La fuga

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James cercò di non farlo notare, ma era davvero ferito dalle parole del suo migliore amico.

Quando tornarono in hotel dopo l'allenamento, infatti, non gli rivolse la parola.

Fatta eccezione per un "vai prima tu" appena sussurrato, riferito alla doccia.

Odiava doversi sforzare di rimanere concentrato sulla gara che avrebbero disputato il giorno dopo.

Avrebbe voluto solo staccare la spina per un po', anche solo per qualche ora, scappare via e tornare la mattina dopo.

Fu proprio in quel momento che un'idea balenò nella sua mente, ma la scacciò via velocemente.

Era troppo stupida come cosa, e se ne sarebbe sicuramente pentito il giorno dopo.

Quando Marco uscì dal bagno e trovò James lì, con lo sguardo perso nel vuoto, si avvicinò a lui.

Il più grande, però, ignorandolo completamente, si alzò per dirigersi in bagno.

Si sentiva tanto, tanto in colpa a trattare così l'unica persona che, oltre sua figlia, gli era sempre rimasta accanto.

Però dopo ciò che era successo qualche ora prima non aveva alcuna voglia di parlargli.

Marco, invece, non riusciva a comprendere la reazione a dir poco esagerata del suo amico.

Si disse che doveva provare a capirlo, che stava provando tante cose tutte insieme, ma non ci riusciva.

In fondo, ciò che aveva detto, l'aveva detto solo per rendere James consapevole di ciò a cui saperebbe andato incontro.

Ciò che più faceva stare male lo spagnolo era che non aveva fatto altro che peggiorare la situazione.

Sapeva quando James fosse testardo.

Se voleva una cosa l'otteneva e basta, per lui non esistevano vie di mezzo.

Ed era evidente che ciò che voleva in quel momento fosse Cristiano.

Anche Cristiano, però, voleva James.

Ma Marco sapeva com'era finita l'ultima volta, e non voleva succedesse la stessa cosa.

Quel "Non potrei sopportare una relazione a distanza" pronunciato da Cristiano il giorno prima della partenza di James l'aveva distrutto.

Dopo tre anni il Colombiano ci stava ancora malissimo, e non si rendeva conto che, se non fosse stato attento, sarebbe successa la stessa identica cosa.

James intanto uscì dal bagno e, dopo essersi vestito, si avviò verso il piano di sotto seguito da Marco che l'aveva aspettato per tutto il tempo, nonostante fosse già pronto.

Giù c'erano già quasi tutti, e quando arrivarono gli ultimi ritardatari i camerieri iniziarono a portare il cibo.

Sempre se poteva essere considerato cibo quello, dato che il giorno prim di una partita erano costretti a mangiare cose super magre e iperproteiche.

James odiava dover mangiare pasta in bianco, petto di pollo e spinaci quasi tutti i giorni.

Cercò di non pensarci e fece finta che quello che stava mangiando fosse qualcosa che gli piaceva.

A tavola tutti parlavano, tutti erano emozionati e soprattutto convinti di riuscire a vincere la partita contro la Juventus.

James, invece, non riusciva a proferire parola con nessuno.

Si sentiva vuoto, estraneo all squadra.

Seduto di fronte a lui c'era Marco, e per evitare di dover incontrare il suo sguardo stette tutto il tempo con gli occhi bassi sul suo piatto.

«Tutto bene, Jamesito?» Chiese Marcelo, visibilmente preoccupato.

Anche lui l'aveva sempre aiutato nei momenti di difficoltà, e James gli sarebbe stato infinitamente grato per questo.

Certo, non sarebbe mai arrivato al livello di Marco, ma c'era quasi vicino.

James si limitò ad annuire, senza dare spiegazioni, sperando che l'amico cogliesse il messaggio: non aveva voglia di parlare.

Per fortuna Marcelo, che ormai conosceva il compagno come le sue tasche, intuì ciò che gli stava dicendo con quel silenzio e lasciò perdere la conversazione.

Dopo aver terminato tutto il contenuto del suo piatto James si alzò, facendo un forte rumore con la sedia scomoda che quellhotel gli offriva.

Cercò Marco con gli occhi e gli chiese scusa in silenzio per ciò che stava per fare.

Uscì dall'hotel dopo un secco "Io esco" e iniziò a camminare per le strade di quella città sconosciuta.

Pensò che l'idea avuta prima non sembrava più tanto stupida, e iniziò le sue ricerche online.

Dopo un paio di minuti e neanche troppa difficoltà riuscì a trovare ciò che cercava.

Impostò l'indirizzo su Maps e si accorse di quanto quella direzione fosse lontana.

La mappa segnava due ore e ventitré minuti a piedi.

Aveva scelto proprio una destinazione dall'altro lato della città.

Sospirò e si mise in cammino: erano appena le ventidue, e se fosse riuscito ad arrivare dove voleva non sarebbe tornato in hotel prima delle sette del mattino, orario in cui iniziavano gli allenamenti.

Non gli importava, dato che aveva bisogno di staccare per un po', e iniziò la sua lunga passeggiata.

Quando, finalmente, arrivò a destinazione il suo cellulare era quasi scarico.

Quasi non sentiva più le gambe, nonostante si trattasse solo di una camminata tranquilla.

Alzò gli occhi dal cellulare e si trovò di fronte un'enorme villa illuminata.

Sì, era decisamente arrivato.

Are you still with him? || CrismesWhere stories live. Discover now