CAPITOLO 8

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Ricordo che all'esame di terza media mi chiesero di scrivere un tema su che cosa fosse per me l'amore.

Non doveva trattarsi per forza di QUEL tipo d'amore, poteva anche essere tra parenti, amici, animali domestici, eccetera...

Io ovviamente sapevo già di cosa avrei parlato.

Sfruttai tutto il tempo che avevo a disposizione per scriverlo, cosa che di solito non facevo mai perché riuscivo a controllare gli errori velocemente.

Invece, in quell'occasione, sembravo voler analizzare minuziosamente ogni singola parola, per renderlo perfetto.

Quello era un argomento molto caro e sentito per me... il giorno prima avevamo chiuso per l'ennesima volta.

Presi il massimo dei voti a quel tema e, rileggendolo, non so sinceramente come sia stato possibile: era un testo così pieno di odio e risentimento che sembrava più una condanna di tribunale che un tema di terza media.

Tempo dopo scoprii che anche lui aveva scelto quella traccia, ma ovviamente non aveva neanche accennato a me.

Mi fece molto male saperlo.

Forse perché, nonostante le cose fossero andate così, io lo ritenevo una persona importante, che in qualche modo aveva segnato la mia vita.

Per lui, invece, non ero neanche degna di stare su un pezzo di carta.

Gli anni delle medie, poi, non erano stati sicuramente i migliori della mia vita.

Ero passata da essere odiata da tutti per qualche strano motivo, a essere considerata ancora peggio a causa della mia relazione.

In prima media non avevo neanche un amico.

L'unica persona che conoscevo mi detestava.

Gli anni successivi portarono un leggero miglioramento, ma nell'aria aleggiava ancora quell'atmosfera di rancore verso di me.

Quando siamo ragazzini non siamo capaci di comprendere fino in fondo il dolore che possiamo provocare negli altri, a meno che non sia tu a subirlo.

Ho sempre giustificato così quelle persone che si divertivano nel deridermi davanti agli altri, senza che io avessi fatto qualcosa.

Li ho sempre giustificati, sbagliando.

C'è un limite che non va oltrepassato e le cattiverie che mi piovevano addosso andavano sicuramente oltre.

Ancora oggi continuo a portarmi sulle spalle tutte quelle insicurezze che mi hanno creato, anche se ormai non fanno più paura.

Il segreto per sconfiggere il tuo nemico è imparare a conviverci.

E quello è esattamente ciò che sto ancora cercando di fare.











Matteo era in fondo alla strada, illuminato dalla lattiginosa e fioca luce dei lampioni.

Erano solo le sei del pomeriggio, ma sembrava notte fonda.

Odiavo l'inverno.

I giorni sembravano essere sempre più corti, dandomi una sensazione di affogamento.

Mi sembrava di non riuscire mai a portare a termine tutti gli obiettivi giornalieri che mi ero rigidamente imposta.

Osservavo il suo modo di camminare cadenzato, composto, mentre si avvicinava.

"Ciao Ali"- disse, dandomi un bacio sulla guancia.

Si propose di accompagnarmi a casa ed io accettai volentieri.

Mi sentivo sicura quando ero insieme a lui.

Sembrava volesse farmi da scudo contro le paure che mi portavo dentro, guarire tutti i graffi e i tagli che avevo sul cuore.

Timidamente fece scivolare la sua mano sinistra nella mia.

Non avevo mai tenuto qualcuno per mano, era un gesto che avevo dato per scontato troppo spesso.

Mi strinse la mano e poi camminammo così per un po', nel silenzio, senza mai staccarci.

Le parole non sono sempre necessarie, anzi, spesso rovino tutto quando apro bocca.

In quel momento avrei voluto dire tante cose, ma erano tutte incagliate in gola per la paura di sbagliare.

Fu lui a parlare per primo: "Ci ho pensato".

Sapevo perfettamente a che cosa si riferisse, ma glielo chiesi lo stesso: "a che cosa?"

"A noi due, a quello che provo. Sono stati mesi difficili, non lo nego".

Nel frattempo c'eravamo fermati a una panchina proprio sotto casa mia.

Non volevo che se ne andasse subito, eppure avevo paura di quello che avrebbe potuto dire.

I miei occhi incontrarono i suoi.

Mi sento indifesa quando qualcuno mi guarda negli occhi così da vicino.

Non che nasconda chissà quali segreti, ho solo paura che possano capire quanto sono fragile o vedere tutti i miei difetti.

Adesso lui passava un'occhiata furtiva dai miei occhi alle mie labbra.

In quel silenzio notturno il cuore, che mi rimbalzava nel petto, sembrava fare un rumore assordante.

Lui si avvicinò lentamente al mio viso, mettendomi una mano sulla guancia.

C'era così tanto amore e desiderio nei suoi occhi adesso, che sembrava stessimo facendo l'amore.

Poi un istante. Un colpo.

Le sue labbra si posarono sulle mie.

Tutto intorno a noi taceva, ma dentro di me era appena scoppiato un uragano.

Le orme del destinoWhere stories live. Discover now