la Gioia di adesso piaceva quasi più di quella di prima.
Finita la sua, anche Gioia gettó via quello che restava della sua sigaretta che si allargó in un arco nel vuoto per poi cadere senza vita al suolo.

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