Capitolo Due

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Might go to hell and there ain't no stopping
Might be a sinner and I might be a saint
I'd like to be proud, but somehow I'm ashamed
Sweet little baby in a world full of pain
I gotta be honest, I don't know if I could take it
Everybody's talking, but what's anybody saying?
(RIP 2 my youth - The Neighbourhood)



La notte era stata difficile da affrontare. Il silenzio che regnava la mattina sembrava svanire nel nulla durante la sera e quando il buio subentrava nelle camere e i raggi lunari illuminavano di poco le pareti e il pavimento, la vera natura dei ragazzi di Redwood si mostrava per com'era. Le urla e i lamenti viaggiavano per i corridoi, infilandosi anche nelle fessure delle porte altrui causando maggior tensione a chi doveva star lì ad ascoltare. I pianti smorzavano il silenzio della notte, mentre grida di dolore non erano altro che soffi di vento, capaci di causare brividi a non finire.

Luxia aveva dormito poco e niente nella sua terza notte in quel luogo. Non aveva più rivisto la dottoressa Grinbell e non aveva ancora ricevuto una visita prescritta, il ché la rassicurava un po'. Il cibo era scadente, ma sembrava non importarle. Nella sua testa non c'era altro che un via vai di immagini sfocate e di suppliche di pietà, in lontananza riusciva a sentire e a percepire il calore della dolce voce di Freya che chiedeva aiuto, seppur invano.

Aveva paura ed era facile da capire, ogni qual volta qualcuno si avvicina a lei, le si accapponava la pelle e si faceva indietro come per scappare da una morte certa. Lo stesso girovagare per il corridoio le metteva timore, ma ciò che più la spaventava era il mostro che era diventata.

Era seduta davanti ad un tavolino posto nella sala ricreativa, dove i ragazzi si intrattenevano in giochi e cercavano di distrarsi, tentando di rendere quella tortura meno estenuante. I capelli ramati sembravano aver perso luminosità ed erano annodati tra loro, il viso leggermente infossato e delle occhiaie erano visibili a primo impatto per via delle poche ore di sonno che si era concessa. Era rimasta per più di mezz'ora davanti al tavolino di legno ad osservare le sue piccole mani. Gli occhi erano piantati su di esse e non riuscivano a far altro che rimanere sorpresi all'apparizione del sangue che scivolava tra le dita. E una smorfia le si piantava in viso non appena quelle visioni scomparivano. I sensi di colpa la stavano divorando e non riusciva ancora ad ammettere a sé stessa il crimine spietato che aveva commesso. E fu abbastanza per farle superare il limite di tollerenza. Il palmo della mano si ritrovò a picchiare con forza la fronte, dentro di sé sperava in qualche modo di portare alla mente ricordi netti. Quel suo gesto fece cessare le azioni dei suoi compagni che si bloccarono a fissarla con fare impaurito.

Lux sentì un dolore acuto alla testa, ma nulla che potesse farla sentire meglio. Nulla che potesse farle dimenticare ciò che stava succedendo dentro di lei. Fu Louis a fermarla.

A passo svelto si diresse verso di lei bloccandole il polso, per poi sedersi al suo fianco « Non devi fare così 8326, loro ci osservano. » le sussurrò in un orecchio, mentre involontariamente un braccio si trovava a circondarle le spalle « Non devi sembrare pazza, non devi. » sussurrò ancora.

« Sono Lux, non 8326. » disse con un filo di voce, la verità era che ancora non riusciva a fidarsi a pieno del bel ragazzo dagli occhi chiari. Si spostò dalla sua presa e da quell'estrema vicinanza che lei non aveva richiesto e quando fece per porgli una domanda, la sua attenzione fu rivolta alla porta ad un tratto si aprì.

Tutti saltarono sull'attenti e si poteva percepire la paura che scorreva avida sui loro corpi nel timore che la dottoressa potesse varcare quella soglia, ma non era la dottoressa era un ragazzo che venne letteralmente spinto all'interno dagli infermieri. Traballò un po' per poi mettersi in maniera eretta e guardare con disprezzo la porta. Era alto e snello, quasi fin troppo.

ᴇxᴘᴇʀɪᴍᴇɴᴛ 6735 ; ʰᵉˢWhere stories live. Discover now