CAPITOLO 2

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Avete presente tutte quelle stronzate del tipo: "al cuore non si comanda", "l'amore è cieco", "occhio non vede cuore non duole", insomma tutte quelle frasi di convenienza che ti vengono dette quando le persone che hai intorno capiscono che hai preso una cotta per qualcuno di irraggiungibile.

Ho sempre pensato che quelle fossero frasi fatte per non farti stare più di tanto male e per illuderti di qualcosa che si sarebbe dimostrato irreale.

Ma allora perché fare queste affermazioni per illudere qualcuno?

Non credete che scoprire la verità gli farà più male?

Troppo spesso la gente si perita a dire la verità per paura di perdere le persone che ama quando, invece, dovrebbe essere l'esatto contrario.

La sincerità non è più una qualità apprezzata nella società di oggi.





Non c'era niente d'irraggiungibile per me in quel momento.

D'altronde quando ormai hai perso tutto, che cos'altro puoi buttare via?

Per la prima volta da quando ero entrata in quella stanza, dopo un lungo momento in cui il tempo sembrava essersi fermato e galleggiare, mi resi finalmente conto che eravamo più del solito.

Cos'è che aveva detto? Un nuovo corista?

E per quanto sarebbe rimasto?

Come ha detto che si chiama?

Mentre stavo ancora interrogando il mio ego, arrabbiandomi per non essere stata abbastanza attenta, il nuovo arrivato si fece spazio tra i presenti come in una di quelle classiche scene da film.

"Piacere, io sono Matteo"- disse lui.

Matteo.

Ecco come si chiamava.

Ricambiai il saluto e mi presentai più per cortesia che per interesse personale.

L'ennesima persona che sarebbe entrata e uscita da quella porta in meno di un mese, mi dissi.

È ironico il destino.

Certe cose le capisci subito anche se non vuoi ammetterlo a te stesso.

Ormai avevo un talento nel riconoscere chi avesse un interesse nei miei confronti.

Ma questa volta, più che interesse, era una semplice e innocente curiosità che ricordava quella di un bambino.

Mi colpì questo suo aspetto.

Nessuno mi aveva più guardata in quel modo da molto tempo.

Non era uno sguardo interrogatorio o solamente fisico, no, sembrava volesse entrare dentro di me per rimettere a posto qualcosa.

"Non puoi farlo ancora una volta. Sei più forte di qualsiasi tua strana idea.

Sai già come va a finire, non puoi permetterti di annientare te stessa per una persona che hai appena conosciuto, non ne vale la pena".

Sapevo di aver ragione nel dire queste cose, eppure c'era una parte di me che sarebbe voluta andare avanti, oltre, provare, lottare.

Quella parte non c'è più, mi dissi e lasciai perdere.

Come quando al supermercato c'è quel vestito che ti piace tanto, ma non hai mai abbastanza soldi da permettertelo.

Alla fine ti stanchi e ti vergogni di chiedere sempre se qualcuno può comprartelo.

Ci sono cose più importanti, ti dici.

E lasci stare, non lotti più.








Dopo quel venerdì pomeriggio, vedevo Matteo praticamente tutti i giorni dietro a quello spartito nero, impegnato nel capire quale nota fosse quella giusta e nel correggersi quando sbagliava.

Io, del resto, facevo lo stesso.

Fin quando la vita prese un'altra direzione, più decisa, per farmi capire che cosa si aspettava da me.

Non era certo la prima volta che andavo in tournée nei vari teatri della mia regione, non sarebbe cambiato più di tanto.

Lui, al contrario, sembrava aver ricevuto una delle notizie più importanti della sua vita.

Non mi entusiasmava l'idea di perdere ancora le lezioni a scuola per l'ennesima rappresentazione.

Attenzione, però, a non fraintendermi.

Il teatro e l'opera sono da sempre il nascondiglio sicuro in cui rifugiarmi quando c'è brutto tempo, quando le cose non vanno bene.

Il fatto che non fossi entusiasta di un'altra "gita" nei teatri era dovuto al fatto che quell'anno avevo già preso parte a 2 rappresentazioni, saltando numerose lezioni scolastiche e tornando a casa distrutta.

"Però questa volta sarà diversa, c'è lui", mi dissi per un attimo, ma un secondo dopo scacciai quel pensiero. Non andava bene.

Le prove andavano alla grande, anche se noi due non parlavamo quasi mai.

Quando mi capitava di incrociare il suo sguardo abbassavo il mio e passavo oltre.

Quegli occhi che un tempo mi erano sembrati così accoglienti e gentili, adesso apparivano freddi come il loro colore, un azzurro chiaro e tagliente come il ghiaccio.

Forse era soltanto il frutto della mia immaginazione, perché non aveva motivo di avercela con me per qualcosa.

O magari sì.








Un po' di tempo fa stavo leggendo su internet di una certa leggenda cinese sull'esistenza di un filo rosso del destino.

Questo filo è presente fin dalla nascita e, anche se invisibile, rimarrà legato al tuo mignolo sinistro per tutta la vita, collegandoti immaginariamente alla tua anima gemella.

Secondo loro il tuo destino è già scritto, sta a te rintracciarne le orme per raggiungere la persona giusta.

Nonostante fingessi di essere una tosta, una dura, dentro di me, nelle parti più remote del mio cuore, ero ancora la stessa persona, dolce ma fragile. La mia vita oscillava tra compromessi ed io non potevo più permetterlo.

Adesso, intorno a quel molle e debole scompartimento, era cresciuta una crosta dura e impenetrabile, che qualche volta lasciava sfuggire bagliori di quella che ero stata un tempo.

Ma quando ero con lui questa corazza barcollava.

C'era qualcosa che ci attraeva e respingeva, come due magneti.

Il giorno della Prima uscii dalla sala trucco dopo minuti che mi erano sembrati infiniti passati ad incipriarmi il viso e a posizionare la parrucca.

Sentii su di me lo stesso sguardo che avevo avvertito il primo giorno.

Lui era lì, seduto su una panchina con addosso abiti troppo larghi, probabilmente recuperati da una rappresentazione precedente.

Se ne stava lì, a osservarmi in silenzio e con due occhi che parlavano molto di più di quanto avrebbe potuto fare la bocca.

Dopo tanto tempo dalla prima volta in cui l'avevo visto alzai gli occhi, incrociai il suo sguardo e il mio cuore ebbe un sussulto.

Le orme del destinoWhere stories live. Discover now