Partenza

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Il suono di una notifica invase il silenzio che regnava da diversi minuti nella stanza d'hotel.

Sono giù

Recitava, e James sorrise perché non aspettava altro.

«Ci vediamo tra tre giorni.» Salutò pimpante il suo migliore amico scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia.

Prima che potesse muoversi, l'altro lo tirò a sé, abbracciandolo e facendolo quasi cadere sul letto dov'era steso.

Aveva tanta paura per lui, che potessero fargli di nuovo del male, ferirlo.

Non voleva che passasse un secondo inferno, che stesse ancora male.

Quell'abbraccio era quasi un "Rimani qui, non andare, non rischiare".

Però non disse ciò che pensava davvero, non voleva ferirlo in alcun modo, semplicemente lo mise in guardia, per l'ennesima volta.

«Fai attenzione. E chiamami, ogni tanto, non scordarti di me.» Mormorò sorridendo lievemente.

«Stai tranquillo, Marco, sono tre giorni. Ti chiamo appena atterriamo.» Rispose l'altro, ricambiando l'abbraccio.

Sarebbe stato via solo tre giorni, ma sicuramente gli sarebbero mancati quegli abbracci.

«Fai buon viaggio, Jamesito.» Lo salutò definitivamente prima di staccarsi da lui.

L'altro, dopo pochi secondi, si chiuse alle spalle la porta della stanza, scendendo le scale più veloce che poteva.

Non voleva far aspettare Cristiano, e allo stesso tempo era emozionato all'idea del viaggio.

Erano le due del pomeriggio, e sapeva solo che il volo sarebbe partito alle quattro e sarebbero stati lì per le sei.

Molto probabilmente, pensò, sarebbero rimasti in Europa, ma non sapeva cosa aspettarsi.

«Buongiorno.» Salutò, entrando in auto, senza avvisare, facendo sobbalzare Ronaldo.

Scoppiò a ridere alla reazione dell'altro, che per la sorpresa aveva lasciato cadere il cellulare che aveva in mano.

«Tu sei pazzo, mi hai fatto prendere un infarto!» Esclamò, esagerando come suo solito.

«Come se non sapessi che stavo arrivando.» Rispose James retoricamente, chiudendo lo sportello e lasciando un bacio a stampo sulle labbra dell'altro.

Questo gli fece in un attimo dimenticare ciò che era successo qualche attimo prima e fece sorridere anche lui.

«Hanno anticipato il volo di mezz'ora, dobbiamo muoverci.» Disse poi, mettendo in moto l'auto e spostando lo sguardo sulla strada.

Si respirava un'aria di spensieratezza già durante il percorso in auto, passato per lo più a cantare male le canzoni che passavano in radio e a ridere delle loro doti canore.

Quando arrivarono davanti all'aeroporto, Cristiano alzò il cappuccio della propria felpa, per poi infilare gli occhiali da sole, imitato subito dal ragazzo seduto affianco a lui.

Scesero dalla macchina prendendo le loro valigie, e un uomo arrivò a prendere l'auto per portarla con sé, mentre James osservava la scena un po' confuso.

«Vieni.» Disse Ronaldo, prendendo solo per un secondo la mano all'altro per condurlo verso l'entrata.

Cercarono in tutti i modi di non farsi riconoscere, cosa che infatti non accadde, dato che quel giorno c'era veramente poca gente lì.

Il check in fu molto veloce, e in poco tempo furono sull'aereo, insieme a poche altre persone.

James, anche se non lo dimostrava, era un po' agitato.

Aveva sempre avuto un po' paura degli aerei, ma a quello ormai aveva fatto l'abitudine.

Aveva paura di essere scoperto insieme a Cristiano, da soli, su un aereo diretto chissà dove.

Si era sempre posto questi problemi, avevano sempre nascosto il loro amore, non voleva che qualcuno venisse a saperlo.

Era terrorizzato dall'idea della mentalità omofoba che c'era nel mondo del calcio.

Si rassicurò notando che c'erano meno di cinquanta persone lì su, e si rese conto che nessuno aveva fatto troppo caso a loro.

Poi, all'improvviso, sentì una mano stringere la sua con dolcezza.

«Stai tranquillo, niño.» Sussurrò l'altro, portandosi la mano del più piccolo alle labbra e lasciandoci su un bacio leggero.

James in risposta sorrise e poggiò la testa sulla sua spalla, pochi minuti prima di addormentarsi.

A svegliarlo, dopo due ore, fu la voce dolce di Cristiano, che lo avvertiva dell'arrivo.

Svegliandosi, sorrise alla vista delle loro mani ancora unite.

Si alzarono e, scendendo dall'aereo in maniera più disinvolta possibile, si diressero verso l'aeroporto locale.

Ronaldo non aveva ancora detto nulla all'altro riguardo al luogo di arrivo, cosa che alimentò la sua curiosità una volta dentro la struttura.

Si leggevano scritte in una lingua che James conosceva molto bene: tedesco.

Sapeva, però, di non essere in Germania, aveva visitato praticamente tutti gli aeroporti tedeschi e se fosse già stato lì se ne sarebbe sicuramente ricordato.

«Quindi, ora puoi dirmi dove siamo?» Chiese, non staccando gli occhi dall'ambiente intorno a lui.

«Benvenuto a Vienna.» Rispose Ronaldo, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.

Are you still with him? || CrismesWhere stories live. Discover now