Squalificato./Ezarel

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Nella mia vita ero uno squalificato, la visione del mattino e dello scorrere della giornata mi infliggeva ferite roventi, la mia vita rappresentava la mera esistenza di uno scarafaggio, la rappresentazione migliore di quello che potessi considerare vita in quel momento. Quando il sole per la prima volta brillò in quella candida landa chiamata Eel capì che per una volta la mia vita da squalificato sarebbe cambiata, colei che conobbi e che considerai solo un'amica, man mano rischiarò le mie giornate. Io che fin quel momento ero stato un vile uomo, pronto ad entrare nel letto di qualsiasi altra donna per reprimere la mia inettitudine, oggi ero diverso. Un cambiamento che nemmeno fra mille anni sarebbe avvenuto senza di lei, qualcosa di estremamente lontano a ciò che immaginavo sarebbe stata la mia vita. Quando tutto però si sgretolò tra le mie mani ritornai quello di un tempo; quando smisi di accarezzare la sua pelle fatta di seta, quando smisi di ascoltare le sue parole dolci, quando smisi di amare il contatto altrui capì che era arrivato ormai il momento che perissi altrove. Dopo mesi nulla era cambiato, anche quando mi ero lasciato alle spalle tutto quello che potesse ricordarmi lei, giorno dopo giorno nasceva un ricordo, come un erbaccia quando attendi ansiosamente la schiusa del seme che hai piantato con tanto amore. Ormai non potevo più considerarmi un uomo, ogni persona del villaggio dove adesso abitavo mi considerava un rimasuglio di un essere che in passato esisteva e che adesso aveva smesso di esistere. Tutti conoscevano il mio nome, dopotutto ero l'uomo che al fianco dei suoi compagni aveva aiutato questo mondo a vivere, questo mondo che adesso più di qualsiasi altra cosa al mondo desidero fosse andato distrutto. Due inverni passarono e il freddo gelava la stanza, ancora e ancora, così gelido che ormai le mie ossa ne erano rimaste compromesse. Ma a me in realtà non è che interessasse granché vivere. Anche quando ricevevo le lettere dei miei compagni ormai non mandavo più una risposta, anche quando mi imploravano di mandargli una lettera senza contenuto solo per sapere se io fossi vivo. A loro non interessava che per forza scrivessi loro qualcosa. Quando anche il terzo inverno passò il mio volto era invecchiato di almeno dieci anni, anch'io a stento riuscivo a riconoscermi sotto quella barba e quei capelli trasandati. Nessuno avrebbe mai pensato che poco tempo prima io fossi persino un uomo di bell'aspetto. Ormai di rado visitavo il paese, di rado mi facevo un bagno, di rado dormivo un sonno senza incubi e lacrime. Forse quello era il momento adatto per farla finita, ma nel mio cuore io non avevo ancora trovato il coraggio per farlo. Il quarto inverno a differenza degli altri tre era coperto da un leggero tepore, quasi come se l'estate non se ne fosse mai andata. L'uomo che ero un tempo, adesso era più squalificato che mai. Disteso sul pavimento a scribacchiare in lontananza sentì un mormorio, una voce che avevo ormai già dimenticato, ma una volta ascoltata non poteva che riemergere dai miei ricordi. Qualcuno bussò alla porta, ma quello non poteva essere altro che il frutto della mia pazzia pensai. Ma quando quella persona bussò ancora non protetti che aprire l'unica cosa che mi divideva dal mondo esterno e dalla luce del giorno. La luce mi accecò così intensamente che caddi all'indietro, come se fossi stato spinto da un vento incontrollabile. Lì davanti a me mentre cercavo di riparare i miei occhi dalla luce, una figura era immobile, illuminata come un angelo. Quando capì le lacrime mi scesero da sole, io che non avevo mai pianto in quei quattro anni piansi tutte le lacrime che avevo a disposizione. I singhiozzi riempivano la stanza, le sue braccia erano morbide e i suoi vestiti profumati di buono, i suoi capelli setosi e la sua pelle delicata, proprio come quella di un tempo. -Ezarel, perdonami.- ma io l'avevo perdonata nello stesso istante in cui aveva pronunciato il mio nome.

Eldarya - OneshotWhere stories live. Discover now